CAPITOLO SECONDO
IL DIRITTO DELLA CONCORRENZA NEL SISTEMA EUROPEO
1. La nascita del diritto della concorrenza in Europa
1.4. Diritti speciali o esclusivi e servizi di interesse economico generale
Ai sensi del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, l’intervento pubblico nell’economia non costituisce oggetto di divieto, ma risulta sottoposto a stringenti limiti al fine di garantire la libertà della concorrenza.
L’articolo 106 del TFUE (già articolo 86 del TCE) prescrive che “Gli Stati membri non emanano né mantengono, nei confronti delle imprese pubbliche84 e delle imprese cui riconoscono diritti speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme dei trattati, specialmente a quelle contemplate dagli articoli 18 e da 101 a 109 inclusi”.
83 Si ha “acquisizione del controllo” (art. 3, n. 2, Reg. 139/2004) in presenza di diritti, contratti e “altri mezzi” che consentano di esercitare un’influenza determinante sull’attività di un’impresa, ad esempio tramite la titolarità di diritti di proprietà o di godimento (reali o personali) su una parte significativa dei beni patrimoniali dell’impresa controllata, o la titolarità di altri diritti o contratti (ad esempio di esclusiva di acquisto o di vendita nei confronti del soggetto controllante). Costituisce un’ipotesi di concentrazione nella forma di acquisizione del controllo anche la costituzione, da parte di due o più imprese, di un’impresa comune configurabile come un’entità economica separata e autonoma (art. 3, n. 4, Reg. 139/2004).
84 Secondo la definizione contenuta nella Direttiva della Commissione del 26 luglio 2000, n. 2000/52/CE, un’impresa pubblica è “ogni impresa nei confronti della quale i poteri pubblici possono
esercitare, direttamente o indirettamente, un’influenza dominante per ragioni di proprietà, di partecipazione finanziaria o della normativa che le disciplina”.
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La norma consente agli Stati membri di sottrarre le imprese – pubbliche o private – alla concorrenza, attribuendo loro diritti speciali o esclusivi85. Tuttavia, vieta agli Stati membri di adottare o mantenere nei confronti delle imprese beneficiarie qualsivoglia misura contraria al Trattato, con precipuo riferimento alle regole di concorrenza e al principio di non discriminazione. In altri termini, non è il conferimento dei diritti speciali o esclusivi a porsi in contrasto con l’articolo 106 del TFUE (già articolo 86 del TCE), bensì l’esercizio abusivo degli stessi86. La Corte di giustizia ha, però, precisato che anche l’attribuzione di tali diritti è illegittima quando, in considerazione delle circostanze di specie, l’impresa beneficiaria non può evitare di incorrere in abusi di posizione dominante ovvero consegue vantaggi che rafforzano ulteriormente ed indebitamente la sua posizione87.
Ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE (già articolo 86, paragrafo 2, TCE), “Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale88 o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme dei trattati, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo degli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi dell’Unione”.
L’esenzione di tali imprese dalle regole di concorrenza è limitata a quanto effettivamente necessario a consentire l’esercizio delle loro attività in condizioni economicamente sostenibili, sempre che non ne derivi un pregiudizio concorrenziale nel mercato interno.
L’articolo 106 del TFUE (già articolo 86 del TCE) trova applicazione con esclusivo riguardo alle imprese esplicitamente incaricate dagli Stati membri della gestione di
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Secondo l’interpretazione della giurisprudenza e della legislazione comunitarie, sono “speciali” i diritti che limitano l’accesso al mercato a vantaggio di un numero contenuto di imprese, erigendo arbitrarie barriere all’ingresso di natura legislativa, regolamentare o amministrativa. Sono “esclusivi” i diritti che creano un monopolio legale a favore di un’impresa.
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V. sentenza della Corte di giustizia del 30 aprile 1974, causa 155/73, Sacchi, in Raccolta, 1974, p. 409 ss.
87 V., in tal senso, sentenza della Corte di giustizia del 23 aprile 1991, causa C-41/90, Höfner and Elser
c. Macrotron, in Raccolta, 1991, p. I-1979 e sentenza della Corte di giustizia del 13 dicembre 1991,
causa C-18/88, RTT c. GB-Inno-BM, in Raccolta, 1991, p. I-5941.
88 I servizi di interesse economico generale sono attività economiche preordinate al soddisfacimento di un interesse generale della collettività, che la legge nazionale richiede siano prestate con le caratteristiche dell’universalità, cioè a chiunque ne faccia richiesta e a condizioni tendenzialmente omogenee. Cfr. Commissione, Libro verde sui servizi di interesse generale, COM (2003), 270 final.
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servizi di interesse economico generale e soggette alle relative obbligazioni di servizio pubblico. Nonostante l’assorbimento dei SIEG nell’economia di mercato – con conseguente arretramento dell’intervento pubblico – va osservato come non sempre il libero gioco della concorrenza sia in grado di garantire spontaneamente al cittadino uti cives e uti singuli, secondo modalità ritenute soddisfacenti alla stregua di una valutazione di carattere politico, l’erogazione di servizi connessi ad esigenze imperative di interesse generale. Pertanto, nella misura in cui il mercato non è in grado di conseguire risultati proficui per la soddisfazione di bisogni essenziali della comunità, i pubblici poteri possono imporre ad uno o più operatori economici determinati obblighi di servizio pubblico (c.d. oneri impropri).
In quanto tenute a rendere il servizio pubblico anche in assenza di una completa remunerazione, le imprese incaricate necessitano di compensare le perdite derivanti da talune attività con i ricavi provenienti da altre aree o attività (c.d. cross-subsidization) al fine di mantenersi in equilibrio economico. Di conseguenza, garantire alle imprese posizioni di rendita monopolistica in tali aree o attività può costituire il solo mezzo idoneo a consentire loro di continuare ad operare in condizioni economicamente sostenibili.
L’articolo 106 del TFUE (già articolo 86 del TCE) riconosce, dunque, agli Stati membri la possibilità di riservare alle imprese incaricate di un servizio di interesse economico generale determinate attività, evitando il c.d. cherry-picking dei concorrenti e favorendo il fenomeno della cross-subsidization. Tuttavia, i diritti speciali ed esclusivi a tal fine concessi debbono rispondere ad un criterio di proporzionalità, che risulta disatteso ogniqualvolta tali diritti non siano correlati all’esigenza di garantire la prestazione del servizio a condizioni economicamente accettabili ovvero siano palesemente incongrui rispetto a quanto all’uopo necessario, comprimendo indebitamente l’interesse comunitario alla libertà di concorrenza89
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89 Un esempio di applicazione del principio di proporzionalità è dato dalla sentenza della CGCE del 19 maggio 1993, causa C-320/91, Procedimento penale c. Paul Corbeau, in Raccolta, 1993, p. I-2533.
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