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Giurisprudenza a confronto: Tribunale di Belluno, decreto 25 settembre 2002, Tribunale di Bologna,

Nel documento Il trust e le procedure concorsuali (pagine 38-40)

1.5 Il dibattito giurisprudenziale

1.5.2 Giurisprudenza a confronto: Tribunale di Belluno, decreto 25 settembre 2002, Tribunale di Bologna,

sentenza 1 ottobre 2003

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Non potendo analizzare le numerose pronunce delle diverse Corti, di seguito si riportano i provvedimenti più significativi, che riproducono l’orientamento di due opposte scuole di pensiero.

La prima, è rappresentata dal Tribunale di Belluno, che con decreto del 25 settembre 2002, ha dimostrato la sua contrarietà al riconoscimento dei trusts interni.

Nella fattispecie, la Corte doveva decidere sulla legittimità di un reclamo, avverso un decreto del giudice tavolare di Cortina d’Ampezzo. Inizialmente, l’autorità cortinese aveva rifiutato la richiesta di intavolazione della proprietà di un bene immobile, negando quindi ogni forma pubblicitaria. La richiesta era stata presentata dal trustee di un trust interno, precedentemente costituito.

Per praticità, si tralascia l’articolata ricostruzione fornita dal Tribunale. Ci concentreremo, infatti, solo sull’analisi di alcuni punti particolari.

La posizione della Corte si concentrava sul contrasto con il campo di applicazione dell’art. 4 della Convenzione. La legge italiana richiedeva che, in presenza di vincoli, il trasferimento di beni immobili fosse annotato nei pubblici registri, mediante un atto unilaterale con effetti traslativi, chiamato “annotazione”.49

Il problema si presentava perché, la causa dell’atto di notazione è da ricercare esternamente, nell’atto costitutivo del trust. Di conseguenza, un negozio giuridico astratto, deficitario della causa, dovrebbe ritenersi nullo.

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LUPOI M. “La giurisprudenza italiana sui trust: dal 1899 al 2006”, ed. Wolters Kluwer Italia, Milano, 2006, pag. 285 e seguenti. Dopo la sentenza del Tribunale di Belluno, il prof. Lupoi ha ammonito i giudici osservando che “esistono ancora giudici i quali si sentono tanto più felici tanto più sono lontani dal mondo,

le cui vicende sono tuttavia sottoposte al loro esame”. DE GUGLIELMI BARLA E. “Trust: opinioni a confronto:

atti dei congressi dell’Associazione”, ed. Wolters Kluwer Italia, Milano, 2006 pag. 466 e seguenti.

49 La funzione dell’annotazione, in modo analogo alla trascrizione, è quella di rendere noto un rapporto che abbia conseguenze giuridiche.

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Quello che appariva meno comprensibile era l’interpretazione dell’art. 13 della Convenzione, per il quale un trust interno non sarebbe, di principio, ammissibile nel nostro ordinamento giuridico.

Precisamente, l’autorità giudiziaria ripercorreva la sua tesi in quattro punti: - in prima istanza, sosteneva l’assoluta irriconoscibilità di un trust che non

presenta elementi di estraneità, eccezione fatta per la legge regolatrice. Tuttavia, la Corte spiegava che lo scopo della Convenzione non sarebbe stato quello di introdurre l’istituto all’interno degli ordinamenti di civil law, ma permettere ai trusts istituiti nei Paesi di common law di operare anche negl’altri Paesi aderenti. Sostanzialmente, si riconosceva ad un cittadino straniero l’istituzione di un trust collegato con il territorio dello Stato.

- In secondo luogo, il Tribunale riproponeva interamente il testo dell’art. 13.

- La terza riflessione prevedeva che: se il disponente non avesse presentato una ragionevole e legittima giustificazione per ricorrere al trust, allora sarebbe stato escluso il suo riconoscimento. La Corte non riusciva a delimitare il campo di applicazione della “ragionevolezza” e della “legittimità”: per questo motivo i concetti appaiono del tutto aleatori. - Infine, l’autorità giudiziaria riteneva che il concetto di patrimonio

separato, conseguente all’istituzione di un trust, fosse contrario al principio di responsabilità patrimoniale del debitore, di cui all’art. 2740. Le motivazioni presentate dalla Corte, sono state in seguito soppiantate dalla sentenza 1 ottobre 2003, da parte del Tribunale di Bologna. Il giudice adito, ha prima analizzato le questioni argomentate dalla Corte bellunese e, dopo averle confutate una ad una, ha dimostrato la totale compatibilità del trust interno con l’ordinamento italiano.

Nel merito, il giudice bolognese ha dichiarato che le correnti di pensiero contrarie all’ammissibilità del trust interno, debbano considerarsi a tutti gli effetti superate, salvi i casi di istituzione di un trust con scopo fraudolento o elusivo. La Corte, ha fatto notare, inoltre, che le dottrine più autorevoli (tra tutti, quella rappresentata dal prof. Lupoi) e un numero notevole di pronunce

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giurisprudenziali, si sono schierate a favore dell’istituto, risolvendo in modo positivo la possibile incompatibilità con le leggi italiane.

L’ordinanza del giudice, per di più, si è soffermata con particolare attenzione sui motivi per i quali il trust non deve essere ritenuto contrario all’art. 2740 c.c.. E’ vero che esiste l’obbligo di rispettare il principio dell’unità patrimoniale, ma non va dimenticato quanto prescritto nel secondo comma della norma. Questa, infatti, chiude sottolineando che “le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi stabiliti dalla legge”. La deroga è legittima, in ragione della gerarchia delle fonti dettata dal legislatore internazionale.50

Tra le motivazioni rassegnate, i giudici chiariscono che, ai sensi della Convenzione, non sono richiesti elementi di estraneità ulteriori rispetto alla legge regolatrice. Come già dimostrato, l’art. 13 della Convenzione va considerata una norma di chiusura volta a evitare situazioni di contrasto con i principi di ordine pubblico, che dovranno essere valutati caso per caso.

Infine, il Tribunale ha sottolineato l’inaccettabilità della corrente di pensiero che ritiene la Convenzione applicabile ai soli trusts esteri, ossia ai trust regolati dalla legge straniera che presentano elementi di internazionalità. Questo, come già detto, viola apertamente il principio di uguaglianza statuito dall’art. 3 della Costituzione.51

Per questi motivi, il giudice ritiene il trust, uno strumento giuridico per la disciplina di interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento e, quindi, liberamente usufruibile da qualsiasi cittadino.

Nel documento Il trust e le procedure concorsuali (pagine 38-40)