Sebbene le testimonianze antiche non attribuiscano ad Anassimene un’attività di indagine diretta dei fenomeni naturali, gli sono riconosciute tesi cosmologiche (sull’origine e struttura dell’universo) e so- prattutto una teoria del mutamento che ha di recente richiamato l’attenzione degli studiosi, perché costituirebbe un passo fondamentale in direzione dell’affermazione del pensiero scientifico. Per que- sto le testimonianze su tale teoria risultano interessanti, per farsi un’idea sul modello di spiegazione della natura elaborato a Mileto, alla fine del VI secolo a.C.
Che Diogene Laerzio (III secolo d.C.) possa proporre un rilievo sullo stile di scrittura di Anassimene («Utilizzò un dialetto ionico semplice e non ricercato»), è indizio del fatto che parti della sua opera
Sulla natura erano sopravvissute almeno fino ai tempi di Teofrasto (da cui Diogene presumibilmente
ricava le proprie informazioni). Proprio sulla ricostruzione dell’allievo di Aristotele (il quale avrebbe dedicato una specifica monografia al Milesio) si basano le più importanti notizie circa la teoria di Anassimene.
Anassimene, figlio di Euristrato, milesio, discepolo di Anassimandro, afferma, come quello, che unica e illimitata è la natura soggiacente, non indefinita, tuttavia – come sosteneva quello – ma de- terminata, chiamandola aria. Afferma inoltre che essa si differenzia nelle <varie> sostanze per rare- fazione e condensazione. Rarefacendosi, infatti, diventa fuoco, condensandosi, invece, vento, poi nuvola, e quando più condensato acqua, poi terra, poi pietre. Tutto il resto deriva da queste cose. Anch’egli pone eterno il movimento per cui si produce il mutamento. (Simplicio; DK 13 A5)
Anassimene, anche lui milesio, figlio di Euristrato, disse che il principio è aria infinita, da cui si ge- nerano le cose che nascono e le cose che sono nate e quelle che nasceranno e gli dei e le cose divi- ne, mentre le altre cose derivano da quanto è da essa prodotto. L’aspetto dell’aria è questo: quando è del tutto uniforme, essa risulta invisibile; si mostra invece attraverso il freddo e il caldo e l’umi- dità e il movimento. Si muove sempre: le cose che mutano, infatti, non muterebbero, se essa non si muovesse. Quando è condensata e rarefatta, infatti, appare in modo diverso; quando si dirada fi- no a essere molto rarefatta, diventa fuoco; mentre i venti, a loro volta, sono aria condensata; dall’a- ria poi, per compressione, si formano le nuvole, e, crescendo ancora la condensazione, l’acqua, e, crescendo di più, la terra, e, crescendo al massimo, le pietre. Così gli elementi fondamentali della
generazione sono contrari, il caldo e il freddo. (Ippolito; DK 13 A7)
Dicono che Anassimene affermasse che l’aria è il principio dell’insieme delle cose e che questa è per estensione infinita, tuttavia determinata per le <sue> caratteristiche qualitative; e che tutte le cose nascono per una qualche condensazione di questa [aria] e poi ancora per rarefazione; e che il
movimento è da sempre. (Pseudo-Plutarco; DK 13 A6)
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CONTENUTO
Il lessico delle testimonianze (che risente della dipen- denza dalla tradizione aristotelica) fa intravedere la possibile sovrapposizione di due schemi esplicativi, che
non si può escludere fossero effettivamente (ambigua- mente) compresenti nelle cosmogonie ioniche.
Schema 1 Il primo schema è chiaramente delineato dalle affermazioni di Simplicio e dello Pseudo-Plutarco
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In primo piano
e confermato da qualche passaggio di Ippolito: 1) la «natura soggiacente» (hypokeimenê phýsis) 2) «si differenzia nelle sostanze» 3) «per rarefazione e condensazione» ovvero: 2) «condensata e rarefatta» 3) «appare in modo diverso».
Secondo questo schema, dunque, la natura (materia) originaria subisce alterazioni (rarefacendosi o conden- sandosi) a causa del suo interno moto incessante, pre- sentandosi così in varie forme fenomeniche.
In questo modo, le «cose» della nostra esperienza non sarebbero realtà indipendenti, ma semplici, tempora- nee trasformazioni dell’unico principio materiale (cui si riducono, dissolvendosi).
moto interno
natura originaria: aria
rarefazione-
condensazione tutte le cose
Schema 2 Il secondo schema, che è in realtà uno sviluppo del primo, si coglie invece laddove sono ac- cennati due stadi distinti del processo:
fase 1: produzione, per trasformazione del principio, di componenti fondamentali dell’universo: fuoco, ven- ti, nuvole, acqua, terra, pietre. Questa “strana” lista di Simplicio – che mette insieme elementi e fenomeni na- turali – proprio per la sua apparente incoerenza rispetto ai canoni posteriori (che distinguevano appunto i quat- tro elementi da ciò che ne derivava), potrebbe risalire a un pensatore arcaico come Anassimene. In effetti, Aristotele rilevava come il Milesio avesse posto l’aria come «principio primo dei corpi semplici» (DK 13 A4); fase 2: produzione di tutte le altre cose a partire da quelle componenti di base («Tutto il resto deriva da queste cose»).
In questo caso, nello stadio germinale, dall’aria, per rarefazione e condensazione, si sarebbero formati i “mattoni” del successivo processo cosmogonico: le «cose» della nostra esperienza sarebbero allora ricon- ducibili a essi e non direttamente all’aria.
natura originaria
moto
stadio 2 stadio 1 corpi sempliciformazione
formazione di tutte le altre cose
Monismo Il primo schema esplicativo è quello che ha riscosso maggiore attenzione tra gli interpreti, che hanno parlato di un sostanziale «monismo» di Anassi- mene (ma lo stesso discorso è stato proposto in genere per i Milesi): tutti gli enti si ridurrebbero, in verità, cioè, al di là delle apparenze fenomeniche, a un’unica sostanza: «il tutto [l’universo] è aria» (Ermia; DK 13 A8). In esso si rivelerebbe la tendenza a dar conto della molteplicità e complessità attraverso un’operazione di conversione a un comune denominatore considerato “fondamentale”.
Pluralismo Nel secondo modello, più sofisticato, sa- rebbe ancora presente questa strategia (e forse questo ha contribuito a ingenerare la confusione), ma coniu- gata con un modello “elementare”, che è poi quello che si sarebbe affermato nel corso della tradizione suc- cessiva: i fenomeni della natura sarebbero in questo caso illustrati analizzandoli, risolvendoli nei loro «corpi semplici» (trasformazioni della natura originaria). Se è vero che in origine c’era l’aria, è anche vero che le vi- cissitudini cosmogoniche, i processi di generazione e corruzione ruoterebbero intorno a quelle componenti fondamentali e non direttamente all’aria.
ELEMENTI DEL TESTO
Strutturali a entrambi gli schemi sono alcuni elemen- ti. Intanto due condizioni, essenziali per poter dar ragione dei fenomeni: 1) l’individuazione di una «na- tura soggiacente», base materiale di tutti i processi; 2) l’attribuzione della stessa processualità a un moto eterno. Su questi due punti le testimonianze sono uni- voche. A essi va aggiunta 3) la determinazione del mu- tamento, che presenta qualche tratto di originalità.
Natura soggiacente Nello specifico è chiaro come l’opzione dell’aria fosse funzionale all’illustrazione del mutamento: Simplicio aveva osservato: «Anassi- mene [...] diceva che il principio era l’aria, pensando che la facilità alle variazioni propria dell’aria la ren- desse adatta al cambiamento». Rispetto al preceden- te di Anassimandro, si sottolinea come, pur illimitata (per dar conto di inesauribili vicissitudini), la «natura soggiacente» (hypokeimenê phýsis) di Anassimene sia «determinata» (aria, appunto). Essa, tuttavia, presenta uno statuto del tutto peculiare, che la ren- de molto simile a qualcosa di indeterminato: a meno di non subire alterazioni di stato (cioè di pressione o densità), l’aria risulta impercettibile; la sua presen- za può inferirsi solo da certi caratteri fenomenici («si mostra invece attraverso il freddo e il caldo e l’umidità e il movimento») che già sottintendono una sua tra- sformazione. In questo senso, secondo Olimpiodoro, Anassimene avrebbe sostenuto che «l’aria è prossima all’incorporeo» (DK 13 B3). Le cose che percepiamo, dunque, rinviano, in ultima istanza, a qualcosa che
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In primo piano
di per sé è invisibile. La realtà non è proprio come appare. riserva inesauribile determinata qualitativamente infinita impercettibile aria
Movimento eterno Il «movimento eterno»
(kinêsis aídios) è esplicitamente riconosciuto (da Ip- polito) come condizione essenziale per le trasfor- mazioni elementari e la conseguente cosmogonia: senza movimento non vi sarebbe mutamento di quel che muta. Nello schema milesio il moto continuo del principio materiale doveva rappresentare la chiave per dar conto della cosmogonia e dell’incessante divenire delle cose. Ma che tipo di moto? Sulla scorta di alcune indicazioni aristoteliche, si suppone che il moto vor- ticoso costituisse l’archetipo ricorrente tra gli antichi cosmologi («a partire da quanto accade nei liquidi e nell’aria»), utile in particolare per illustrare disposizio- ne e dinamica dei corpi celesti.
Mutamento Il «mutamento» (metabolê) consiste
nel differenziarsi della natura infinita «in sostan- ze»: la varietà dei «corpi semplici» o delle cose è ri- cavata per discriminazione dell’«invisibile» aria, in due direzioni opposte, designate come «rarefazione» e «condensazione». Le varie «sostanze», dunque, si de- finiscono rispetto alla natura originaria in misura del- la relativa densità, in termini cioè “quantitativi”: agli estremi di tali trasformazioni troviamo il «fuoco» e le «pietre», in altre parole, in termini qualitativi, caldo e
freddo, altra caratteristica in comune con la riflessione arcaica. Come osserva Ippolito: «gli elementi fonda- mentali della generazione sono contrari, il caldo e il freddo», sebbene essi risultino comunque effetti del mutamento e non immediatamente proprietà origina- rie del principio materiale.
aria rarefazione condensazione mutamento moto vorticoso
Le tre testimonianze non ci informano con precisione sul vero e proprio processo cosmogonico: è possibile che Anassimene non si pronunciasse chiaramente sui dettagli. Anche questo potrebbe suggerire qualcosa circa l’approccio generale della ricerca ionica: interes- sata forse a mettere alla prova il valore esplicativo ge- nerale di un’ipotesi piuttosto che le sue particolari ap- plicazioni. Il modello con cui confrontarsi e rivaleggiare era in effetti ancora costituito dalle grandi narrazioni teogoniche, donde l’attenzione rivolta alla coerenza d’insieme della ricostruzione cosmogonica e dell’affre- sco cosmologico che ne discendeva, più che alla giusti- ficazione dei suoi singoli elementi.
DAL TESTO AI NODI CONCETTUALI