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III. Musei in Contesti Industriali: Peculiarità, Analogie e Divergenze

3.2 Comunicazione e web

A conclusione di questa analisi si è scelto di parlare dell'apparato comunicativo di cui ogni museo fa uso, un aspetto essenziale per qualsivoglia allestimento, sebbene talvolta trascurato, e musei come la Centrale Montemartini, i Drassanes, il Museo Classis Ravenna e il Parco Archeo-minerario San Silvestro sono stati in grado di sviluppare un apparato comunicativo molto più efficace rispetto ad altri.

Prima di tutto si deve considerare che il sito web, in moltissimi casi, in un mondo sempre connesso, è spesso il primo approccio che i potenziali visitatori hanno con un qualsiasi museo. La cosa non stupisce poiché oggigiorno chiunque ha la possibilità di navigare in internet, utilizzandolo come accesso privilegiato alle informazioni, ed è quindi naturale che ogni polo museale debba dotarsi di mezzi appropriati per incoraggiare la visita anche dal punto di vista della rete, motivo per cui pare strano che tale elemento possa essere messo in secondo piano dai musei siciliani. I musei sopramenzionati, invece, risultano adeguati sotto ogni aspetto: tanto per cominciare sono responsive165 (analogamente a quanto visto in molti altri musei, compreso

quello delle navi di Barcellona), in possesso di una home page con layout accattivante; i vari elementi del sito, come social media, menù, selezione della lingua ecc., sono stati posizionati in modo tanto intuitivo da risultare ben visibili e

164 Settis, 2015.

165 Cioè si adatta ad ogni schermo usato per navigare sul sito del museo, sia che si usi un computer, uno smartphone o un tablet.

facilmente utilizzabili dall'utenza. Le home page sono suddivise in macro-argomenti selezionabili dove l'utenza può visualizzare mostre, eventi e attività didattiche, sia quelle attualmente in corso, sia quelle previste per l'immediato futuro, sia quelle passate, comodamente consultabili nell'archivio del sito. Sono altresì disponibili spazi personali dedicati a chiunque intenda registrarsi, dando modo di creare un proprio percorso personalizzato durante la visita e di essere tenuto sempre aggiornato su eventuali eventi, nonché gallerie fotografiche dei materiali in esposizione.

Si segnala l'importante funzione offerta dal sito dalla centrale romana di dare all'utenza la possibilità di poter visitare le pagine web relative ai Musei in Comune tramite il suo sito, in modo analogo a quanto accade con il museo ravennate, che ha scelto di mettere il Museo come punto di collegamento con tutti i siti archeologici situati all'interno del futuro Parco Archeologico di Classe, così come sul sito di San Silvestro, creando utili collegamenti tra le varie esposizioni che danno un senso di organicità alle varie manifestazioni di ciascuno di questi luoghi.

Data l'importanza che i social media rivestono odiernamente, la decisione dei musei siciliani di affidarsi ad un'unica piattaforma centralizzata dalla quale reperire informazioni in merito alla struttura museale e relativi orari, tariffe e contatti, o il fare riferimento ai siti web dei Comuni in cui risiedono, appare vetusta e anacronistica, soprattutto per quel che concerne le Tonnare di Favignana che, oltre a far ricorso di diversi impianti audiovisivi all'avanguardia (esemplificati dai vari documentari discussi in precedenza), dispone anche di personali pagine social da cui ottenere informazioni e supporto.

Tra le strategie comunicative e divulgative adottate di particolare rilevanza sono il Centro di Documentazione Marittima del Museo di Barcellona, il quale si prefigge come obiettivo il porsi come punto di riferimento per chiunque voglia approfondire la storia della navigazione, rendendolo un punto di riferimento per tutta la città, e pertanto recupera e conserva tutte le informazioni sull'argomento in modo da poterle utilizzare per attività di ricerca166, e la rivista annuale “Drassana: Revista del Museu

Marìtim”, curata dal museo e nata nel 1989, che informa di tutte le acquisizioni, progetti ed esposizioni del museo.

Tra gli altri servizi, infine, è possibile citare anche la “MIC card” della Montemartini, in grado di spingere alla visita anche in più occasioni: si tratta di una tessera che al costo di cinque euro offre l'accesso illimitato per dodici mesi nei Musei in Comune e

nei siti storico-archeologici della Sovrintendenza, rivolta ai residenti e agli studenti universitari della città, analoga a quanto offerto dal Parco di San Silvestro con la sua “ParcheoCARD”.

Conclusioni:

Dalle ricerche svolte è emerso come il particolare binomio archeologia e industria sia stato utilizzato negli allestimenti museali selezionati per questo elaborato. Anzitutto si può dire che l'elemento industriale è in un certo qual modo sfruttato da tutte queste realtà museali (il Museo delle Navi Antiche trova posto negli antichi Arsenali dei Medici, l'Anselmi di Marsala in un antico centro di produzione vinicola, il Classis Ravenna in uno zuccherificio, la mostra Serial Classic in una vecchia distilleria ecc.), recuperando un dato edificio industriale; una scelta, questa, che risiede nella duplice volontà di rivitalizzare un luogo mediante esposizioni, le quali sono potenzialmente in grado di catturare l'attenzione del pubblico e, al contempo, ridare lustro ad un impianto che un tempo risultava vitale per il fabbisogno produttivo ed economico della zona. Tuttavia ogni caso esaminato è stato d'altronde creato con lo scopo di soddisfare esigenze differenti che vanno da una semplice opera di riqualificazione all'emergenza di mettere in sicurezza reperti di valore inestimabile; quindi, non tutti i musei analizzati non si sono posti come obiettivo la realizzazione di un dialogo tra le evidenze archeologiche e la memoria industriale, e pertanto il modo in cui questo contesto viene sfruttato varia a seconda dei casi.

Le scelte adottate in fase di progettazione e allestimento hanno portato talvolta a protendere in favore di una musealizzazione dell'elemento industriale a discapito dell'elemento archeologico o viceversa. Il puntare più su un contenuto dell'allestimento piuttosto che sull'altro è una scelta voluta in fase di allestimento: questo non è da considerarsi propriamente un aspetto negativo poiché ad esempio molte strutture a carattere museale sono nate con il solo scopo di mettere in salvo i reperti archeologici e contemporaneamente riqualificare il tessuto urbano, non curandosi, per l'appunto, dell'aspetto industriale. Tuttavia, laddove un allestimento abbia intenzione di rivitalizzare la storia industriale dell'edificio occupato, appare necessario tenere in considerazione entrambi i fattori, archeologico e industriale, e quindi di mantenere il più possibile una coerenza tra il “contenuto” e il nuovo “contenitore” rivitalizzato, un fattore che abbiamo visto non sempre presente, come

per esempio nel museo del museo Baglio Anselmi.

In ogni caso, trattandosi di musei inseriti in contesti industriali dismessi, la difficoltà principale è data dalla complessità di riadattare un ex-centro industriale a sede espositiva; questa difficoltà, infatti, non riguarda solo la messa in sicurezza di reperti e strutture, le quali sono spesso in uno stato di degrado molto avanzato, ma soprattutto nel re-immaginare un contesto industriale a nuovo scopo, senza snaturarlo e apportando le modifiche solo quando necessario (in caso si voglia mantenere integra la storia originale del luogo), adattando il tutto ad una fruizione ottimale per i visitatori, mantenendo in dialogo il contenuto espositivo dell'offerta museale e l'edificio originario, e sta nelle capacità e nella collaborazione tra architetti e addetti del settore il realizzare e mantenere vivo questo dialogo. Da quanto visto, molti hanno cercato di prendere in considerazione, quando possibile, i parametri espressi da Franco Mancuso167; tra questi, è possibile anzitutto citare lo sfruttamento nella

fase di progettazione e la stessa musealizzazione della realtà industriale, con il recupero dell'edificio originario: in questo modo, viene a crearsi un ponte di collegamento tra passato e presente con interventi di ricostruzione ridotti quanto più possibile, onde evitare eccessive alterazioni strutturali e cercando di utilizzare, nei casi di ristrutturazione, materiali consoni a quelli dell'edificio stesso.

I musei analizzati, eccettuato il caso della Fondazione Prada, hanno conservato i caratteri originali delle strutture, in special modo il loro aspetto esteriore, sono stati mantenuti anche dopo la loro conversione a museo, rappresentando di fatto un elemento che accomuna tutte le strutture analizzate e dunque un perenne richiamo al mondo industriale. Questi caratteri sono stati spesso preservati anche internamente, con percorsi che seguono la reale planimetria dell'edificio; un esempio è dato dalle celle adibite un tempo a stalliere negli Arsenali Medicei, conservate in fase di progettazione museale, o dalle forme inarcate dei soffitti degli invasi nel Baglio Anselmi (Fig. 3.18-19). Tutte le modifiche a cui questi edifici sono stati sottoposti per la loro rinascita a museo sono infatti servite unicamente a favorire la fruizione museale per i visitatori, come è stato possibile appurare dalla modifica, seppur drastica, dell'ingresso del Museo Classis Ravenna, dove le vasche di trattamento delle barbabietole sono state sostituite da un'enorme rampa di ingresso (Fig. 3.20- 21).

Fig. 3.18-19: Museo delle Navi Antiche (Pisa) – Alcune vetrine inserite all'interno delle celle per i

cavalli (foto dell'Autore), e Baglio Anselmi – Esempio di architettura interna (foto gentilmente concessa da Professoressa F. Donati):

Fig. 3.20-21: Classis Ravenna – Le vasche per la lavorazione delle barbabietole (foto da Vittorini,

2007, pag. 54), e la successiva rampa di scale per l'ingresso al museo (foto dell'Autore): le immagini mostrano il cambiamento subito dall'edificio in fase di realizzazione del museo.

Un ulteriore elemento di comunanza è rappresentato dall'uso sempre più intensivo di apparati multimediali, come è stato possibile constatare da esempi riconoscibili nei pannelli nei corridoi che si attivano al passaggio, mostrando interviste ad operai, presenti nel Museo Civico del Marmo di Carrara, o le video installazioni “Torino” e “The death room”; l'utilizzo di tale tecnologia non è mai fine a se stesso ma supporta la narrazione fornita dall'allestimento. Questo genere di servizi multimediali è sempre più diffusi nei musei, ma alcune esposizioni hanno mantenuto un approccio più classico (sebbene questo genere di contenuti sia comunque presente, seppure minimamente), basandosi, come la Centrale Montemartini e il Baglio Anselmi, più sull'esporre unicamente i vari reperti che sull'utilizzare materiale multimediale168.

La gran parte dei musei analizzati riguarda il panorama italiano, e forse a causa del gap temporale rispetto ad altri paesi, i quali hanno abbracciato questa tipologia museale da più tempo, l'accostamento archeologia/industria ha incontrato talvolta forti resistenze, come dimostrato dalla Centrale Montemartini, che quando rinacque a esposizione archeologica alla fine degli anni Novanta (prima ancora, quindi, di diventare un museo in pianta stabile), era convinzione comune che fosse possibile adottare una musealizzazione binaria unendo due mondi antitetici così distanti. La realizzazione di così tanti musei in un simile contesto nel corso degli ultimi decenni, al di là delle loro singole peculiarità e delle differenze, ha tuttavia dimostrato non solo che il mondo industriale e archeologico siano in grado di coesistere, ma anche un graduale superamento delle opposizioni nei loro riguardi, sebbene una tale tipologia museale rappresenti una vera e propria sfida per i progettisti, i quali, infatti, devono riuscire a far dialogare, come detto, i due elementi opposti senza sminuire il valore storico, architettonico e industriale della struttura.

168 Sono comunque presenti pannelli audiovisivi per alcune mostre, come quella egizia tenutasi nel museo nell'autunno del 2018.