Il contenuto del capitolo sulle P.I e le sue implicazion
I. Periodo di tutela del diritto d'autore esteso a 70 ann
Come visto nel Capitolo I della tesi, in Giappone il diritto di proprietà per lavori protetti da copyright è di 50 anni dalla morte dell'autore, eccettuate le opere cinematografiche per cui la legge prevedeva un periodo di tempo di 70 anni già da prima del TPP. In realtà dal settembre del 2006, a seguito della richiesta da parte di 16 associazioni di settore, tra cui la Japan Writers' Association e la Japanese Society for Rights of Authors, Composers and Publishers (generalmente siglata con JASRAC)50 rivolta al Council for Cultural Affairs (文化審議会; Bunka shingikai), il Paese è stato animato da un acceso dibattito nazionale circa l'estensione a 70 anni anche per le altre tipologie di opere. Per meglio comprenderne gli effettivi vantaggi, l'avvocato Fukui ha incoraggiato la costituzione di uno specifico gruppo d'analisi, chiamato Forum per la Valutazione dell'Estensione del Periodo di Tutela del Copyright, abbreviato in Think C. L'opinione finale degli incontri del Think C., durati circa due anni, ha sconsigliato l'adozione di qualunque periodo di estensione oltre i 50 anni già previsti, ricevendo anche l'appoggio della Japan Federation of Bar Association. Alla fine il governo non ha accolto l'estensione del periodo, ma come già visto, nel 2012 ha rafforzato le misure antiviolazione.
Dati i precedenti, non stupisce che la norma riproposta nel 18° capitolo del TPP abbia ricevuto un'accoglienza tutt'altro che entusiastica. Secondo gli esperti le conseguenze sarebbero, o per meglio dire saranno, molteplici.
Una è senz'altro la drastica riduzione del materiale consultabile in archivi digitali come quello della Biblioteca della Dieta Nazionale, della NHK o della famosa biblioteca online Aozora Bunko (青空文庫); Ōkubo Yū, traduttore e
collaboratore di Aozora, spesso presente ai simposi organizzati dal Think TPP IP, ha più volte ribadito come tale perdita graverebbe sulla ricerca letteraria non solo giapponese ma internazionale, rendendo irraggiungibili quei testi caricati negli archivi digitali ormai difficilmente rintracciabili in formato cartaceo.51 Seppur
50 Articolo di IT Media News, settembre 2006, al link:
http://www.itmedia.co.jp/news/articles/0609/22/news086.html
51 La riflessione di Ōkubo è consultabile al sito Blogos, marzo 2015, al link:
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parzialmente amara, una consolazione sarebbe pensare che se anche impossibile beneficiare liberamente e gratuitamente del valore di quei testi, quantomeno i dovuti profitti che spettano all'autore potranno essere tramandati ai propri eredi; tuttavia, sebbene il discorso appaia semplice sul piano teorico, eccettuati i lavori di più grande successo, spesso ritracciare i discendenti degli autori cui destinare i profitti non è affatto facile, e anche nei casi in cui fosse possibile, contattare gli eredi di ognuno dei lavori uploadati rappresenterebbe un'operazione altamente costosa. Ovviamente, se i successori non sono rintracciabili, non solo non posso essere loro attribuiti i compensi, ma non è possibile neppure ottenere l'autorizzazione per nessun tipo di operazione sull'opera di cui mantengono i diritti. Per questi motivi moltissime opere si andrebbero ad aggiungere alla già lunga lista dei cosiddetti "lavori orfani" ("孤児作品"; Koji sakuhin), un problema riscontrabile in ogni nazione, ma che in particolar misura pare affliggere il mondo letterario giapponese. L'impossibilità di una consultazione libera e della cessione dei premessi, rende le opere in un certo senso "immobili", inutilizzate e improduttive sia dal punto di vista economico che da quello culturale, un fenomeno noto come Shizō Sakuhin ("死蔵作品", letteralmente "Opere letterarie
lasciate in magazzino a morire").
Inoltre, per quanto riguarda la questione dei profitti, recentemente sono stati condotti degli studi sulle capacità di redditività della letteratura giapponese e sulla sua variazione negli anni.52 Secondo queste ricerche la quasi totalità delle opere spariscono dal mercato entro i 50 anni dal decesso dell'autore (cioè non attraggono più acquirenti) e ad andare in ristampa dopo i 50 anni sono solo l'1,3%, che scende addirittura allo 0,87% per le pubblicazioni a 60 anni dalla scomparsa. In sostanza, almeno limitatamente al mercato letterario, l'estensione della tutela del diritto a 70 anni non produce considerevoli benefici per le famiglie degli autori.
Se questa la situazione del mercato interno, l'altra faccia della medaglia è quella degli scambi internazionali. Si tende generalmente a pensare che il Giappone sia un grande esportatore di opere di valore artistico (film, musica, anime, manga, videogame ecc...) soprattutto dagli anni ottanta dello scorso secolo.
52
FUKUI Kensaku, 「ネットの自由」vs。著作権、TPPは終わりの始まりなのか ("Internet libero" vs. Copyright, il TPP è l'inizio della fine?), Tokyo, 光文社, settembre 2012, p. 37.
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Ciò è innegabile, ma quello che va detto è che il Giappone al contempo è anche un importatore di alto livello degli stessi prodotti. La questione è stata affrontata nei simposi del Think TPP IP, per cui ci si è avvalsi dei dati forniti dalla Banca del Giappone; stando alle cifre della bilancia dei pagamenti, a quanto pare il Paese risulta essere in una condizione di forte "deficit" per quanto riguarda il mercato dei contents: le entrate da licenza d'uso per opere protette da copyright è nettamente inferiore al totale dei pagamenti emessi dal Giappone per l'utilizzo di materiale estero, un disavanzo che ammonta a circa 620 miliardi di yen all'anno.53
Le motivazioni per tali cifre sono principalmente due. Sebbene i lettori di manga e i fan di anime in tutto il mondo stiano indubbiamente aumentando, tra le opere coperte da copyright vanno ovviamente considerati anche software e banche dati, di cui gli USA sono i più grandi produttori a livello globale. Così come emerso nel Capitolo II della tesi, il Giappone non riesce a sostenere i livelli qualitativi offerti dal partner commerciale occidentale ed è quindi costretto a dipenderne pagando i diritti di utilizzo. Dunque, l'estensione del periodo di tutela del copyright vorrebbe dire prolungare il pagamento delle licenze di altri 20 anni, il che secondo molti esperti contrasta profondamente con l'idea di una "nazione fondata sul patrimonio intellettuale" così come pensata dal governo Koizumi nei primi anni duemila. La seconda motivazione è che le opere cinematografiche, letterarie, musicali, ecc... provenienti dagli USA e fruite dal Giappone sono sicuramente meno recenti (si pensi anche solo alle produzioni Disney, prolifiche già da prima della seconda guerra mondiale) e l'estensione del periodo di tutela garantirebbe agli autori statunitensi entrate effettive per altri due decenni; al contrario, le opere giapponesi sono senz'altro più moderne e ad oggi tale estensione non apporterebbe nessun sostanziale aumento di profitto per lavori i cui autori sono ancora in vita o scomparsi da una ventina d'anni - per esempio il "padre" del fumetto moderno, Osamu Tezuka, è scomparso appena nel 1989.
In quest'ottica il Giappone si troverebbe a perdere ancora una volta non solo in termini culturali come con le implicazioni sul mercato interno, ma anche in termini economici sul piano del commercio internazionale.
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