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Museo Archeologico “Lilibeo” Baglio Anselmi di Marsala

II. Archeologia in contesti industriali: una selezione di esempi significat

2.5 Museo Archeologico “Lilibeo” Baglio Anselmi di Marsala

Il Museo Archeologico Regionale “Lilibeo” allestito nel Baglio Anselmi (Fig. 2.17) si trova a Marsala (Provincia di Trapani) ed espone oltre 3.000 reperti, tra i quali spicca l'unica nave punica arrivata fino ai nostri giorni (Fig. 2.19), ed in futuro anche una nave oneraria romana del III secolo d.C. recuperato a Marausa, a 150 metri dalla costa di Trapani.

Fig. 2.17: Museo Archeologico Regionale “Lilibeo” Baglio Anselmi – Esterno. Foto cortesemente

concessa da Professoressa F. Donati.

2.5.1 La storia dell'edificio e il rinvenimento della nave

Il museo è situato in un antico baglio alla periferia di Marsala costruito verso il 1880 come stabilimento vinicolo, destinato alla produzione del Marsala e la distillazione dell'alcool puro, durante la rivoluzione vinicola incominciata verso la metà dl XIX secolo e ancora in piena attività fino al secolo scorso. Costituito da vari fabbricati con apertura verso il cortile interno, la struttura era protetta in modo analogo al vallum romano o al ballium tardo-medievale, termini questi da cui forse deriva la

parola odierna83.

Dopo la cessazione della produzione dello stabile nella seconda metà del XX secolo, il baglio fu compreso all'interno del Parco Archeologico di Lilibeo, nel 1978 venne acquistato con lo scopo di preservare al suo interno la nave punica, ma per molti anni rimase sotto ad un telone a causa delle condizioni del museo, non idonee per la sua corretta esposizione, tanto che la si poteva ammirare unicamente grazie a delle finestrelle lungo le fiancate della copertura.

L'imbarcazione punica venne rinvenuta da una missione inglese diretta da Honor Frost, nel tratto di mare al largo dell'Isola Lunga, vicino all'imboccatura nord della laguna dello Stagnone di Marsala (a cui seguì il processo di conservazione e restauro del legno)84. Una volta terminati gli scavi85, i legni della nave vennero conservati in

acqua dolce e poi conservati nel baglio in una vasca con cera sintetica (Polietilene glycol – PEG 4000 ad alta percentuale)86.

I reperti rinvenuti erano di vario genere e alcuni di essi dovevano appartenere al corredo di bordo e, grazie all'analisi effettuate con il carbonio 14 sui resti organici, è stato possibile datare la nave alla metà del III secolo a.C., in coincidenza con la battaglia delle Egadi (241 a.C.), che concluse la prima guerra punica87. Proprio

questa datazione ha portato a supporre che si trattasse di una nave da guerra, benché siano state avanzate anche ipotesi ben diverse: Maurizio Vento sostiene infatti che questa fosse una nave da trasporto, dato che forma e misure coincidono con le onerarie puniche88. La supposizione dello studioso risulta ulteriormente avvalorata

dal fatto che sulla nave sono stati rinvenuti oggetti come vasellame, attrezzi da pesca ecc. che sono tipici di imbarcazioni di questo tipo.

Oltre al dubbio sopracitato, vi è anche chi ipotizza addirittura che la nave non fosse

83 “Bagghiu” dal latino “ballium”, termine in seguito adottato dagli arabi, i quali identificarono i bagli nelle massae (masserie) bizantine, mentre i bizantini denominavano queste costruzioni con il nome arabo bahah. Ad ogni modo l'origine etimologica resta incerta, visto che può essere ricollegata anche al francese “bail”.

84 Giglio, 1997, pp. 97-102.

85 Le campagne di scavo e di raccolta dati furono quattro, svoltesi tra il 1971 e il 1974. Nel 1978 il legno conservato, insieme ad integrazioni, venne montato su un supporto metallico grazie a dei tecnici locali, i fratelli Bonanno, secondo le linee guida di Augustin P. Ferrar, membro della missione inglese della Frost.

86 Giglio, 1997, pp. 97-102. 87 Purpura, 1997.

punica ma romana, benché una prova è data da alcuni segni sullo scafo appartenenti, pare, all'alfabeto fenicio-punico, ma di contro le pietre usate come zavorra potrebbero essere di origini romane89.

Nel 1986 l'edificio fu adibito a museo dalla Regione Sicilia, con il duplice scopo di ospitare i resti della nave e di esporre le testimonianze illustranti la storia antica di Lilibeo (Città di fondazione punica), fungendo da elemento di raccordo tra il mondo fenicio, romano e medievale, e restituendo al visitatore elementi della stratificazione urbana realizzatasi nell'arco dei secoli90. Nel maggio 1999, infine, furono ultimati i

lavori con impianti in grado di permettere un clima adatto ad una conservazione ottimale, grazie all'installazione di impianti di climatizzazione per mantenere temperatura e umidità costanti, e dunque fu possibile esporre la nave al pubblico. 2.5.2 La struttura e il percorso museale

Il baglio si articola attorno ad un'ampia corte (Fig. 2.18), oggi in parte adibita a giardino, secondo l'articolazione tipica delle dimore siciliane rurali dei corpi di fabbrica intorno ad uno spazio recintato, che nasce su modello della villa rustica romana di età repubblicana ed imperiale largamente diffusa nelle provinciae.

Il museo si affaccia sul lungomare Boeo, con una biglietteria posta all'ingresso e al lato opposto una scala che porta agli uffici del personale.

Dall'ingresso principale si aprono due ampie sale, originariamente adibite a grandi magazzini dove venivano stivate le botti, ora trasformate in spazi espositivi91; la sala

di destra è dedicata ai rinvenimenti subacquei, tra i quali è presente in primis quello della nave punica, oltre a varie anfore da trasporto, ceppi d'ancora e il carico di relitti arabo-normanni trovati al largo del Lido Signorino. L'altra sala invece, preceduta da una saletta con documentazione fotografica e grafica, è dedicata a Lilibeo ed espone le testimonianze archeologiche della città, dalle sue origini fino al periodo medievale, secondo un ordine cronologico e topografico92.

89 Purpura, 1997.

90 Giglio, 1997, pp. 63-87. 91 Giglio, 1997, pp. 63-87.

92 http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/database/page_musei/pagina_musei.asp

Fig. 2.18: Museo Archeologico Regionale “Lilibeo” Baglio Anselmi – Atrio interno. Giattino S., a.a.

2013-2014, fig. 2.7, pag. 73. Foto di Nuzzo G.

Nel primo invaso è esposta la parte conservata della summenzionata nave punica, che risulta essere di dieci metri di lunghezza e tre di larghezza: Rossella Giglio ha ipotizzato che la sua lunghezza effettiva fosse di 35 metri, larga 4,80, con un peso pari a 120 tonnellate, ed un equipaggio di 68 navigatori – 34 per lato – che azionavano i 17 remi della nave93. Non tutte le parti originali dell'imbarcazione

furono trovate, anzi le uniche furono la poppa e la fiancata di babordo, mentre gli altri pezzi sono stati montati su appositi supporti, ed è possibile riconoscerli grazie al differente colore del legno. Della nave, che può essere osservata da ogni angolazione effettuando il giro della sala in quanto posta al centro, sono visibili la poppa e la

93 La nave era costruita secondo il modello “a guscio portante”, basata sulla realizzazione prima del fasciame e poi della struttura interna. Esteriormente era rivestita di lamiere di piombo fissate con chiodi di bronzo, mentre un tessuto stava tra il fasciame ed il rivestimento metallico. La parte interna era costituita da madiere e ordinate, rispettivamente costruite in quercia e acero le prime, in pino e acero le seconde, il fasciame invece era in pino silvestre e marittimo. I segni geometrici tracciati sull'imbarcazione avevano la funzione di segni utili per la sua costruzione (e sono ovviamente anch'essi testimonianze di grande rilevanza). Cfr. nota precedente.

fiancata di babordo (dieci metri di lunghezza per tre di larghezza) sostenute mediante un sostegno metallico, a sua volta sorretto da piedistalli in cemento; i resti lignei dell'imbarcazione sono illuminati da faretti posti sul pavimento.

Fig. 2.19: Museo Archeologico Regionale “Lilibeo” Baglio Anselmi – Nave punica. Foto di M.

Salvetti.

Oltre ad ospitare la nave punica, la sala contiene materiali provenienti in gran parte dalle campagne di scavo condotte dai primi del Novecento ad oggi, insieme ad un ristretto numero di reperti dalla collezione “G. Whitaker” di Mozia e da alcune vecchie acquisizioni del Comune94, con ricostruzioni, pannelli informativi e reperti

subacquei che occupano il resto della sala, come una vetrina contenente funi e cordami, ed altre due con oggetti in ceramica in dotazione alla nave, (Fig. 2.20).

94 http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/database/page_musei/pagina_musei.asp

Fig. 2.20: Museo Archeologico Regionale “Lilibeo” Baglio Anselmi – Una delle vetrine in

esposizione. Foto di M. Salvetti.

Il percorso espositivo prosegue nel secondo invaso, detto “Sala Lilibeo”, che tratta come accennato dell'intera storia del territorio attraverso un percorso continuo che da sinistra verso destra, tramite testi esplicativi, documenti grafici e fotografici, espone in vetrine ridossate alle pareti reperti che attestano l'importanza e la ricchezza di un patrimonio archeologico tra i più rilevanti nel Mediterraneo antico.

Il percorso inizia con una vetrina dedicata alla preistoria dove sono esposti materiali databili dal Paleolitico superiore all'età del bronzo95. La sezione dedicata a Mozia ha

due vetrine, una dedicata al tofet (santuario fenicio-punico a cielo aperto)96, con una

piccola esposizione di stele e vasi cinerari, l'altra alle necropoli, prendendo in considerazione sia quella arcaica ad incinerazione che quella sul promontorio di Birgi lungo la costa settentrionale dello Stagnone, composta prevalentemente da inumati, legata ad un centro che si sviluppò parallelamente e autonomamente alla colonia fenicia (per quest'ultima è presente una serie di pannelli dedicata la suo

95 http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/database/page_musei/pagina_musei.asp

?id=32&idsito=88

sistema fortificato)97. Segue una vetrina con oggetti d'uso comune che documentano

la vita di tutti i giorni tra IV e III secolo a.C., provenienti sia dalla necropoli che dall'abitato, mettendo in risalto, tra i manufatti esposti, un braciere portatile in terracotta, rinvenuto al largo del litorale meridionale di Marsala, che doveva servire da “scaldavivande” per i marinai.

La fase ellenistica e tardo-repubblicana viene rappresentata da una serie di elementi architettonici in stucco dipinto, come cornici e capitelli, posti a decorazione di atrii e porticati delle case di Lilibeo, e da parti di soffitti dipinti con disegni geometrici, e pavimenti a scaglie in marmo policromo. Il lusso della città si riflette nell'ambito funerario grazie agli epitymbia (piccoli monumenti posti sopra una sepoltura, talvolta su una bassa piramide a gradini), mentre la fase imperiale viene introdotta in una saletta corredata di epigrafi, testimonianza dell'influenza svolta dalla città, ormai divenuta colonia col nome di Helvia Augusta Lilybitanorum98.

Una delle più grandi scoperte archeologiche del secolo scorso per quel che riguarda la città, le “Insulae di Capo Boeo”, è presente nell'esposizione con una serie di lucerne, spatheia (piccole anfore di tipo tardo-romano), e sculture marmoree come una Nike e un'erma, oltre che da un grande plastico che mostra case con ambienti termali e musivi. Di questi pavimenti si può ammirare il grande mosaico a decorazione geometrica staccato dal vano 36 dell'Insula I (III secolo d.C., Fig. 2.21), e da un frammento con tessere più grandi in opus sectile con disegno di raro illusionismo prospettico, dall'Insula II (I secolo d.C.).

97 http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/database/page_musei/pagina_musei.asp

?id=32&idsito=88

Fig. 2.21: Museo Archeologico Regionale “Lilibeo” Baglio Anselmi – Plastico delle insulae di Capo

Boeo. Giattino S., a.a. 2013-2014, fig. 3.12, pag. 120. Foto di Giattino S.

Al centro della sala è presentata la ricostruzione di parte di una domus di età imperiale del III secolo d.C. con due pannelli musivi che ornavano il pavimento delle stanze e parte dell'intonaco parietale decorato ad affresco. Sempre al centro della sala due figure virili eroizzate, delle quali una acefala, le uniche presenti oltre alle due statue di dee poste all'inizio del percorso: la Venere Callipigia (copia romana del II secolo d.C. di un originale ellenistico) e il torso appartenente forse ad Iside dall'Insula III di Capo Boeo, portata alla luce nel corso degli scavi svolti nel 200899.

La fase paleocristiana è rappresentata da pannelli delle catacombe, il Complesso di S. Maria della Grotta, le latomie dei Niccolini e la Chiesa di San Giovanni al Boeo con ambiente ipogeo sottostante (la Grotta della Sibilla), utilizzato probabilmente come luogo di riunione dall'originaria comunità cristiana. Tra i reperti una serie di lucerne con simboli cristiani. Un'altra vetrina, corredata da illustrazioni e pannelli, contiene una serie di reperti datati II-IV secolo d.C. dall'ipogeo dipinto di Crispia Salvia (Fig. 2.22), venuto alla luce nel '94, contenente una fitta stratificazione di sepolture

99 http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/database/page_musei/pagina_musei.asp

dall'ultimo quarto del IV secolo a.C. fino alla prima età imperiale100.

Fig. 2.22: Museo Archeologico Regionale “Lilibeo” Baglio Anselmi – Vetrina espositiva dedicata

all'Ipogeo di Crispia Salvia. Giattino S., a.a. 2013-2014, fig. 3.15, pag. 122. Foto di Giattino S.

Infine la parte dedicata alla città medievale, che ha preso il nome Marsala da un toponimo arabo, consiste nell'esposizione di vetri, vasi in terracotta invetriata e maioliche, dalla dominazione normanna al periodo aragonese rinvenuti all'interno dell'antica città murata.

In futuro l'allestimento sarà ulteriormente ampliato, in quanto sarà presente anche un'altra nave, di origine romana, databile alla seconda metà del III secolo d.C., i cui resti vennero segnalati dall'Archeoclub di Trapani nell'agosto 1999. La nave naufragò in un fondale di poco più di due metri nelle vicinanze del lido di Marausa (frazione di Trapani). Il relitto è stato recuperato nel 2011 e subito sono cominciati i restauri. È una nave da carico ben conservata, lunga dai 14 ai 16 metri, ed è uno dei più grandi relitti dell'epoca recuperato dai nostri mari, e doveva essere affondato nei bassi fondali durante la manovra di ingresso nel fiume Birgi, allora navigabile. È stato riportato alla luce il doppio paramezzale centrale, l'aggancio dei madieri ed è stato possibile ipotizzare la struttura del pagliolato, costituito da tavole sfalsate a gradino.

Perciò le ordinate in frassino erano inframezzate tra il fasciame esterno in abete e il pagliolato. Il carico era costituito da anfore nord-africane di forma tubulare101. La

Soprintendenza dei Beni Culturali di Trapani predispose in un primo momento un progetto di conservazione e musealizzazione della nave presso l'isola della Colombaia, dove è stata presa in esame la sede espositiva contestualmente al recupero dell'omonimo castello102, per poi decidere in seguito, nel settembre 2015 ad

opera del governo regionale, di esporre i reperti al museo archeologico di Baglio Anselmi103, nella sala opposta a quella che ospita la nave punica. Tuttavia, malgrado

la decisione presa, almeno al momento della stesura di questo lavoro la nave non è ancora disponibile per una pubblica fruizione a causa dei restauri in atto104, nei quali

è stato scelto di disidratare il legno assoggettandolo ad una pressione di 650 millibar, come fosse sottovuoto105.