Le concezioni morali e religiose dei Greci sono, dunque, già ampiamente rappresentate in Omero ed Esiodo. Il «pensiero mitico» trova le sue radi- ci e il suo fondamento proprio a partire da tali concezioni religiose. Il mito (myˆthos significava in origine “parola”, “discorso”, “racconto”) è una forma di pensiero in cui si esprime una prima rap- presentazione della realtà. Distinto dal pensiero logico e scientifico, il mito narra vicende, fa vivere personaggi, evoca immagini e visioni, e in questo rivela un determinato tipo di comprensione del mondo, dotato di una sua “logica” interna spesso profonda e, comunque, significativa.
MITI URANICI E MITI CTONII I miti di Omero e di Esiodo riflettono quasi esclusivamente le con- cezioni delle popolazioni che nel corso dei secoli avevano occupato il territorio e che, data la loro origine nomade e guerriera, adoravano divinità uraniche (cioè “della volta stellata”, “celesti”) e prevalentemente maschili. Le popolazioni indi- gene, stanziali e dedite alla pastorizia e all’agri- coltura, veneravano invece divinità ctonie (cioè “della terra”) e prevalentemente femminili. Con
la fusione dei due gruppi etnici, anche i due tipi di divinità si confusero: ma le seconde rimasero comunque proprie dei ceti inferiori della popola- zione e del mondo contadino.
Tra i culti ctonii ebbero particolare importan- za quello di Demetra, dea della terra coltivata e delle messi, e quello di Dioniso, dio del vino e dell’ebbrezza (e, conseguentemente, dell’esalta- zione e dell’orgia), la cui figura è legata anche alla crescita vegetale e al regno dei morti. Entrambe le divinità erano poste in relazione ai cicli della natura, al periodico rinascere e morire di ogni cosa, come illustrano i rispettivi miti: Demetra scende negli Inferi a riprendere la figlia Persefone che per parte dell’anno, durante l’inverno, regna in questo luogo accanto allo sposo Ade, con- giungendo la madre alla profondità della terra; Dioniso rinasce dopo essere stato tagliato a pezzi dai Titani.
CULTI MISTERICI A questa idea della vitalità della natura si riallacciavano i culti misterici e le orge, feste rituali in onore di varie divinità, caratteriz- zate da comportamenti sfrenati, manifestazioni
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I misteri eleusini sono dedicati a Demetra, dea delle messi, e alla figlia Persefone. Il loro culto è strettamente connesso col succedersi delle stagioni e col risorgere della vita dopo il freddo invernale; corrisponde quindi, simbolicamente, alla vita dopo la morte.
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tumultuose e dalla sospensione delle norme che regolavano i rapporti sociali.
Le più famose pratiche misteriche erano cele- brate a Eleusi in onore di Demetra e Persefone. Nella leggenda, Demetra, mentre errava alla ricer- ca della figlia, era stata ben accolta a Eleusi, deci- dendo di istituirvi in ricordo riti annuali. Poiché il ritorno di Persefone era legato all’alternarsi del- le stagioni (la fine dell’inverno), l’evento eleusino era di fatto un culto della fertilità. Dopo qualche tempo anche il culto di Dioniso fu associato ai misteri.
La festa era celebrata due volte all’anno: a set- tembre per la discesa agli Inferi di Persefone e a febbraio per il suo ritorno. Le cerimonie inizia- vano con una processione e purificazioni rituali in cui gli iniziati facevano il bagno in mare. La cerimonia propriamente detta, segreta, avveniva in un recinto chiuso. Soggetto dei misteri era la morte considerata come un bene. In origine gli iniziati erano solo abitanti di Eleusi, poi anche gli Ateniesi e infine tutti i Greci.
Il culto di Dioniso era tradizionalmente asso- ciato al furore e a un forma di eccitazione emotiva violenta, a una «divina mania» (follia) che porta- va il seguace all’esperienza di smarrimento della propria identità, per cui egli precipitava in uno stato che oggi sarebbe definito di trance, dai Gre- ci ékstasis («l’uscire fuori di sé») o enthousiasmós («l’essere invaso dalla divinità»). La cosiddetta
manía era quindi vista come conseguenza dell’in-
tervento divino: da un lato, la volontà di rivelarsi
da parte del dio e, dall’altro, quella di apprendere da parte del mortale.
Ai culti ctonii, e in particolare a quello dioni- siaco, si possono accostare anche i misteri legati al mito del cantore Orfeo (capace con la potenza del suo canto di strappare le anime al regno dei mor- ti), cui peraltro si collegano speciali cosmogonie e una peculiare concezione dell’anima [ P1, U2].
LA RELIGIONE OLIMPICA Rispetto ai misteri, l’altra religione – la cosiddetta religione olim- pica – si presenta con caratteri nettamente di- versi, simboleggiati dal culto di Apollo (dio del Sole), espressione di armonia, ordine, serenità. È probabile che per vari secoli questa religione ufficiale abbia avuto una diffusione assai minore di quella dei misteri, la quale meglio poteva adattarsi alle esigenze dell’animo umano, trava- gliato da dure esperienze di dolore e forti aspira- zioni di riscatto.
Oggi si riconosce che le pratiche e le concezio- ni misteriche non solo ebbero enorme diffusione tra i più vari strati del popolo greco, ma incisero anche profondamente, oltre che sui caratteri del- la sua religione, su quelli del suo costume e del suo pensiero. È chiaro, in particolare, che pro- prio nella follia orgiastica, nei riti cruenti, nella appassionata speranza di una redenzione totale, va ricercato uno dei fattori più importanti della tragedia greca.
Nella cultura greca si mescolarono profonda- mente elemento apollineo (cui possono appunto
religione greca Apollo armonia ordine serenità razionalità olimpica Demetra e Dioniso riti di fertilità collegati ai cicli della natura ebbrezza follia ékstasis culti misterici
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ricondursi sensibilità per equilibrio, ordine e ra- zionalità) ed elemento dionisiaco (cui si ricon- ducono passionalità, sensibilità per dissonanza, indistinzione e irrazionalità); nel reciproco con- tatto questi atteggiamenti spirituali subirono va- rie trasformazioni e finirono per aprirsi a esigenze diverse da quelle che li avevano originati. Proprio tale complessità costituisce la vera grandezza della civiltà greca. elemento apollineo elemento dionisiaco cultura greca equilibrio passionalità ordine dissonanza razionalità indistinzione pulsione irrazionale
NATURA DEL MITO Come risulta anche dai pochi cenni fatti, i miti tendevano a spiegare o a illu- strare i più diversi fenomeni della realtà – dai ci- cli delle stagioni ai fenomeni della vita agli stessi eventi interiori – riconducendoli in genere a forze personificate: le divinità, appunto. In ciò essi ri- velano la particolare forma mentale che li carat- terizza, che si indica col nome di «animismo». Esso indica appunto la tendenza ad attribuire i fenomeni che si vogliono spiegare a forze ani- mate, concepite per analogia con la psiche umana (e perciò si pensa che si possano dominare o allet- tare con incantesimi). D’altra parte però i miti at- testano anche che l’uomo concepiva la sua stessa psiche non già come personale e autonoma, bensì come mossa da forze superiori (si pensi agli eroi omerici).
FUNZIONE DEL MITO Pur nella loro elementarità, i miti fornirono all’uomo un quadro del mondo in cui orientarsi e anche l’indicazione dei modi per dominarlo (con pratiche magiche e preghie- re). Non vanno quindi considerati un complesso
di falsità, anzi va a essi riconosciuta una funzione molto positiva: quella di aver stimolato l’uomo a non fermarsi ai semplici fatti nella loro molte- plicità disorganica, ma a considerarli connessi l’uno all’altro e a cercarne i principi e, attraverso i principi, i mezzi per agire sulla natura a proprio vantaggio.
Inoltre, il mito ebbe un ruolo fondamentale nel sistema sociale dei Greci: esso costituì il tessu- to connettivo della loro cultura e, sotto il profilo delle sue molteplici funzioni, si configurò come un vasto repertorio comune di usi, costumi, com- portamenti e valori. Anche per questa ragione, i miti vanno considerati rappresentazioni meno “fantastiche” di quanto può sembrare dalle più tarde versioni ed elaborazioni poetiche.
MITO E RICERCA RAZIONALE In questa prospet- tiva acquista particolare significato il tentativo, già presente in Omero ma sviluppato soprattutto da Esiodo, di stabilire dei rapporti di parentela, cioè di derivazione e di subordinazione, di accor- do o di contrasto tra le diverse divinità, ossia tra i fenomeni che esse impersonano e spiegano. Per tale via era in qualche modo preparata la ricerca naturale dei pensatori successivi; e già Aristotele osservava che «l’amante del mito è in certo modo anch’egli un filosofo».
Due sono i tratti caratteristici individuati dalla critica contemporanea alle origini del pensiero filosofico-scientifico:
1.il pensiero positivo che esclude ogni forma di soprannaturale e rifiuta l’assimilazione impli- cita, stabilita dalle tradizioni della sapienza religiosa e poetica, tra fenomeni fisici e agenti divini;
2.il pensiero astratto, che spoglia la realtà di quegli elementi arbitrari che, attraverso l’intervento di forze divine personali, il mito le attribuiva. Lo sviluppo della filosofia sarebbe dunque di- peso da un approccio razionale e sistematico, dalla universalità dei suoi oggetti, e, unitamente, da un atteggiamento di indagine libero e aperto. LA TRADIZIONE DEI MITI E LE ORIGINI DELLA FILOSOFIA Tuttavia, pur restando ferma la tesi del sostanziale salto di qualità tra mito e pensie- ro razionale, e quindi della loro appartenenza a due distinti universi simbolici (cioè ad ambiti di comunicazione che ricorrono a espressioni diffe-
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renti), dal riscontro tra poemi come la Teogonia e le testimonianze degli antichi sapienti si ricava co- munque l’impressione che l’astrazione, individuata come caratteristica del pensiero razionale, si costi- tuisca come prolungamento e traduzione, nel lin- guaggio della ragione, di esigenze e indicazioni che emergevano già nei racconti a sfondo religioso, nel linguaggio tipico delle narrazioni, a partire, fonda- mentalmente, dall’urgenza condivisa di ricercare il
principio, l’origine da cui tutto è scaturito.
D’altra parte sarebbe riduttivo ricondurre l’emer ge re della filosofia in Grecia alla sola razio- nalizzazione dei miti. Dietro quanto appare come semplice trasposizione del mito si cela in realtà il rifiuto delle interpretazioni tradizionali del mon- do, che comportava un atteggiamento radical- mente diverso nei confronti di ciò che nel mondo era interessante e importante.
Perché l’indagine filosofica si sviluppasse dove- vano verificarsi altre circostanze, da cui la ragione
umana fu spinta a cercare la spiegazione delle cose in forma diversa, passando dal pensiero mitico a quello razionale, dal myˆthos al lógos (“ragione”). Tali circostanze si verificarono nello sviluppo del- le città. pensiero positivo pensiero astratto pensiero razionale esclusione del soprannaturale esclusione degli elementi antropomorfi mito animismo
esistenza di forze superiori
dominio sul mondo (magia)
riconoscimento delle connessioni tra i fatti
1.Che cosa differenziava i culti uranici da quelli ctonii? 2.Quale funzione rivestivano le cerimonie misteriche? 3.Quale funzione è attribuita ai miti nella cultura arcaica?
4.Quale nesso si può individuare tra i miti e le origini della filosofia? FISSIAMO LE IDEE