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Il vaglio di legittimità della Corte di giustizia: sentenza 21 marzo 1991, causa C-303/88

CAPITOLO QUARTO

SCELTE NAZIONALI DI POLITICA ECONOMICA IMPEDITE DALL’APPLICAZIONE DEL DIRITTO EUROPEO DELLA

1. Il caso ENI-Lanerossi

1.2. Il vaglio di legittimità della Corte di giustizia: sentenza 21 marzo 1991, causa C-303/88

Alla luce delle conclusioni sopra riportate di cui alla decisione della Commissione 26 luglio 1988, 89/43/CEE, la Repubblica italiana ne faceva oggetto di ricorso diretto all’annullamento sul presupposto dell’asserita violazione degli articoli 107 e 108 del TFUE (già articoli 92 e 93 del TCE).

a) Sull’insussistenza di un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 92 del Trattato (oggi articolo 107 del TFUE).

La Corte ha ricordato che, ai sensi della legge 136/1953, l’ENI è un ente pubblico controllato dallo Stato italiano in cui i membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono nominati con decreto del presidente del Consiglio dei ministri. L’ENI, inoltre, pur operando secondo criteri di economicità, non dispone di una piena e totale autonomia dovendo invero attenersi alle direttive impartite dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE). Deve pertanto ritenersi che l’ENI operi sotto il controllo dello Stato italiano. Inoltre, l’ENI può, con l’autorizzazione del Ministro delle partecipazioni statali, emettere obbligazioni il cui rimborso in capitale e interessi viene garantito dallo Stato.

Premesso quanto sopra, la Corte, invocando una giurisprudenza ormai costante sul punto331, ha precisato che “non è il caso di distinguere tra l’ipotesi in cui l’aiuto viene concesso direttamente dallo Stato e quella in cui l’aiuto è concesso da enti pubblici o privati che lo Stato istituisce o designa per la gestione dell’aiuto”332.

331 In tal senso, v. sentenza della Corte di giustizia del 22 marzo 1977, causa 78/76, Steinike, in

Raccolta, 1977, p. 00595; sentenza della Corte di giustizia del 30 gennaio 1985, causa 290/83, Commissione c. Francia, in Raccolta, 1985, p. 00439; sentenza della Corte di giustizia del 02 febbraio

1988, cause riunite 67, 68 e 70/85, Van der Kooy BV, in Raccolta, 1985, p. 01315.

332 V. Commission’s Written Reply to Parliamentary Question n. 48, di Mr. Burgbacher, del 30.07.1963, in GUCE 2235/63, in cui viene precisato che “State Aids do not need to be a specific kind

or form, as art. 92 clearly states that aid can be “in any form whatsoever”. The intention behind this wording is to prevent Member States from seeking novel methods of assisting their industries in order to avoid the application of art. 92”. V. anche 1.st Report on Competition Policy, 1971, che recita: “The term “state” includes not only the national central authorities but also decentralized authorities such

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Nel caso di specie, pertanto, la Corte ha ritenuto che le ricapitalizzazioni costituissero il risultato di un comportamento imputabile allo Stato italiano.

Fondatamente – secondo il giudizio della Corte – la Commissione aveva considerato i fondi devoluti dall’ENI alle quattro aziende, tramite la società Lanerossi, come interventi statali atti a costituire aiuti. In altri termini, non è necessario dimostrare che il fondo di dotazione che l’ENI ha ricevuto dallo Stato italiano fosse specificatamente ed esplicitamente destinato a ripianare le perdite delle quattro aziende, essendo invero sufficiente rilevare che le sovvenzioni ricevute hanno comunque permesso all’ENI di destinare altre risorse al ripianamento delle perdite delle quattro aziende.

b) Sulla violazione del principio di parità di trattamento tra impresse pubbliche e provate.

Trattasi del principio sancito dall’articolo 106 del TFUE (già articolo 90 del TCE), le cui implicazioni sono state prese in considerazione dalla Commissione nella Comunicazione del 17 settembre 1984 agli Stati membri. In particolare, l’organo esecutivo europeo ha ribadito il fatto che la sua azione non può sfavorire o favorire i pubblici poteri quando questi effettuino apporti di capitali. Ne consegue che i capitali messi a disposizione di un’impresa, direttamente o indirettamente, da parte dello Stato, in circostanze corrispondenti alle normali condizioni di un’economica di mercato, non possono essere considerati aiuti di Stato.

Alla luce di siffatto principio, pertanto, la valutazione della Corte si è fondata sull’accertamento dell’ipotetico comportamento di un gruppo industriale privato in analoghe circostanze, al fine di stabilire se lo stesso avrebbe potuto parimenti procedere alla compensazione delle perdite di esercizio delle quattro aziende tra gli anni 1983 e 1987.

Secondo la giurisprudenza comunitaria in subiecta materia, il socio privato può ragionevolmente conferire il capitale necessario per garantire la sopravvivenza dell’impresa che sia temporaneamente in difficoltà, ma che, previa riorganizzazione, sia potenzialmente in grado di ridivenire redditizia. Allo stesso modo, pertanto, una società madre può, per un periodo limitato, sopportare le perdite di una delle sue società controllate allo scopo di consentire la cessazione delle attività di quest’ultima

as those of provinces, geographical departments, municipalities and autonomous regions – such as those in Italy”.

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nelle migliori condizioni. Simili decisioni possono essere determinate non soltanto dalla probabilità di ricavare un profitto materiale indiretto, ma anche da altre considerazioni quali la tutela dell’immagine del gruppo o il riorientamento delle sue attività.

Diversamente – ha precisato la Corte – “quando i conferimenti di capitali di un investitore pubblico prescindono da qualsiasi prospettiva di redditività, anche a lungo termine, essi vanno considerati aiuti ai sensi dell’art. 92 del Trattato [oggi articolo 107 del TFUE] e la loro compatibilità con il mercato comune deve valutarsi unicamente alla luce dei criteri previsti da tale articolo”. È in questi termini che l’organo giurisdizionale europeo si è pronunciato nel caso di specie, avvallando la decisione della Commissione secondo la quale il conguaglio delle perdite era avvenuto in circostanze che sarebbero risultate inaccettabili per un investitore privato operante nelle normali condizioni di un’economia di mercato.

c) Sulla mancanza di effetti dell’aiuto controverso sugli scambi e sulla concorrenza comunitari.

La Corte ha all’uopo riconosciuto l’esattezza della valutazione della Commissione, secondo cui gli aiuti in questione avrebbero conferito alle quattro aziende di ENI-Lanerossi un sensibile vantaggio concorrenziale, risultando pertanto idonei ad incidere sugli scambi e a falsare la concorrenza ex articolo 107, n. 1, TFUE (già articolo 92, n. 1, TCE). In particolare, la Commissione aveva rilevato che, durante il periodo preso in considerazione, l’industria tessile era stata colpita dal ristagno della domanda, dal livello eccessivamente basso dei prezzi e da sovraccapacità produttiva. Fra il 1983 e il 1987 il commercio intracomunitario aveva subito un evidente incremento, attestando l’esistenza di una forte concorrenza.

La Corte ha pertanto ribadito che le sovvenzioni de quibus hanno artificiosamente mantenuto le quattro aziende in attività dopo il 1982 e risanato la loro situazione finanziaria, facilitandone per l’effetto la loro riconversione e la cessione di alcuni stabilimenti di produzione dei quali ENI-Lanerossi avrebbe dovuto sostenere gli oneri. A tale conclusione l’organo giurisdizionale europeo è pervenuto in applicazione di una giurisprudenza consolidata secondo la quale un aiuto può essere idoneo ad incidere sugli scambi tra gli Stati membri e a falsare la concorrenza anche se l’impresa beneficiaria, in concorrenza con produttori di altri Stati membri, non

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partecipa essa stessa alle esportazioni333. Invero, quando uno Stato membro concede una sovvenzione ad un’impresa, la produzione interna ne può risultare invariata o aumentare, derivandone una sensibile riduzione delle possibilità per le imprese aventi sede in altri Stati membri di esportare i loro prodotti sul mercato del primo Stato membro. Infine, la giurisprudenza europea ha precisato che anche gli aiuti di rilevanza relativamente esigua sono nondimeno idonei a ripercuotersi sugli scambi tra Stati membri quando il settore interessato sia caratterizzato da forte concorrenza334. d) Sulla violazione dell’articolo 92, n. 3, lett. a) e c), del Trattato (oggi articolo 107, n. 3, lett. a) e c), TFUE).

La Corte – premessa l’ampia discrezionalità di cui dispone la Commissione nell’applicazione dell’articolo 107, n. 3, TFUE (già articolo 92, n. 3, TCE) – ha evidenziato come le perdite registrate dalle aziende interessate siano state ripianate per un periodo complessivo di quattordici anni, ben superiore all’arco temporale compreso tra il 1983 e il 1987. Peraltro, il giudizio di incompatibilità degli aiuti con il mercato comune si è fondato non soltanto sulla durata degli aiuti, ma anche sulla loro natura.

Secondo l’organo giurisdizionale europeo, le sovvenzioni in questione non erano conformi né agli orientamenti comunitari riguardanti gli aiuti all’industria tessile e dell’abbigliamento, comunicati agli Stati membri con lettere del 30 luglio 1971 e del 4 febbraio 1977, né agli orientamenti relativi agli aiuti di salvataggio, comunicati agli Stati membri con lettera del 24 gennaio 1979.

In particolare, gli orientamenti riguardanti l’industria tessile ammettono la concessione di aiuti a breve termine destinati ad operazioni specifiche, il cui scopo sia di incrementare il livello di competitività del beneficiario sino a consentirgli di operare sul mercato comunitario. Nel caso di specie, invece, la Corte ha riscontrato un

333 V. sentenza della Corte di giustizia del 13 luglio 1988, causa 102/78, Repubblica francese c.

Commissione delle Comunità europee, “Prestito concesso dal Fonds Industriel de modernisation”, in Raccolta, 1988-7, p. 4067. Analogamente, v. sentenza della Corte di giustizia del 17 settembre 1980,

causa 730/79, Philip Morris Holland Bv c. Commissione delle Comunità europee, “Aiuto ad un produttore di sigarette”, in Raccolta, 1980, p. 2679, in cui si afferma che “allorché un aiuto finanziario (…) rafforza la posizione di un’impresa nei confronti di altre imprese concorrenti negli scambi

intracomunitari, questi sono considerati influenzati dall’aiuto”.

334 V. sentenza della Corte di giustizia del 13 luglio 1988, causa 102/87, Repubblica francese c.

Commissione, in Raccolta, 1988, p. 4067 e sentenza della Corte di giustizia dell’11 novembre 1987, Repubblica francese c. Commissione, causa 259/85, in Raccolta, 1987, p. 04393.

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uso degli aiuti genericamente teso a migliorare la situazione finanziaria delle quattro aziende e a mantenerle artificiosamente in attività.

Per quanto concerne gli aiuti di salvataggio, i pertinenti orientamenti comunitari ne dispongono la concessione sotto forma di prestiti o garanzie di prestiti esclusivamente per il tempo necessario a predisporre un piano di risanamento, criteri evidentemente disattesi nella fattispecie in esame.

e) Sulla violazione del principio del legittimo affidamento.

La Corte ha respinto l’argomentazione del governo italiano, secondo cui l’atteggiamento tenuto dalla Commissione fra il 1983 e il 1987 avrebbe suscitato il suo legittimo affidamento quanto alla legittimità degli aiuti.

Sul punto, la Corte ha contestato al governo italiano di non aver mai comunicato alla Commissione l’intenzione di continuare ad erogare aiuti alle quattro aziende, di aver ripetutamente chiesto termini supplementari nel corso della procedura al fine di rispondere alle domande di informazioni della Commissione e di aver trasmesso i dati relativi agli aiuti concessi tra il 1986 e il 1987 solo quattro giorni prima della decisione finale.

Ha pertanto concluso che, quando uno Stato membro che concede un aiuto senza ottemperare all’obbligo di previa notificazione sancito dall’articolo 108, n. 3, TFUE (già articolo 93, n. 3, TCE) si dimostra in seguito riluttante a fornire le informazioni utili alla Commissione, è esso stesso responsabile del protrarsi della procedura in essere e, come tale, non è legittimato ad invocare il legittimo affidamento circa la compatibilità della sovvenzione con il mercato comune.

f) Sull’illegittimità degli effetti attribuiti alla mancanza di notificazione.

Quale portato delle conclusioni di cui al punto che precede, la Corte ha ribadito l’orientamento giurisprudenziale costante in materia di violazione dell’articolo 108, n. 3, TFUE (già articolo 93, n. 3, TCE) rilevandone l’illegittimità degli effetti quale accertata dalla decisione della Commissione335.

335 V. punti 46, 47 e 48 della sentenza della Corte di giustizia del 21 marzo 1991, Repubblica italiana c.

Commissione, causa C-303/88, in Raccolta, 1991, p. 00801. In particolare, “la Commissione, qualora constati che un aiuto è stato istituito senza essere stato notificato, dispone di un potere di ingiunzione.

(…) Essa può ingiungergli [allo Stato membro] di sospenderne immediatamente l’erogazione e di

fornirle tutti i documenti, le informazioni e i dati necessari per esaminare la compatibilità dell’aiuto con il mercato comune. (…) Se lo Stato membro omette di fornire le informazioni richieste nonostante l’ingiunzione della Commissione, questa ha il potere di chiudere il procedimento e di adottare la

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g) Sulla carenza di motivazione dell’ordine di recupero degli aiuti.

L’organo giurisdizionale europeo ha ricordato che la motivazione di una decisione deve fornire all’interessato le indicazioni necessarie a stabilire se la decisione sia fondata o meno e permettere alla Corte di esercitare il proprio sindacato di legittimità. L’obbligo di motivazione deve essere valutato in funzione delle circostanze del caso di specie, segnatamente del contenuto dell’atto, della natura dei mezzi invocati e dell’interesse che il destinatario può avere a ricevere chiarimenti. Il mezzo di gravame invocato dalla Repubblica italiana è stato dunque respinto.

h) Sull’impossibilità di recuperare l’aiuto.

La Corte ha infine respinto l’argomentazione addotta dal governo italiano circa l’impossibilità di recuperare gli aiuti controversi per l’asserita incertezza in merito alla identità dei destinatari dell’ordine dell’aiuto.

Premesso che, come stabilito dalla decisione impugnata, gli aiuti andavano recuperati presso le quattro imprese che ne avevano effettivamente fruito, la Corte ha altresì precisato che il diritto italiano non può ostare alla piena applicazione del diritto comunitario e, quindi, all’obbligo di procedere al recupero degli aiuti di cui trattasi.