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Fondazione Prada (Milano): la mostra Serial Classic

II. Archeologia in contesti industriali: una selezione di esempi significat

2.9 Fondazione Prada (Milano): la mostra Serial Classic

Questo è il solo caso, in questo lavoro, in cui è trattata una mostra temporanea di argomento archeologico, che si è deciso di prendere in considerazione in quanto ottimo esempio di commistione di archeologia e industria, oltre che primo evento tenutosi nel complesso milanese della Fondazione Prada dopo il restauro in occasione di Expo 2015.

La Fondazione Prada, presieduta dalla stilista ed imprenditrice italiana Miuccia Prada (pseudonimo di Maria Bianchi), e dal marito Patrizio Bertelli (con il quale ha trasformato Prada in una delle più blasonate case di moda al mondo), è un'istituzione dedicata all'arte contemporanea ed alla cultura, che recentemente ha creato due nuove sedi: a Venezia (Ca' Corner della Regina), e a Milano, nell'ex-distilleria “Sette Edifici”, la quale verrà presa in esame in questo lavoro.

2.9.1 La storia dell'edificio

L'edificio in cui è ubicato il museo è l'ex-distilleria della Società Italiana Spiriti, nata negli anni Dieci del '900 e composta da sette edifici (da cui il nome “Sette Edifici”), in Largo Isarco 2 (nella zona sud della città), luogo in cui si produceva il brandy “Cavallino Rosso”. L'edificio nel corso degli anni si trasformò da distilleria a deposito merci per l'adiacente ferrovia.

Dal 1993 al 2010 la Fondazione ha organizzato a Milano 24 mostre con artisti internazionali149, e il 9 maggio 2015 ha inaugurato nuovi spazi espositivi nella

vecchia distilleria della città lombarda, andando a confermare quanto la coppia Prada-Bertelli sia interessata alla rivalutazione degli edifici industriali.

2.9.2 L'allestimento museale

La sede è stata progettata dallo studio di architettura OMA (“Office for Metropolitan Architecture”, studio olandese di architettura con sede a Rotterdam fondato nel 1975), guidato dall'architetto olandese, nonché fondatore, Remment Koolhaas, risultato della trasformazione della distilleria degli anni Dieci del Novecento. Il complesso si sviluppa su una superficie di 18.900 metri quadrati, di cui 12.300 riservati alle esposizioni, comprendente sette edifici preesistenti – magazzini, laboratori e silos – uniti a tre nuove strutture create ex novo: uno spazio espositivo per mostre temporanee (il Podium), un ambiente multifunzionale dotato di una sala cinematografica e una torre, in vetro e cemento di nove piani alta 60 metri, che occupa parte dell'ex-spazio industriale, progettata sempre dallo studio OMA e inaugurata il 18 aprile 2018.

In occasione dell'apertura della nuova sede milanese, la Fondazione ha presentato una notevole varietà di attività, nei quali trovano spazio sia realizzazioni site-specific (denominazione generalmente usata per indicare in ambito artistico tutte quelle opere pensate per essere inserite in un contesto specifico), e un documentario sul noto regista Roman Polanski, dal titolo “Roman Polanski: My Inspirations”, ospitato nel cinema dell'edificio e realizzato appositamente per la Fondazione Prada.

Inoltre fin dall'apertura sono iniziate le attività educative per bambini, il cui progetto

149 Si citano a titolo di esempio: Anish Kapoor, scultore e architetto britannico; Enrico Castellani, pittore italiano; Louise Bourgeois, scultrice francese.

è a cura della neuro-pediatra Giannetta Ottilia Latis, mentre l'allestimento architettonico di tali attività venne affidato a diciotto studenti ventenni dell'Ecole nationale supérieure d'architecture de Versailles con a capo i loro insegnanti Cédric Libert ed Elias Guenon: il risultato ha dato alla luce uno spazio capace di adattarsi alle varie capacità svolte al suo interno.

Adiacente all'Accademia dei Bambini, nello spazio della biblioteca della Fondazione, alla sua apertura è stata presentata la mostra temporanea “Die Geburt des Buches aus dem Geiste der natur” (“La nascita del libro dallo spirito della natura”) di Andreas Slominsky.

Infine il Bar Luce, progettato dal regista Wes Anderson, che ricrea l'atmosfera di un caffè tipico della vecchia Milano, con arredi ed un'estetica che rimandano agli anni Cinquanta e Sessanta150.

Il nuovo edificio ha aperto al pubblico le sue porte con una mostra che ha idealmente unito sia la sede di Milano che quella di Venezia, da maggio 2015, con due mostre di arte antica, la cosiddetta “Serial Classic” (a Milano), e “Portable Classic” (a Venezia) a cura di Salvatore Settis, Anna Anguissola e Davide Gasparotto, aperte rispettivamente fino al 24 agosto 2015 e 13 settembre 2015 e anch'esse curate a livello progettuale dallo studio OMA. In particolare la “Serial Classic”, disposta su due piani dell'edificio (nel Podium, Fig. 2.48) e curata da Salvatore Settis e Anna Anguissola, era dedicata all'approfondimento del rapporto ambivalente tra originalità ed imitazione nella cultura romana ed il suo insistere sulla diffusione dei multipli come omaggio all'arte greca151. Contemporaneamente, nella sede veneziana della

Fondazione in Ca' Corner della Regina, era presente la mostra “Portable Classic”, incentrata sulla stessa tematica, ma che esplorava le origini e le funzioni delle riproduzioni in miniatura di sculture classiche.

150 https://www.milanoweekend.it/articoli/fondazione-prada-nuova-sede/ 151 Cfr. Settis, Anguissola, 2015.

Fig. 2.48: Fondazione Prada, Mostra Serial Classic – Mappa dell'allestimento (Podium). Immagine da Settis, Anguissola, 2015, pag. 59.

La mostra milanese, composta da oltre sessanta opere, s'incentrava sull'indagine della riproduzione delle sculture greco-romane avvenuta in un periodo che va dal Rinascimento al Neoclassicismo, e prendeva in esame le tecnologie ed i materiali utilizzati, principalmente marmo e bronzo, ed il ruolo dei calchi in gesso. Per questa mostra le opere esposte nel Podium furono inserite in una sorta di paesaggio artificiale e disposte lungo pedane su piani sfalsati (Fig. 2.49)152.

Il punto di partenza della mostra era all'ingresso del Podium la cui prima sezione, intitolata “Prologue. Bronze originals: Fragmentation, obliteration”, mostrava frammenti bronzei di statue provenienti da Olimpia e conservati al museo archeologico della città appartenenti ad un periodo compreso tra il Vi secolo a.C. e l'età romana, inseriti all'interno di un'apposita teca. La mostra di Milano si apriva infatti con un'“assenza”, la quale è stata così spiegata dall'autore: “I frammenti di statue bronzee di età classica degli scavi di Olimpia raccolti in una vetrina rappresentano icasticamente un vuoto, una perdita, un lutto. L'umile testimonianza di questi frammenti da Olimpia simboleggia bene quel che accadde in tutto il mondo antico: i grandi bronzi greci più o meno interi oggi non sono che un centinaio in tutto

il mondo, e quasi tutti sono tornati alla luce negli ultimi centoventi anni, spesso emergendo dal mare, millenni dopo il naufragio della nave che li trasportava altrove. Nella mostra “Serial Classic” abbiamo rappresentato gli originali perduti con un piedistallo vuoto, sul quale abbiamo posto in riassunto le fonti letterarie antiche che parlano del Discobolo di Mirone, del Doriforo di Policleto o di un Satiro di Prassitele”153. Questo discorso, da solo, spiega il senso dell'intera mostra, perché è

proprio da questa assenza che sono state gettate le basi sulla manifestazione e proliferazione delle copie artistiche nata con il passare degli anni, ed è per la scomparsa dei modelli originali che che sono stati utilizzati nella mostra dei piedistalli lasciati vuoti.

Fig. 2.49: Fondazione Prada, Mostra Serial Classic – Opere in esposizione. Foto dal web

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/d/db/Fondazione_prada%2C_milano %2C_mostra_serial_classic%2C_2015%2C_02.JPG?uselang=it (Foto Sailko)

La mostra proseguiva con la sezione “Lost Originals. Multiple Copies”, con una selezione di copie romane, tra cui spiccano le copie di figure femminili nude e in ginocchio colte durante l'intimità del bagno, usate di frequente come elemento distintivo dall'élite aristocratica di Roma.

Successivamente veniva presentata la sezione “Serial Production: Single molds, multiple gods”, che serviva da introduzione al concetto di serialità, la quale veniva concepita, in ambito sacrale, come necessaria e funzionale, rappresentata da sei busti di Persefone realizzati intorno all'inizio del V secolo a.C.

Dalla serialità religiosa si proseguiva con quella legata all'edilizia pubblica e privata romana con “A Passion for Seriality: Copies in Context”, con l'obiettivo di far comprendere al visitatore come il ripetersi di tipologie scultoree nello stesso ambiente venisse considerato una accrescimento della bellezza del contesto, posta in parallelo ai busti di Persefone, e questa forma di duplicazione del tipo statuario nello stesso luogo veniva evidenziata da copie adrianee basate su un originale bronzeo di Skopas154.

La sezione successiva “Materials: Marble, Bronze, Basalt”, era dedicata alla scelta dei materiali da destinare alla produzione scultorea; in essa focalizzava l'attenzione sulle copie in marmo e in scisto verde del Doriforo di Policleto, con sei esemplari in esposizione.

La mostra terminava al pian terreno con una sezione dedicata allo studio della policromia nell'arte classica, “Experiments with Color: Bronze and Marble”, dove venivano proposte una serie di riproduzioni statuarie policrome ricostruite archeo- filologicamente, come l'Apollo di Kassel, frapposto a due riadattamenti del '91, una in patina dorata e l'altra in gesso colorato.

Al livello superiore del Podium “How Did The Ancients Make Their Copies?” si rifletteva sul ruolo dei calchi in gesso – introdotto nella sezione precedente – di originali bronzei, dato che questi consentivano le misurazioni necessarie, con appositi punti di riferimento, in modo da rispettare le proporzioni degli originali. “Archeologist Play With Plaster Casts” proseguiva nello spiegare l'uso dei calchi, in questo caso visti in chiave archeologica e moderna, con il fine di recuperare gli originali greci per mezzo delle copie romane.

“A Retrieved Original: Athens, Rome, Persepolis” studiava la doppia serialità, con protagonista un modello di Penelope seduta con la testa china sorretta dalla sola mano destra: l'originale è ateniese e risalente al 450 a.C. circa, mentre qui veniva riproposto in copie del I e II secolo d.C. più un'altra copia in marmo tasio il cui originale rinvenuto a Persepoli risalente al 450 a.C. circa.

La mostra trovava il suo termine con “Six Originals, Innumerable Copies”, dedicata

ad elementi particolari della scultura classica in grado di influenzare l'architettura occidentale: le Cariatidi dell'Eretteo, che Augusto prese a modello e il cui modello è perdurato fino ai giorni nostri. Le loro copie erano collocate in questa mostra alla parete, in modo da ricordare la loro originaria funzione di colonne, secondo una precisa scelta dello Studio OMA, con la Kore C posizionata sul suolo, due copie della Kore D saldate su un'asse volta a ricordare una trabeazione155.

III. Musei in Contesti Industriali: Peculiarità,