• Non ci sono risultati.

di Stefano Ancilli

4. Confronto tra le attività

Come detto in precedenza i due progetti partono da una base comune di contesto periferico, che in parte li accosta, ma dalla profonda differenza di essere stati svolti in ambiti molto diversi (scolastico ed extra scolastico).

I concetti affrontati sono stati tendenzialmente gli stessi ma il grado di coinvolgimento e di interazione molto differenziati a seconda del contesto in cui i ragazzi si trovavano. Nel Punto Luce la partecipazione è stata proattiva, il grado di interesse sempre vivo e alto e l’interazione tra i ragazzi, le inse- gnanti, gli educatori e il personale dell’Agenzia sempre molto elevata e in- centrata sullo scambio reciproco. Certamente questo è dovuto alla scelta delle tematiche da affrontare da parte dei ragazzi stessi e dal fatto che fossero proprio loro ad avere organizzato e richiesto la giornata con l’obiettivo chiaro di avere una maggiore consapevolezza dei rischi del loro quartiere.

In ambito scolastico l’interesse è stato più contenuto e anche il coinvol- gimento dei ragazzi limitato o comunque necessitante di continui stimoli e richiami. Purtroppo, l’attività è apparsa come imposta da una decisione dall’alto, e in realtà, a parte i ragazzi, quello che ha sorpreso di più è stato, in qualche caso, il poco interesse mostrato dai professori che accompagnavano le classi. Durante il lavoro di gruppo svolto a scuola, alcuni docenti erano concentrati su altre attività piuttosto che cercare di stimolare il ragionamento e l’interazione tra i ragazzi. Da questo punto di vista il ruolo degli educatori nel Punto Luce, invece, è stato determinante per far partire la discussione nei gruppi e per guidarla nella giusta direzione.

14 Come spesso avviene, l’utilizzo di immagini e video ha suscitato un’attenzione mag-

In parte i due progetti hanno avuto un andamento più simile se confron- tiamo l’attività del Punto Luce con la visita delle classi alla sede dell’Agen- zia. In ambiente esterno alla scuola, i ragazzi sono sembrati più rilassati e più attenti a trovare argomenti di interesse personale, ma il confronto può essere fatto solo parzialmente vista la differenza nelle attività svolte. Una maggiore attenzione è stata posta anche dal personale docente, forse re- sponsabilizzato dal portare i ragazzi all’esterno della scuola e anche per avere scelto di partecipare all’uscita, invece di essersi trovato coinvolto forzatamente nelle attività della prima giornata in quanto svolte durante le proprie ore in quelle classi.

Uno dei punti di forza dell’attività scolastica è però quello di avere una platea omogenea di ragazzi che si conoscono e sono alla fine di un percorso triennale. Le dinamiche all’interno dei gruppi erano consolidate, nonostante si trattasse di studenti di classi diverse, e le interazioni personali molto forti. Spesso durante il percorso in Agenzia i ragazzi si supportavano a vicenda nello svolgimento delle diverse attività, suggerendosi domande e _risposte.

Nel Punto Luce, la platea così eterogenea non ha permesso di svolgere attività specifiche secondo l’età quindi il livello di interattività dei ragazzi più piccoli o di quelli più grandi avrebbe potuto essere ridotto a causa di uno scarso interesse nello svolgere simulazioni considerate troppo difficili o troppo semplici. Per fortuna la presenza degli educatori ha ridotto al _minimo

questo rischio.

5. Conclusioni

Nonostante i due progetti presentino profonde differenze e, da alcuni punti di vista, non sia possibile paragonarli per trarre conclusioni univoche, hanno entrambi offerto una serie di spunti per correggere l’impostazione ge- nerale del percorso divulgativo che l’Agenzia sta mettendo in piedi.

Il primo aspetto da tenere in considerazione è cercare di pianificare le attività con un certo anticipo in quanto, soprattutto in contesto scolastico, è determinante cercare il coinvolgimento del personale docente nelle fasi pre- cedenti le attività. I professori coinvolti devono avere chiari gli obiettivi e i risultati che si vogliono ottenere in modo da svolgere alcune attività _prepa-

ratorie con i ragazzi che possano farli arrivare più preparati e più interessati. In questo senso sembra necessario inserire questo tipo di tematiche all’in- terno di un ambito disciplinare specifico. Il più adatto potrebbe essere quello delle scienze o della geografia, sia per le implicazioni territoriali che una reale emergenza può avere, sia per affrontare al meglio l’idea di resilienza che parte da richiami biologici e naturalistici.

Il secondo aspetto riguarda la progettazione di un percorso comune, sta- bilendo, oltre ai contenuti e alle attività da svolgere, anche la durata e il _ma-

teriale da utilizzare. Si è visto che la seconda giornata del progetto scolastico è quella che ha dato i risultati migliori, perché i ragazzi avevano già _acquisito

alcuni concetti di base. Inoltre, è determinante che il progetto _generale pre-

veda attività pratiche, possibilmente da svolgere anche all’aperto. La simu- lazione in aula ha dato buoni risultati in termini di lavoro e _dinamiche di

gruppo, ma il valore aggiunto dell’attività pratica e all’aperto è stato notevole perché ha stimolato il maggior numero di domande e di _risposte concrete. In

questo senso la progettazione di un percorso univoco dovrebbe richiamare i progetti svolti in ambito regionale dagli enti parco, almeno nell’impostazione pratica (Ancilli e Lo Re, 2010).

Il terzo aspetto riguarda invece il contesto sociale in cui le attività sono state svolte. In particolare, in grandi città come Roma, nelle quali la sicurezza dei cittadini è una tematica molto sentita, affrontare la gestione dei rischi e delle emergenze ha aiutato ad introdurre il concetto di autoprotezione, ma soprat- tutto si è tentato di cambiare la percezione che i cittadini hanno delle istitu- zioni. Il valore aggiunto è stato quello di mostrare come la protezione civile svolga il proprio lavoro e quali possano essere i limiti di un sistema burocra- tizzato che a volte rallenta gli interventi. In questo ambito si è puntato molto al ruolo determinante del volontariato, che oltre alla gestione delle emergenze vere e proprie, ha spesso un valore sociale che molti sottovalutano.

Gli ultimi aspetti sui quali ci si è concentrati sono infine quello della con- divisione e della consapevolezza. Il primo è la condivisione delle notizie e l’invito ad informarsi sempre di più su rischi, pericoli, emergenze e su cosa fare nel caso in cui ci si trovi coinvolti in questo tipo di eventi. Il _secondo

riguarda la consapevolezza che tutti possiamo essere utili ma che per affron- tare un’emergenza è necessario chiamare aiuto e rivolgersi a chi ha le com- petenze per affrontare la situazione.

Un’ultima considerazione riguarda poi la resilienza. Il concetto stesso ha assunto significati molto diversi a seconda della disciplina che lo utilizza. Misurare il grado di resilienza di una comunità significa valutare quanto e come gli individui e i gruppi sociali reagiscano ad un evento esterno (Azzi- monti et al., 2019). Questo tipo di valutazione riguarda, generalmente, un tempo variabile dall’evento che ha causato lo shock e, nel caso delle attività qui analizzate, è impossibile verificarne la fondatezza. L’obiettivo di aumen- tare la capacità di essere resilienti però è sembrato raggiunto sia per la mag- giore consapevolezza dimostrata da tutti i partecipanti, sia per la capacità mostrata da molti ragazzi di sapersi adattare a situazioni nuove, di sapere interagire con soggetti esterni e di avere la coscienza di poter costruire un nuovo futuro.

Come detto in precedenza le due attività sono state proposte in via _speri-

mentale, in attesa che l’Agenzia riesca a definire alcuni percorsi _didattico-

formativi strutturati. I feedback positivi ricevuti da professori ed educatori fanno pensare che le attività possano essere riproposte, con i _dovuti aggiu-

stamenti riguardanti alcuni contenuti e le tempistiche, per _creare percorsi da

1, 2 o 3 giorni, a seconda delle disponibilità e delle _esigenze. In particolare,

riguardo ai contenuti, qualche osservazione permetterà, nelle prossime occa- sioni, di avere una maggiore attenzione sulla realtà territoriale specifica nella quale si trova la struttura coinvolta.

Riferimenti bibliografici

AA.VV. (2017), Terremoto in Italia centrale: l’intervento di Save the Children, Save the Children Italia Onlus, Roma.

Ancilli S. e Lo Re A., a cura di (2010), Educare per l’ambiente. Percorsi didattici

nelle aree naturali protette urbane, Carocci, Roma.

Azzimonti O.L., Colleoni M., De Amicis M. e Frigerio I. (2019), Vulnerabilità so-

ciale e rischi ambientali. I risultati di una ricerca nella Regione Lombardia, in

Salvatori F., L’apporto della Geografia tra rivoluzioni e riforme. Atti del XXXII Congresso Geografico Italiano, A.Ge.I., Roma: 1215-1233.

Calandra L.M., González Aja T. e Vaccarelli A. (2016), L’educazione outdoor: ter-

ritorio, cittadinanza, identità plurali fuori dalle aule scolastiche, Pensamultime-

dia, Lecce-Brescia.

Gaillard J.C. e Mercer J. (2012), “From knowledge to action: Bridging gaps in dis- aster risk reduction”, Progress in Human Geography, 37, 1: 93-114.

Isidori M.V. e Vaccarelli A. (2013), Pedagogia dell’emergenza, didattica nell’emer-

genza. I processi formativi nelle situazioni di criticità individuali e collettive,

FrancoAngeli, Milano.

Lacalamita A. (2018), “Stranieri a Roma: stabile al 16,6% la percentuale di stranieri a Roma”, affaritaliani.it, disponibile al sito: www.affaritaliani.it/roma/stranieri- a-roma-stabile-la-percentuale-di-stranieri-a-roma-esclusiva-521149.html. Longobardi S. e Agasisti T. (2012), “Studenti resilienti: quando la famiglia ‘non

conta’. Un’analisi esplorativa della resilienza nella scuola italiana”, Statistica &

Società, Anno 1, 3: 19-22.

Proulx K. e Aboud F. (2019), “Disaster risk reduction in early childhood education: Effects on preschool quality and child outcomes”, www.sciencedirect.com/sci- ence/journal/07380593, 66: 1-7.

Terza parte