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sul Partenariato Trans-Pacifico

3.5 Conclusione: Molto più che un accordo tariffario

Prevedere gli effettivi risultati del Partenariato sulla produzione e sul mercato giapponese non è assolutamente compito semplice: solo il tempo potrà confermare o smentire tutte le opinioni che un accordo di tale livello ha generato e continua a generare tutt'ora.

Come è stato descritto, partiti politici (spesso divisi internamente dalla questione), studiosi, gruppi di settore e semplici cittadini hanno mostrato una considerevole varietà d'opinioni.

C'è chi osserva la questione da un punto di vista globale e asserisce che i benefici del TPP supereranno di molto persino le soglie previste dal governo, poiché gli investimenti e le esportazioni del nuovo commercio pacifico liberalizzato dal Partenariato daranno origine ad una spirale di produzione e scambio di idee tecniche che espanderanno la rete sociale ed economica dei Paesi membri come

79 Articolo dell'Asahi Shinbun aprile 2013, al link:

http://ajw.asahi.com/article/behind_news/politics/AJ201304130048

80 Articolo dell'International Business Times, maggio 2015, al link: http://www.ibtimes.com/trans-pacific-

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mai accaduto prima. Gli esiti non ancora calcolabili di questo più che positivo processo si declineranno in innovazione, vantaggi competitivi, creazione occupazionale, qualità del personale professionale e altro ancora.

Altri invece non sono d'accordo nel considerare i risultati dell'adesione al Partenariato in maniera così generale e focalizzano il dibattito sulle future conseguenze dell'accordo nei vari settori produttivi. Il TPP rappresenta un momento epocale nella storia del commercio e della produzione giapponese, un Paese tradizionalmente reticente all'importazione di beni esteri se non in casi di stringente necessità (le risorse energetiche sono senza dubbio l'esempio più rappresentativo). Il neonato accordo invece costringe il Giappone ad aprirsi ad un nuovo tipo approccio in cambio di vantaggi di altra natura e una simile apertura non può che riservare disorientamento nei vari sistemi nazionali (del lavoro, delle norme di origine, delle proprietà intellettuali e industriali, della sanità ecc..) e nelle aziende (soprattutto piccole e medie), non abituate a competere sullo stesso piano con imprese straniere. L'entità del cambiamento è percepibile anche dal fatto che il governo abbia aggiunto una cifra compresa tra i 3’000’000’000 e i 3’500’000’000 miliardi di yen al budget destinato all'anno 2015, di cui gran parte andrà a supportare le imprese agricole e le piccole e medie aziende in vista dei cambiamenti che il TPP comporterà.81

Ciò che va sottolineato però, è che i motivi per cui il Giappone ha deciso di aderire al Partenariato non si limitano all'aspetto puramente macroeconomico. Se è vero che le prime considerazioni sulla questione TPP sono state presentate dal Partito Democratico, è anche vero che l'accordo si è presentato al premier liberal democratico Abe come un'occasione irripetibile per scoccare la sua celeberrima "terza freccia". Le novità promesse dal Primo Ministro durante i suoi due mandati e raccolte sotto il nome di Abenomics, si concentrano sulla ripresa del Paese attraverso un piano tridimensionale: se le prime due frecce da mandare a segno trattano strettamente di politiche monetarie e fiscali, e tentano di combattere la forte deflazione che attanaglia il Giappone dalla metà degli anni novanta, la terza, quella della strategia per la crescita, presenta un raggio d'azione molto più vasto. In particolare, gli ultimi mesi del 2015 hanno assistito ad un'evoluzione della

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strategia attuata dal premier Abe, passato ad occuparsi più in dettaglio delle modalità di stimolazione della crescita. Il nuovo programma propone ancora una volta un piano d'azione a tre facce: aumento del PIL, potenziamento del sistema di supporto infantile (con l'obiettivo di portare il tasso di fertilità da 1,43 a 1,8) e miglioramento del sistema previdenziale. In questo scenario il TPP potrebbe sostenere il primo obiettivo attraverso un incremento delle esportazioni, nuove chance internazionali da proporre alle SME, e la possibilità di fare del Giappone una sorta di pacific hub approfittando della distensione delle norme sugli investimenti e della rinascita del commercio via mare.

In effetti il maggior pregio del Partenariato è proprio quello di ricollocare il Paese all'interno del contesto asiatico-pacifico e di restituirgli il ruolo di centralità che ha rivestito fino all'inizio degli anni novanta. Attraverso il processo di ridefinizione dell'architettura commerciale dell'area pacifica, il Giappone è stato in grado di recuperare interazione con le altre nazioni che la popolano, primi fra tutti gli Stati Uniti, Paese che attraverso una dimensione commerciale, diplomatica e militare, contribuirà significativamente al sostentamento della sua crescita.

La collaborazione con gli USA è stata certamente rinvigorita dal conferimento del ruolo di rule maker dell'accordo, dalla cessione di privilegi commerciali esclusivi e dall'accettazione di proposte fortemente desiderate dalla parte americana. Tali concessioni, disseminate in tutto il testo dell'accordo, sono di varia natura e comprendono campi e tematiche per cui il Giappone in passato non ha mostrato una particolare attenzione o in alcuni casi nessun tipo di interesse. Gli esempi sono molteplici: come già visto, il Paese non avrebbe mai pensato di scalfire il sistema tariffario dei Cinque Prodotti Sacri o di altri beni tangibili, eppure la direzione delle trattative lo ha costretto a farlo. Da riportare è poi la questione della risoluzione delle controversie tra investitori e Stati, argomento abbreviato in ISDS (Investor-State Dispute Settlement) cui il Partenariato dedica buona parte del capitolo sugli investimenti. In buona sostanza la pratica dà diritto ad un soggetto privato (più spesso un'impresa) a ricorrere giuridicamente contro provvedimenti dello Stato (detto "ospite") che dal suo punto di vista risultano discriminanti per gli scopi del suo business. Molte aziende statunitensi ricorrono al sistema dell'ISD per raggiungere i loro obiettivi o, nel caso in cui sia loro impedito di farlo, per ottenere

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cospicui risarcimenti, ma il Giappone pur avendone accettato l'inclusione nel Partenariato, non si è mai mostrato un Paese particolarmente incline alla sua acquisizione. Lo ha anche recentemente dimostrato escludendone la presenza nell'EPA con l'Australia. Ora che il TPP è stato concluso e che l'ultimo passo verso la ratifica sembrerebbe palese, le preoccupazioni sono rivolte a eventuali ricorsi contro il sistema sanitario nazionale e il settore dell'energia.

Ennesimo esempio è infine l'argomento della tesi presentata: i diritti di proprietà intellettuale e industriale. Come verrà analizzato nel prossimo e ultimo capitolo, le richieste statunitensi sono state molte e in alcuni casi fortemente controverse: da quanto emerge dal paragone tra le bozze trapelate durante le negoziazioni del TPP e il testo ufficiale pubblicato il 5 novembre 2015, alcune richieste sono state tralasciate, per altre si è preferito suggerire standard minimi, concedendo alle parti la libertà di applicare o meno le norme, e altre ancora sono state incluse con formule più o meno simili a quelle usate al momento delle prime proposte. Secondo molti studiosi e parte dell'opinione pubblica, tali nuove regolamentazioni potranno avere esiti negativi sul mercato giapponese e sul suo sistema sanitario nazionale, motivo per cui il dibattito sul capitolo dedicato alle proprietà intellettuali continua ad essere sulle pagine dei giornali giapponesi con cadenza quasi quotidiana.

Il Capitolo IV sarà dunque completamente dedicato alle possibili ripercussioni delle nuove norme sulle P.I. incluse nel Partenariato.

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Capitolo IV

Il contenuto del capitolo sulle P.I.