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Con il vescovo di Trento al momento dell’assassinio del presule (1172)

Di Garzapano veniamo a conoscere la presenza ad una vicen- da tragica, la congiura e l’assassinio del vescovo trentino Adelpreto. La vicenda è narrata nella

passio

di Adelpreto vescovo, compresa nell’opera

Epilogus in gesta sanctorum

del domenicano Bartolomeo da Trento, composta verso la metà del secolo XIII (640).

Il Rogger, cui va il merito di avere proposto il testo all’atten- zione degli studiosi, ne sottolinea alcune particolarità: anzitutto l’estensione eccezionale rispetto a quella delle altre

Vitae

incluse nell’opera, anche nei confronti di altri santi locali, quali, ad esem- pio, s. Vigilio e i martiri aunianensi; ed ancora, la predilezione per il tema, il fervore della narrazione; il richiamo, nel prologo, alla testimonianza dei contemporanei, che, per esperienza diretta o per racconto di testimoni diretti, possono attestare la veridicità dei fatti narrati, a conferma di una redazione della

Vita

avvenuta in un tempo non troppo lontano dagli avvenimenti. Bartolomeo tralascia di descrivere o anche semplicemente di fare riferimento agli avve- nimenti di storia generale, che hanno coinvolto il presule trentino, la città e il territorio, nonché i rapporti con città vicine: ad esem- pio, ignora la posizione del vescovo durante lo scisma dal 1159 in

(640) Il testo della passio“De sancto Adelpreto episcopo Tridentine eccle- sie” è edito da I. Rogger, Vita, morte e miracoli del beato Adelpreto (1156-1172),

nella narrazione dell’agiografo Bartolomeo da Trento,“Studi trentini”, LVI (1977), app., pp. 374-384. Per le ultime vicende del vescovo Adelpreto ripren- diamo, riducendo, quanto esposto in Castagnetti, Governo vescovilecit., pp. 205-219.

poi; i privilegi federiciani per la chiesa vescovile degli anni 1161 (641) e 1167 (642); i rapporti del vescovo con esponenti eminenti della società veronese, che culminarono nella concessione del castello di Garda e del suo comitato a Carlassario (643). Egli si limita a tracciare un quadro dell’ambiente trentino, presentato in una luce negativa, come altri autori del tempo, per lo stato genera- lizzato di violenze, in particolare i conflitti dei vassalli con il vescovo e dei vassalli fra loro.

Più ampia l’analisi del Cracco (644), che considera il testo nel clima politico e culturale del periodo in cui fu redatto: egli pone in luce le finalità morali, ideologiche e politiche cui tende l’autore della

Vita

. Bartolomeo esalta l’opera del vescovo Adelpreto, “orga- nicamente legato all’impero”, l’attività di governo, l’esercizio della giustizia, soprattutto nei confronti dei potenti; il suo desiderio di imporre la pace anche quando è costretto, suo malgrado, a compie- re azioni di guerra; un vescovo dei tempi antichi che, non dimenti- co del suo

officium sacerdotis

, riproduceva in sé, come l’imperato- re, la duplice funzione di governo civile ed ecclesiastico.

Bartolomeo, come il Rogger pone in luce, non segue nella narrazione della

Vita

di Adelpreto un ordine cronologico, ma pro- cede “in modo pendolare”, soffermandosi a rievocare le vicende e le difficoltà dell’azione del vescovo quale “tutore della pace inter- na”, costretto ad operare principalmente su due fronti, a nord verso i conti di Appiano, a sud verso i da Castelbarco, le due stirpi mag- giormente responsabili dello stato di turbolenza del paese, esempi

(641) Doc. dell’anno 1161, citato sopra, nota 428. (642) Doc. dell’anno 1167, citato sopra, nota 431. (643) App., n. 6, 1168 aprile 29, Riva.

(644) G. Cracco, ‘Assassinio nella cattedrale’ nell’Italia del Nord-est: sto-

ria e memoria,in‘In factis mysterium legere’. Miscellanea di studi in onore di I.

primi di quei

divites

che, invidiosi del vescovo e dei suoi poteri di governo, venendo meno al vincolo di fedeltà, dissipano i beni e i redditi della chiesa.

L’agiografo, dopo un breve cenno sull’assedio posto dalle milizie vescovili al castello dei da Castelbarco, diretto soprattutto a testimoniare la volontà di pace del vescovo, si sofferma in seguito sulla loro partecipazione alla congiura contro il presule. Avanti il settembre 1172, il vescovo Adelpreto prescrisse ad abi- tanti,

viri

, di Arco (645) – il riferimento, secondo noi, è alla fami- glia signorile omonima – e ad Aldrighetto da Castelbarco (646), già

rebelles

all’autorità vescovile, di recarsi in un giorno stabilito ad Arco, ove egli stesso sarebbe giunto per ripristinare la concor- dia e stabilire la pace: doveva essere svolto in pratica un grande placito. I convocati, convenuti ad Arco ed avviata, su iniziativa degli

Arcenses

, la congiura per l’assassinio del vescovo, elessero a loro capo Aldrighetto. Accolsero poi il vescovo mostrando di accettare il suo giudizio. Ma poco dopo, mentre il vescovo si diri- geva verso Riva, i congiurati, preparatisi all’agguato, lo assaliro- no ferendolo mortalmente.

L’assassinio di un vescovo, fatto assai grave, non era un fenomeno sconosciuto per l’epoca, come ha sottolineato il Cracco (647): senza ricordare la nota vicenda di Thomas Becket, anche nella vicina Vicenza, nel 1184, il vescovo Cacciafronte venne ucciso per le vie della sua città (648). Poiché Cacciafronte era un vescovo di parte papale, i pontefici intervennero per condannare i presunti colpevoli, che avrebbe- ro agito contro il vescovo per avere questi difeso beni e diritti

(645) Sulla famiglia dei d’Arco nel secolo XII si veda Castagnetti, Governo

vescovilecit., pp. 66-70.

(646) Su Aldrighetto da Castelbarco ibidem, pp. 208-227. (647) Cracco, ‘Assassinio’nella cattedralecit., p. 20. (648) Castagnetti, Le cittàcit., pp. 233-234.

della chiesa; il responsabile maggiore fu individuato nel conte di Vicenza Ugezzone.

Per l’assassinio del vescovo trentino non abbiamo notizia di alcun intervento o reazione da parte del pontefice né da parte del- l’imperatore, pur se il vescovo Adelpreto era o era stato a lungo un ‘servitore’ fedele dell’Impero e, per di più, era imparentato con Federico. Questa fedeltà può spiegare la mancata reazione del pon- tefice, mentre quella dell’imperatore può essere spiegata dalla posizione politica assunta pochi anni prima dal vescovo, che nel 1168 aveva concesso in feudo il castello di Garda a un cittadino veronese, con l’impegno di aiuto militare (649), il che aveva posto di fatto il vescovo nello schieramento della Lega Lombarda.

L’agiografo pone in risalto presso il vescovo il ruolo di Garzapano, che accompagna il presule fin dall’inizio dell’ultima sua vicenda. Quando i congiurati, fingendo di accettare l’invito alla pace, accolsero il vescovo e il loro capo, Aldrighetto da Castelbarco, secondo l’agiografo, chiese al vescovo il bacio come suggello di pace – “... oscula pacem claudunt” –, il vescovo rifiutò di compiere il gesto di persona, indicando in sua sostituzione Garzapano, definito causidico o uomo di legge (650). Dopo breve tempo, mentre il vescovo si dirigeva con scarso seguito verso Riva, venne assalito dai congiurati, preparatisi all’agguato: pur messo in guardia da Garzapano, che, accortosi del sopraggiungere di inseguitori, lo spronò alla fuga, li attese e non esitò ad apostro- fare Aldrighetto, che lo assalì, trafiggendolo al petto e ferendolo al capo mortalmente.

Il ruolo, già significativo, di Garzapano assume rilievo mag- giore se consideriamo che nella

Vita

l’autore non cita, in genere, singoli personaggi per famiglia e tantomeno per nome, se non di

(649) Cfr. sopra, t. c. note 435 ss.

alto lignaggio: i conti di Appiano, più volte (651); una volta il conte di Tirolo (652); anche Aldrighetto da Castelbarco (653), ai fini però di tramandarne la memoria per esecrazione.

Spiegabile, a distanza di tre quarti di secolo, anche l’equivoco dell’agiografo nell’assegnare al nostro la professione di uomo di legge, un equivoco sorto per essere Garzapano veronese come veronesi erano coloro che ricoprivano il ruolo di ‘giudice vescovi- le’ nel secolo XII e nei primi decenni del seguente, appartenenti alla famiglia dei di Bella (654). La presenza di un fedele servitore del Barbarossa presso il vescovo potrebbe indicare l’intento del- l’imperatore di convincere il presule a tornare nell’orbita dell’Impero, dalla quale si era allontanato certamente nel 1168, con l’investitura di Garda a un Veronese (655), o a rafforzarne l’impegno, se il ritorno fosse già avvenuto.

5.6. Vassallo del capitolo veronese e del monastero di S. Maria

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