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Il concetto di scala: Result e non solo

stato dell’arte e primi problem

22) Mauro ha imbiancato pareti per tutto il giorno

4.2 Il concetto di scala: Result e non solo

Prima di procedere alla considerazione della nozione semantica MANNER e dei test utili alla sua individuazione, è opportuno dedicare un po’ di spazio al concetto di

scala che, pur non costituendo l’argomento principale di questa trattazione, viene

più e più volte coinvolto nell’analisi semantica dei verbi.

Una scala, intesa come un insieme di valori disposti secondo una precisa relazione d’ordine, viene metaforicamente rappresentata come un segmento; un segmento è, per definizione, un insieme ordinato di punti e tali punti possono essere considerati l’equivalente visuo-spaziale dei valori che costituiscono una scala (Hay, Kennedy e Levin, 1999; Kennedy e McNally, 2005; Rappaport Hovav, 2008; Beavers, 2013). In questa maniera, la relazione d’ordine tra valori può essere facilmente tradotta in una relazione di adiacenza spaziale: un valore numerico più basso precede spazialmente un valore numerico più alto (o viceversa).

Si veda Beavers 2013:

«…a scale <R, >, δ> of values R on dimension δ ordered by relation > is a mereologically complex

"path" s in set PH...» (Beavers, 2013: 4)

E’ proprio sulla possibilità di spazializzare il concetto di scala e sulla constatazione del fatto che ci sono proprietà che un oggetto può possedere secondo diverse intensità che si basa l’analisi semantica dei verbi di mutamento di stato attraverso strumenti formali precedentemente impiegati per l’analisi di predicati di movimento traslazionale.

Si consideri l’enunciato di movimento traslazionale:

Intuitivamente, Pierino si muove da un punto nello spazio, la scuola, verso un altro, casa sua; poiché i due punti non coincidono, lo spostamento da uno all’altro richiede lo spostamento in ognuno dei punti spaziali che separano la scuola da casa. Dunque, se si suppone che un evento e, in cui Pierino va da scuola a casa sua, abbia una durata temporale X, in ogni istante che costituisce X Pierino occuperà un punto di quelli che congiungono i due estremi, scuola e casa (si noti che tali concetti sono a tal punto scontati e intuitivi da risultare di difficile formulazione verbale).

L’insieme dei punti spaziali che separano scuola e casa costituiscono un PATH i cui estremi, SOURCE e GOAL, sono rappresentati dai due edifici.

L’idea secondo cui durante un evento di movimento traslazionale il tema si trovi in diversi punti del PATH a seconda dell’istante temporale considerato può essere formalizzata in questa maniera, che definisce la relazione tra un verbo ed il percorso ad esso associato nel caso di eventi di movimento:

« Strict Movement Relation (SMR): e is θ-related to the path p such that every unique part of e is θ-

related to a unique part of p and vice versa, where temporal adjacency in e corresponds to spatial adjaceny in p and vice versa.» (Beavers, 2011: 4)

Il percorso costituisce un tema incrementale, vale a dire un argomento dalla cui osservazione è possibile intuire il grado di completamento dell’evento descritto (Tenny, 1987; Dowty, 1991; Jackendoff, 1996); nel caso particolare, il progresso dell’evento lungo la dimensione temporale è misurato dalla posizione del tema rispetto al PATH:

«…progress of the event involves progress along the path, where temporally adjacent progress

through the event corresponds to spatially adjacent progress along the path.» (Beavers, 2011 : 4)

Per poter applicare questa analisi al dominio dei verbi di mutamento di stato è necessario istituire i termini del paragone : il tema dei verbi di movimento traslazionale corrisponde al paziente di quelli di mutamento di stato, il PATH corrisponde alla scala di valori possibili per un attributo lessicalizzata dal verbo (Kennedy e McNally, 2005; Beavers, 2013); lo spostamento spaziale lungo il PATH denotato dai verbi di movimento coincide, nel dominio dei mutamenti di stato, con

la variazione nel valore dell’attributo lessicalizzato dal verbo per il paziente coinvolto nel mutamento.

Con le parole di Beavers 2013:

«…change is defined as some theme transitioning to and maintaning a new value along some

property scale, which is an incremental theme.» (Beavers, 2013 : 3)

Dunque, il progresso temporale è misurato dal punto della scala di valori in cui si trova il paziente in una determinata fase dell’evento, parametro che a sua volta determina il valore dell’attributo lessicalizzato dal verbo per il paziente in quella determinata fase dell’evento.

Facciamo un esempio:

2) Gianni ha pulito la camera

Durante l’evento di pulizia della camera, associato nella sua interezza ad una determinata durata temporale, il paziente (la camera) varia il proprio valore sulla “scala di pulizia” fino a raggiungere l’estremo superiore, il grado di pulizia massimo (Kennedy e McNally, 2005), della scala, che rappresenta lo stato risultante lessicalizzato dal verbo.

In ogni sottoevento dell’evento principale il paziente possiederà un certo grado di pulizia; in sottoeventi temporalmente adiacenti la camera possiederà gradi di pulizia spazialmente adiacenti sulla scala.

L’equivalente del SOURCE spaziale, l’estremo inferiore del PATH, è rappresentato dal grado di pulizia posseduto dal paziente all’inizio dell’evento, mentre l’equivalente del GOAL spaziale è costituito dal grado di pulizia (quello massimo) posseduto dal paziente al termine dell’evento.

Vale la pena soffermarsi sul processo di spazializzazione di una scala in quanto è fondamentale per comprendere come la struttura mereologica di una scala possa determinare le proprietà aspettuali di un predicato che lessicalizza tale scala.

Abbiamo detto che una scala è definita da tre parametri, <R, >, δ>, un insieme R di valori per la dimensione δ e una relazione d’ordine che stabilisce una relazione tra i

membri di R; la spazializzazione di una scala prevede l’individuazione di un segmento S formato da tanti punti s1,….,sn, ciascuno dei quali intrattiene

determinate relazioni di adiacenza spaziale.

Dato che l’insieme R è formato da un certo numero di valori, r1,.…,rn, è necessario

che ciascuno di essi venga proiettato su un unico punto di S in maniera tale che la relazione d’ordine su R venga convertita in una relazione spaziale su S.

Assumeremo una definizione insiemistica del concetto di segmento, ponendo S = { s1,….,sm}; cioè S corrisponde ad un insieme di punti s1,….,sm ordinati secondo una

precisa relazione spaziale, che per il momento trascureremo in quanto non pertinente con ciò che vogliamo dimostrare in questa sede.

La funzione di spazializzazione, R  S, associa ad ogni elemento ri di R un elemento

distinto si in S, è dunque una funzione iniettiva (non ci sono due valori diversi che

vengono proiettati su un unico punto spaziale); allo stesso modo, ogni elemento del codominio, S, è immagine di almeno un elemento nel dominio , R; si dice, pertanto, che la funzione è anche suriettiva.

Una funzione che è sia iniettiva che suriettiva si dice biunivoca.

Questa proprietà della funzione di spazializzazione consente di stabilire una relazione di equivalenza tra la cardinalità del dominio e quella del codominio: |R| = |S|.

Poiché la cardinalità di R è direttamente determinata dalle proprietà ontologiche dell’attributo di cui la scala è formalizzazione, un attributo il cui possesso rispetto ad un oggetto può essere caratterizzato da un’opposizione binaria proietterà i valori della scala ad esso associata su un segmento bidimensionale (scala bidimensionale); viceversa, un attributo la cui intensità è modulabile in più di due valori si proietterà su un segmento multidimensionale (scala multidimensionale).

Il primo fatto importante è che la complessità della scala associata ad un verbo dipende dai valori possibili che un oggetto può assumere rispetto all’attributo la cui variazione è lessicalizzata dal predicato.

A questo punto è possibile convertire la SMR (Strict Movement Relation) in una relazione incrementale che, nel caso dei verbi di mutamento di stato, si instaura tra un evento ed una scala di valori:

«Movement Relation (MR): each part of e corresponds to a part of s and vice versa, temporal

adjacency in e corresponds to spatial/scalar adjacency in s, and the initial and final points in e are mapped uniquely to the initial and final points in s respectively.» (Beavers, 2013 : 5)

La MR non è altro che un isomorfismo tra l’evento e la scala associata ad un predicato : la complessità della scala lessicalizzata da un verbo dipende dalle proprietà ontologiche dell’attributo i cui valori rispetto ad un oggetto sono formalizzati dalla scala e, a sua volta, la complessità mereologica di un evento è determinata dalla struttura della scala che in esso funge da tema incrementale. Questo concetto è stato introdotto e precisato da Beavers 2008:

«…progress of the event is determined by progress along the scale, so the complexity of one should

somehow mirror the complexity of the other, at least at some level of granularity.» (Beavers, 2008:

10)

Se si adotta, come fa Beavers 2008, la definizione di duratività di un predicato come suddivisibilità di un evento da esso denotato, stabilito l’isomorfismo tra e ed s, la correlazione tra complessità della scala e suddivisibilità dell’evento segue in maniera automatica.

Un evento puntuale è composto da due sottoeventi mentre un evento durativo da almeno tre:

«…punctual events are composed of two subevents, a beginning and an end, and durative events

additionally have medial subevents.» (Beavers, 2008 : 4)

Dunque si ha la seguente situazione :

evento puntuale ↔ scala bidimensionale evento durativo ↔ scala multidimensionale

Un esempio di verbo con associata una scala bidimensionale è uccidere:

3a) Il killer uccise la vittima in cinque minuti 3b) *Il killer uccise la vittima per cinque minuti

L’evento codificato dal verbo uccidere prevede un mutamento di stato del paziente dalla condizione di “vivo” a quella di “non vivo”, senza stati intermedi: la scala associata al verbo è di tipo bidimensionale.

Se la correlazione ipotizzata fosse effettivamente verificabile, il predicato dovrebbe comportarsi come puntuale; vediamo quali sono le interpretazioni delle modificazioni avverbiali degli enunciati.

In 3a) in X tempo specifica il tempo trascorso tra un istante contestualmente determinato ed il momento in cui la vittima passa dallo stato di vita a quello di morte (Rothstein, 2004; 2008); ciò che accade nel lasso di tempo X non fa parte della semantica del predicato ma viene determinato pragmaticamente: in X tempo non si applica a nessun sottoevento intermedio presente nella semantica di

uccidere.

3b) risulta piuttosto anomalo; ci sono due possibili interpretazioni della modificazione avverbiale per X tempo nel caso di predicati puntuali: a) un’interpretazione con inversione di stato, in cui per X tempo specifica la durata dello stato prodotto a seguito dell’evento, che viene bloccata dalle proprietà ontologiche dello stato risultante, MORTO (è possibile, ad esempio, immaginare contesti di zombi capaci di risvegliarsi dopo la morte); b) interpretazione reiterativa (Dowty, 1979), in cui il mutamento di stato si inverte e si produce nuovamente tante volte quante sono consentite dal lasso temporale X, anche in questo caso, bloccata dalla non invertibilità dello stato risultante (il killer uccide la vittima, questa torna in vita ed il killer la uccide nuovamente ed il ciclo si ripete per X tempo). Nel caso di verbi durativi, la modificazione avverbiale per X tempo genera la seguente interpretazione, non accessibile per 3b) : implica una sospensione della telicità dell’evento, in cui il soggetto esegue il processo necessario a produrre il mutamento di stato per X tempo senza che tuttavia tale stato risultante venga raggiunto ( Gianni ha costruito la casa per tre giorni ma non è ancora completa VS *Il killer ha ucciso la vittima per cinque minuti ma non è ancora completamente

Dunque, l’interpretazione di 3a) depone a favore della puntualità dell’evento descritto da uccidere mentre le letture puntuali di 3b) sono bloccate non tanto dalle proprietà aspettuali del verbo quanto dalle caratteristiche particolari dello stato risultante lessicalizzato da uccidere; per quanto riguarda l’interpretazione durativa di per X tempo, essa viene esclusa in quanto, non esistendo stati intermedi tra quelli di vita e di morte, il progresso dell’evento non si può arrestare prima che lo stato risultante venga prodotto.

Uccidere codifica una scala bidimensionale e denota un evento puntuale.

Un esempio di verbo con associata una scala multidimensionale è pulire (l’enunciato è identico a 2) ):

4) Gianni ha pulito la camera

4a) Gianni ha pulito la camera in venti minuti 4b) Gianni ha pulito la camera per venti minuti

L’evento denotato dal verbo pulire prevede un mutamento nel valore dell’attributo “pulizia” per il paziente verso il valore massimo rappresentato dallo stato risultante lessicalizzato dal predicato: prima di arrivare a possedere il valore massimo per l’attributo “pulizia”, il paziente deve attraversare tutti gli stati intermedi che separano il valore all’inizio dell’evento da quello ottenuto alla conclusione di questo. La scala associata a pulire è multidimensionale poiché un oggetto può possedere un grado (ovviamente non quantificabile numericamente) di pulizia intermedio.

Nuovamente, se la correlazione proposta è empiricamente attendibile, l’evento denotato da pulire deve essere durativo.

In 4a) in X tempo specifica la durata del processo necessario affinchè il paziente raggiunga il valore massimo sulla “scala di pulizia”: durante ogni sottoparte di X (sottounità temporale) il paziente possiede un certo grado di pulizia che corrisponde ad un punto sulla scala. Poiché la scala è multidimensionale, costituita da più di due valori, e l’oggetto possiede ognuno di questi gradi di pulizia durante ogni sottoparte distinta di X, il numero di sottoparti deve essere maggiore di due.

L’interpretazione della modificazione avverbiale per X tempo più naturale è quella che avevamo escluso nel caso del verbo puntuale: specifica per quanto tempo il soggetto esegue l’azione necessaria affinché il paziente raggiunga il valore massimo sulla scala lessicalizzata dal verbo, implicando tuttavia che tale stato risultante non sia stato raggiunto poiché il processo si è interrotto (sospensione della telicità); tuttavia il paziente possiederà un grado maggiore della proprietà associata al verbo al termine del lasso temporale X rispetto che all’inizio di esso (dopo venti minuti che Gianni pulisce la camera questa sarà più pulita, anche se non del tutto pulita, di quando ha iniziato).

Come per 3b), anche per 4b) è consentita l’interpretazione con inversione di stato, in cui per X tempo fornisce la durata della permanenza dello stato ottenuto al termine dell’evento: in linea teorica, l’accessibilità di questa lettura non ci fornisce alcuna prova positiva sul tipo di durata del predicato ma permette soltanto di constatare la presenza di uno stato risultante, che può essere verificato per un intervallo temporale quantificabile, nella rappresentazione semantica del verbo; al contrario, una prova fondamentale è data dalla plausibilità della lettura con sospensione della telicità, preclusa al verbo puntuale.

Le interpretazioni associate a 4a) e 4b) depongono a favore della duratività dell’evento denotato da pulire: l’effetto della modificazione avverbiale in X tempo è sostanzialmente diverso rispetto a quello osservato con uccidere; l’interpretazione meno marcata della modificazione per X tempo è quella tipica di eventi durativi e, in quanto tale, non accessibile al verbo uccidere.

Pulire codifica una scala multidimensionale e denota un evento durativo.

Come si vede, il concetto di scala gioca un ruolo fondamentale non solo nella determinazione di una serie di test linguistici in grado di individuare componenti

RESULT nella rappresentazione semantica di un verbo ma anche nella spiegazione

delle proprietà aspettuali di un predicato: in particolare, la complessità mereologica di una scala (a sua volta determinata dalle proprietà ontologiche dell’attributo di cui tale scala è formalizzazione) determina la duratività di un verbo (Kennedy e McNally, 2005; Rappaport Hovav, 2008; Beavers, 2008, 2011, 2013).

L’opposizione tra classi di complessità mereologica delle scale si applica tanto al dominio dei verbi di mutamento di stato quanto al dominio dei verbi di movimento:

scala bidimensionale = PATH bidimensionale scala multidimensionale = PATH multidimensionale

Verbi come arrivare, entrare e imbustare lessicalizzano PATH bidimensionali: “non essere nel posto X” VS “essere nel posto X”; “non essere dentro X” VS “essere dentro X”; “non essere nella busta” VS “essere nella busta”. La bidimensionalità del PATH determina la puntualità degli eventi denotati da questi predicati.

Andare, salire, scendere sono di norma associati a percorsi multidimensionali che

determinano la duratività del verbo.

Nel caso dei verbi di movimento l’associazione tra verbo e PATH è più complessa: solitamente i verbi di movimento puntuali lessicalizzano il PATH bidimensionale mentre per i verbi di movimento durativi il PATH multidimensionale viene fornito da materiale linguistico esterno rispetto al verbo.

4.3 Componenti MANNER: problemi nella