Democrito di Abdera, antica città posta sulle coste della Tracia, nacque intorno al 460 a.C. e, secondo alcune fonti, morì centenario. Poche le notizie sulla sua vita; tra que- ste, due appaiono significative: l’epiteto di «sapiente» con cui sarebbe stato ironicamente indicato; l’associazione con il «riso», la caratterizzazione di «ridente»:
La filosofia ad Atene
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«Se fosse vivo, Democrito riderebbe di questo.
All’ira i sapienti oppongono, come Eraclito, le lacrime, e, come Democrito, il riso».
(DK 68 A21)
È, nell’insieme dell’esperienza filosofica delle origini, un pensatore unico, per via della mole di opere attribuitegli (tredici tetralogie documentate nell’antichità), testimonian- za anche della diffusione sistematica della comunicazione scritta negli ultimi decenni del V secolo a.C. Sulla scorta delle testimonianze e dei frammenti – numerosi anche se di scarsa consistenza, soprattutto in riferimento alle indagini sulla natura – è possibile col- locarne la riflessione all’interno del clima teorico aperto dal poema parmenideo. Gli sono attribuiti interessi naturalistici, matematici, medici, musicali, con un’attenzio- ne particolare per l’ambito etico, sintomo della nuova sensibilità riscontrabile anche nelle contemporanee espressioni sofistiche e socratiche. Pare che Democrito maturasse il proprio atomismo alla scuola di Leucippo, personaggio dai contorni storici e teorici per noi sfuggenti. Tra le dottrine di Leucippo sono documentate la descrizione della for- mazione del cosmo e l’impostazione della teoria atomistica, fondata sull’esclusione del caso e di ogni intervento divino e sull’affermazione di una rigida concatenazione causale.
I FONDAMENTI DELL’ATOMISMO L’atomismo sorse probabilmente per garantire la pos- sibilità di una scienza della natura che superasse le difficoltà rivelate dalle concezioni elea- tiche. A esse, abbiamo visto, avevano forse già cercato di sfuggire Empedocle e Anassago- ra; ma le loro dottrine non sembravano in grado di risolvere le contraddizioni – additate da Zenone – che derivavano dal concetto di infinita divisibilità delle grandezze. Ricordiamo che secondo Zenone l’infinita divisibilità di un segmento dimostra che es- so è costituito da infiniti punti; senonché, quando si ammetta che ognuno di questi in- finiti punti ha una grandezza diversa da zero, se ne ricava che la loro somma (cioè il seg- mento) deve risultare infinitamente grande; quando invece si ammetta che ogni punto ha una grandezza nulla, se ne ricava che anche la loro somma è nulla e il segmento scom- pare. Per sfuggire a queste conseguenze, appunto, Democrito (o forse Leucippo prima di lui) introdusse l’ipotesi fondamentale dell’atomismo: la distinzione tra il suddividere matematico e il suddividere fisico. Il primo, che non trova corrispondenza nella realtà (in quanto gli enti matematici sono solamente pensati), è proseguibile all’infinito e può essere usato per determinare aree e volumi delle figure geometriche; il secondo, invece, è condizionato dalla natura di ciò che si vuol dividere e non è proseguibile oltre un certo limite.
I PRINCIPI: ATOMI E VUOTO Ne sarebbe derivata la convinzione che i corpi siano costituiti da entità ultime non ulteriormente divisibili: la suddivisione fisica può veni- re sempre effettuata finché si tratti di dividere composti; non può più venire effettuata quando si tratti i loro componenti semplici, i quali, per la loro indivisibilità, sono detti appunto «corpi indivisibili» ovvero atomi (cioè indivisibili).
Dividere un corpo significa separare gli atomi che lo compongono; non può significa- re in alcun caso dividere i singoli atomi. La suddivisione è possibile solo per i composti, non per i loro elementi semplici. Sostanzialmente i corpi sono divisibili in quanto ag- gregati di componenti che rimangono tra loro effettivamente separati dal vuoto, sebbene ciò non risulti immediatamente evidente. Quando invece si giunge all’elemento sempli- ce, questo risulta indivisibile perché costituisce un blocco unico: non c’è vuoto a separa- Leucippo
Il confronto con Zenone
Divisibile- indivisibile
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re i componenti, come nel composto. In questo senso, la realtà naturale è costituita in ultima analisi da atomi e vuoto.
atomi
vuoto
corpi composti divisibilità
fisicamente non divisibili all’infinito matematicamente divisibili all’infinito atomi
In un certo modo ciascuno di questi esseri semplici – gli atomi, che Democrito sup- pone in numero infinito – attua in sé alcuni fondamentali caratteri dell’essere parme- nideo: è uno, immutabile, eterno, pieno; parimenti, la separazione che esiste fra l’u- no e l’altro, il «vuoto», rappresenta il non-essere di Parmenide, interpretato non più come la negazione di ogni essere, ma come assenza di atomi (pieno), assenza cioè di materia [ T13].
CARATTERI DEGLI ATOMI Gli atomi sono delle entità fisiche piccolissime, contraddi- stinte dalla compattezza, caratteristica che, secondo Democrito, spiega appunto la loro indivisibilità e inalterabilità; fisico è pure lo spazio in cui Democrito li considera immersi (il vuoto come assenza di materia). Una porzione, sia pur piccola, di spazio vuoto separa sempre due atomi distinti, anche quando sembrano inscindibilmente legati in un corpo solido; la rottura di questo corpo in parti coincide con l’aumento di spazio vuoto fra gli atomi che compongono ciascuna parte.
In questo spazio vuoto, che, essendo infiniti gli atomi, deve essere a sua volta infinito (senza punti di riferimento come alto, basso, centro ecc.), gli atomi possono muoversi, urtarsi, allontanarsi, unirsi; tale spazio è quindi la condizione necessaria per spiegare il divenire della realtà, la cui causa è posta da Democrito nel moto degli atomi stessi.
atomi
infiniti pienezza vuoto infinitoseparati da eternomoto divenire indivisibilità
inalterabilità
Gli atomi, che non presentano caratteristiche qualitative e in questo senso non sono distinguibili, si differenziano tuttavia per le determinazioni della loro (microscopica) estensione:
1.la figura (schêma), la loro struttura geometrica; 2.la posizione (thésis);
3.l’ordine (táxis).
Nell’esempio riportato da Aristotele, A differisce da N per forma, Z da N per posizio- ne, AN da NA per ordine.
Si tratta di aspetti essenziali per le possibilità di combinazione degli atomi nei cor- pi composti percepibili, per definirne la composizione (che inciderà sullo stato in cui la materia si presenta nell’esperienza: solida, fluida, aeriforme), la consistenza (che dipende dalla tenuta dei legami), e in generale per il prodursi di proprietà macroscopiche: al mu- tare dell’ordinamento corrisponde il mutare degli aspetti fenomenici.
È importante osservare che i caratteri “fisici” degli esseri semplici non sono stati stabiliti Infiniti atomi
Gli atomi e il vuoto
T13
Infinito vuoto
Differenze tra gli atomi
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da Democrito mediante l’osservazione sensibile, bensì con un metodo essenzialmente razionale.
estensione
atomi posizione combinazione
ordine figura
corpi qualità fenomeniche
IL MOTO ATOMICO Come si spiega il movimento degli atomi in cui Democrito pone in ultima analisi la causa del divenire delle cose? Democrito non riteneva di dover ricorre- re a qualche causa o principio esterno agli atomi stessi, come era per esempio il Noûs di Anassagora e come erano Amore e Odio di Empedocle. È probabile che preferisse ritenere il movimento una condizione naturale degli atomi, condizione che non ha bisogno di essere spiegata ma serve invece a spiegare la formazione degli aggregati di atomi, costi- tuenti i corpi. Il moto degli atomi, secondo Democrito, si compie in tutte le direzioni (poiché nessuna direzione dello spazio è, come si è accennato, privilegiata); gli atomi possono quindi urtarsi e rimbalzare mutando velocità.
IL DIVENIRE COSMICO All’interno di questo eterno incontro-scontro di infinite, micro- scopiche unità elementari, si apre, in certe condizioni, la possibilità di processi di ordina- mento e organizzazione degli atomi stessi. La condizione principale è l’isolamento di un certo numero di atomi nel vuoto: dai loro urti e rimbalzi (condizionati dalle loro forme geometriche) sarebbe scaturito il moto vorticoso all’origine dell’essenziale discrimina- zione tra gruppi atomici simili. Gli atomi di maggiori dimensioni si sarebbero disposti al centro, quelli più minuti verso la periferia. I primi, più corposi, avrebbero dato origine al disco terrestre (costituitosi nella rotazione alla base dell’asse del vortice); i secondi, ruotando rapidamente e incendiandosi, agli astri celesti. Questo modello schematico era destinato a ripetersi all’infinito.
Da un lato, infatti, ogni mondo (kósmos) finito così formatosi era destinato, in analogia con i processi biologici, a dissolversi quando fosse venuta meno per consunzione la cor- nice atomica che ne delimitava gli scambi meccanici rispetto al tutto infinito, liberando in tal modo materia per nuove vicissitudini [ T14]. Dall’altro, nello spazio infinito sol-
cato da infinite tracce atomiche, le condizioni per tali processi dovevano presentarsi con- temporaneamente infinite e quindi sviluppare innumerevoli, paralleli mondi.
CASO E NECESSITÀ Le vicissitudini cosmiche e i processi di aggregazione e disgrega- zione si rivelano per Democrito casuali, in altre parole estranei a una logica di direzione e finalizzazione. Tuttavia essi sono perfettamente razionali, riconducibili alle necessa- rie interazioni atomiche: per ogni moto e combinazione è dunque possibile risalire a una causa, una ragione del suo accadere in quel determinato modo e contesto.
L’ANIMA Democrito estende la propria rigorosa concezione naturalistica anche all’uomo, considerato un aggregato di atomi al pari degli altri esseri viventi; in conformità con i presupposti della sua teoria, Democrito si preoccupa tuttavia di spiegare le peculiarità dell’essere umano, a cominciare dalle sue facoltà di pensiero e conoscenza. Esse sono collegate all’anima, che anche per Democrito è il principio vitale del corpo, e che egli suppone formata di atomi particolari: particolarmente piccoli, così da poter penetrare ogni area del corpo che li contiene, e sferici, quindi estremamente mobili, essi risultano veloci e diffusi, adatti a spiegare la vita e le funzioni percettive [ P1, U2].
Vicissitudini di mondi
Infiniti mondi
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Come la vita è connessa alla diffusione dell’anima (dei suoi atomi) nel corpo, così la morte consiste nella separazione e dispersione degli atomi dell’anima dal corpo e quindi nella disgregazione di entrambi. Con la morte, dunque, l’uomo si dissolve interamente (anche se sono indistruttibili gli atomi che costituiscono sia l’anima sia il corpo). La na- tura atomica dell’anima consente d’altro canto di spiegare il suo rapporto con la natura e innanzitutto la conoscenza.
LA PERCEZIONE E LA CONOSCENZA Coerente con il proprio modello meccanico, De- mocrito ritiene che ogni percezione sia dovuta a contatto. Quando, per esempio, per- cepiamo un corpo con la vista, ci troviamo in realtà a essere colpiti da un effluvio (una sorta di sottile pellicola) di atomi che si staccano dalla superficie di quel corpo in tutte le direzioni e giungono a impressionare (col pire) i nostri occhi (parte del nostro corpo). Dal momento che gli atomi hanno per Democrito proprietà esclusivamente geometri- che, ciò che si produce quando noi percepiamo i loro aggregati (corpi) è soltanto effet- to dell’urto degli atomi sui nostri organi di senso: le qualità sensibili – quali il colore, il sapore, l’odore ecc. – che tendiamo ad attribuire immediatamente ai corpi, non sono in realtà che un effetto secondario di tale urto, scaturiscono da esso come impressioni. In altri termini: forma ed estensione degli atomi, così come il vuoto (condizione del mo- vimento), esistono per natura; le qualità sensibili dei corpi per convenzione.
In questo senso va intesa la distinzione democritea tra «conoscenza oscura» e «cono- scenza genuina». Oggetto della prima è il fenomeno con le “qualità” sensibili: essa è re- gistrazione, da parte dell’anima, dell’impressione prodotta dall’impatto degli effluvi ato- mici sul nostro corpo. Quello della seconda è «nascosto» alla percezione dei nostri organi di senso: evidentemente Democrito attribuiva all’anima anche la capacità di cogliere ciò che sfugge alla ricognizione sensibile [ T15].
LA CIVILTÀ Democrito prospetta la condizione iniziale dell’uomo come quella di un ani- male inerme che però, spinto dal bisogno, si aggrega in società. A questa aggregazione ri- sulta essenziale il linguaggio: gli uomini – per accordo prima istintivo poi consapevole – conferiscono significato alle parole originariamente emesse in forma inarticolata; per Democrito dunque il linguaggio non è per natura ma per convenzione.
Ammaestrato dalla necessità e dall’esperienza, l’uomo progredisce poi con l’invenzione delle arti, delle scienze e dell’organizzazione politica. Lo sviluppo della civiltà differen- zia poi l’uomo dagli animali in maniera essenziale, in quanto da un certo momento storico in poi essa è l’effetto dell’educazione, cioè dell’intervento dell’uomo sulla sua stessa natura. LA MORALE Democrito ribadisce il principio della pólis come fondamento della vita associata, giacché «uno Stato ben governato è il più grande presidio»; egli esorta ad «ap- prendere l’arte politica come la più alta» ed è fautore della democrazia come condizio- ne della libertà.
In ambito morale egli ripropone i valori della misura, dell’equilibrio e dell’armonia tipici dell’etica greca, che però in lui si configurano più come l’espressione di un nuovo ideale di autonomia e di autosufficienza individuali che come riflesso del costume della città [ P1, U2, 4].
1.Quale relazione si può stabilire tra Democrito e la tradizione eleatica? 2.Quali sono le caratteristiche degli atomi?
3.Quali novità introduce Democrito rispetto ai predecessori pluralisti? 4.In che cosa consiste la civiltà per Democrito?
FISSIAMO LE IDEE Morte Effluvi Qualità sensibili e atomi Conoscenza oscura e genuina Le forme della conoscenza T15 Il linguaggio Progresso Il ruolo della politica Moderazione
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In sintesi
Audiosintesi