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La vicenda dell’aeroporto di Milano Malpensa e il ruolo di Alitalia

CAPITOLO TERZO

COMMISSIONE EUROPEA

3. Il sistema aeroportuale italiano: analisi del progetto di concentrazione tra ADR e SEA alla luce del prassi applicativa in subiecta materia

3.1. La vicenda dell’aeroporto di Milano Malpensa e il ruolo di Alitalia

L’hub di Milano è stato voluto dall’Unione europea come strumento rivolto al perseguimento di un pubblico interesse, quello del consumatore/utente localizzato nel Nord Italia – la terza area della Comunità in ordine di grandezza in termini di popolazione ed attività economica – a fruire di collegamenti diretti con le principali destinazioni mondiali. L’inadeguatezza del sistema aeroportuale di Milano – comprensivo degli aeroporti di Linate, Malpensa e Orio al Serio – era imputabile al fatto che la ripartizione del traffico tra questi aeroporti seguiva le spinte del mercato. L’aeroporto di Linate – in cui si concentrava la maggior parte del traffico nazionale e internazionale intracomunitario – risultava sovrautilizzato, mentre quello di Malpensa – destinato ai voli intercontinentali – era sottoutilizzato. Nessuno degli aeroporti del sistema, inoltre, era riuscito a svilupparsi in un centro aeroportuale o hub, in grado di assumere il ruolo di collettore di traffico e perno di smistamento di voli nazionali, internazionali e intercontinentali. Alitalia, infatti, continuava a servirsi come centro aeroportuale dell’aeroporto di Roma-Fiumicino.

L’evidente inadeguatezza dell’offerta di servizi di trasporto aereo rispetto alla domanda dei passeggeri ha determinato la scelta da parte delle autorità italiane di procedere alla riorganizzazione del sistema aeroportuale di Milano, al fine di creare un centro aeroportuale a Malpensa e costituire una capacità aeroportuale adeguata per il futuro. Il progetto, noto come Malpensa 2000, prevedeva la concentrazione del traffico sull’aeroporto di Malpensa e, in via preliminare, il trasferimento di un consistente volume di traffico dall’aeroporto di Linate. Poiché tale trasferimento non sarebbe stato possibile in un regime di libero mercato, stante l’interesse dei passeggeri ad utilizzare l’aeroporto di Linate per via della sua vicinanza al centro della città, le autorità italiane decidevano di adottare criteri cogenti in materia di ripartizione del traffico. Sulla base del decreto-legge autorizzativo n. 428 del 01 luglio 1994, in data 05 luglio 1996 il Ministero dei trasporti emanava il decreto n. 46-T recante le norme

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sulla ripartizione del traffico all’interno del sistema aeroportuale di Milano, rimandando ad un successivo decreto la definizione della data di entrata in esercizio delle opere di prima urgenza del polo funzionale di Malpensa 2000. Il 13 ottobre 1997 faceva pertanto seguito l’adozione del decreto n. 70-T (c.d. decreto Burlando), che fissava, ai fini di cui sopra, la data del 25 ottobre 1998. In altri termini, per effetto dei citati decreti, a partire da questa data tutti i voli da e per Milano avrebbero dovuto essere effettuati dall’aeroporto di Malpensa o dall’aeroporto di Orio al Serio, ad eccezione dei voli dell’aviazione generale e di quelli che avessero raggiunto le soglie di traffico stabilite dall’articolo 1, comma 4, del decreto n. 46-T (di fatto, la sola rotta Milano-Roma).

Il 16 febbraio 1998, i vettori aerei British Airways, Iberia, Lufthansa, Olympic Airways, Sabena, Scandinavian Airlines System e TAP Air Portugal presentavano ricorso alla Commissione europea affinché le norme italiane sulla ripartizione del traffico all’interno del sistema aeroportuale di Milano fossero dichiarate incompatibili con il diritto comunitario, in particolare con l’articolo 8, paragrafo 1, del Regolamento (CEE) n. 2408/92 del Consiglio del 23 luglio 1992 sull’accesso dei vettori aerei della Comunità alla rotte intracomunitarie e con la decisione 97/789/CE della Commissione europea riguardante gli aiuti concessi dall’Italia alla compagnia Alitalia.

La Commissione europea, con la decisione 98/710/CE del 16 settembre 1998299, si pronunciava sul ricorso dichiarando l’incompatibilità e, per l’effetto, l’inapplicabilità delle norme italiane oggetto di impugnazione.

L’organo esecutivo europeo richiamava, in via preliminare, il principio della libera prestazione dei servizi di trasporto aereo nella Comunità sancito dall’articolo 3, paragrafo 1, del Regolamento (CEE) n. 2408/92, che consente ai vettori aerei comunitari di operare in qualunque aeroporto all’interno di uno stesso sistema aeroportuale secondo le proprie decisioni commerciali. Gli Stati membri possono, tuttavia, limitare tale libertà di accesso al mercato ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento medesimo, che riconosce “il diritto degli Stati membri di regolamentare, senza discriminazioni basate sulla nazionalità o sull’identità del

299 Decisione della Commissione 98/710/CE del 16 settembre 1998 relativa ad un procedimento di applicazione del regolamento (CEE) n. 2408/92 del Consiglio (Caso VII/AMA/11/98 – Norme italiane sulla ripartizione del traffico all’interno del sistema aeroportuale di Milano).

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vettore aereo, la ripartizione del traffico tra gli aeroporti appartenenti a uno stesso sistema aeroportuale”, purché siano rispettati i principi di non discriminazione e di proporzionalità.

Per quanto concerne il carattere non discriminatorio della misura, la Commissione ha ritenuto che i criteri previsti dal decreto n. 46-T, basati sui volumi di traffico, fossero criteri obiettivi che non facevano distinzioni tra i vettori in base alla loro nazionalità o identità, in quanto indistintamente applicabili a tutti i vettori aerei comunitari. Tuttavia, la decisione evidenzia come il principio di non discriminazione di cui all’articolo 8, paragrafo 1, vieti anche qualsiasi misura che, pur senza fare esplicitamente o direttamente riferimento alla nazionalità o all’identità del vettore aereo, produca in pratica, anche se indirettamente, effetti discriminatori. Svolgendo l’analisi in questi termini, la Commissione ha concluso che, poiché per effetto delle norme italiane solo la rotta Milano-Roma sarebbe rimasta attiva all’aeroporto di Linate, dal 25 ottobre 1998 Alitalia sarebbe stato l’unico vettore comunitario in grado di alimentare il suo centro aeroportuale di Roma-Fiumicino dall’aeroporto di Linate, obbligando gli altri vettori aerei comunitari ad accedere ai rispettivi centri aeroportuali solo dall’aeroporto di Malpensa. Considerata la posizione geografica sfavorevole dell’aeroporto di Malpensa rispetto a quello di Linate, le norme di cui al decreto n. 46-T avrebbero – secondo il giudizio della Commissione – conferito di fatto un vantaggio concorrenziale ad Alitalia.

Sul piano della proporzionalità, la decisione – richiamando la pertinente giurisprudenza europea – ha precisato che “l’applicazione delle normative nazionali ai prestatori di servizi stabiliti in altri Stati membri deve essere atta a garantire il conseguimento dello scopo con esse perseguito e non può eccedere quanto necessario a tal fine; occorre pertanto che lo stesso risultato non possa essere ottenuto mediante provvedimenti meno incisivi”300. In merito alle misure adottate dal governo italiano, la Commissione ha osservato come lo stesso sviluppo dell’aeroporto di Malpensa sarebbe risultato compromesso dal fatto che, alla data stabilita, il volume di traffico trasferito dall’aeroporto di Linate non sarebbe stato compatibile con il livello delle strutture aeroportuali e delle infrastrutture di accesso. L’organo esecutivo europeo ha,

300 Sentenza della Corte di giustizia del 25 luglio 1991, causa C-288/89, Collectieve Antenne

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inoltre, ritenuto che la creazione di un centro aeroportuale pienamente efficiente e operativo si sarebbe potuta attuare più efficacemente mediante un trasferimento ripartito nel tempo, andando ad incidere in misura minore sulla libera prestazione di servizi aerei da e per Milano. Per l’effetto, la decisione ha ritenuto le norme sulla ripartizione del traffico incompatibili con il principio di proporzionalità.

La Corte di giustizia, infine, con sentenza C-361/98 del 18 gennaio 2001, si pronunciava sul ricorso presentato dal governo italiano per l’annullamento delle suddetta decisione, confermando la posizione espressa dalla Commissione europea301. In linea con il contenuto della decisione della Commissione europea, il Ministero dei trasporti adottava il decreto n. 101-T di data 09 ottobre 1998 (c.d. decreto Burlando-bis), che istituiva misure transitorie in tema di ripartizione del traffico tra gli aeroporti costituenti il sistema aeroportuale di Milano, e un successivo decreto di data 03 marzo 2000, concernente la ripartizione del traffico tra gli aeroporti situati all’interno del sistema aeroportuale di Milano. Nonostante le modifiche tese ad una convergenza verso il pronunciamento della Commissione, in data 16 marzo 2000 i vettori aerei Air France, Aer Lingus, British Airways, Finnair, Iberia, Lufthansa, Maersk Air, Olympic Airways, Sabena, Scandinavian Airlines System (SAS) e TAP Air Portugal inviavano una denuncia congiunta alla Commissione europea contro il suddetto decreto del 03 marzo 2000, assumendo una contravvenzione dei principi di proporzionalità e di non

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Sentenza della Corte di giustizia del 18 gennaio 2001, causa C-361/98, Repubblica italiana c.

Commissione, in Raccolta, 2001, p. I-00385. La Corte di giustizia ha motivato il rigetto del ricorso

sostenendo che “risulta da giurisprudenza costante che l’art. 59 del Trattato prescrive non solo

l’eliminazione di qualsiasi discriminazione nei confronti del prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro in base alla sua cittadinanza, ma anche la soppressione di qualsiasi restrizione, anche qualora essa si applichi indistintamente ai prestatori nazionali e a quelli degli altri Stati membri, allorché essa sia tale da vietare, da ostacolare o da rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro ove fornisce legittimamente servizi analoghi. Ora, occorre constatare che le misure adottate con i decreti contestati per regolare la ripartizione del traffico all’interno di un sistema aeroportuale, ai sensi dell’art. 8, n. 1, del regolamento n. 2408/92, costituiscono restrizioni alla libera prestazione dei servizi. Tali restrizioni, per poter essere autorizzate alla luce delle disposizioni del regolamento n. 2408/92, devono essere giustificate e, in particolare, proporzionate all’obiettivo per il quale sono state adottate”. Inoltre, dinanzi all’obiezione secondo la

quale esigenze di natura puramente economica non possono costituire motivi superiori di interesse generale, la Corte ha replicato sostenendo che “tuttavia, il mero fatto che uno Stato membro persegua

un obiettivo in condizioni che devono essere, in particolare, economicamente sostenibili non esclude di per sé che un tale obiettivo possa costituire una esigenza imperativa di interesse generale” che, come

tale, “può giustificare un ostacolo al principio fondamentale della libera prestazione dei servizi

soltanto nel rispetto del principio di proporzionalità”. La Corte concludeva, pertanto, nel senso “che la Commissione ha constatato a giusto titolo l’esistenza di una discriminazione tra l’Alitalia e gli altri vettori aerei comunitari”.

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discriminazione di cui al Regolamento (CEE) n. 2408/92. A seguito dei contatti tra la Commissione e le autorità italiane, queste ultime – con lettera di data 04 dicembre 2000 – manifestavano all’Unione europea l’intenzione di dare istruzioni a ENAC di elevare la capacità sull’aeroporto di Linate a 18 movimenti orari, tenuto conto della incrementata capacità operativa del centro di controllo aereo della zona di Milano, utilizzando le nuove frequenze così attribuite anche per operazioni di code sharing. Le autorità italiane, inoltre, si impegnavano ad adottare un nuovo decreto relativo alla distribuzione del traffico aereo nel sistema aeroportuale di Milano.

La Commissione302 ha osservato, in questo caso, che le opere infrastrutturali portate a compimento negli ultimi anni erano idonee a ritenere che l’accesso all’aeroporto di Malpensa non costituisse più una barriera per l’utenza intenzionata a recarsi in tale aeroporto. La decisione riporta, dunque, che l’applicazione dei criteri fissati dal decreto del 03 marzo 2000 non avrebbe creato in pratica alcun effetto discriminatorio e che tali criteri dovevano ritenersi compatibili con il principio di non discriminazione basata sulla nazionalità o sull’identità del vettore aereo ex articolo 8, paragrafo 1, del Regolamento (CEE) n. 2408/92. Sotto il profilo della proporzionalità, la Commissione ha infine ritenuto che le restrizioni alla libertà di prestazione dei servizi imposte dalla misura in questione all’aeroporto di Linate, applicate secondo i correttivi di cui alla suddetta lettera, rispondevano all’obiettivo di assicurare il pieno sfruttamento delle potenzialità dello sviluppo del hub di Malpensa.

Per quanto sopra, la Commissione dichiarava le nuove norme di distribuzione del traffico compatibili con la normativa europea, autorizzandone per l’effetto l’applicazione.

Alla vicenda sopra riportata risulta strettamente intrecciata quella relativa al piano di ristrutturazione Alitalia, i cui esiti hanno contribuito a determinare l’attuale situazione del sistema aeroportuale nazionale.

La compagnia aerea Alitalia, a partire dagli anni ’90, iniziò a palesare problemi di sottocapitalizzazione e difficoltà legate alla guerra del Golfo, alla recessione degli anni 1992 e 1993 nel settore aeronautico e alla maggiore concorrenza derivante dal

302 Decisione della Commissione 2001/163/CE del 21 dicembre 2000 relativa ad un procedimento di applicazione del regolamento (CEE) n. 2408/92 del Consiglio (Caso TREN/AMA/12/00 – Norme italiane sulla ripartizione del sistema aeroportuale di Milano).

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processo di liberalizzazione del mercato dei trasporti aerei. Attesa l’incapacità di riportarsi sui binari della redditività, la compagnia aerea si vedeva costretta ad adottare, nel luglio del 1996, un piano di ristrutturazione per il periodo 1996-2000 accompagnato dal progetto di rilevanti iniezioni in conto capitale da parte dell’IRI. Il piano di ristrutturazione si costituiva di due fasi: una di risanamento (1996-1997) e una di sviluppo (1998-2000). La fase di risanamento, comprensiva di un aspetto finanziario e di un aspetto gestionale, mirava a ridurre i costi operativi di Alitalia e a riportare ad un livello ragionevole l’indice “indebitamento su fondi propri”. La fase di sviluppo, invece, era principalmente basata sull’entrata in servizio del centro aeroportuale di Malpensa a partire dal 1998. Secondo il piano, lo sviluppo dell’aeroporto di Malpensa avrebbe permesso alla ricorrente di riposizionarsi sul mercato del Nord Italia, fra i più importanti e ricchi d’Europa. La creazione del centro aeroportuale di Malpensa sarebbe stata accompagnata da una ristrutturazione del terminal dell’aeroporto di Roma-Fiumicino, che costituiva all’epoca il perno della rete di Alitalia. Inoltre, durante la fase dello sviluppo, Alitalia intendeva predisporre servizi di navetta sui collegamenti interni italiani più importanti, riorganizzare la sua rete internazionale, sviluppare una strategia di alleanze con soggetti esterni e aumentare la sua flotta.

Con lettera del 29 luglio 1996, le autorità italiane informavano la Commissione europea del piano di ristrutturazione, dichiarando trattarsi di un piano essenzialmente preordinato alla privatizzazione di Alitalia e privo di elementi di aiuto.

La Commissione, il 09 ottobre 1996, decideva di avviare il procedimento ex articolo 108, paragrafo 2, TFUE (già articolo 93, paragrafo 2, TCE) relativamente agli aumenti di capitale previsti dal piano e, con decisione 97/789/CE del 15 luglio 1997, dichiarava che il conferimento di capitale che l’IRI si proponeva di effettuare a favore di Alitalia costituiva un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (già articolo 92, paragrafo 1, TCE) e dell’articolo 61, n. 1, dell’accordo SEE per effetto del mancato soddisfacimento del criterio dell’investitore operante in un’economia di mercato. La Commissione rilevava come l’obiettivo del piano di ristrutturazione fosse quello di ripristinare la competitività di Alitalia e permettere la sua privatizzazione, ritenendo che il piano fosse di per sé sufficiente a garantire la sopravvivenza e la prosperità di Alitalia e che gli impegni presi dalle autorità italiane

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fossero rispondenti alle preoccupazioni espresse dall’Unione europea all’avvio del procedimento amministrativo. La decisione della Commissione europea – dalle implicazioni significative in termini di restrizioni triennali allo sviluppo della compagnia aerea – veniva successivamente annullata dal Tribunale di primo grado su ricorso dell’Alitalia. La c.d. sentenza Alitalia I303

stabiliva che la Commissione, da un lato, non avesse motivato l’utilizzazione dello stesso tasso di rendimento minimo – tasso che avrebbe preteso un investitore privato che avesse agito secondo le leggi di mercato – applicato alla ricapitalizzazione della compagnia Iberia, e, dall’altro, avesse commesso manifesti errori di valutazione escludendo dal calcolo del tasso di rendimento interno dell’operazione i costi di insolvenza ai quali l’IRI avrebbe potuto trovarsi esposta in caso di liquidazione dell’Alitalia. La Commissione, peraltro, secondo il giudizio del Tribunale, non aveva tenuto in considerazione le modifiche apportate al piano di ristrutturazione nel giugno del 1997304.

Per quanto di interesse in questa sede, si ritiene opportuno evidenziare come lo sviluppo di Alitalia ne sia risultato gravemente pregiudicato a causa e del vincolo alla crescita posto da una decisione comunitaria dichiarata illegittima e dell’impossibilità di operare secondo le condizioni di traffico alle quali il governo italiano si era impegnato verso la compagnia con i citati decreti ministeriali.

Dopo la ristrutturazione del 2008, peraltro, Alitalia, per ragioni essenzialmente economiche, abbandonava Malpensa concentrando il traffico su Fiumicino, riconsegnando in tal modo il mercato del Nord Italia alle compagnie aeree straniere. La vicenda sopra riportata è espressione di un uso – peraltro ambiguo – delle norme comunitarie di regolazione degli aeroporti a danno dell’Italia, essendone risultata compromessa la realizzazione di un progetto prioritario di interesse europeo

303

Sentenza del Tribunale di primo grado del 12 dicembre 2000, causa T-296/97, Alitalia c.

Commissione, in Raccolta, 2000, p. II-03871.

304 La Commissione europea, successivamente alla pronuncia del Tribunale di primo grado, adottava una nuova Decisione – 2001/723/CE del 18 luglio 2001 – con cui dichiarava compatibile con il mercato comune l’aiuto concesso sotto forma di dotazione di capitale per 2 750 miliardi di ITL ai fini della ristrutturazione dell’Alitalia, conformemente al piano trasmesso nel 1996 e adeguato nel 1997 e subordinatamente al rispetto di taluni impegni e condizioni. Nel novembre del 2001, Alitalia ha presentato un ricorso diretto all’annullamento di tale decisione, invocando la violazione dell’obbligo di motivazione, una serie di vizi procedurali, la violazione del diritto di difesa, la violazione dell’obbligo di ottemperare alla sentenza Alitalia I, nonché l’erronea applicazione del criterio dell’investitore privato e taluni vizi nella fissazione delle condizioni cui era stato subordinato l’aiuto. Il Tribunale, con sentenza del 09 luglio 2008, causa T-301/01, in Raccolta, 2008, p. II-01753, respingeva il ricorso confermando la validità della decisione della Commissione del 2001.

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(Malpensa 2000) di fondamentale importanza nell’ottica del rilancio della logistica a livello nazionale. L’opinabilità dell’approccio manifestato dalle compagnie aeree straniere – teso ad impedire l’avvio di un hub aeroportuale attraverso il ricorso agli strumenti offerti dal diritto comunitario – deriva altresì dal fatto che, contestualmente, le stesse si contendevano la possibilità di allearsi con Alitalia allo scopo di fruire dell’infrastruttura di Malpensa come home carrier.