Nella documentazione del capitolo dei canonici veronesi poche tracce, anche se significative, troviamo di Olderico Sacheto.
Nel 1145 egli compare fra i
pares
della curia dei canonici (533), al cospetto dei quali sono prodotte le testimonianze in meri- to alla controversia che opponeva il capitolo dei canonici agli eredi del conte e marchese Alberto di San Bonifacio, che aveva detenuto in feudo la signoria su Cerea, feudo a lui pervenuto attraverso i Canossa e rivendicato anche dal vescovo veronese Tebaldo (534); Olderico stesso effettua una brevissima deposizione (535), nella quale si limita ad affermare che il vescovo precedente Bernardo aveva investito il conte Alberto – si sottintenda: in feudo – di Cerea con Bovolone e Angiari. Se questa affermazione denotava un atteggiamento favorevole verso il vescovo e la famiglia comita- le e sostanzialmente avverso alle ragioni, fondate, del capitolo, un atteggiamento decisamente ostile nei confronti dei canonici Olderico tenne in quegli anni.(533) Lanza, Le cartecit., n. 120, 1145 agosto 22 e 23, colonna di destra, rr. 88-98; Castagnetti, Fra i vassallicit., app., n. 11, introduzione, p. 218. Cfr. ibi-
dem,pp. 54 ss.
(534) Le vicende del castello di Cerea dal secolo X al XII sono esposte ibi-
dem, pp. 103-127.
La difficoltà di difendere giurisdizioni e beni dai potenti, diffi- coltà antica per le chiese e i monasteri, diveniva più accentuata nei periodi di conflitti, il che accadeva proprio nel quinto decennio del secolo, quando i comuni della Marca erano in guerra: Verona alleata di Vicenza contro Padova e Treviso (536).
Il capitolo, in questo periodo, dovette difendere patrimonio e diritti dalle pretese delle comunità rurali, con le quali venne, in genere, ad accordi (537), e dalle usurpazioni dei potenti, laici ed ecclesiastici stessi, anzitutto dalle mire del vescovo Tebaldo, già come arciprete difensore dei diritti del capitolo stesso, ora attenta- tore tenace.
L’elezione di Tebaldo, esponente del clero locale, era stata resa più facile dopo che, con l’affermazione anche in Verona dei principi della riforma della chiesa (538) e con l’applicazione al Regno Italico degli accordi raggiunti nel concordato di Worms (539), era cessata la pratica di designare da parte imperiale alla
(536) Castagnetti, Le cittàcit., pp. 119-120. (537) Castagnetti, Fra i vassallicit., pp. 135-153.
(538) A Verona, già prima dell’elezione di Tebaldo, si era potuta esercitare l’influenza dei programmi pontifici di riforma, con l’elezione del vescovo Bernardo, di provenienza bresciana (G. Schwartz, Die Besetzung der Bistümer
Reichsitaliens unter der sächsischen und salischen Kaisern mit den Listen der Bischöfe. 951-1124,Leipzig - Berlin, 1913, pp. 69-70; Simeoni, Le originicit., p. 96), elezione che va anticipata rispetto alla datazione tradizionale che la assegna all’anno 1122: nell’anno 1121, ad esempio, il vescovo Bernardo riceve da Carlo di Godo la refutazione dell’avvocazia sul monastero femminile di S. Giorgio in Braida (Castagnetti, La famiglia veronesecit., p. 254); pochi anni dopo, il vesco- vo riforma il monastero, ponendovi una congregazione di canonici regolari (ibi-
dem, p. 267). Si tenga presente che a Brescia, in seguito alla diffusione precoce delle idee della riforma, l’organizzazione del clero a vita comune nelle canoniche si era estesa all’inizio del secolo XII: C. Violante, La chiesa di Brescia nel
medioevo,inStoria di Brescia,I, Brescia, 1961, p. 1045.
(539) In generale, Violante, L’etàcit., pp. 269-271; Capitani, Storiacit. pp. 357-360.
cattedra episcopale veronese ecclesiastici provenienti dal Regno Teutonico (540), in particolare dalla Baviera (541), per cui i cano- nici, fra i quali erano presenti gli esponenti delle famiglie cittadi- ne, avevano veduto aprirsi la possibilità di aspirare alla cattedra vescovile, come avvenne appunto con Tebaldo, già arciprete del capitolo (542), quello stesso Tebaldo che, divenuto vescovo, non esitò a contendere al capitolo la disponibilità di beni e diritti in Cerea, senza successo (543).
L’attività di usurpazione di beni e diritti del capitolo da parte di conti, cittadini e signori rurali divenne intensa verso la metà del secolo XII, in un periodo convulso di assenza o vuoto di poteri e, nel contempo, di conflitti generalizzati fra i comuni cittadini all’in- terno e all’esterno della Marca (544): fra gli usurpatori si trovava- no vassalli della chiesa, un aspetto questo frequente, tanto che tra i maggiori profittatori furono gli avvocati, proprio coloro ai quali era affidata la protezione delle chiese (545).
Un documento mostra la protesta dei canonici contro il
(540) M. Parisse, Les évêques et la noblesse: continuité et retournement
(XIe-XIIe siècles),inChiesa e mondo feudale nei secoli X-XII,Milano, 1995, pp. 72 e 74.
(541) R. Bauerreis, Vescovi bavaresi nell’Italia settentrionale tra la fine del
X secolo e l’inizio dell’XI, in Vescovi e diocesi in Italia nel medioevo (sec. IX-
XIII), Padova, 1964, pp. 158-159; M. C. Miller, The Formation of a Medieval
Church. Ecclesiastical Change in Verona, 950-1150,Ithaca and London, 1993, pp. 159-160.
(542) G. De Sandre Gasparini, La vita religiosa nella Marca Veronese-
Trevigiana tra XII e XIII secolo,Verona, 1993, p. 14; Miller, The Formationcit., pp. 163-174; C. La Rocca, Pacifico di Verona. Il passato carolingio nella costru-
zione della memoria urbana,Roma, 1995, pp. 193-194; in generale, Parisse, Les
évêquescit., pp. 76-77, per il ruolo acquisito dai capitoli nell’elezione vescovile. (543) Castagnetti, Fra i vassallicit., pp. 138-139.
(544) Cfr. sopra, t. c. nota 536.
(545) A. Castagnetti, La Marca Veronese-Trevigiana (secoli XI-XIV), Torino, 1986, pp. 20-21.
vescovo, che non era intervenuto contro gli autori delle usurpa- zioni,
pravi homines
, a danno del capitolo (546). A difesa del capitolo intervenne più volte il pontefice (547), condannando gli atti delittuosi compiuti daicives Veronenses
: fra costoro il pon- tefice elenca Eliazario, che conosciamo essere stato primo fra i consoli veronesi ed anche tutore del conte minorenne (548), poi alcuni dei San Bonifacio, quali Alberto Sordo e il fratello (549), nonché Gerardo, figlio del conte Maltraverso di Vicenza (550); ancora, Olderico Sacheto e nuovamente Eliazario, per i quali il pontefice prescrive al vescovo Tebaldo che li costringa a “cessa- re ab infestatione canonicorum” (551). Il pontefice sollecita l’in- tervento del patriarca di Aquileia e dei vescovi di Trento, Vicenza e Padova, oltre che di Verona, nelle cui diocesi avveni- vano le usurpazioni, e li esorta a prendere provvedimenti contro imilites
responsabili (552).Non sembra che il vescovo, da parte sua in lite con i canoni- ci, sia intervenuto. Olderico, del resto, partecipava agli atti del presule, come attesta la sua presenza, elencato primo fra i testi, anche avanti al giudice Milone, ad un arbitrato del vescovo per
(546) Lanza, Le cartecit., n. 109, 1141 maggio 5, Verona.
(547) Kehr, Italia pontificiacit., VII/1, pp. 235-239, n. 12, 1145 settembre 12; n. 15, 1146 luglio 19 (incendio del castello di Prun, con la rapina dei beni degli abitanti); n. 16, 1146 luglio 19; n. 18, 1146 dicembre 23; ed altra documen- tazione fino al n. 24, 1149 aprile 10, ove si lamenta l’usurpazione dei beni in Ronco e in Lusia.
(548) Castagnetti,Ceti e famigliacit., p. 52.
(549) Cenni su Alberto Sordo e il fratello Folcoino, figli di Manfredo Maltoleto e nipoti del conte Malregolato, in L. Simeoni, Per la genealogia dei
conti di Sambonifacio e Ronco,I ed. 1913, poi in “Studi storici veronesi”, XIII (1962), p. 73, e Castagnetti, Ceti e famigliecit. p. 11, con tabella genealogica a p. 137.
(550) Castagnetti, I conticit., p. 68.
(551) Kehr, Italia pontificiacit., VII/1, p. 237, n. 18, 1146 dicembre 23. (552)Ibidem, p. 238, n. 21, 1147 dicembre 22.
una controversia che coinvolgeva il monastero di S. Giorgio in Braida (553).
4.7. Gli eredi e la cessione del feudo di Zevio ai da Lendinara