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Il cuoco ha sciolto la cioccolata

stato dell’arte e primi problem

1) Il cuoco ha sciolto la cioccolata

…CAUSE [ BECOME [ (la-cioccolata) <SCIOLTA>]]]

Senza entrare nello specifico sul tipo di mutamento, diremo semplicemente che l’argomento risulta mutato a seguito dell’evento rispetto a una scala di valori semanticamente o pragmaticamente definita (in questo caso specifico il grado di solidità).

Se, quindi, ogni RESULT VERB lessicalizza un mutamento nel valore di un attributo di un argomento, negare linguisticamente che ad evento terminato l’oggetto non abbia subito alcun cambiamento dovrebbe generare un enunciato contraddittorio. Il Denial of Result è un test che si basa sulle implicazioni che un verbo produce su uno dei suoi argomenti: tali implicazioni sono determinate dalla nozione semantica

RESULT lessicalizzata nel verbo o dalla presenza dell’operatore BECOME nella

struttura eventiva, a seconda di quale prospettiva si decida di adottare. Definiamo il test con le parole di Beavers e Koontz-Garboden 2012:

«In an event of change along a scale Φ, the patient necessarily has a different degree of Φ at the end

of the event than the beginning. As such, it will be contradictory to follow any predicate headed by

a result verb with a denial that the patient has undergone a change in some named property.»

(Beavers e Koontz-Garboden, 2012 : 9)

Non risultando cancellabile, l’implicazione di un qualche tipo di mutamento dell’oggetto diretto dei RESULT VERBS, può essere definita entailment.

Facciamo alcuni esempi sia con verbi che risultano positivi al test sia con verbi che sono negativi.

Imbiancare e bagnare sono intuitivamente RESULT VERBS e, come tali, devono

lessicalizzare uno stato risultante in un oggetto; negare tale stato genera contraddizione:

2) *Gianni ha imbiancato la parete ma questa non è cambiata 3) *La nonna ha bagnato il cencio ma questo è rimasto asciutto

In entrambi i casi si ha un enunciato contraddittorio: l’oggetto risulta in qualche modo mutato al termine dell’evento.

Un’osservazione fondamentale: la positività al test di imbiancare e bagnare è evidenza della presenza di uno stato risultante nell’entrata lessicale ma non fornisce alcuna informazione riguardo a presunte componenti MANNER.

In altre parole, la positività al test permette di stabilire la presenza di una componente RESULT nel predicato ma non esclude a priori che il verbo in questione possa anche lessicalizzare un MANNER.

Questo ragionamento è sostanzialmente diverso da quello di Levin e Rappaport Hovav: interpretare la positività del test come evidenza dell’assenza di una componente MANNER significherebbe assumere la complementarietà a priori, mentre è proprio tale complementarietà che si cerca di dimostrare tramite i test (Beavers e Koontz-Garboden, 2012).

Lavare e scuotere sono verbi solitamente classificati come MANNER VERBS; anche

se la semplice negatività di questi predicati rispetto al Denial of Result non ci permette immediatamente di inserirli in una classe semantica definita, possiamo

dire che essi non lessicalizzano alcuno stato risultante (si noti che, nella logica di Beavers e Koontz-Garboden 2012, dire che un verbo non lessicalizza un risultato non equivale a dire che esso lessicalizza un MANNER):

4) Ho scosso il tappeto ma niente è cambiato, è ancora polveroso come lo era

prima…

5) La mamma ha lavato la tovaglia ma non è servito a niente, è ancora macchiata e

incrostata…

4) e 5) negano che l’azione codificata dai due verbi principali abbia prodotto un qualche effetto duraturo sugli oggetti coinvolti e risultano pienamente accettabili. Passiamo al secondo test, già introdotto nella sezione precedente, sull’omissibilità dell’oggetto, Object Deletion (Rappaport Hovav e Levin, 1998; Beavers e Koontz- Garboden, 2012).

L’aspetto semantico su cui si basa questo test è il seguente:

«The dimension represents an attribute of an argument of the verb, with the degrees indicating the

possible values of this attribute.» (Rappaport Hovav e Levin, 2008 : 8)

L’efficacia del test è dovuta al fatto che l’attributo rappresenta una proprietà di uno degli argomenti del verbo e, pertanto, l’argomento il cui attributo subisce un mutamento di valore a seguito dell’evento codificato dal verbo deve essere necessariamente realizzato in sintassi.

Mentre la spiegazione fornita da Rappaport Hovav e Levin 1998 si basa sulla complessità della struttura eventiva di un RESULT VERB, con l’emergere dell’opposizione mutamento scalare vs nonscalare, il test viene ricondotto al concetto stesso di scala (Rappaport Hovav, 2008; Beavers e Koontz-Garboden, 2012; Beavers, 2008; Levin e Kennedy, 2008):

«…scales require that the participant whose property is measured out by them is overtly realized.» (Rappaport Hovav, 2008 : 24)

La definizione del test è molto semplice : i verbi che lessicalizzano uno stato risultante non possono essere costruiti con omissione dell’oggetto diretto ; nel caso di verbi che non codificano un RESULT, non essendoci alcuna scala lessicalizzata, l’oggetto può essere omesso, a patto che esso sia recuperabile attraverso meccanismi pragmatici (in questa sede non approfondirò la quesione; Rappaport Hovav e Levin, 1998).

Vediamo alcuni esempi:

6) Maria ha spazzato tutto il giorno

7) Il falegname ha segato per tutto il pomeriggio

Spazzare e segare non lessicalizzano alcuno stato risultante; nel caso di frantumare

e bagnare, la situazione è differente:

8) *Il bambino ha frantumato

9) *Il giardiniere ha bagnato tutto il giorno

La non accettabilità di 8) e 9) è indizio della presenza nella semantica dei predicati in oggetto di uno stato risultante; l’argomento rispetto al quale tale stato viene predicato deve essere necessariamente espresso, pena la non interpretabilità dell’enunciato.

Le conclusioni che si possono trarre da questo test sono le seguenti: spazzare e

segare non lessicalizzano alcuna componente RESULT (ciò non equivale a dire che

essi lessicalizzano un MANNER); frantumare e bagnare lessicalizzano uno stato risultante (e ciò non preclude la possibilità che lessicalizzino anche un MANNER). Il tutto sarebbe chiaro e indiscutibile se non ci fossero dei casi problematici: verbi che, intuitivamente, non registrano alcun RESULT ma che tuttavia non possono essere costruiti con omissione dell’oggetto; e verbi, considerati RESULT VERBS, che possono omettere l’oggetto diretto.

Colpire, lavare e grattare appartengono alla prima categoria di eccezioni in quanto

essi non lessicalizzano alcuna nozione semantica di risultato, e ciò è dimostrabile ricorrendo al test Denial of Result:

10) Il vandalo ha colpito la finestra ma questa è miracolosamente intatta 11) Ho lavato la tovaglia ma è ancora sporca

12) Ho grattato la schiena di Fido ma non è rimasto alcun segno

Dato che il secondo argomento di questi verbi transitivi non è coinvolto in alcun mutamento, secondo la definizione di Object Deletion, ci dovremmo aspettare la possibilità di omettere l’oggetto diretto; invece:

13) *Il vandalo ha colpito

14) *La mamma ha lavato tutto il pomeriggio 15) *Il bambino ha grattato

Come si spiega questo fenomeno?

Un’ipotesi plausibile consiste nel ricorrere alla nozione di tipicità dell’oggetto diretto (Brisson, 1994; Rappaport Hovav e Levin, 1998), secondo cui un argomento può essere omesso nella misura in cui esso è recuperabile dal contesto, contesto extralinguistico o informazione enciclopedica (che non è altro che la stratificazione di n contesti extralinguistici):

«The intransitive use of the verb sweep is felicitous since there is a prototypical surface associated

with a sweeping event : a floor. The strong association between sweeping and floors means that no

particular context needs to be specified with intransitive sweep to ensure the appropriate interpretation of the unexpressed participant.» (Rappaport Hovav e Levin, 1998 : 115)

Nel momento in cui la distribuzione di probabilità tra i possibili argomenti di un verbo è piuttosto uniforme, non emerge quello che potremmo definire un argomento di default che, in assenza di evidenze sintattiche, possa essere recuperato come argomento inteso dal parlante (si tratta di una semplificazione, in quanto anche l’argomento espresso può modificare lo spazio di probabilità di quello omesso).

Azioni come colpire e lavare, per la loro stessa natura, impongono preferenze di selezione piuttosto generiche sull’oggetto; pertanto, l’omissione dell’oggetto diretto rende non interpretabile l’enunciato (a meno di non avere informazioni contestuali o discorsive particolari).

Più problematico è il caso di grattare: una spiegazione analoga a quella degli altri verbi considerati non sembra accettabile, in quanto non è difficile pensare ad alcuni oggetti tipici del verbo (mano, schiena,…).

L’irrisolvibilità della questione, almeno per il momento, potrebbe essere interpretata come una prima prova che le variabili che determinano l’omissibilità di un oggetto diretto sono difficilmente controllabili e possono appartenere ai livelli di rappresentazione linguistica più disparati (si tratta di vincoli semantici, pragmatici o sintattici?).

Tralasciando le cause profonde della mancata omissibilità, ciò che resta sono le conseguenze empiriche: ci sono verbi che pur non lessicalizzando alcuna nozione di risultato non possono essere costruiti senza oggetto diretto, contro ogni previsione di Object Deletion.

Credo che questo fatto non possa essere ignorato poiché rischia di compromettere la valenza teorica di un test come quello sopra introdotto.

L’altra categoria di verbi che viola le previsioni fatte dall’Object Deletion è quella dei presunti RESULT VERBS, in quanto positivi al test Denial of Result, che possono essere costruiti con omissione dell’oggetto diretto:

16) *Gianni ha imbiancato la parete ma questa non è cambiata 17) *Il macellaio ha affettato il prosciutto ma questo è ancora intero

18) *La ragazza ha inciso il tronco dell’albero ma non è rimasto alcun segno

19) Mauro ha imbiancato per tutto il giorno

20) A lavoro ho affettato per tutto il pomeriggio, sono stanco… 21) L’orefice ha inciso per tutto il giorno

16), 17) e 18) dimostrano che i tre verbi producono un entailment di mutamento sull’oggetto diretto, condizione idealmente sufficiente per escludere 19), 20) e 21); come si spiega l’accettabilità degli ultimi tre enunciati?

Proveremo a spiegare queste eccezioni applicando il metodo presentato in Levin e Rappaport Hovav 2010, procedura che ci consentirà di riflettere in maniera più approfondita sulla rappresentazione lessicale di un verbo.

Iniziamo con il domandarci cosa blocca l’omissibilità dell’oggetto diretto: la presenza di una componente RESULT lessicalizzata nella semantica del verbo.

Nell’ipotesi in cui l’Object Deletion sia effettivamente giustificata dalla nozione semantica di RESULT, 19), 20) e 21) non potrebbero lessicalizzare alcuno stato risultante ma, dato che abbiamo dimostrato attraverso il Denial of Result che le entrate lessicali in oggetto lessicalizzano risultati, dobbiamo ipotizzare di trovarci davanti ad un caso di polisemia: imbiancare, affettare e incidere in 19), 20) e 21) rappresentano delle entrate lessicali che, pur essendo strettamente collegate con quelle in 16), 17) e 18), lessicalizzano, con ogni probabilità, soltanto un modo di agire, un’azione.

Il nodo fondamentale di Levin e Rappaport Hovav 2010 è il seguente: ci sono verbi che pur essendo lessicalmente RESULT VERBS hanno usi in cui si comportano come

MANNER VERBS ed effettivamente sembrano lessicalizzare, in questi contesti,

soltanto un MANNER; la condizione necessaria, assunta la Manner/Result

Complementarity, è che non esistano usi di questi verbi che lessicalizzano

contemporaneamente un MANNER e un RESULT.

In altre parole, un RESULT VERB può essere utilizzato come un MANNER VERB se e solo se la componente risultativa viene cancellata in quel contesto.

Dunque, Levin e Rappaport Hovav giustificherebbero l’accettabilità di 19), 20) e 21) con uno slittamento di categoria del verbo, da RESULT VERB a MANNER VERB; lessicalizzando un MANNER ma non un RESULT, imbiancare2, affettare2 e incidere2

sarebbero perfettamente accettabili con omissione dell’oggetto.

Prima ancora di riflettere sulle conseguenze di questa ipotesi, è opportuno dire qualcosa a proposito della relazione semantica che lega i due usi di un verbo: abbiamo parlato di polisemia regolare, ma in quale senso dobbiamo intendere questa regolarità?

Nella sezione precedente è stato detto che ad ogni componente RESULT è associabile un MANNER convenzionale, cioè un’azione/processo solitamente utilizzato per ottenere il risultato registrato nella componente RESULT; viceversa, ad ogni MANNER è associato un risultato che viene convenzionalmente prodotto attraverso quella azione. Si tratta di informazione convenzionale non lessicalizzata, dunque associata alla semantica di un verbo in maniera non vincolante (cancellabile).

Nei casi di slittamento categoriale di un verbo, le caratteristiche specifiche della componente complementare rispetto a quella lessicalizzata di default dipendono dall’informazione convenzionalmente associata ad essa: c’è un procedimento specifico che viene solitamente eseguito per rendere bianco un oggetto (facendo uso di vernice), una procedura per ridurre in fette un oggetto (in particolare se si tratta di un oggetto commestibile) o per creare delle incisioni su un oggetto.

Il MANNER che viene lessicalizzato in certi contesti è quello convenzionalmente associato al RESULT registrato di default nell’entrata lessicale.

Assumendo la prospettiva di Levin e Rappaport Hovav (Rappaport Hovav e Levin, 2008; 2010), fortemente condizionata dalla Manner/Result Complementarity, dovremmo dimostrare che gli usi MANNER di imbiancare, affettare e incidere non implicano alcuno stato risultante: siamo sicuri che in 19), 20) e 21) la nozione

RESULT sia totalmente assente?

L’assenza stessa dell’oggetto diretto e quindi dell’argomento sul quale solitamente gli usi transitivi del verbo producono un mutamento potrebbe, a mio parere erroneamente, far pensare che in questi contesti la nozione di RESULT sia stata cancellata.

In realtà, non solo sosterrò che la componente RESULT sia implicata in 19), 20) e 21) ma anche che un qualche tipo di oggetto possa essere incluso nella rappresentazione semantica dell’enunciato.

Si consideri: