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ASPETTI PROBLEMATICI.

5. Il consenso e l'acquiescenza.

La scelta del condannato di non proporre opposizione avverso il decreto penale, produce il particolare effetto l'effetto della cristallizzazione di una decisione resa in mancanza di contraddittorio e, di conseguenza, potenzialmente in contrasto con il principio del <<giusto processo>> contenuto nell'art. 111 Cost.

Prima facie, potrebbe dirsi che l'accettazione della condanna ex art. 460 c.p.p. costituisca un'ipotesi di consenso di cui all'art. 111 comma 5° Cost., e quindi legittimi ex post un procedimento svoltosi inaudita altera parte383.

Tuttavia, il <<consenso dell'imputato>> di cui all'art. 111 comma 5°

383Esprime critiche riguardo a tale lettura GREVI, V., Processo penale, <<giusto

processo>> e revisione costituzionale, in Cass. pen., 1999, p. 3320: nel rito

monitorio <<il consenso dell'imputato (sotto forma di acquiescenza) è successivo non solo alla formazione e all'acquisizione della prova, ma anche al suo utilizzo, e persino alla pronuncia della condanna>>.

Cost., si riferisce alla formazione della prova, in quanto l'interpretazione più corretta della rinnovata disciplina costituzionale, che vede nel comma 4° del suddetto articolo <<il diapason della giurisdizione penale>>384, stabilisce appunto il principio del contraddittorio nella

formazione della prova. La prova si deve formare in contraddittorio (art. 111 Cost., comma 4°, prima parte), per cause tassativamente previste (consenso, irripetibilità, condotta illecita) il legislatore ordinario può attribuire rilevanza probatoria ai corrispondenti atti di indagine (art. 111 Cost., comma 5°). L'ipotesi di consenso derogatoria contemplata dal comma 5° dell'art. 111 Cost. ammette il recupero di un momento di istruzione probatoria determinatosi fuori e prima del contraddittorio tra le parti. Così, nel procedimento di applicazione della pena su richiesta delle parti (art. 444 c.p.p.) l'imputato presta consenso all'utilizzo probatorio degli atti di investigazione, mediante una domanda che integra la rinuncia al contraddittorio nella formazione della prova, <<riconoscendo così implicitamente dignità di prova alle indagini preliminari effettuate>>385. Nel procedimento per decreto, invece, la

mancanza di contraddittorio non riguarda solo la formazione della prova, ma l'intervento paritetico delle parti al giudizio. Se effettivamente di “consenso” si deve parlare, è da rilevare che la volontà dell'imputato all'utilizzazione probatoria degli atti di indagine avviene in un momento successivo alla pronuncia, e non preventivo386. Quindi, può

sostenersi che la prestazione di assenso potrebbe legittimare il provvedimento emesso dal giudice e fondato su un materiale probatorio unilateralmente acquisito nella fase delle indagini preliminari387, ma lo

384Così, GIOSTRA, G., Contraddittorio (principio del), cit., p. 6.

385Cfr. GAITO, A., La legittimità costituzionale del patteggiamento, in Riv. it. dir.

proc. pen., 1990, p. 1600.

386 SCALFATI, A., Le nuove prospettive del decreto penale, cit., p. 530; PAOLOZZI, G., Il procedimento alternativo per decreto penale, cit., p. 328.

387Si esprime nei termini di una particolare forma di rilevanza del consenso, ai limiti della legittimità costituzionale, CONSO, G., Processo penale, <<giusto processo>> e

stesso non potrebbe dirsi nel caso in cui la decisione sia stata presa al di fuori di ogni forma di contrapposizione dialettica, cioè nell'inesistenza dei contenuti minimi di un contraddittorio di contenuto almeno argomentativo. Quello che si verrebbe a configurare sarebbe, in altri termini, non la lesione della regola di cognizione probatoria, bensì la abnegazione della <<strutturazione in forma dialettica del processo>>388. Sotto questo profilo, è stato già rilevato389 che la

dimensione del confronto costituzionale del decreto penale di condanna coincide con il contraddittorio “nucleare” di cui all'art. 111 comma 2° Cost.

Dunque, se risulta arduo ricondurre il comportamento del condannato che sceglie di non presentare opposizione alla categoria tout court del “consenso” di cui all'art. 111 comma 5° Cost., la figura giuridica che più descrive la natura del comportamento in esame, che ha come effetto il cosolidamento degli effetti della condanna, pare essere quella dell'acquiescenza.

Può parlarsi di “acquiescenza” ogni volta che <<un soggetto processuale scelga di non avvalersi della facoltà di esercitare un diritto riconosciutogli dalla legge per contrastare una situazione giuridica verificatasi>>390. L'acquiescenza, in quanto predisposta a consentire gli

effetti giuridici di una situazione che si è già verificata e che astrattamente è idonea a produrli, sembrerebbe prestarsi particolarmente all'applicazione all'interno dei riti speciali, in special modo al procedimento per decreto. Il fatto che il condannato non proponga opposizione nel termine di quindici giorni, prestando acquiescenza e determinando, quindi, l'esecutività del decreto penale e cioè la produzione degli effetti giuridici della pronuncia giurisdizionale, significa che non vi è stato esercizio, nelle forme dell'acquiescenza,

388Così, GIOSTRA, G., Contraddittorio (principio del), cit., p. 1. 389Supra, § 4.1

390Così, FURGIUELE, A., Concetto e limiti dell'acqiuescenza nel processo penale, cit., p. 149 ss.

della facoltà di contrastare il provvedimento stesso391.

Quindi, sotto un profilo soggettivo e nei limiti della disponibilità ad processum, l'accettazione degli effetti giuridici del decreto penale si ricollega alla mera volontà di non opposizione allo stesso, esprimendo l'acquiescenza in senso proprio.

Vi è chi ritiene che nel concetto di “consenso”, espresso dall'art. 111 comma 5° Cost., possa intendersi compresa anche la categoria dell'acquiescenza392, ma tale opinione si scontra comunque con il fatto

che, come già rilevato, l'ipotesi derogatoria del consenso si riferisce al contraddittorio nella formazione della prova. In altri termini, è la definizione stessa del contraddittorio che pare escludere i confini operativi del consenso, in favore della figura giuridica dell'acquiescenza. La demolizione della struttura nucleare del processo può essere recuperata, nell'ordinamento giuridico processuale, solo con il mancato utilizzo dell'apposito rimedio concepito per poter chiedere ed ottenere lo svolgimento del giudizio reso senza contraddittorio393.

Essendo presente nell'ordinamento il rimedio processuale, è rimesso alla libera scelta dell'imputato di non avvalersene, lasciando quindi che la condanna esprima i suoi effetti disattendendo le regole del contraddittorio.

In questo modo, è forse più difficile sostenere che questa “libera scelta” dell'imputato possa porsi in contrasto con le norme costituzionali sul giusto processo: sebbene la condanna per decreto si mostri viziata nel suo procedimento formativo, anche a confronto con gli artt. 2 e 3 Cost., il legittimo comportamento acquiescente dell'imputato non pare suscitare gravi sospetti di illegittimità costituzionale.

391FURGIUELE, A., Concetto e limiti dell'acqiuescenza nel processo penale, cit., p. 149 ss.

392CHIAVARIO, M., Giusto processo: II, in Enc. giur., 2001, p. 19. 393DELITALIA, G., Il divieto della reformatio in peius, cit., p. 11.

6. I confini di ammissibilità di un contraddittorio