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La compressione del diritto di difesa.

ASPETTI PROBLEMATICI.

2. La compressione del diritto di difesa.

La compressione del diritto di difesa risiede nell'impronta ex parte del rito monitorio e nella segretezza che avvolge il primo segmento del relativo procedimento. L'iniziativa del pubblico ministero non viene comunicata o notificata all'imputato, la pronuncia del giudice rimane estranea alle regole euristiche di giudizio. Il destinatario del decreto penale di condanna non solo risulta estromesso dal punto di vista dialettico, per cui si determina ex ante un'elisione del contraddittorio, ma è del tutto escluso dal relativo frammento processuale.

La supposta semplicità della fase delle indagini preliminari, che si presume contratta sia in senso temporale che sostanziale (affinchè possa dirsi coerente con la scelta di richiesta di emissione del decreto), mal si concilia con l'esperimento di attività di indagine e dagli effetti di discovery o, meglio, di conoscenza dell'esistenza del procedimento in

331Così, Corte cost., 23 febbraio 2015, n. 23, in www.cortecostituzionale.it. Per un'analisi più ampia alla pronuncia in commento, v. supra, Capitolo II, § 1.

sé.

I punti di attrito con il diritto di difesa si attestano essenzialmente sulla mancanza della previa contestazione dell'accusa e sulla concreta possibilità che l'imputato venga condannato senza aver potuto esercitare le proprie difese nella riservata fase istruttoria332. A ciò si aggiunge la

considerazione per cui, il diritto dell'accusato di disporre, ai sensi dell'art. 111, comma 3° Cost., << del tempo e delle condizioni necessarie per preparare la sua difesa>>, dopo essere stato tempestivamente informato sulla natura e sui motivi dell'accusa elevata a suo carico, costituisce una condizione imprescindibile per la preparazione della difesa, che sembrerebbe riconoscere in capo all'accusato <<il diritto di intervenire consapevolmente prima della chiusura di ogni fase che possa comportare la perdita di chances difensive>>333.

L'assenza di contraddittorio nel primo segmento processuale del rito monitorio impone, dunque, un rafforzamento delle garanzie volte a consentire un consapevole, anche se differito, esercizio del diritto di difesa. Correlativamente, il controllo di costituzionalità sul rito monitorio in materia verte sull'adeguatezza delle prescrizioni che disciplinano la difesa tecnica e l'autodifesa nei passaggi successivi all'emissione del decreto penale.

Al riguardo, assume particolare rilevanza l'adozione di uno speciale regime delle notificazioni che possa soddisfare l'esigenza di portare nell'effettiva conoscenza del destinatario l'esistenza di un decreto penale emesso nei suoi confronti, in ragione delle rilevanti conseguenze legate all'acquiescenza o all'opposizione, costituite rispettivamente dall'esecutività dal decreto ovvero dalla revoca dello stesso.

332L'art. 24, comma 2° Cost., si riferisce all'inviolabilità del diritto di difesa in ogni <<stato e grado del procedimento>>, in cui deve intendersi ricompresa anche la fase delle indagini preliminari.

333Così, MARZADURI, E., Commento all'art. 1 l. cost. 23 novembre 1999 n. 2, cit., p. 782.

Così, passano al vaglio della Corte costituzionale le modalità di notificazione improntate ad un criterio normativo di conoscenza, ossia il rito previsto per gli irreperibili ed il procedimento applicabile in caso di impossibilità di notificazione del decreto di condanna nel domicilio dichiarato dall'imputato. La Consulta, chiamata a pronunciarsi sull'art. 460 comma 4° c.p.p., ha ritenuto tale articolo illegittimo <<nella parte in cui non prevede la revoca del decreto penale di condanna e la restituzione degli atti al pubblico ministero anche nel caso in cui non sia possibile la notificazione nel domicilio dichiarato a norma dell'art. 161 c.p.p.>>334. L'attribuzione al difensore di un'autonoma iniziativa

oppositiva, anche in assenza di un mandato ad hoc (art. 461 c.p.p.)335,

334Così, Corte cost., 18 novembre 2000, n. 504, in Giur. cost., 2000, p. 3903. Invece, nell'affrontare il problema della compatibilità del procedimento monitorio con il sistema delle notifiche all'imputato residente o domiciliato all'estero, la Consulta ha respinto i dubbi di costituzionalità. Cfr. Corte cost., 7 maggio 1993, n. 225, con nota di SELVAGGI, E., Il decreto penale... tra presente e futuro, in Giur. cost., 1993, p. 1667. Nel caso di specie, le censure sollevate, nel richiedere una <<dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 459 c.p.p., nella parte in cui non prevede[va] tra i requisiti di ammissibilità per l'adozione del decreto quello della residenza o del domicilio effettivi dell'imputato nel territorio dello Stato>>, denunciavano l'inidoneità della normativa vigente ad assicurare il diritto di difesa dell'imputato. A questi infatti non sarebbe stato consentito né proporre opposizione per mezzo del servizio postale, né esercitare l'opposizione per mezzo del difensore a ciò delegato, né beneficiare di un termine adeguato ai fini dell'esame degli atti. La Corte, non avallando le prospettazioni del giudice a quo, e sottolineando come all'imputato che non avesse eletto domicilio in Italia né nominato un proprio difensore di fiducia inevitabilmente sarebbe stato nominato un difensore d'ufficio, ha giustificato il sistema delle notificazioni dell'imputato residente o domiciliato all'estero non in forza della normativa sul rito in esame (in cui, nelle sent. 15 luglio 1991, n. 344, in Giur. cost., 1991, p. 2743 e ord. 20 luglio 1992, n. 346, in Giur.

cost., 1992, p. 2743 aveva evidenziato che non ci fosse traccia all'epoca di un

simile obbligo), bensì alla luce della previsione contenuta nell'art. 169 c.p.p., dotata di una portata talmente generale da essere insensibile all'adozione di questo o quell'altro modulo procedimentale.

335Si esprime nel senso che la notifica estesa al difensore legittima questi ad un'autonoma iniziativa di opposizione, anche in mancanza di un mandato ad hoc, Cass., sez. III, 20 aprile 1994, P.M., in proc. Grì, in Cass. pen., 1996, p. 1466. Residua qualche dubbio circa la possibilità che a ciò vi provveda anche il difensore d'ufficio appositamente individuato ex art. 460 comma 3° c.p.p. La soluzione affermativa è sostenuta da Cass., sez. V, 24 gennaio 2005, in Cass. pen., 2006, p. 2897; Cass., sez. IV, 29 novembre 2000, Kusi Kwabena, in Arch. nuova proc. pen., 2002, p. 226; Cass., sez. I, 17 dicembre 1990, Lama, in Arch. nuova proc. pen., 1991, p. 453; Cass., sez. II, 9 novembre 1994, Opromolla, in Cass. pen., 2004, p. 3266. Contra, Cass., sez. IV, 7 novembre 2003, G., in Cass. pen., 2004, p. 171. Al rigurado, PIZIALI, G., Il procedimento per decreto, cit., rileva come

attribuisce un significato diverso alla inoperatività del rito per gli irreperibili, che non poggia più su una mera necessità logica, ma riflette il portato di una valutazione negativa circa l'opportunità di assegnare all'esclusivo apprezzamento del difensore una scelta così carica di conseguenze per l'imputato, come quella tra acquiescenza e opposizione.336

Per altro verso, la imposta contestualità tra la scelta dei i riti alternativi e la presentazione dell'opposizione (arrecata dalla l. 6 dicembre 1999, n. 479), ha accentuato l'esigenza di un apporto tecnico-giuridico nel confezionamento dell'atto di opposizione. In questo senso, si ritiene rientri tra le competenze professionali del difensore la riflessione circa la convenienza dei profili premiali del rito monitorio in rapporto agli altri procedimenti speciali. La Corte costituzionale, prima della l. 6 dicembre 1999, n. 479, ha costantemente escluso, attraverso una serie di pronunce, la necessità dell'assistenza tecnica difensiva nella redazione dell'atto di opposizione. Le decisioni muovono dalla presunta agevole stesura dell'atto oppositivo, che non richiederebbe il possesso di specifiche competenze tecniche337, e dalla valorizzazione del rapporto

tra specie della pena ed affievolimento delle garanzie difensive338. Dopo

la l. 6 dicembre 1999, n. 479, essendosi precluso l'accesso dell'imputato ai riti speciali non indicati nell'atto di opposizione, si è imposto un

l'interpretazione restrittiva, non condivisibile, si baserebbe su un mero mancato coordinamento tra l'art. 461 comma 1° e l'art. 460 comma 3° c.p.p., dopo la modifica recata dall'art. 20 l. 6 marzo 2001, n. 60.

336Così, CATALANO, E. M., Orientamenti sul rito monitorio tra prudenza

conservatrice e articolazione differenziata delle garanzie difensive, cit., p. 878.

337Corte cost., 15 luglio 1991, n. 344, in Giur. cost., 1991, p. 2743. La Consulta ha escluso la necessità della difesa tecnica al fine di proporre opposizione nel procedimento pretorile, in quanto l'opposizione a decreto penale si risolverebbe in una semplice domanda di dibattimento. Inoltre, la mancanza, nell'atto d'opposizione, di richiesta in ordine a uno dei riti speciali, implicitamente assumerebbe il significato di richiesta di citazione. La soluzione accolta in tale decisione, avendo riguardo al processo pretorile, lasciava inalterati i dubbi di legittimità riguardo al procedimento per decreto davanti al tribunale. Tuttavia, come già rilevato, il quadro normativo è profondamente mutato ad opera della l. 6 dicembre 1999, n. 479.

rafforzamento delle prescrizioni in materia di difesa tecnica.

L'assetto della difesa tecnica nel procedimento per decreto è peraltro radicalmente cambiato a seguito della l. 6 marzo 2001, n. 60 che ha recepito le indicazioni suggerite dalla dottrina nel prevedere la notifica del decreto al difensore d'ufficio e dunque, implicitamente, la necessaria preventiva nomina di un difensore d'ufficio339.

Si colloca nel segno del rafforzamento delle garanzie difensive anche la correzione del meccanismo di restituzione nel termine per proporre opposizione mediante una ridefinizione dei relativi presupposti. La notificazione del decreto penale di condanna al difensore d'ufficio nominato domiciliatario, infatti, non è ritenuta di per sé idonea a provare l'effettiva conoscenza del provvedimento340.

339Sul punto, RUGGIERI, F., La difesa d'ufficio, in Processo penale: il nuovo ruolo

del difensore, a cura di FILIPPI, L., Milano, 2001, p. 578; SECHI, P., L. 6.3.2001 n. 60. Disposizioni in materia di difesa d'ufficio, in La difesa penale. Commento alle leggi 7 dicembre 2000 n. 397, 6 marzo 2001 n. 60, 29 marzo 2001 n. 134 e alle successive modifiche, diretto da CHIAVARIO, M. e MARZADURI, E., Torino,

1993, p. 442. La questione connessa alla <<probabilità che, al momento della notifica, non vi sia un difensore a cui effettuarla>> (così, MELCHIONDA, A., La

nuova difesa d'ufficio, in Legislaz. pen., 2001, p. 50) va infatti risolta nel senso che

<<in difetto della nomina di un difensore di fiducia deve procedersi alla preventiva nomina di un difensore d'ufficio ed alla notifica presso quest'ultimo>>. Cfr. Cass., sez. V, 16 maggio 2003, Losi, in Cass. pen., 2004, p. 3273.

340Salvo che la conoscenza non emerga aliunde ovvero non si dimostri che il difensore d'ufficio è riuscito a rintracciare il proprio assistito e ad instaurare un effettivo rapporto professionale con lui. Cfr. Cass., sez. I, 2 marzo 2010, n. 8225, in

3. Sull'avviso di conclusione delle indagini