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La Marca Veronese e il comitato di Garda da Lotario III al guelfo Enrico il Superbo (1132-1136)

Nel 1132 Lotario III, scendendo per il passo del Brennero, respinto da Verona (148), guidata dal conte Alberto di San Bonifacio, sostenitore di Corrado di Svevia, piegò verso Occidente, sostando proprio nel territorio di Garda. Non è casuale, del resto, che la data topica di un diploma emanato alla fine di set- tembre (149) sia costituita dal territorio gardense, designato con il nome di

Gardesana

, che si verrà invero affermando più tardi (150), segno, se non altro, della consapevolezza della connotazio- ne pubblica del territorio, una connotazione che ora proprio da Lotario riceveva nuovo impulso, con l’affidamento del governo ad ufficiali denominati “conti di Garda”.

Nella seconda discesa di Lotario del 1136, Verona, scom- parso l’anno precedente il conte Alberto, formatosi l’organismo comunale, aprì le porte all’imperatore (151), che si recò poi

Castagnetti, La famiglia veronesecit., p. 277, nota 162); reg. Stumpf, n. 4372. Nel 1187 il conte veronese Sauro di San Bonifacio dichiara di tenere i suoi diritti su metà di San Giorgio – di Valpolicella – dal marchese Ermanno: Castagnetti, La

Valpolicellacit., app., n. 6, 1187 giugno 11, Verona. Gli atti di giurisdizione effet- tuati dai marchesi di Baden negli anni 1158 e 1184 sono citati anche da K. Schmid,Baden-Baden und die Anfänge der Markgrafen von Baden,“Zeitschrift für die Geschichte des Oberrheins”, 139 (1991), p. 66.

(148) W. Bernhardi, Lothar von Supplinburg, Lipsia, 1879, p. 443; Schwarzmaier, Die Markgrafen cit., p. 243.

(149)DD Lotharii III, nn. 43a e 43b, 1132 settembre 28, nella Gardesana. (150) Castagnetti, Le comunità della regione gardensecit., pp. 70 ss. A tito- lo esemplificativo, segnaliamo che la denominazione Gardesanaè utilizzata anche da due testi nel processo del 1180: app., n. 7, Malanotte e Gerardo giudice.

(151) Bernhardi, Lothar cit., pp. 650-651; L. Simeoni, Le origini del

comune di Verona, I ed. 1913, poi in “Studi storici veronesi”, VIII-IX (1957- 1958), p. 147.

presso Garda, la quale gli si diede

in deditionem

(152), indizio, forse, di una resistenza o ribellione iniziale del castello. Garda venne assegnata, con Guastalla, ad Enrico X il Superbo (153), genero dell’imperatore, duca di Baviera, che risulta in quello stesso periodo investito della Marca di Verona, come attesta la sua qualifica in un privilegio imperiale del medesimo anno (154). Il duca Enrico alla fine dell’anno seguente, dopo la morte

(152)Historia Welforum, in SS,XXI, p. 466; Ottonis episcopi Frisingensis

chronica sive historia de duabus civitatibus,inSS in usum scholarum,Hannover - Lipsia, 1912, p. 336. Su Ottone di Frisinga cronista si veda O. Capitani, Motivi e

momenti di storiografia medioevale italiana: secc. V-XIV,inNuove questioni di

storia medioevale,Milano, 1964, pp. 767 ss.

(153)Historia Welforumcit., p. 466: il duca Enrico, che aveva accompagna- to con forze ingenti l’imperatore Lotario in Italia, “Gardam et Garistallium cepit, quae et in beneficio ab eo suscepit”. Cfr. Bernhardi, Lothar cit., pp. 650-651; Simeoni,Le originicit., p. 147; Schwarzmaier, Die Markgrafencit., p. 243.

(154)DD Lotharii III,n. 97, 1136 ottobre 3, presso Guastalla – si noti la località, già concessa in feudo al duca Enrico –: rinnovo degli antichi privilegi ai Veneziani; primo fra i “principi” presenti compare Enrico duca di Baviera e mar-

chio Veronensium. La qualifica dimarchio Veronensiumimpiegata solo in questa occasione nei privilegi di Lotario III, indipendentemente dalle osservazioni che seguono, dovette essere posta in evidenza per il fatto che destinatario del privile- gio era il duca di Venezia, il cui ducato era appunto confinante con la Marca Veronese. Segnaliamo che Bernhardi, Lotharcit., p. 653, nota 13, dubita che al duca Enrico sia stata assegnata la Marca Veronese, proponendo un’integrazione del testo del privilegio lotariano: “Heinricus dux Baiuvariae et [Hermannus] mar- chio Veronensium”. Questa proposta è lasciata cadere dallo stesso autore in un’o- pera successiva: W. Bernhardi, Konrad III., Lipsia, 1883, p. 882, nota 2. Solo dopo il conflitto con il duca Enrico e la morte di questo (cfr. sotto, t. c. note 209- 210), Corrado III riconobbe il titolo di “marchese della Marca Veronese” ad Ermanno III di Baden, come appare dal privilegio del 1151 indirizzato al mona- stero di S. Nicolò al Lido di Venezia (doc. citato sopra, nota 145): opportuno, d’altronde, si presentava il richiamo alla titolazione marchionale, poiché il desti- natario del privilegio era un monastero veneziano come destinatario del privilegio di Lotario III era stato il duca veneziano.

di Lotario, assunse anche il ducato di Sassonia (155).

Poiché il distretto gardense si trovava, certamente da oltre un secolo, alla dipendenza diretta dell’Impero, esso era di fatto sot- tratto alla circoscrizione e alla giurisdizione marchionali, oltre che a quelle comitali. Con l’assegnazione, quindi, di Garda al duca Enrico, che governava nel contempo la Marca Veronese, si creava una situazione che a prima vista sembra inconsueta, ma che non è isolata: dalle vicende posteriori, in particolare dall’investitura in feudo nel 1171 di Zevio ai da Lendinara (156), apprendiamo che il duca aveva ricevuto il territorio gardense quale beneficio per sé, trasmissibile agli eredi come un feudo (157), quale di fatto fu con- siderato, nel processo di feudalizzazione di ogni potere pubblico e signorile (158); mentre la giurisdizione sulla Marca Veronese, che veniva anch’essa concepita come un beneficio ma di ufficio, rima- neva soggetta alla possibilità di revoca da parte del potere regio e imperiale.

Il ‘feudo’ di Garda dovette essere revocato ai duchi di Baviera per la loro ribellione al re Corrado, di cui appresso diciamo (159); il che non toglie, come vedremo (160), che l’investitura di Enrico il Superbo del feudo di Zevio ad Olderico Sacheto poté essere con- siderata valida dall’imperatore Federico I nel 1171, quando, all’at- to di investire di questo feudo i da Lendinara, ne riconobbe i diritti

(155) K. Jordan,Heinrich der Löwe. Eine Biographie,München, 1979, p. 22.

(156) Cfr. sotto, parr. 4.6 e 5.4.

(157) Tale è anche l’interpretazione di Schwarzmaier, Die Markgrafencit., p. 243.

(158) Si vedano rassegna e discussione della letteratura in Castagnetti, La

feudalizzazionecit.

(159) Cfr. sotto, t. c. nota 299. (160) Cfr. sotto, parr. 4.6 e 5.4.

al figlio omonimo: “... iurisditionem secundum quod ad regnum et imperium pertinebat et duci Enrico ...” (161). Veniva così ricono- sciuto un diritto di successione ad Enrico il Leone, un diritto che discendeva dalla precedente investitura, anch’essa feudale, di Lotario III al padre Enrico il Superbo; il diritto, quindi, dei duchi era subordinato, come ripetutamente viene ribadito nelle testimo- nianze, al diritto superiore dell’Impero, che lo aveva concesso in feudo. Tutto questo spiega, da un lato, il comportamento dei da Lendinara che rivolsero la richiesta di legittimazione dell’acquisi- zione del feudo all’imperatore; dall’altro lato, l’atteggiamento di Federico I che volle coinvolgere il duca Enrico il Leone, figlio di Enrico il Superbo, negli atti formali e simbolici dell’investitura: l’imposizione di una

bereta

sul capo, la designazione e l’invio di un

nuntius

apposito per immettere Adelardino da Lendinara “in tenutam ... nomine imperatoris et ducis de eo predicto feudo”. Tutto si svolse nel rispetto delle norme in materia di alienazione di un feudo, che richiedevano il consenso del

maior dominus

, norme emanate dallo stesso Federico con le ‘leggi di Roncaglia’ (162). 2.3. La politica meridionale dei duchi Guelfi

Da lungo tempo la dinastia guelfa, fin dal periodo precedente all’assunzione del ducato di Baviera, aveva diritti e possessi nella zona meridionale del Regno Teutonico, controllando in tale modo i passi che conducevano verso il comitato trentino e il Regno Italico (163). Vicende matrimoniali portarono poi la dinastia ad estendere

(161) L’espressione ritorna più volte nelle testimonianze del processo del 1180: app., n. 7.

(162)DD Friderici I, n. 91, 1154 dicembre 5, Roncaglia, e n. 242, 1158 novembre, Roncaglia.

ampiamente diritti e possessi nella Marca Veronese, lungo il corso inferiore dell’Adige (164), possessi e diritti dai quali potevano essere tratti redditi economici notevoli, avvalendosi anche del con- trollo che dai possessi era possibile esercitare sulle vie di comuni- cazione e di commercio che ponevano in relazione con Venezia l’entroterra veneto, costituito dalle zone meridionali della Marca, una ‘politica economica’ che, ravvisabile inizialmente con diffi- coltà – ma già anticipata dal marchese Adalberto Azzo II, che si avvalse della disponibilità di capitali liquidi per i tentativi di impa- dronirsi per il figlio Ugo del comitato del Maine, avendone questi ereditato i diritti dalla madre Garsenda, seconda moglie del mar- chese (165) –, diviene chiara con l’attività di Enrico il Leone, che si avvale anche di questo fattore essenziale – in un momento, tutta- via, di disimpegno dai possessi nella Marca, come vedremo (166) – per la sua politica di affermazione e di espansione verso le regio- ni orientali del Regno Teutonico e la fondazione di nuove città, fra cui Lubecca (167).

Guelfo II, conte svevo (168), aveva sposato, intorno all’anno

Welfen und Italien im 12. Jahrhundert,inFestschrift für Eduard Hlawitschka zum

65. Geburtstag,a cura di K. R. Schnitz, R. Pauler, München, 1993, pp. 295-297; W. Störmer, Die Welfen in der Reichspolitik des 11. Jahrhunderts,“Mitteilungen des Instituts für österreichische Geschichtsforschung”, 104 (1996), pp. 255-257; Th. Zotz, Die frühen Welfen: Familienformation und Herrschaftsaufbau, inKönig

Kirche Adelcit., pp. 189-205, con cartine storico-geografiche sulla distribuzione dei possessi guelfi in Svevia e in Baviera (p. 193) e in Venosta (p. 195).

(164) Brunner, Herzogtümer und Markencit., p. 157.

(165) R. Latouche, Histoire du comté du Maine pendant le Xe et le XIe siè-

cle,Paris, 1910, p. 36; K. Baaken, Zwischen Augsburg und Venedig. Versuche der

Welfen zur Sicherung von Herrschaft und Profit, inKönig Kirche Adelcit., pp. 218-229.

(166) Cfr. sotto, t. c. note 269-273.

(167) Baaken, Zwischen Augsburgcit., pp. 207, 219-220 e 228.

(168) K. Reindel, Die politische Entwicklung,inHandbuch der bayerischen

1015, Imiza o Irmentrude, nipote del duca Enrico V di Baviera, della dinastia detta di Lützelburg o Lussemburgo, sorella del duca bavaro Enrico VII – anni 1042-1047 –, nipote dell’imperatrice Cunigonda, moglie dell’imperatore Enrico II, che, ricordiamo, era stato duca di Baviera. Imiza svolse un ruolo rilevante per la fami- glia dei Guelfi, tale da essere considerata quale effettiva ‘Stammutter’ o ‘madre della stirpe’ o ‘casata’ dei ‘più giovani Guelfi’, ‘jüngeren Welfen’, anche se da un punto di vista ufficiale lo ‘Stammvater’ della casata dei Guelfi di Baviera è considerato Guelfo IV, duca di Baviera dal 1070, figlio di Adalberto Azzo II e di Cuniza, figlia di Imiza. Il matrimonio tra Adalberto Azzo e Cuniza, avvenuto negli anni 1034-1036 (169), si inseriva nella politica di Corrado II, che favorì le unioni matrimoniali fra casate tedesche e italiane (170).

Guelfo II partecipò con il duca di Svevia, Ernesto, alla con- giura contro Corrado II nei primi anni di regno. Suo figlio e fratel- lo di Cuniza, Guelfo III, divenne poi negli anni 1047-1055 duca di

Jahrhunderts,a cura di M. Spindler, voll. 4, I (III ed.), München, 1975, p. 236; E. Hlawitschka,Vom Frankenreich zur Formierung der europäischen Staaten- und

Völkergemeinschaft. 840-1046, Darmstadt, 1986, pp. 157-158; Brunner,

Herzogtümer und Markencit., pp. 154-155; con maggiore ampiezza, E. Boshof,

Die Salier, Stuttgart - Berlin - Köln - Mainz, 1987, pp. 59-60; Störmer, Die

Welfencit., p. 256; Zotz, Die frühen Welfencit., p. 191, tabella genealogica; cfr. anche Th. Zotz, Welf II.,inLexikon des Mittelalters,VIII, coll. 2143-2144.

(169) Reindel, Die politische Entwicklung cit., p. 247; M. G. Bertolini,

Alberto Azzo (II),inDizionario biografico degli Italiani, I, Roma, 1960, p. 754. (170) F. Prinz, Grundlagen und Anfänge. Deutschland bis 1056,München, 1985, pp. 193-194; Hlawitschka, Vom Frankenreich cit., p. 162; Boshof, Die

Saliercit., p. 119; Capitani, Storiacit., p. 259. Oltre a quello di Cuniza, sono sti- pulati matrimoni fra Adelaide, figlia maggiore di Olderico Manfredi e di Berta, ed Ermanno IV duca di Svevia; fra Ermengarda, sorella di Adelaide, e Ottone di Schweinfurt; fra Beatrice, figlia di Federico duca dell’alta Lotaringia o Lorena, e Bonifacio di Canossa.

Carinzia e marchese della Marca Veronese (171), nella quale inter- venne certamente almeno in due circostanze. Nel 1050 presiedette un placito in Vicenza, ponendo il banno imperiale sui beni del monastero di S. Giulia di Brescia nei territori vicentino e padovano (172). Di rilievo maggiore l’intervento nel 1055, durante la perma- nenza di Enrico III in Verona, come narra la

Historia Welforum

(173): avendo l’imperatore preteso di esigere, “estorcere”, dai cit- tadini veronesi la somma cospicua di mille marche, il duca, sopravvenendo all’improvviso, convinse l’imperatore a restituire la somma, ottenendo in cambio per lui la

securitas exeundi

. Nell’ultima espressione è probabilmente adombrata una ribellione o almeno un tumulto della cittadinanza contro il tributo ritenuto vessatorio, il che aveva forse compromesso la sicurezza di Enrico III e, in ogni caso, una sua ‘tranquilla’ partenza.

Le vicende e i conflitti del lungo regno di Enrico IV coin- volsero il marchese Adalberto Azzo II e i suoi figli, Guelfo IV, duca di Baviera, e Ugo e Folco, nati dal secondo matrimonio con Garsenda. Il primo si ribellò all’imperatore, perdendo nella primavera del 1077 il ducato, mantenendo, tuttavia, grande influenza sui passi alpini, una forte posizione che il re non riu- scì a scuotere (174), mentre i secondi ricevettero un privilegio che confermava possessi e giurisdizioni (175), compresi quelli

(171)Historia Welforum, inSS,XXI, p. 461, cap. 10. Cfr. H. Dopsch, Welf

III.,inLexikoncit., VIII, col. 2144.

(172) Manaresi, I placiticit., III/1, n. 384, 1050 maggio 26, Vicenza. (173)Historia Welforumcit., cap. 11, p. 461. Cfr. Cavallari, Ricerche sul

contecit., pp. 145-146.

(174) Reindel, Die politische Entwicklung cit., pp. 248-250; Boshof, Die

Saliercit., pp. 197 ss., 243, 251, 253; I. S. Robinson, Henry IV of Germany.

1056-1106,Cambridge, 1999, pp. 172-173; W. Störmer, Welf IV.,inLexikoncit., VIII, coll. 2144-2145.

(175)DD Heinrici IV, n. 289, anno 1077. Per osservazioni critiche sul privi- legio si veda K. Baaken, ‘Elisina curtis nobilissima’. Welfischer Besitz in der

che sarebbero spettati al duca Guelfo (176).

Alla fine del secolo, Guelfo IV, riconciliatosi con l’imperatore e riottenuto il ducato bavaro (177), si accinse, dopo la morte nel 1097 del marchese Adalberto Azzo II, a rivendicare l’eredità dei domìni paterni, compresi i beni recati in dote dalla madre, la guel- fa Cuniza (178), nei confronti dei due fratellastri, Ugo e Folco, dai quali discenderà il ramo marchionale conosciuto un secolo dopo quale ‘estense’ (179). Di fronte alla loro opposizione (180), il duca bavaro, aiutato dal duca di Carinzia, Enrico III, governatore anche della Marca Veronese, e dal fratello di questo, il patriarca di Aquileia, portò

magna guerra

contro Ugo e Folco (181). Altri con- flitti

durissimi

condusse il figlio Guelfo V contro i due fratelli, che a detta del cronista avrebbero “usurpato ingiustamente” il suo

patrimonium

(182). Le rivendicazioni dei Guelfi ebbero successo: già nel 1100 nel castello di Este (183) è accertata la presenza di

Markgrafschaft Verona und die Datierung der ‘Historia Welforum’, “Deutsche Archiv für Erforschung des Mittelalters”, 55 (1999), pp. 80 ss.

(176)Ibidem,p. 82, e Baaken, Zwischen Augsburgcit., p. 210, nota 14. (177) Reindel, Die politische Entwicklung cit., p. 251; Boshof, Die Salier cit., p. 259; Robinson, Henry IVcit., pp. 295-296; cfr. K. Baaken, Welf V.,in

Lexikoncit., VIII, coll. 1145-1147.

(178) Sugli aspetti della divisione ereditaria fra i tre figli dei beni del mar- chese Adalberto Azzo II e della prima moglie Cuniza, che aveva portato in dote la

curtis Elisina, indicante nel secolo XII un “grande complesso” di beni in Solesino ed Este, si veda Baaken, ‘Elisina curtis’cit., pp. 78, 90 epassim.

(179) Precisiamo che la qualificazione dei discendenti ‘italici’ dell’oberten- go Adalberto Azzo II con l’apposizione signorile ‘di Este’ o ‘estensi’ compare solo dal 1170 in poi: Castagnetti, I conticit., p. 84, nota 347.

(180) Schwarzmaier, ‘Dominus totius domus’cit., pp. 284-285; Zotz, Die

frühen Welfencit., p. 199; Robinson, Henry IVcit., p. 297. (181) Bernoldi Chronicon, in SS, V, p. 465.

(182)Historia Welforumcit., cap. 14, p. 462.

(183) A. Castagnetti,Mercanti, società e politica nella Marca Veronese-

Guelfo IV e dei figli Guelfo V ed Enrico il Nero, mentre effettuano la vendita della

curtis

e del castello di Albaredo ad alcuni mercanti veronesi, noti poi come Crescenzi (184).

L’obiettivo dei Guelfi di mantenere i possessi e i diritti lungo il corso inferiore dell’Adige è stato di recente ribadito dalla Baaken, che tralascia volutamente la questione dei beni matildici e dell’investitura in feudo del ducato di Toscana. L’autrice non si sofferma, tuttavia, sul ruolo politico assunto nella regione dal duca Enrico il Superbo durante il regno di Lotario III, limitandosi ad affermare che nell’ambito del progetto dei Guelfi di costituire una estesa signoria nei territori alpini, scemava vieppiù l’interesse per i possessi obertenghi e per Este (185); ma, aggiungiamo noi, questa ‘ritirata’ non era ancora in atto nel quarto decennio del secolo, anzi

di Este. Ancora nel 1117 Enrico il Nero si trovava in Este: A. Gloria (ed.), Codice

diplomatico padovano dal secolo sesto a tutto l’undecimo, Venezia, 1877; Codice

diplomatico padovano dall’anno 1101 alla pace di Costanza (25 giugno 1183), voll. 2, Venezia, 1879-1881 (d’ora in poi CDP, I-III), II, n. 92, 1117 ottobre 4, Este. Altro documento, con datazione sospetta al 1107, forse del 1117: CDP, II, n. 34, 1107 ottobre 14, presso S. Tecla di Este. Cfr. Schwarzmaier, ‘Dominus totius

domus’cit., pp. 285-286, che cita l’edizione di L. A. Muratori, Delle antichità

estensi ed italiane,voll. 2, Modena, 1717-1749, I, p. 282, e accetta, senza riserve, la datazione al 1107. Da un altro documento del 1136 apparirebbe la presenza di Enrico il Superbo in Este nell’atto di compiere un’ampia donazione alla canonica di S. Maria delle Carceri: CDP, II, n. 289, 1136 febbraio 10, Este; ma si tratta di un documento manifestamente falso, come già segnalava Muratori, Delle anti-

chità estensicit., I, p. 288, e come ribadisce la critica moderna: oltre al giudizio espresso da MGH, Die Urkunden Heinrichs des Löwen Herzogs von Sachsen und

Bayern, ed. K. Jordan, I, Stuttgart, 1949, p. 43, nota 48, e ora ribadito da Baaken,

‘Elisina curtis’cit., p. 79, nota 91, ci limitiamo a segnalare l’ubicazione dei beni nellaMarchia Trivisana, una connotazione distrettuale che non entra in uso prima dell’inizio del secolo XIII: A. Castagnetti, Le città della Marca Veronese,Verona, 1991, pp. 34 ss.

(184) Cfr. sotto, t. c. note 469-470.

la politica di espansione nella regione veniva potenziata con l’ac- quisizione, oltre che del governo della Marca Veronese, del feudo del comitato di Garda, al quale comitato era allora aggregato, come subito constatiamo, anche il territorio di Zevio, sulla destra del corso dell’Adige, a sud-est di Verona, lungo quella direttrice atesina che portava agli antichi possessi obertenghi, ora ‘estensi’ e ‘guelfi’.

Il governo della Marca con difficoltà poteva essere esercitato in modi concreti, stanti ormai, da un lato, l’autonomia feudale delle stirpi comitali (186) da lungo tempo radicate, a loro volta quasi tutte prive di poteri effettivamente comitali, pur se, in situa- zioni specifiche, ancora capaci di azione politica, anche a largo raggio, come nel caso del conte Alberto di San Bonifacio (187); dall’altro lato, l’avvenuta o prossima costituzione dei comuni citta- dini, che sanciva l’autonomia politica delle cittadinanze (188), già in atto per Verona da almeno tre decenni, quando la cittadinanza aveva concluso un trattato commerciale, nei fatti politico-militare, con Venezia, in guerra questa con Padova e Treviso (189). Ciò non toglie che il duca potesse esercitare la sua influenza nella Marca, soprattutto attraverso l’amministrazione della giustizia: ancora poco tempo prima il duca di Carinzia, come abbiamo notato (190), aveva potuto presiedere placiti di rilevante importanza.

Diverso, più fattivo per l’esercizio di un potere reale e certa- mente redditizio, si presentava il governo del distretto gardense: essenziale per le comunicazioni e le vie di commercio fra i Regni Teutonico ed Italico, ricco di risorse economiche, estendentesi, con l’incorporazione del popoloso castello di Zevio, verso i possessi aviti dei Guelfi lungo il corso inferiore dell’Adige. Tributi consi-

(186) Castagnetti, La feudalizzazionecit., pp. 772-773.

(187) Castagnetti, Le cittàcit., pp. 86-87, e cfr. sopra, t. c. note 149 ss. (188)Ibidem,pp. 102 ss.

(189)Ibidem,app. II, n. 1, 1107 maggio, Rialto (Venezia). (190) Cfr. sopra, t. c. note 132-137.

stenti, pur se non vi è documentazione diretta per questo periodo, dovevano provenire dal commercio, ad esempio, da quello che si effettuava tra le sponde bresciana e veronese del lago, anche se è attestato solo quello transitante per Lazise, i cui tributi di ripatico e di teloneo erano già stati concessi invero alla comunità locale fin dal 983 dall’imperatore Ottone II (191), ma che ancora nel 1179, come vedremo, erano rivendicati da Turrisendo, conte di Garda, presso il tribunale del comune veronese (192).

Aspetti particolari dell’esercizio del governo sul distretto gar- dense si apprendono da una serie di testimonianze rese nel 1180 ad un processo per la giurisdizione su Zevio (193), già aggregata al distretto (194), documentazione della quale ancora ci serviremo. I testimoni rievocano, fra molti aspetti e vicende, le forme concrete dell’esercizio della giurisdizione da parte dei conti, ben arroccati, con una forza militare costante, nell’

arx

di Garda, come vedremo

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