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Comune di Verona, Turrisendo conte di Garda e comunità di Lazise

Non conosciamo le condizioni di Garda e del suo comitato nel periodo immediatamente successivo al 1168. La signoria feudale sul castello, di cui Carlassario era stato investito dal vescovo di Trento, dovette cessare con il cessare delle ostilità tra Federico e i comuni lombardi.

Una decina d’anni dopo, veniamo a sapere che il comitato era stato riassegnato da Federico I al veronese Turrisendo o, perlome- no, che questi vantava i suoi diritti sul comitato, come si ricava con certezza da una sua controversia con la comunità di Lazise. Questa si era mantenuta libera da soggezione signorile, godendo nel contempo di esenzione, almeno per diritti fiscali, nel confron- to degli ufficiali imperiali: nel 983 gli abitanti avevano ottenuto dall’imperatore Ottone II un privilegio (471), confermato un seco- lo dopo (472), che concedeva loro la facoltà di fortificazione, l’e- sercizio dell’attività di pesca, gli introiti derivanti dal commercio di transito fra la sponda veronese e quella bresciana del lago, non- ché l’esenzione dall’ingerenza degli ufficiali pubblici (473).

(470) Castagnetti, Società e politicacit., pp. 66-76.

(471)DD Ottonis II,n. 291, 983 maggio 7. Cfr. Tabacco, I liberi cit., p. 153. (472)DD Heinrici IV, n. 287, anno 1077.

Proprio l’esazione dei dazi, il

ripaticum

, fu rivendicata da Turrisendo nel 1179.

Fra il 1176 e il 1177 Turrisendo aveva ricoperto l’ufficio di podestà di Verona (474). La sua nomina, all’indomani della scon- fitta imperiale a Legnano, può essere considerata un indizio dei nuovi rapporti che si venivano instaurando tra Impero e comuni: la sconfitta di Legnano, un avvenimento di portata limitata sul piano militare, fu decisivo per accelerare il cambiamento di politica di Federico I nei confronti del Papato e delle città della Lega Lombarda (475). L’imperatore, nell’ambito di una politica indiriz- zata verso l’accordo, sancito dalla ‘tregua’ di Venezia, l’anno seguente, e poi nel 1183 dalla ‘pace’ di Costanza, largheggiò in concessioni ad enti ecclesiastici e ad esponenti della aristocrazia tradizionale del Regno Italico, particolarmente della Marca Veronese (476). In questo contesto Verona, città di antica tradizio- ne filoimperiale, veniva ad assumere un ruolo di rilievo, tanto più che al fianco dell’imperatore si trovava quasi costantemente il veronese Garzapano: egli poteva svolgere presso la città un ruolo di ‘mediatore’ e ‘interprete’ della nuova politica federiciana.

Negli anni Settanta il comune svolgeva un’azione più incisiva nel contado, sia intervenendo nelle controversie che opponevano comunità rurali e signori laici, quali le famiglie capitaneali dei Turrisendi e dei da Lendinara; sia, soprattutto con il nuovo atteg- giamento assunto nei confronti dei maggiori enti ecclesiastici, che, se in parte prosegue l’azione di tutela degli interessi veronesi minacciati dall’esterno o di protezione verso sopraffazioni prove- nienti dall’interno, si sviluppa invero fino a concretizzare nei fatti una superiorità giurisdizionale dei tribunali cittadini nei confronti

(474) Castagnetti, Le cittàcit., p. 178.

(475) Lamma, I comuni italiani cit., p. 381; G. Fasoli, Federico Barbarossa

e le città lombarde, in G. Fasoli, Scritti di storia medioevale, Bologna, 1974, p. 252.

dei giurisdicenti ecclesiastici, per quanto di diritto ancora soggetti direttamente all’Impero (477).

Analogo processo si svolse nei confronti dei signori laici, non- ché di Turrisendo, conte per l’Impero. Questi, in forza del suo uffi- cio di conte di Garda, pretendeva di riscuotere il ripatico a Lazise, esatto dai

negotiatores

della

Langobardia

, da Brescia in là, affer- mando che esso era di sua “proprietà”, poiché il tributo spettava al il comitato di Garda, che egli “aveva”; al che si opponeva il comu- ne locale, negando che il ripatico spettasse al comitato di Garda e quindi a Turrisendo e asserendo di disporne da lungo tempo, per concessione imperiale. Nel 1179 le due parti ricorsero al tribunale del comune cittadino (478), che non trovò ostacoli nell’esercizio della sua potestà giudiziale, dal momento che l’imperatore era lon- tano dal regno, impegnato a domare in Germania la ribellione di Enrico, duca di Sassonia e di Baviera. Gli abitanti di Lazise otten- nero il riconoscimento dei loro diritti antichi, diritti che essi si fecero rinnovare dal Barbarossa nel 1184 (479).

Con quest’atto il comune veronese, da parte sua, conseguiva importanti risultati: affermava in modo patente il suo diritto di intervento e di controllo nel territorio gardense, quale aveva già precocemente esercitato nel 1152 (480); obbligava un alto ufficiale imperiale e nello stesso tempo una comunità rurale, da lungo tempo in soggezione diretta all’Impero, svincolata, almeno parzial-

(477) Castagnetti, ‘Ut nullus’cit., pp. 33-36.

(478) L. Miniscalchi, Osservazioni sopra la scrittura austriaca che è intito-

lata “Benacus” prodotta al Congresso di Mantova per la vertenza del lago di Garda nell’anno MDCCLVI, n. 2, 1179 novembre 17, Verona. Cfr. Castagnetti, Le

comunità della regione gardensecit., pp. 64-65; Castagnetti, ‘Ut nullus’cit., pp. 22-24.

(479)DD Friderici I,n. 876, 1184 ottobre 28, nella villadi S. Zeno, presso Verona.

mente, dall’obbedienza al conte di Garda, ad accettare o a ricorrere volontariamente – nella pratica la sostanza non muta – al suo tribu- nale, come accadeva, appunto, nei conflitti tra signori e comunità rurali.

L’anno successivo alla sentenza sfavorevole per la controver- sia con Lazise, Turrisendo dovette subire per le sue ripetute usur- pazioni in Nogara nuovi interventi del pontefice (481) e dell’impe- ratore (482).

Significativo della posizione sociale sua e della famiglia è un atto di vendita del 1180, dal quale si ricava che la figlia del conte Sauro di San Bonifacio aveva sposato Ottonello, figlio di Turrisendo, qualificato questi come figlio del defunto

Tebaldus

(481) Alessandro III prescrive ai vescovi di Verona e di Mantova di interve- nire affinché Turrisendo, parochianus Veronensis, restituisca al monastero di S. Silvestro di Nonantola il possesso della curtisdi Nogara: Kehr, Italia pontificia cit., V, p. 355, n. 90, 1180 aprile 7, e VII/1, p. 226, n. 40. Turrisendo non era il solo che esercitasse la pratica antica dell’usurpazione dei beni monastici. Proprio di beni in Nogara del monastero nonantolano si era impadronito o era tornato ad impadronirsene anche un altro potente cittadino veronese, come risulta da un intervento del medesimo pontefice: Alessandro III aveva prescritto al vescovo veronese Ognibene (Kehr, Italia pontificiacit., V, p. 354, n. 87, 1173-1179 novembre 25, e VII/1, p. 226, n. 39) di fare restituire al monastero alcuni posses- si, di cui il presule aveva investito in precedenza Riprando figlio di un conte: pro- babilmente si tratta di Riprando, figlio del conte Viberto (Castagnetti, Le due

famigliecit., p. 81), al cui padre, il conte Viberto, appunto, era stato prescritto dal re Corrado III di restituire beni usurpati in Nogara (doc. dell’anno 1144, citato sopra, nota 235).

(482) Federico I restituisce all’abate nonantolano i beni usurpati in Nogara daTurisendus Veronensis:DD Friderici I,n. 802, 1180 ottobre 19. Sulle vicende dellacurtisdi Nogara nei rapporti fra Impero, monastero di S. Silvestro di Nonantola e Turrisendo si sofferma V. Carrara, Proprietà e giurisdizioni di S.

Silvestro di Nonantola a Nogara (Vr). Secoli X-XIII,Bologna, 1992, pp. 50-51, utilizzando, tuttavia, per la documentazione solo l’edizione settecentesca del Tiraboschi, non l’edizione dei DD, né i regesti dell’Italia pontificia, una grave carenza soprattutto per quanto concerne la datazione dei privilegi pontifici.

miles capitaneus

(483): una sottolineatura di antica ‘nobiltà’ feuda- le, assai opportuna nel momento dell’imparentamento con la fami- glia comitale veronese. Presente ancora in due atti privati degli anni 1181 e 1185 (484), Turrisendo probabilmente scomparve poco dopo, poiché di lui si perdono le tracce (485), finché nel 1189 i due figli del defunto Turrisendo, Nicolò e Ottonello, ottengono dall’arciprete del capitolo il rinnovo del

magnum feudum

(486).

Ufficiali e giudici imperiali, come vedremo, appaiono in Garda solo all’indomani della presumibile scomparsa di Turrisendo, ulteriore indizio del fatto che negli anni Settanta- Ottanta egli aveva riacquisito il comitato.

(483)Storia della Marca, cit., I, n. 27, 1180 dicembre 3, Verona.

(484) Cipolla, Veronacit., p. 373, nota 144 ex., doc. 1181 giugno 12, Verona, e A. Samaritani, Regesta Pomposiae. I (aa. 874-1199), Rovigo, 1963, n. 740, 1185 aprile 11: Turrisendo Veronensisdona un suo ‘uomo’ al monastero di S. Maria di Pomposa.

(485) In due documenti degli anni 1184 (ASV, S. Maria in Organo, perg. 158”, 1184 maggio 20, Verona) e 1188 (ASV, S. Silvestro,perg. 46’, 1188 agosto 23, Verona) gli attori dichiarano di tenere appezzamenti di terra in feudo da Turrisendo, il che non implica necessariamente che egli fosse ancora in vita.

(486) ACV, perg. I, 7, 5v, 1189 maggio 26, Verona, nel chiostro dei canoni- ci; cfr. Castagnetti, Fra i vassallicit., pp. 82-83.

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