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Il concetto di segregazione patrimoniale

Nel documento Il trust e le procedure concorsuali (pagine 77-80)

Il fondo patrimoniale

2.5 Il concetto di segregazione patrimoniale

La caratteristica principale che rende il trust uno strumento di livello superiore rispetto ai suoi similari, è rappresentata dalla c.d. “segregazione patrimoniale” del patrimonio conferito.96

La locuzione “segregazione” è stata coniata dal prof. Lupoi, presidente dell’associazione “Il trust in Italia”, il quale, nel corso di un’intervista, ha spiegato che il termine si riferisce al concetto di “impermeabilità” sia patrimoniale sia reddituale, tra i beni collocati nel trust, di cui il trustee ne diviene il legittimo titolare.97

Un vantaggio simile, non può essere perseguito ricorrendo, ad esempio, ad una società fiduciaria, dove, nonostante i beni non siano più nella disponibilità del conferente, rientrano nel patrimonio della società fiduciaria e risultano aggredibili da parte dei creditori della società stessa.98

Inizialmente, i tecnici del settore avevano sollevato non poche perplessità a riguardo, a partire dalla solita accusa di violazione dell’art. 2740 c.c.; norma che, ricordiamo, descrive il principio civilistico della responsabilità patrimoniale.

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Cit. LUPOI M. “Trusts”, ed. Giuffrè, Milano, 2001, pag. 467. 97

AA.VV. Intervista effettuata al prof. Maurizio Lupoi, in “Guida alla tutela del patrimonio”, ed. Le fonti, Milano, 2011, pag. 117.

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MARIANI V. “Il trust familiare: l’ontologica differenza con gli altri istituti”, in “Guida alla tutela del

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In seguito, il problema fu superato in senso positivo dai numerosi interventi dalla giurisprudenza, la quale legittimava la deroga della norma civilistica, in presenza di altre disposizioni di legge. Nella fattispecie, queste, vengono indicate nel secondo comma dell’art. 2, della Convenzione de L’Aja, in cui si asserisce che: “i beni in trust costituiscono un patrimonio separato che non fa parte del patrimonio personale del trustee”. Inoltre, il patrimonio non rientra nel regime successorio, matrimoniale e fallimentare del trustee e, cosa più importante, non è aggredibile dai creditori personali.

Il disponente, è la figura che più di tutte subisce gli effetti segregativi. Ciò determina un vantaggio ma anche uno svantaggio: il vantaggio è rappresentato dall’impossibilità dei terzi di avanzare pretese sui beni trasferiti, dal momento in cui, quei determinati beni, non sono più nella sua disponibilità, fermo restando i termini per esperire un’azione revocatoria, ex art. 2901 c.c.. Lo svantaggio, invece, è rappresentato dallo stress mentale che può subire il disponente, nel vedersi privato dei propri beni.99

Per il resto, l’istituto rimane sempre una garanzia. Se si considera l’ipotesi di un persona che vede lesi i propri diritti, è facile che questa decida di ricorre all’autorità giudiziaria per ottenere un legittimo risarcimento del danno patito. Perciò, si instaurerà una causa contro il soggetto (o i soggetti) ritenuto responsabile. Un avvocato avveduto, come prima cosa consiglierà al proprio assistito di mettere al riparo i propri beni, in modo da non subire spiacevoli conseguenze nella malaugurata ipotesi di soccombenza. Per esempio, il professionista potrebbe suggerire la costituzione di un trust familiare, chiaramente prima di instaurare il contenzioso.

L’epica lentezza che caratterizza la giurisprudenza italiana, permette al ricorrente di beneficiare del decorso del termine di prescrizione per subire un’azione revocatoria.

Se si profila uno scenario di soccombenza totale del ricorrente: il giudizio si conclude con una sentenza a proprio sfavore, l’autorità giudiziaria condanna la parte alla refusione delle spese di giudizio della controparte e il soccombente decide di non onorare la pena pecuniaria inflitta, per il convenuto risulterà

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impossibile aggredire il patrimonio conferito, in virtù della segregazione del patrimonio permessa dal trust. Il convenuto, ha l’unica possibilità di promuovere un’azione esecutiva sui beni non segregati, ma non gli sarà concesso rivendicare i propri diritti nei confronti dei beni conferiti nel trust.

Si tratta chiaramente di una dimostrazione piuttosto semplicistica, però si vuole sottolineare che, per il disponente, i benefici sono comunque superiori rispetto allo svantaggio della perdita della titolarità del patrimonio.

Anche la procedura fallimentare produce una sorta di segregazione: la sentenza dichiarativa di fallimento conduce al trasferimento dell’attivo patrimoniale in capo al curatore (“spossessamento”, di cui all’art. 42 l.f.), però, il legislatore indica una strada diversa.

La segregazione è volta alla tutela degli interessi della massa dei creditori che, nel fallimento, hanno regolarmente presentato domanda di insinuazione al passivo, nei termini prescritti, ex art. 93 legge fallimentare. Gli effetti della segregazione, cessano con la conclusione della procedura (art. 120 l.f.). Questo aspetto implica che, i creditori che non hanno partecipato al concorso, abbiano la facoltà di poter dimostrare le proprie ragioni creditorie, mediante i mezzi ordinari previsti dall’ordinamento interno. In questo modo, potranno aggredire i beni rientrati nella disponibilità dell’imprenditore ritornato in bonis.

I Paesi di civil law, intendono in modo diverso il concetto di segregazione rispetto agli inglesi. Secondo la giurisdizione di Equity, la segregazione si ripercuote nei confronti di tutti i soggetti coinvolti, compresi i beneficiari, nel seguente modo:

- legal ownership: il trustee è il c.d. “legal owner at common law” dei beni trasferiti nel trust, quindi titolare di una proprietà formale.

- equitable ownership: secondo il modello inglese anche i beneficiari sono titolari, ma di una proprietà sostanziale.

Gli ordinamenti dei Paesi occidentali non accettano un contesto così confuso, in cui si mescolano tra loro diritti di credito e diritti reali. Oltretutto, prima delle indicazioni fornite della Convenzione de L’Aja, uno strumento dalle simili caratteristiche, non si riteneva nemmeno utilizzabile.

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In seguito, la dottrina più autorevole (e maggioritaria), dopo aver analizzato le peculiarità che presentava l’istituto, è giunta ad affermare che il diritto di proprietà spetta solo al trustee, mentre i beneficiari sono titolari di soli diritti di natura obbligatoria.100 In questo modo, non si violano le norme imperative dell’ordinamento interno.

La prassi anglosassone, si avvicina di più al nostro ordinamento di fronte ad un trust caritatevole poiché, essendo quest’ultimo caratterizzato dalla mancanza di beneficiari specifici, non presenta nemmeno il problema della titolarità dei beni.

In aggiunta alla proprietà dei beni, i diritti del trustee sono tutti sottoposti ad un vincolo di destinazione legato alle finalità del trust, che ne limita semplicemente l’autonomo svolgimento delle proprie mansioni.

Se consideriamo nuovamente l’ipotesi di un trust costituito nell’ambito di una procedura fallimentare, i limiti in capo al trustee sono ancora più evidenti, perché egli ha il dovere di sottostare alle regole del fallimento. Gli è concessa, infatti, solo la possibilità di procedere alla vendita del fondo, che è identificato con l’attivo patrimoniale dell’imprenditore fallito, in modo da distribuire il ricavato tra i creditori che sono stati ammessi al concorso.

Nel documento Il trust e le procedure concorsuali (pagine 77-80)