CAPITOLO TERZO
COMMISSIONE EUROPEA
2. Un’applicazione strumentale del diritto della concorrenza nel campo della disciplina dei trasporti: la proroga di concessioni
2.1. Le concessioni di lavori pubblici nel comparto autostradale: aspetti definitori
Le concessioni amministrative in senso lato costituiscono espressione del c.d. potere concessorio il cui esercizio determina effetti favorevoli per i privati, attribuendo ai
un'attività interna. Questo modello si contrappone a quello dell'outsourcing (o contracting out), in cui, invece, l'amministrazione si rivolge al privato esternalizzando l'esercizio dell'attività amministrativa ovvero la produzione ed il reperimento delle risorse necessarie al suo svolgimento. Rispetto alla forma di gestione in-house, la questione controversa attiene all'applicabilità, anche a tale fattispecie, delle procedure ad evidenza pubblica ovvero alla possibilità per l'amministrazione aggiudicatrice di ricorrere all'affidamento diretto, in deroga alle disposizioni di matrice comunitaria. Nel Libro Verde relativo ai partenariati pubblico-privati ed al diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni, COM(2004) 327 definitivo del 30.04.2004, la Commissione europea sottolinea che l’unica deroga consentita dal diritto comunitario al rispetto delle regole di aggiudicazione in materia di appalti pubblici di lavori e di servizi riguarda il caso dell’affidamento in-house, in
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/site/it/com/2004/com2004_0327it01.pdf.
La giurisprudenza comunitaria ha progressivamente chiarito i limiti della possibilità di ricorrere all’affidamento in-house, a partire dalla sentenza Teckal del 18 novembre 1999 causa C-107/98. La Corte di giustizia ha affermato che la disciplina comunitaria relativa alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici trova applicazione ogniqualvolta l’amministrazione aggiudicatrice decida di stipulare per iscritto un contratto con un ente distinto sul piano formale e autonomo rispetto ad essa sul piano decisionale. È consentito ricorrere all’affidamento in-house – prosegue la Corte – soltanto nel caso in cui siano rispettate due precise condizioni: anzitutto, l’affidamento deve avvenire a favore di una società sulla quale l’amministrazione aggiudicatrice esercita un controllo analogo a quello da essa esercitato sui propri servizi; inoltre, la società affidataria deve svolgere la parte più importante della propria attività in favore di tale amministrazione. In particolare, il requisito del controllo da parte dell’amministrazione analogo a quello esercitato sui propri servizi, comportando un’eccezione alle regole generali del diritto comunitario, è stato interpretato in modo restrittivo. La Commissione europea ha sottolineato che tale requisito deve essere inteso in senso sostanziale e non solo formale. Pertanto, affinché sussista il controllo così come definito nella sentenza Teckal, occorre che il soggetto pubblico eserciti un potere assoluto di direzione, coordinamento e supervisione dell’attività della società. In virtù di tale rapporto il soggetto partecipato, non possedendo alcuna autonomia decisionale in relazione ai più importanti atti di gestione, si configura come un’entità distinta solo formalmente dall’amministrazione, che in concreto continua a costituire parte di essa (Commissione europea, lettera di costituzione in mora contro lo Stato italiano del 26 giugno 2002, C(2002)2329. Come è stato precisato anche da alcune circolari ministeriali (circolare n. 12727 del 19 ottobre 2001 in tema di
Affidamento a società miste della gestione di servizi pubblici locali e circolare n. 3944 del 1 marzo
2002 in tema di Procedure di affidamento delle concessioni di servizi e di lavori), “la normativa
europea in tema di appalti pubblici, in particolare di servizi, non trova applicazione (e pertanto l'affidamento diretto della gestione del servizio è consentito anche senza ricorrere alle procedure di evidenza pubblica prescritte dalle norme comunitarie) solo quando manchi un vero e proprio rapporto giuridico tra l'ente pubblico e il soggetto gestore, come nel caso, secondo la terminologia della Corte di giustizia, di delegazione interorganica o di servizio affidato, in via eccezionale, «in house». In altri termini, quando un contratto sia stipulato tra un ente locale ed una persona giuridica distinta, l'applicazione delle direttive comunitarie può essere esclusa nel caso in cui l'ente locale eserciti sulla persona di cui trattasi un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e questa persona (giuridica) realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o con gli enti locali che la controllano. Segnatamente, ad avviso delle istituzioni comunitarie per controllo analogo s'intende un rapporto equivalente, ai fini degli effetti pratici, ad una relazione di subordinazione gerarchica; tale situazione si verifica quando sussiste un controllo gestionale e finanziario stringente dell'ente pubblico sull'ente societario. In detta evenienza, pertanto, l'affidamento diretto della gestione del servizio è consentito senza ricorrere alle procedure di evidenza pubblica prescritte dalle disposizioni comunitarie innanzi citate”.
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beneficiari status e/o situazioni giuridiche mediante il trasferimento di diritti propri dell'amministrazione pubblica (concessioni traslative) o la costituzione di nuovi diritti (concessioni costitutive)219.
Le concessioni in esame, pur traendo origine da un provvedimento amministrativo, si realizzano attraverso una convenzione o un disciplinare di carattere bilaterale, finalizzati a regolare l'aspetto patrimoniale tra concedente e concessionario e i reciproci diritti e obblighi (c.d. concessioni-contratto)220.
Con precipuo riferimento alle concessioni di servizi pubblici e di opere pubbliche, si suole parlare di “concessioni traslative” poiché viene trasferita ad un soggetto privato la facoltà di esercitare e gestire un servizio pubblico a vantaggio della generalità degli utenti, la cui titolarità appartiene o è stata avocata per legge allo Stato221.
L'analisi che ci si propone di affrontare richiede una preliminare precisazione terminologica che consenta di cogliere i tratti distintivi tra l'istituto dell'appalto pubblico di lavori o di servizi e quello della concessione pubblica di lavori o di servizi.
Prima dell'emanazione della Direttiva 2004/18/CE relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi
219 Sull'argomento: ANCORA, Il concessionario di opera pubblica tra pubblico e privato, Milano, 1990; ASSINI, MAROTTA, La concessione di opere pubbliche, Padova, 1981; CARANTA,
Concessione di opere e servizi, in Enc. Dir., agg. V, Milano, 2001, p. 240; D'ALBERTI, Le concessioni amministrative, in Enc. Giur., Roma, 1988; FALCON, Le convenzioni pubblicistiche. Ammissibilità e caratteri, Milano, 1984; MASTRAGOSTINO, Le concessioni di servizi, in AA.VV., Il nuovo diritto degli appalti, Milano, 2005, p. 97; MONTEDORO, Le concessioni di lavori pubblici, ivi, p. 819;
PALLOTTINO, Costruzione di opere pubbliche (concessione di), in Dig. Disc. Pubb., vol. IV, Torino, 1990, p. 348; PELLIZZER, La concessione di sola costruzione tra pubblico e privato, in Foro amm., 1985, p. 1535; SILVESTRI, Concessione amministrativa, in Enc. Dir., vol. VIII, Milano, 1961, p. 378; SORACE, MARZUOLI, Concessioni amministrative, in Dig. Disc. Pubb., vol. III, Torino, 1989, p. 281; VITTA, Concessioni (diritto amministrativo), in N.D.I., vol. III, Torino, 1959, p. 919; SANTORO, Manuale dei contratti pubblici, Rimini, 2006, p. 280.
220 In questi termini, GIANNINI, Diritto amministrativo, vol. II, Milano, 1988, p. 866. Secondo quanto stabilito dal Consiglio di Stato, Sez. VI, 20 febbraio 2007, n. 912, in Foro amm. C.d.S., 2007, 614, la concessione-contratto non potrebbe tuttavia configurarsi come un negozio giuridico che accede al provvedimento concessorio per disciplinare il rapporto sottostante, poiché non potrebbe essere considerato come un contratto sinallagmatico a prestazioni corrispettive, non potendosi considerare sullo stesso piano l'esercizio del potere pubblicistico, da un lato, e l'assunzione di obbligazioni da parte del privato, dall'altro.
221 Si parla all'uopo di c.d. fenomeno sostitutorio, poiché il concessionario, in posizione differenziata e privilegiata, è chiamato a svolgere compiti che spetterebbero al soggetto pubblico concedente. V. FRACCHIA, Concessioni amministrative, in Enc. Dir., Annali I, Milano, 2007, p. 250.
105 (c.d. “nuova direttiva appalti”)222
, la disciplina europea di riferimento223 era contenuta in due distinte direttive, la Direttiva 93/37/CEE (c.d. “direttiva lavori”)224
e la Direttiva 92/50/CEE (c.d. “direttiva servizi”)225
.
Con specifico riferimento alle concessioni – oggetto della presente trattazione – l'unica definizione rinvenibile nel diritto comunitario derivato, in assenza di una previsione in tal senso nell'ambito del Trattato CE, era quella contenuta nella Direttiva 93/37/CEE. La “direttiva lavori” prevede un regime specifico per la concessione di lavori pubblici, definita – ai sensi dell'articolo 1, lettera d) – come un contratto avente le stesse caratteristiche dell'appalto pubblico di lavori, dal quale differisce per il fatto
222 Direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU L 134 del 30.04.2004, p. 114). Direttiva modificata da ultimo dal Regolamento (CE) n. 1177/2009 della Commissione del 30 novembre 2009 che modifica le direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 2004/17/CE, 2004/18/CE e 2009/81/CE riguardo alle soglie di applicazione in materia di procedure di aggiudicazione degli appalti (GU L 314 del 01.12.2009, p. 64).
223 V. Libro Verde – Gli appalti pubblici nell'Unione europea. Spunti di riflessione per il futuro – Comunicazione adottata dalla Commissione il 27 Novembre 1996 su proposta del Commissario M. Monti, in http://europa.eu/documents/comm/green_papers/pdf/com-96-583_it.pdf.
Ivi si legge che “Le norme comunitarie sulla liberalizzazione degli appalti pubblici trovano la loro
fonte nel Trattato, in particolare nelle disposizioni che garantiscono la libera circolazione delle merci, dei servizi e dei capitali, le quali stabiliscono i principi fondamentali in materia (parità di trattamento, trasparenza e mutuo riconoscimento) e vietano, tra l'altro, ogni discriminazione fondata sulla nazionalità”. Il documento, inoltre, precisa che gli obiettivi fondamentali dell'azione comunitaria nel
settore consistono nel “predisporre le condizioni di concorrenza necessarie affinché gli appalti
pubblici siano aggiudicati senza discriminazioni, pervenire ad un'utilizzazione razionale del pubblico denaro attraverso la scelta dell'offerta migliore, rendere accessibile ai fornitori un mercato unico che offra importanti sbocchi e rafforzare così la competitività delle imprese europee. È indispensabile realizzare una politica europea efficace in questo settore se si vuole che il mercato unico: generi una crescita sostenuta a lungo termine e crei occupazione; favorisca lo sviluppo di imprese in grado di sfruttare le possibilità offerte dal mercato unificato più vasto del mondo e di sostenere efficacemente la concorrenza su mercati globali; consenta al contribuente e all'utente di usufruire di servizi pubblici di migliore qualità e a minor costo. (…) Una politica più aperta in materia di appalti pubblici comporta, ovviamente, molti altri vantaggi, forse meno evidenti. Procedure di aggiudicazione leali, non discriminatorie e trasparenti riducono il rischio di frode e di corruzione nelle amministrazioni. Se la trasparenza, da sola, non basta a sradicare le frodi e la corruzione, un meccanismo i monitoraggio, di controllo delle procedure e di sanzioni proporzionate, effettive e dissuasive, aiuta nondimeno a prevenire il rischio di pregiudizi al pubblico interesse”. Sulla base dei contributi pervenuti nell'ambito
della consultazione sul Libro Verde, la Commissione europea ha elaborato la Comunicazione sugli appalti pubblici COM(98) 143 dell'11 marzo 1998, in cui si afferma che “La politica in atto è volta ad
incoraggiare comportamenti trasparenti degli acquirenti in un ambito di concorrenzialità, tali da permettere il miglior rapporto costo/qualità. La concorrenza a livello comunitario condurrà ad un'allocazione efficiente delle risorse, migliorando così la qualità dei servizi pubblici e stimolando la crescita economica, la competitività e la creazione di posti di lavoro. (…) Per quanto la lotta contro la corruzione non sia l'obiettivo principale della politica degli appalti pubblici, un miglioramento delle procedure di aggiudicazione può efficacemente contribuire a questa lotta”.
224 Direttiva 93/37/CEE del Consiglio del 14 giugno 1993 che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori.
225 Direttiva 92/50/CEE del Consiglio del 18 giugno 1992 che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi.
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che la controprestazione dei lavori consiste esclusivamente nel diritto di gestire l'opera, eventualmente accompagnato dal pagamento di un prezzo.
Sono appalti pubblici di lavori, invece, secondo la definizione contenuta alla lettera a) dell'articolo sopracitato, i contratti a titolo oneroso, conclusi in forma scritta tra un imprenditore e un'amministrazione aggiudicatrice – Stato, enti pubblici territoriali, organismi di diritto pubblico e associazioni da questi costituite – aventi per oggetto l'esecuzione o, congiuntamente, l'esecuzione e la progettazione di lavori o di un'opera ovvero l'esecuzione, con qualsiasi mezzo, di un'opera rispondente alle esigenze specificate dall'amministrazione aggiudicatrice.
Una definizione analoga di concessione di lavori pubblici, mutuata dal diritto comunitario, è prevista – in ambito nazionale – dall'articolo 19, comma 2 della Legge quadro in materia di lavori pubblici n. 109/94 (c.d. Legge Merloni)226 e, da ultimo, dall'articolo 3 del Decreto Legislativo n. 163/2006 (c.d. Codice degli appalti), secondo cui trattasi di “contratti a titolo oneroso, conclusi in forma scritta, aventi ad oggetto (…) l'esecuzione, ovvero la progettazione esecutiva e l'esecuzione, ovvero la progettazione definitiva, la progettazione esecutiva e l'esecuzione di lavori pubblici o di pubblica utilità, e di lavori ad essi strutturalmente e direttamente collegati, nonché la loro gestione funzionale ed economica, che presentano le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di lavori, ad eccezione del fatto che il corrispettivo dei lavori consiste unicamente nel diritto di gestire l'opera o in tale diritto accompagnato da un prezzo (...)”227.
226 Ai sensi dell'art. 19, comma 2, della c.d. Legge Merloni, “Le concessioni di lavori pubblici sono
contratti conclusi in forma scritta fra un imprenditore ed una amministrazione aggiudicatrice, aventi ad oggetto la progettazione definitiva, la progettazione esecutiva e l'esecuzione dei lavori pubblici, o di pubblica utilità, e di lavori ad essi strutturalmente e direttamente collegati, nonché la loro gestione funzionale ed economica. La controprestazione a favore del concessionario consiste unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente tutti i lavori realizzati. Qualora necessario, il soggetto concedente assicura al concessionario il perseguimento dell'equilibrio economico-finanziario degli investimenti e della connessa gestione in relazione alla qualità del servizio da prestare, anche mediante un prezzo, stabilito in sede di gara”. La legge-quadro 11 febbraio 1994, n.
109 (“legge Merloni”) e successive modificazioni nonché disposizioni di attuazione ed esecuzione rappresentavano il quadro normativo statale di riferimento alla vigilia del recepimento delle Direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE per quanto attiene la materia degli appalti e delle concessioni di lavori pubblici.
227
Trattasi di una definizione perfettamente aderente a quella data dalla Direttiva comunitaria 2004/18/CE (art. 1, punto 3), con la differenza che il codice ne precisa anche l'oggetto nelle sue possibili variazioni (esecuzione, esecuzione congiunta alla progettazione, onnicomprensività di lavori strutturalmente connessi) e la definizione si ricollega a quella tradizionale di cui alla Direttiva 89/440/CE (art. 1, lettera d).
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Tale definizione privilegia il profilo negoziale sinallagmatico, posto che la concessione è un contratto a carattere oneroso caratterizzato dallo scambio di un do ut facias, in cui il dare del concedente non è costituito di norma da un prezzo, ma semplicemente dall'attribuzione del diritto di gestire l'opera. In altri termini, il trasferimento del diritto proprio del committente dell'opera viene attribuito in conto corrispettivo in modo che la monetizzazione del diritto corrisponda, alla pari, ai virtuali proventi derivanti dalla gestione a vantaggio di una utenza generalizzata che corrisponderà un prezzo d'uso al concessionario. L'equilibrio economico del sinallagma di scambio viene garantito mediante l'integrazione di un prezzo da parte del concedente “qualora al concessionario venga imposto di praticare nei confronti degli utenti prezzi inferiori a quelli corrispondenti alla remunerazione degli investimenti e alla somma del costo del servizio e dell'ordinario utile di impresa, ovvero qualora sia necessario assicurare al concessionario il perseguimento dell'equilibrio economico-finanziario degli investimenti e della connessa gestione in relazione alla qualità del servizio da prestare” (articolo 143 del Codice degli appalti)228.
Dalle riportate definizioni può chiaramente dedursi l'aspetto distintivo fra le figure dell'appalto pubblico di lavori e della concessione pubblica di lavori229, identificabile nell'attribuzione al concessionario di lavori pubblici – quale contropartita della progettazione ed esecuzione di lavori pubblici o di pubblica utilità – del diritto di gestire funzionalmente e sfruttare economicamente i lavori realizzati, eventualmente accompagnato da un prezzo.
Dal diritto di gestione discende, inoltre, quello di percepire i proventi derivanti dall'uso dell'opera realizzata. In altri termini, il concessionario non viene remunerato direttamente dall'autorità aggiudicatrice, ma ottiene da questa il diritto di riscuotere proventi dall'utente finale per la durata della concessione.
228 In questi termini, P. ed E. SANTORO, Nuovo manuale dei contratti pubblici, Maggioli ed., 2011.
229 Ai sensi dell'art. 53, comma 1, D. Lgs. 163/2006, la concessione costituisce un mezzo di realizzazione dei lavori pubblici alternativo all'appalto; tuttavia, la scelta fra i due strumenti non è libera ma intrinsecamente condizionata dalla possibilità di destinare l'opera realizzata al servizio di una generalità di utenti affinché siano garantiti dei proventi a pareggio dei costi e degli investimenti, di modo che l'opzione concessoria si renda fattibile solo nella ipotesi in cui l'opera abbia in origine l'attitudine ad essere destinata ad un vero e proprio servizio pubblico.
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Costituisce un esempio di concessione di lavori pubblici – per quanto di interesse in questa sede – il contratto con cui lo Stato conferisce ad una società il diritto di costruire e gestire una rete autostradale, permettendole di remunerarsi attraverso la riscossione di un pedaggio nei confronti dell'utente. La durata della concessione – e, di conseguenza, l’eventuale proroga di questa – risulta pertanto essenziale in funzione della remuneratività dell'investimento per l'impresa concessionaria.
Il diritto di gestione comporta ulteriormente il trasferimento della responsabilità di gestione – in termini di aspetti tecnici, finanziari e gestionali dell'opera – in capo al concessionario. Il rischio economico rappresenta dunque il tratto qualificante e distintivo della concessione rispetto all'appalto pubblico230.
Per converso – secondo quanto chiarito dalla Commissione europea nella Comunicazione interpretativa sulle concessioni nel diritto comunitario 2000/C 121/02231 – si ha un appalto pubblico di lavori ai sensi del diritto comunitario “quando il costo dell'opera grava sostanzialmente sull'autorità aggiudicatrice e quando il contraente non si remunera attraverso i proventi riscossi dagli utenti dell'opera”, non
230 L'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture – con la determinazione n. 2 dell'11 marzo 2010 – ha avuto modo di precisare che la “(...) caratteristica peculiare dell'istituto
concessorio è l'assunzione da parte del concessionario del rischio connesso alla gestione dei servizi cui è strumentale l'intervento realizzato, in relazione alla tendenziale capacità dell'opera di autofinanziarsi, ossia di generare un flusso di cassa derivante dalla gestione che consenta di remunerare l'investimento effettuato. Nella concessione di lavori pubblici l'imprenditore, di regola, progetta ed esegue l'opera ed attraverso la gestione e lo sfruttamento economico dell'opera stessa ottiene in cambio i proventi a titolo di corrispettivo per la costruzione, eventualmente accompagnato da un prezzo. Occorre precisare che ai sensi di quanto previsto dall'art. 143, comma 9, del Codice rientrano a pieno titolo nella nozione di concessione tanto le ipotesi dove il concessionario assume, oltre al rischio di costruzione, il rischio di domanda (modello autostrade), quanto le concessioni in cui al rischio di costruzione si aggiunge il c.d. rischio di disponibilità (…). In assenza di alea correlata alla gestione, non si configura la concessione bensì l'appalto, nel quale vi è unicamente il rischio imprenditoriale derivante dalla errata valutazione dei costi di costruzione rispetto al corrispettivo che si percepirà a seguito dell'esecuzione dell'opera. Nella concessione, al rischio proprio dell'appalto, si aggiunge il rischio di mercato dei servizi cui è strumentale l'opera realizzata e/o il c.d. rischio di disponibilità (...)”.
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Comunicazione interpretativa della Commissione sulle concessioni nel diritto comunitario del 12 aprile 2000 – 2000/C 121/02. Dal campo di applicazione della presente Comunicazione sono esclusi gli atti tramite i quali un'autorità pubblica conferisce un'abilitazione o concede un'autorizzazione all'esercizio di un'attività nonché gli atti riguardanti attività a carattere non economico. In linea di principio, quindi, la Comunicazione riguarda le forme di relazioni fra pubblici poteri ed imprese pubbliche incaricate dello svolgimento di compiti di interesse economico generale, eccettuate le relazioni interorganiche c.d. in-house in cui il potere aggiudicante esercita sul concessionario un controllo analogo a quello da esso esercitato sui propri servizi e realizza con questo la parte essenziale della sua attività.
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rilevando – ai fini della configurabilità di una concessione pubblica di lavori – la circostanza che il diritto di gestione possa essere accompagnato da un prezzo232. Analoghe definizioni sono contenute nella Circolare della Presidenza del Consiglio dei ministri n. 3944/02233, che – nel richiamare la Comunicazione interpretativa della Commissione europea – identifica il discrimen tra concessioni e appalti di lavori pubblici nel diritto di gestione dell'opera riconosciuto al concessionario a titolo di controprestazione della costruzione dell'opera.
Un analogo criterio è indicato dalla circolare anche a fini distintivi delle concessioni di servizi pubblici dagli appalti di servizi, in quanto “anche al concessionario di servizio non viene riconosciuto un prezzo ma solo il diritto ad ottenere la remunerazione dell'attività svolta attraverso la possibilità di gestire il servizio per un determinato periodo”. In altri termini, mentre negli appalti pubblici di servizi l'appaltatore presta il servizio in favore della pubblica amministrazione, la quale utilizza tale prestazione ai fini dell'eventuale erogazione del servizio pubblico a