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Conclusioni: i benefici del processo

di Flaminia Cordani e Anna Grisi

FASE 2: Approfondire e proporre

6. Conclusioni: i benefici del processo

Spesso molti progetti promuovono la partecipazione di bambini/e ed ado- lescenti e li incentivano a condividere le proprie opinioni e punti di vista, ma difficilmente offrono l’opportunità di farle ascoltare a coloro che hanno il potere di decidere e sono in grado di tradurre le loro voci in un cambiamento

significativo. Ad esempio, le opinioni dei più piccoli spesso sono riportate dagli adulti ai policy maker oppure, quando sono presenti, i bambini e i ra- gazzi hanno un ruolo marginale e tokenistico12. Il modello del progetto Cui- dar assicura che le istituzioni responsabili a livello locale, _nazionale ed eu-

ropeo, ascoltino le voci dei partecipanti e le prendano in _seria considerazione

per migliorare la capacità di resilienza delle comunità.

La partecipazione di bambini/e e ragazzi/e nella gestione delle emergenze, infatti, è un tema ancora emergente e poco affrontato, nonostante ci sia una globale preoccupazione per la partecipazione delle comunità e dei minori nella riduzione del rischio di disastri, come espresso dal Sendai framework for disa-

ster risk reduction 2015-2030 e nelle politiche nazionali ed europee13.

È emerso dal progetto come ancora non vi sia chiarezza sul concetto di partecipazione, che resta inteso principalmente come informazione e coin- volgimento passivo e non come un processo di empowerment e un formale riconoscimento del ruolo di cittadini che bambini e adolescenti hanno.

Difficilmente i cittadini vengono coinvolti nei processi che incidono _sulle

loro vite, e soprattutto nella gestione delle emergenze, e lo stesso vale ancora di più per i bambini e gli adolescenti, per i quali questi argomenti sono con- siderati inappropriati e quindi fuori dal loro ambito di azione. _Inoltre, come

discusso nell’introduzione, non sono prese in considerazione le variabili so- cio-culturali e individuali come l’età, il genere, le disabilità, l’origine etnica, che, se considerate, spesso sono viste unicamente come punti di debolezza, che contribuiscono a rafforzare il concetto di _vulnerabilità.

Al contrario, quello che un percorso partecipato ha dimostrato è che bambini ed adolescenti sono molto interessati alla tematica del rischio e hanno espresso l’esigenza di essere preparati e quindi di essere a conoscenza dei comportamenti da adottare per proteggere se stessi, i propri coetanei, la propria famiglia, ma anche i più deboli, come i bambini più piccoli o i disabili e gli anziani. Inoltre, dal processo è emerso che per bambini ed adolescenti le emozioni rivestono un ruolo centrale nella gestione delle emergenze, vogliono comprenderle ed impa- rare a gestirle (es. la paura che potrebbe bloccarli in situazioni di emergenza). Per questo è importante ridisegnare gli strumenti pedagogici in uso negli attuali percorsi di preparazione all’emergenza e durante le esercitazioni di Protezione Civile, affinché tengano in considerazione anche questo aspetto.

12 Per maggiori dettagli sull’impatto della partecipazione si veda “Tu partecipi, io parte-

cipo” (Save the Children Italia, 2010, p. 23).

13 Il Sendai Framework è stato adottato dagli Stati Membri dell’Onu il 18 Marzo 2015

durante la Terza Conferenza Mondiale sulla Riduzione dei rischi da disastro (Third UN World Conference on Disaster Risk Reduction) a Sendai, in Giappone. Per maggiori informazioni v. http://www.unisdr.org/we/coordinate/sendai-framework per politiche nazionali si veda Co- dice della protezione civile decreto legislativo. n.1 del 2 gennaio 2018.

Il percorso del progetto Cuidar, dunque, ha messo in luce la necessità per i ragazzi di poter fruire di informazioni affidabili durante l’emergenza, che spieghino adeguatamente i rischi e che siano veritiere, semplici, accessibili e adeguate all’età. In particolare, gli adolescenti hanno espresso il desiderio di giocare un ruolo attivo per poter migliorare la comunicazione durante le si- tuazioni di disastro, ad esempio, attraverso la semplificazione di materiali di informazione destinati alla popolazione e l’uso delle nuove _tecnologie, stru-

menti a loro più familiari.

Il percorso ha permesso uno sviluppo della capacità di resilienza di bam- bini/e e ragazzi/e che hanno appreso informazioni chiave su cosa fare in caso di emergenza (dove andare, chi contattare e chi sono gli attori responsabili della gestione e risposta in emergenza), quali sono le misure di prevenzione e mitigazione che possono adottare, e hanno condiviso queste conoscenze con i loro compagni di scuola, i genitori e familiari. Hanno inoltre preso con- sapevolezza dei loro diritti, tra cui il diritto ad esprimere la propria opinione nelle decisioni che riguardano la propria vita.

Durante il progetto, è stato fondamentale mettere in contatto i ragazzi/e con il mondo adulto. La formazione su queste tematiche è un gioco di squa- dra che coinvolge attori diversi e complementari. La creazione di una rete di attori con lo stesso obiettivo è l’elemento più importante per _promuovere una

genuina partecipazione di bambini/e e ragazzi/e nella _riduzione del rischio

di disastri ed è altrettanto importante che gli adulti _riconoscano il ruolo di

“esperti” che i giovani hanno nel proprio ambito. In questo confronto con gli adulti, i bambini/e e i ragazzi/e hanno rafforzato la propria autostima e la fiducia in se stessi e hanno sperimentato il lavoro creativo e di ricerca, lo sviluppo di un pensiero critico e le tecniche di _comunicazione e presenta-

zione, aumentando così le proprie competenze.

L’organizzazione degli eventi, la conduzione delle discussioni e l’essere messi alla pari di esperti nel cercare soluzioni ad un obiettivo comune, _hanno

permesso un rafforzamento della sicurezza nelle capacità di bambini/e e ra- gazzi/e e della loro resilienza. In questo modo essi diventano anche cittadini attivi, in grado di riconoscere le criticità del proprio territorio e di intrapren- dere azioni volte a influenzarne le politiche allo scopo di creare comunità sempre più resilienti.

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6. Resilienza e periferia: consapevolezza del rischio