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Il settore creditizio: tra privatizzazione e indici di pubblicizzazione

CAPITOLO TERZO

COMMISSIONE EUROPEA

1.2. La scelta italiana dei c.d. Tremonti bonds

1.2.2. Il settore creditizio: tra privatizzazione e indici di pubblicizzazione

Nonostante le criticità che accompagnano la corretta qualificazione dei servizi finanziari, un intervento da parte dello Stato italiano finalizzato a garantire il servizio di interesse generale anche nel settore del credito nel contesto della crisi corrente – attraverso l’imposizione di misure a beneficio dei consumatori-utenti, titolari di diritti nei confronti delle banche che avessero accettato di stipulare un protocollo d’intesa – potrebbe tanto più ritenersi giustificato se si considera il fenomeno di

205 Decisione della Commissione del 21 ottobre 2008 relativa all’aiuto di Stato C 49/2006 (ex NN65/2006) cui l’Italia ha dato esecuzione ai fini della remunerazione di Poste Italiane per il collocamento dei buoni fruttiferi postali, C(2008)5585 definitivo.

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pubblicizzazione cui si è assistito in altri Paesi, in forma di pubblicizzazione dell’attività creditizia ovvero di statalizzazione delle banche206

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Le considerazioni su esposte sollevano inevitabilmente dei dubbi circa la validità di alcuni dei postulati fondanti le teorie favorevoli alla piena liberalizzazione del mercato bancario207.

A partire dalla seconda metà degli anni Ottanta – sulla scia delle spinte provenienti dagli ordinamenti comunitari208 – il sistema bancario italiano ha conosciuto una rapida evoluzione in senso privatistico, formalmente consolidata nel Testo Unico

206 Sono sostanzialmente quattro i moduli di pubblicizzazione adottati dagli Stati nel contesto nella crisi. Il primo modulo è quello della pubblicizzazione finanziaria, il quale mira ad aumentare la liquidità a disposizione degli intermediari e delle banche e a garantire la loro esposizione debitoria; esso si fonda sull’idea che lo Stato, non avendo un obiettivo di ritorno economico di breve periodo, possa compiere operazioni finanziarie a condizioni economiche aventi ad oggetto beni e titoli che al momento non sembrano avere un mercato privato, sostenendo in tal modo le banche, restituendo fiducia alle transazioni e rassicurando i risparmiatori. Il secondo modulo è quello della pubblicizzazione

proprietaria, consistente nell’acquisto di azioni o nella sottoscrizione di aumenti di capitale da parte

dello Stato o di altri operatori pubblici in presenza di gravi situazioni di inadeguatezza patrimoniale; non ne deriva l’istituzione di enti pubblici o la creazione di statuti speciali, posto che la legislazione mantiene la natura privatistico-commerciale e la struttura societaria delle banche e degli intermediari finanziari. Il terzo modulo è quello della pubblicizzazione funzionale, che mira ad utilizzare l’apporto finanziario pubblico – attraverso la sottoscrizione di obbligazioni e titoli speciali – per accrescere il capitale di banche fondamentalmente sane, al fine di conformare indirettamente il modo in cui la banca viene gestita e quello in cui il credito è erogato ai terzi; non si ha, tuttavia, una modificazione autoritativa delle condizioni economiche del credito, che risulta non agevolato ma semplicemente garantito nei suoi flussi complessivi. Gli operatori sovvenzionati assumono particolari impegni, sia in ordine all’organizzazione interna che alle modalità di esercizio dell’impresa. I moduli di pubblicizzazione sopra descritti assumono il carattere della temporaneità ed eccezionalità, in quanto preordinati al superamento della contingente crisi economico-finanziaria. Il quarto modulo, infine, è quello della pubblicizzazione regolamentare, che mira ad estendere l’ambito e l’efficacia della disciplina e della vigilanza pubblica dei mercati bancari e finanziari in via stabile, con funzione preventiva di future crisi; trattasi di un intervento pubblico strutturale, con funzione di rafforzamento degli strumenti di protezione della stabilità finanziaria e dei risparmiatori.

207 V. K. H. FISCHER, C. PFEIL, Regulation and Competition in German Banking: An Assessment, CFS Working Paper No. 2003/19, giugno 2003, in cui si osserva che “(...) it is not surprising that the

regulatory regime (...) is most often interpreted as an attempt to trade off the stabilizing effects of bank market power against the efficiency benefits of more intense competition in financial services. According to this view, bank regulators have used means of anti-competitive regulation to make banking a “safe haven” i.e. not vulnerable to excessive risk taking. More recently however, important measures towards deregulation of the banking industry were taken at the European level. Anti-competitive regulations have been abolished and the remaining regulatory structure does more to directly address the primary goal of bank regulation, that is a reduction of risk of bank failures. As a consequence of deregulation, there is little doubt among industry observers that banking all over Europe (...) has become significantly more competitive. (...) While deregulation in financial services has been greatly applauded by many economists and the public since its beginning in the mid-1980s, for some skeptics the joint occurrence of unfettered competition in banking on the one hand and crisis-type phenomena observed around the world on the other, is more than just a coincidence”.

208 V. M. NIGRO, Profili pubblicistici del credito, Milano, 1969, in cui si evidenzia le iniziative legislative in campo creditizio (a cominciare dalle leggi di agevolazione del credito a favore delle imprese) non sempre apparivano “meritevoli di assoluzione”, alla stregua degli ordinamenti comunitari, se si voleva “assicurare la migliore circolazione dei capitali nell’ambito della Comunità europea”.

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Bancario del 1993209. Alla conseguente scomparsa dello Stato-banchiere si è accompagnato il riconoscimento del carattere prettamente imprenditoriale dell’attività bancaria e la sua collocazione in un assetto di mercato concorrenziale210. Si è così affermato il nuovo paradigma dello Stato regolatore, chiamato ad esercitare una semplice vigilanza prudenziale attraverso regole condizionali volte a fissare presupposti e ambiti dell’iniziativa211

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Tuttavia, anche l’immagine del mercato regolato ha perso pregnanza a partire dalla fine degli anni Novanta, quando negli ordinamenti statunitense e britannico si sono affermati modelli di self-regulation basati sul conferimento di poteri di regolazione, controllo e certificazione a soggetti privati212.

Lo scenario è ulteriormente mutato quando – a seguito della crisi finanziaria manifestatasi a livello mondiale a partire dal 2008 – si è assistito al proliferare di interventi pubblici di salvataggio e di sostegno al sistema bancario213. Un tanto a dimostrazione del fatto che l’interesse sociale non può identificarsi nell’esclusivo perseguimento del c.d. shareholder value, soprattutto in un settore – quale quello creditizio – che più di altri vede il coinvolgimento di una pluralità di interessi da contemperare e tutelare. Invero, quando un istituto di credito assume un ruolo significativo nell’economia nazionale, lo Stato riveste la posizione di stakeholder e, come tale, interviene ogniqualvolta vi sia l’esigenza di salvaguardare un proprio interesse, sino a divenire shareholder ovvero socio di controllo nelle situazioni di maggiore criticità.

209 D. Lgs. n. 385 del 01 settembre 1993, recante “Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia”.

210 V. R. COSTI (a cura di), Il diritto del mercato finanziario alla fine degli anni 80, Milano, 1990; A. PREDIERI, Il nuovo assetto dei mercati finanziari e creditizi nel paradigma della concorrenza

comunitaria, Milano, 2002; D. MASCIANDARO, G. BRACCHI (a cura di), La metamorfosi del credito, Bancaria editrice, Associazione bancaria italiana, 2007.

211 V. L. TORCHIA, Il controllo pubblico della finanza privata, Padova, 1992; G. VESPERTINI, La

Consob e l’informazione del mercato mobiliare, Padova, 1993; A. PISANESCHI, Credito e risparmio,

in Dizionario di diritto pubblico, Milano, 2006, II, 1681 ss.; D. SICLARI, Costituzione e autorità di

vigilanza bancaria, Padova, 2007.

212 V. S. BATTINI (a cura di), La regolazione globale dei mercati finanziari, in Quaderno n. 3 della

Rivista trimestrale di diritto pubblico, Milano, 2007.

213 V. G. NAPOLITANO, Il nuovo Stato salvatore: strumenti di intervento e assetti istituzionali, in

Giornale di Diritto amministrativo, 2008, 11, 1083 ss.; F. CAVAZZUTI, Nuovi confini per lo Stato assicuratore?, in www.astrid-online.it; G. AMATO, Se gli azionisti privati li difende meglio lo Stato, Il Sole 24 ore, 22 marzo 2009.

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L’attuale crisi economico-finanziaria ha evidentemente compromesso il sistema di regole a tutela della concorrenza delineato dal Trattato, stante il massiccio ricorso all’intervento pubblico a scapito di una effettiva concorrenza tra le imprese e – secondo l’interpretazione di taluni Autori214

– dello stesso mantenimento e consolidamento del mercato unico europeo. Al fine di dare una risposta alle contingenti ed eccezionali esigenze degli Stati membri, la Commissione ha infatti manifestato la disponibilità a rivedere il proprio orientamento restrittivo in materia di aiuti di Stato alle imprese, all’interno di un quadro coordinato e sulla base di principi comuni.

Le novità introdotte in subiecta materia per affrontare la crisi sistemica che ha investito l’Unione europea portano ad interrogarsi sull’evoluzione futura della politica della concorrenza. In particolare, si palesa il rischio che le nuove misure anticrisi siano destinate a consolidarsi attraverso un meccanismo di proroghe successive, a detrimento di altri interventi pubblici nell’economia non legati ad esigenze contingenti e transitorie.

Gli interventi compiuti dalle istituzioni nazionali ed europee nel contesto dell’attuale crisi economico-finanziaria riflettono le intenzioni espresse dal G-20 in occasione del Summit tenutosi a Pittsburgh nel 2009 e raccolte nelle seguenti parole: “Ci siamo accordati (…) per assicurare che il sistema di regolamentazione su banche ed altre imprese finanziarie rimetta al passo gli eccessi che hanno condotto alla crisi. Laddove comportamenti spericolati e mancanza di responsabilità abbiano condotto a situazioni di crisi, non permetteremo un ritorno alle pratiche bancarie usuali”. Ne emerge una considerazione essenzialmente sana dei sistemi finanziari, che esclude la necessità di interventi di regolamentazione della relativa morfologia e ruolo, sul presupposto del carattere specifico della crisi. Tuttavia, come osservato da alcuni Autori, un’attenta analisi delle crisi sistemiche, o potenzialmente tali, che hanno colpito Paesi ad ogni livello di sviluppo a partire dagli anni Settanta inducono alla conclusione che la situazione attuale rappresenti solo l’ultima manifestazione di una evoluzione che ha prodotto una crescente fragilità in campo finanziario. Queste crisi

214 V. A. CERRETELLI, Se esiste ancora il mercato unico, in Il Sole 24 ore, 11 febbraio 2009, p. 1; L. REICHLIN, Come i mercati valutano l’Italia, in Corriere della Sera, 30 giugno 2011, p. 1 e Unione

bancaria nuova Frontiera della politica Ue, ivi, 16 giugno 2012; A. PANEBIANCO, La democrazia può anche fallire, in Corriere della Sera, 14 febbraio 2012, p. 1.

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presentano cause comuni, identificabili nella liberalizzazione internazionale, nelle affrettate de-regolamentazioni, nella debole supervisione, negli eccessi concorrenziali e nelle innovazioni finanziarie. Negli Stati interessati, inoltre, si assiste, di regola, ad eccessi nell’erogazione dei prestiti, a livelli di indebitamento non sostenibili, a bolle speculative nei mercati dei capitali e nel comparto immobiliare. Sulle base di tali premesse, è stato osservato che “considerare la crisi attuale come dovuta a fattori specifici e non come l’ultima manifestazione dell’evoluzione finanziaria degli ultimi decenni conduce a riproporre assetti regolamentari inefficaci e a spianare la strada per una sua ripetizione”215. L’abbandono degli accordi di Bretton Woods ha portato a sistemi finanziari fondati sui mercati, caratterizzati dalla libertà di assumere rischi finanziari e da una accresciuta interconnessione, che hanno determinato l’evoluzione della finanza in termini di micro-efficienza e, in via consequenziale, un sostanziale aumento delle fragilità sistemiche. La crisi economico-finanziaria in corso ha amplificato la consapevolezza dei limiti connaturati alle metodologie adottate per la valutazione dei rischi, con precipuo riferimento alle difficoltà di prevederne i profili sistemici. Si è, altresì, assistito ad una sostanziale convergenza verso omogenei sistemi di misura dei rischi, che ha ridotto l’eterogeneità delle posizioni in ogni mercato, accrescendone la volatilità e la tendenza a creare “buchi neri” di liquidità. Tale incertezza sistemica “ha portato prepotentemente la nuova finanza dentro il settore reale”, incidendo massicciamente sulla propensione al risparmio e sulla dinamica del debito delle famiglie. In altri termini, “squilibri reali stanno sovente alla radice di squilibri finanziari” e “allentando i vincoli di liquidità, la finanza ha comunque il dubbio merito di coprirli per un lasso di tempo, aiutarli a ingrossarsi e infine, con la crisi, obbligare il sistema reale, e se stessa, a pronti e violenti raggiustamenti”216.

Le criticità sottese alla crisi economico-finanziaria non dipendono, pertanto, da eccessi o patologie sanabili con le nuove misure di breve termine prospettate dalle autorità competenti, ma sono radicate nella fisiologia di un sistema improntato ad un regime di laissez faire che necessita di una regolamentazione capace di assicurare la

215 In questi termini, M. TONVERONACHI, Cominciamo a parlare della prossima crisi, in Moneta e

Credito, Vol. 63, n. 249, 2010, p. 35 ss.

216 V. M. TONVERONACHI, Cominciamo a parlare della prossima crisi, in Moneta e Credito, cit., p. 41.

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resilienza sistemica e di ristabilire il principio che chi assume rischi deve sopportare in proporzione le eventuali perdite.

Secondo le parole dell’economista P. S. Labini, possiamo quindi concludere nel senso che “il mercato non è assenza di regole, come alcuni sembrano ritenere, non è un vuoto, riempito solo dalle azioni dei singoli che sono mossi dal loro tornaconto. Il mercato è un complesso prodotto giuridico e istituzionale, frutto di un’evoluzione plurisecolare: sistemi di contratti, tipi e forme di imprese pubbliche e private, di istituzioni e di organismi pubblici addetti al controllo ed alla vigilanza su operazioni complesse (…) condizionano, racchiudono ed anzi costituiscono il mercato”217

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2. Un’applicazione strumentale del diritto della concorrenza nel campo della