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Olderico svolse un ruolo attivo anche nelle relazioni con i comuni cittadini che erano in rapporti, di alleanza o di conflitto, con il comune veronese. Già nel primo decennio del secolo XII si era svolta una guerra tra Venezia, alleata di Verona e di Vicenza, da una parte, e Padova e Treviso dall’altra, per fini prevalentemente economici e commerciali, che si concretizzavano nel controllo delle vie fluviali (510). Le ostilità ripresero negli anni 1142-1147: la pace tra Padova e Venezia fu stipulata nel 1144 (511), quella fra Padova e Vicenza nel 1147 con il trattato di Fontaniva (512). Il testo di questo trattato, ampio e dettagliato, fa conoscere chiara- mente le cause del conflitto: il controllo delle vie d’acqua e di terra e la supremazia su alcuni grossi centri rurali situati ai confini tra comitati, quali Bassano, Marostica e Montegalda.

Agli atti della pace furono presenti, nel ruolo probabile di intermediari e garanti, due consoli veronesi e un altro veronese, Olderico Sacheto, che non rivestiva alcun ufficio: la sua presenza

(509) Castagnetti, Le cittàcit., app. I, n. 4, doc. 1140 febbraio 10, Verona, riedito in Lanza, Le cartecit., n. 100.

(510) Castagnetti, Le città cit., pp. 82-86. (511) CDP,II, n. 440, 1144 ottobre 14.

(512) CDP, III, n. 1541, 1147 marzo 28, Fontaniva, riprodotto in Castagnetti,Le città cit., app., II, n. 4.

può essere spiegata con un ruolo decisivo che egli dovette avere svolto nel conflitto o nelle trattative di pace.

L’aiuto dei Veronesi fu pagato a caro prezzo dai Vicentini. Una fonte cronistica vicentina, pur tarda (513), ricorda che il comune veronese aveva concesso verso la metà del secolo aiuto militare ai Vicentini contro i Padovani, ottenendo come ricom- pensa la giurisdizione su alcuni villaggi dell’antico comitato vicentino – sulla sinistra dell’Adige, dall’Alpone al Fiume Nuovo o Guà –, che furono poi inglobati effettivamente nel terri- torio veronese (514).

Analoga vicenda si sarebbe svolta tra Verona e Ferrara. Secondo il tardo cronista Riccobaldo (515), i Ferraresi, impegnati nei primi decenni del secolo in conflitti contro Ravenna, soprattut- to, e Mantova, per evitare una sconfitta disastrosa, furono costretti a chiedere l’aiuto dei Veronesi, che ebbero in compenso la giuri- sdizione su Ostiglia e sul castello di

Gaibum

. Di Ostiglia, da sem- pre afferente a Verona, diciamo subito. Del

castrum Gaibi

, nel Polesine, presso l’odierna Villanova di Ghebbo (516), esterno al proprio territorio, il comune veronese, in effetti, rivendicava la giurisdizione ancora nei primi decenni del Duecento (517).

(513)Cronaca di Antonio Godi vicentino dell’anno MCXCIV nell’anno

MCCLX, ed. G. Soranzo, RIS, II ed., VIII/2, Città di Castello, 1909, p. 4. L’attendibilità della notizia viene confermata dall’inclusione effettiva del territo- rio, già vicentino, nel distretto veronese: cfr. t. c. alla nota seguente.

(514) Castagnetti, La pieve ruralecit., pp. 32-33; Castagnetti, La pianura

veronesecit., I, p. 43.

(515) Riccobaldo da Ferrara, Chronica parva Ferrariensis. Introduzione, edizione e note di G. Zanella, Ferrara, 1983, p. 150.

(516) G. M. Varanini, Il Bastione della Crosetta di Legnago nel

Quattrocento, in Il ritrovamento di Torretta. Per uno studio della ceramica pada-

na, Venezia, 1986, p. 43; nella prima parte del contributo (ibidem, pp. 40-46) si leggono osservazioni numerose sulle vie d’acqua e di commercio nella bassa pia- nura veneta.

Intensa era nel quinto decennio del secolo XII l’attività del comune nei confronti dei comuni limitrofi, oltre che per l’acquisi- zione, ove possibile, di nuove zone anche esterne al comitato tradi- zionale, come quella ora sottratta a Vicenza, anche per la difesa delle zone più minacciate del proprio comitato, solitamente verso i confini, come aveva fatto negli anni Trenta nella ‘crisi di Ronco’ (518) e come continuava a fare per riportare sotto la propria giuri- sdizione un’ampia zona ad occidente, costituita dal distretto gar- dense, da lungo tempo staccata dal comitato (519).

Fini analoghi, di difesa dei confini e di espansione all’esterno, quando possibile, come è naturale, perseguivano i comuni limitrofi (520).

Verso la metà del secolo, i Mantovani, mentre i Veronesi erano impegnati a sostegno dei Vicentini contro i Padovani, com- pirono scorrerie a sud-ovest della città, minacciando Vigasio (521), e nella bassa pianura, assalendo e distruggendo, con la complicità di elementi locali, il castello di Ostiglia. Minacce più pericolose e ripetute su Ostiglia provenivano dalla chiesa vescovile e dal comu- ne di Ferrara, che da decenni ne rivendicavano il possesso. Su que- sto fronte assai attiva fu la partecipazione di Olderico Sacheto, che bene conosceva la situazione locale, se non altro per avere già agito in Ostiglia, quando nel 1132 aveva raccolto il fodro per Lotario III (522).

Tra Verona e Ferrara erano iniziati dal terzo decennio del secolo conflitti, anche guerreggiati, per la giurisdizione su Ostiglia e sul suo castello, che al monastero veronese di S. Zeno (523),

(518) Cfr. sopra, t. c. note 504-506. (519) Cfr. sopra, t. c. note 47 ss.

(520) De Vergottini, Origini e sviluppocit. (521) Castagnetti, ‘Ut nullus’cit., p. 57. (522) Cfr. sopra, t. c. note 488-489.

difeso dai consoli veronesi, era contestata dalla chiesa e dal comu- ne di Ferrara (524). Ai Ferraresi, poi, che chiedevano la distruzio- ne del castello, da poco riattato dai Veronesi, questi replicavano di avere agito apertamente e promettevano che lo avrebbero abbattuto a proprie spese, se fossero stati vinti in giudizio: il comune aveva operato la riedificazione del castello non per

aemulatio civitatis

e

causa seditionis

(525), ma per difendere i diritti del monastero e della propria

res publica

; poiché

plebs

e

curtis Hostilie

erano situate nell’episcopato e nel comitato di Verona, non rientravano in quelli ferraresi. Le argomentazioni dei Veronesi vennero fatte pro- prie dal giudice Oberto dell’Orto nella sua sentenza. Di alcuni fra gli episodi numerosi, rievocati dai testi, relativi alle iniziative e ai contrasti dei Veronesi e dei Ferraresi, fu protagonista Olderico Sacheto (526) che, in qualità di console del comune, era stato inca- ricato di procedere alla ricostruzione del castello di Ostiglia, forse dopo il 1149.

Mentre il nostro stava sovraintendendo all’opera, si presenta- rono, informati del fatto, alcuni cittadini ferraresi, membri di fami- glie influenti – Aldigerio (527), Mainardo e Marchione di

Castagnetti,Società e politicacit., pp. 66-75.

(524) Le notizie sono tratte prevalentemente dagli atti testimoniali redatti avanti il 31 maggio 1151: ASV, Ospitale civico,perg. 1 app. e perg. 223. Alle 196 testimonianze raccolte, solo in parte riportate nelle pergamene citate, viene fatto riferimento nella sentenza, favorevole ai Veronesi, pronunciata dal giudice mila- nese Oberto dell’Orto: doc. dell’anno 1151, citato sopra, nota 340.

(525) G. Vismara, La disciplina giuridica del castello medievale (sec. VI-

XIII), “Studia et documenta historiae et iuris”, XXXVIII (1972), pp. 70-71, con riferimento al testo del Digesto e alle glosse ove appaiono le espressioni presenti nella sentenza.

(526) ASV, Ospitale civico,perg. 223: Olderico Sacheto è menzionato nelle deposizioni di Idono di Verona, Garzapano, Gambarino, un teste sconosciuto per un guasto della pergamena, e Gerardo gastaldo.

Mainardo (528) –, i quali chiesero a nome del loro comune la sospensione dei lavori. Olderico rispose che l’

opus

ovvero il castello era edificato su terra allodiale del monastero di S. Zeno, nell’ambito del comitato e dell’episcopato di Verona. Mostrando poi di sapere che i Ferraresi avevano “denunziato” l’impresa al pontefice e al re, offriva di affidare la risoluzione della questione all’arbitrato di una “buona città” o di un giudice, dichiarando che i Veronesi ne avrebbero accettato la sentenza. Infine, di fronte alle insistenti richieste di cessare dall’impresa, che, secondo gli avver- sari, era vana quanto dispendiosa, rispose che i Veronesi, essendo ricchi, avrebbero ben potuto continuare nell’opera di fortificazio- ne, senza attendere l’esito della controversia: “ ... dicebat ... dives esse nostra terra, bene possumus hoc dispendium” (529).

Durante la discussione con il console Olderico Sacheto, uno dei Ferraresi affermò che Ostiglia apparteneva alla diocesi di Ferrara, poiché l’olio santo per la consacrazione dell’acqua del fonte battesimale era stato inviato dal vescovo ferrarese ai sacerdo- ti della pieve locale; il che rende comprensibile la risposta violenta di un Veronese che minacciò di gettare nel Po il crisma se fosse stato portato da Ferrara. La disputa sulla provenienza del

crisma

, se dalla chiesa ferrarese o veronese, attesta che le circoscrizioni ecclesiastiche, in questa prima età comunale, servivano di suppor- to alla distrettuazione civile e di giustificazione alla sua eventuale espansione.

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