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Comunicazione e sviluppo della teoria della mente Nella psicologia dello sviluppo l’emergere di capacità comunica-

tive complesse viene messo in relazione con lo sviluppo della teoria della mente, vale a dire della capacità di rappresentare stati mentali propri e altrui (Premack e Woodruff, 1978). In particolare, si è mo- strato che l’abilità di rappresentare stati mentali altrui è richiesta per poterli manipolare come avviene nella pianificazione di un inganno (Sodian, 1991). Numerosi autori hanno sostenuto che anche per in- terpretare la comunicazione non letterale l’ascoltatore deve avere una teoria della mente sviluppata. Solo questa infatti renderebbe possibile effettuare inferenze di second’ordine e quindi individuare il carat- tere non letterale, ad esempio ironico, di un atto comunicativo. Per questa ragione bambini più piccoli sarebbero invece incapaci di di- stinguere non letteralità da inganno (Peterson, Peterson e Seeto, 1983; Demorest, Meyer, Phelps, Gardner, Winner, 1984; Winner, Leekam, 1991; Sullivan, Winner, Hopfield, 1995; Winner, Brownell, Happé, Blum, Pincus, 1998).

Un modo quindi di rendere il paradigma Griceano compatibile con lo sviluppo è quello di mettere in relazione la complessità delle forme comunicative con la complessità delle abilità di lettura della mente

richieste (Airenti, 2003). I bambini piccoli, a causa della semplicità delle loro abilità di teoria della mente, sarebbero in grado di produrre e comprendere solo atti comunicativi elementari mentre bambini più grandi sarebbero capaci di avere a che fare con forme più complesse e le forme in assoluto più complesse come l’ironia verrebbero acquisite non prima dell’età scolare.

In realtà lo schema appena esposto è messo in questione da un certo numero di considerazioni. La prima considerazione è che già le basi dell’interpretazione Griceana di un atto comunicativo sono messe in discussione dal percorso di sviluppo della comunicazione. I bam- bini iniziano a partecipare ad interazioni comunicative prima dell’ac- quisizione del linguaggio, quando le loro abilità di teoria della mente non sono abbastanza sviluppate da permettere di rappresentare stati mentali del second’ordine (Risjord, 1996; Airenti, 2010). Per risol- vere questo problema è stato proposto di distinguere due “gradi” della comunicazione. La comunicazione normale sarebbe basata sulla tra- sparenza di intenzioni e credenze. Questo spiegherebbe perchè anche i bambini piccoli siano in grado di comunicare. Questa forma più sem- plice di comunicazione potrebbe essere considerata la situazione di default anche per gli adulti. Infatti anche per gli adulti è difficile im- maginare che la comprensione di ogni atto comunicativo, anche il più banale, richieda necessariamente l’esame degli stati mentali dell’inter- locutore, come previsto dalla definizione di significato del parlante di Grice. Al contrario lo sviluppo della capacità di elaborare stati men- tali del second’ordine sarebbe necessario per comprendere errori e usi non letterali del linguaggio (Perner, 1988, Airenti, Bara e Colombetti, 1993a,b).

C’è però un’altra questione da prendere in considerazione e ri- guarda il fatto che i bambini si comportano in modo molto diverso rispetto alle diverse forme di insincerità. Se i bambini piccoli sono in difficoltà con l’inganno e le forme non letterali di comunicazione, al contrario non hanno nessuna difficoltà con la sospensione della since- rità che si attua nel gioco di finzione. Su questo aspetto c’è stato un importante dibattito teorico nella psicologia evolutiva. Alcuni studiosi hanno sostenuto che il fatto che bambini di appena due anni siano in grado di fare e comprendere il gioco di finzione possa essere consi- derato come una conferma del paradigma Griceano. La tesi è che sia

comunicare che fare gioco di finzione richiedono stati mentali del se- cond’ordine. Se comunicare è un atto di ostensione (Sperber e Wilson, 1986), lo è anche il far finta. Un bambino che fa finta di bere da una tazza vuota, in genere esagererà il gesto: non sta semplicemente be- vendo come avverrebbe in una situazione seria, ma mostra il gesto stesso di bere. Secondo questo punto di vista, quindi, il fatto che i bambini producano e comprendano finzione mostra che sono dotati della capacità di metarappresentazione (Leslie e Happé, 1989). Il pre- coce sviluppo della capacità metarappresentativa quindi, oltre a spie- gare la finzione permetterebbe di estendere il modello griceano anche alla comunicazione infantile.

A sostegno di questa tesi studi sperimentali recenti hanno mostrato che in compiti non verbali anche bambini molto piccoli sembrano comprendere la falsa credenza, passando quindi il classico test della teoria della mente. Per Clements e Perner (1994) è possibile indivi- duare una comprensione implicita della falsa credenza in bambini di 3 anni monitorando la direzione del loro sguardo. Altre ricerche hanno mostrato una ancora maggiore precocità, utilizzando misure di fissa- zione dello sguardo in compiti di falsa credenza non verbale con bam- bini di soli 15 mesi (Onishi e Baillargeon, 2005; Baillargeon, Scott e He, 2010). Questi dati confermerebbero l’esistenza di un sistema specializzato per la teoria della mente che si svilupperebbe già intorno ai due anni d’età (Onishi, Baillargeon e Leslie, 2007). Queste ricerche sono interessanti perchè prendono in esame le risposte spontanee dei bambini in cui sembrano entrare in gioco i meccanismi alla base della teoria della mente. D’altra parte, se questi risultati mostrano chia- ramente che i bambini piccoli prestano attenzione alle azioni altrui e hanno delle aspettative, ci dicono poco sulla capacità di manipo- lare intenzionalmente gli stati mentali, come avviene nell’inganno. Possiamo chiamare teoria della mente implicita il processo cognitivo per cui un bambino guarda stupito una persona che cerca un oggetto in un posto diverso da quello in cui l’ha messo. Rimane comunque una netta distinzione tra questa e la teoria della mente esplicita necessaria per pianificare un inganno. Quindi questi esperimenti, per quanto in- teressanti, non sono sufficienti a illuminarci sulla qualità delle rappre- sentazioni necessarie per utilizzare le varie forme comunicative.

Uso della sincerità nella comunicazione dei bambini

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