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di Rossella De Lucia e Thomas Gilardi

2. Un mondo plurale

In ambito didattico, ed educativo in generale, una delle difficoltà mag- giori è la conciliazione tra l’insegnamento/apprendimento di un sapere “unico” (o almeno condiviso) sul mondo e l’esperienza/apprendimento di di- verse versioni dello stesso mondo che lo rendono plurale. A tale proposito è utile ricordare che diversi autori hanno evidenziato come tutti i processi di

costruzione della realtà entrino a far parte della conoscenza: ad esempio, per percepire la ‘pendenza’ spesso è necessario percorrerla; così come per rico- noscere delle regole è necessario in buona parte inventarle. La comprensione e la creazione del mondo appartengono allo stesso processo e proseguono con lo stesso passo (Goodman, 1951).

L’insegnante deve tener presente che tale processo si sviluppa con modi diversi, ugualmente validi e spesso intercambiabili e contemporanei. Uno di questi modi è la composizione e scomposizione degli elementi. Il risultato di tali operazioni è spesso etichettato con dei termini, più o meno condivisi: siano essi fiume, montagna, foce, nebbia, periferia, commercio, guerra, Ue, ecc., la porzione di realtà a cui si sta facendo riferimento è il risultato di una composi- zione di elementi, anche i più diversi, e di una scomposizione di altri, magari molto simili (Gibson, 2014). Questo processo ne può comportare un secondo che implica il riconoscimento di un diverso grado di rilevanza degli elementi considerati. Infatti, due differenti comprensioni/creazioni del mondo non de- vono necessariamente presentare elementi diversi, ma possono semplicemente presentarsi secondo una diversa rilevanza. Dunque, diverse rappresentazioni dello stesso oggetto possono organizzarlo in modo differente a seconda delle categorie che si decide di utilizzare. Ad esempio, in una giornata di foschia e in una senza, l’umidità atmosferica è ugualmente presente in modo diversa- mente rilevante. Queste attribuzioni di rilievo non si presentano sempre in modo binario, ma producono più spesso delle gerarchie. Dunque, i mondi creati dagli studenti si possono differenziare per gli elementi considerati e per il grado di rilevanza attribuito a ciascuno di essi (Goodman, 1951).

Tuttavia, tali mondi possono differire anche per il loro ordinamento, che in realtà è necessario per comprenderne la complessità in termini percettivi e cognitivi. Questi ordinamenti prevedono sia la periodicità sia la prossimità, e possono cambiare a seconda delle circostanze e degli obiettivi. Inoltre, essi non sono osservabili nel mondo, ma sono costruiti per comprenderlo (Good- man, 1951). Ad esempio, per i colori è possibile usare una scala tintometrica, mentre per i suoni una scala audiometrica, ma di queste non troveremo al- cuna traccia nella realtà.

Il processo di comprensione e creazione del mondo in cui sono immersi gli studenti, dai più piccoli ai più grandi, è dunque il frutto di un adeguato ordinamento di composizioni e scomposizioni di elementi anche differenti ai quali sono stati attribuiti diversi gradi di rilevanza.

Tuttavia, è necessario constatare anche l’intervento di un’operazione di eli- minazione e integrazione, che interessa tutti i processi già citati. Infatti, sono innumerevoli gli esperimenti sulla percezione che dimostrano come esista una tendenza a riconoscere ciò di cui si suppone l’esistenza e a non riconoscere ciò che al contrario si crede impossibile (Gibson, 2014). A tale proposito è

sufficiente ricordare la massiccia integrazione prodotta dalla nostra mente nella percezione del moto continuo quando la nostra vista è interessata solo da una rapida successione di immagini statiche (il cosiddetto fenomeno Φ definito da Max Wertheimer già nel 1912). Mentre l’eliminazione si palesa quando in un punto panoramico non si percepiscono molti elementi di una veduta che non corrispondono al paesaggio che si ha intenzione di contemplare, siano essi linee dell’alta tensione o rumori di sottofondo. Infine, si ricordano tutti gli ef- fetti di distorsione (o correzione) già noti nel mondo della psicologia, per i quali in certe condizioni due linee curve tendono a diventare rette o angoli uguali tendono ad allargarsi o restringersi (Foglia, 2011).

Per quanto riguarda lo sviluppo di un approccio geografico della perce- zione uditiva, bisogna sottolineare come uno stesso fenomeno sonoro possa essere percepito in modo diverso non solo da più individui ma anche dallo stesso individuo, in relazione al suo stato del momento. Il suono, o meglio l’onda sonora, può essere considerata come fenomeno fisico, quindi misura- bile attraverso strumenti oggettivi: la durata, l’intensità, la frequenza e il tim- bro della vibrazione sono le quantità fisiche che rendono ogni suono diverso da un altro. Ma allo stesso tempo non si può prescindere dalla dimensione soggettiva ovvero da come ogni singolo ‘orecchio’ percepisce quell’onda, in modo più o meno intenzionale e consapevole e a seconda del suo stato psico- fisico-emozionale. Quando si prendono in considerazione i suoni, queste due componenti non possono essere analizzate separatamente. In generale si può arrivare ad affermare che quando l’onda sonora è percepita dal soggetto come negativa per il suo stato di benessere, si usa il termine “rumore” in quanto suono non desiderato, né considerato piacevole, né di qualche utilità (come mezzo di trasmissione di informazioni).

Partendo da quest’ultima considerazione, è importante riflettere su come i suoni, così come li percepiamo, abbiano un ruolo determinante nella costruzione del mondo che ci circonda. In questo senso fondamentale è stato lo studio dei paesaggi sonori o soundscapes da parte di M. Schäfer sin dagli anni settanta del secolo scorso. «La definizione di paesaggio sonoro rappresenta una categoria generale e include sia l’ambiente sonoro che cir- conda un soggetto, sia le relazioni che un individuo costruisce con esso, in base alla propria sensibilità ed educazione, ponendo così in posizione cen- trale la questione dell’ascolto» (Laghezza, 2013, p.71). Ma il nostro “ascolto” purtroppo non sempre è educato in tal senso, sia nella vita quoti- diana che in quella scolastica, e infatti oggi si tende a trascurare quanto l’udito sia significativo nella costruzione e comprensione della realtà che ci circonda, nonostante lo stesso Schäfer ci ricordi come l’orecchio sia un veicolo di percezione costantemente attivo, l’ultimo organo ad addormen- tarsi e il primo a risvegliarsi (Schäfer, 1985).

Senza avere l’intenzione di esaurire i modi in cui gli studenti e i loro _do-

centi comprendono e creano il mondo quotidianamente, è stato ritenuto op- portuno ricostruire almeno il quadro di riferimento concettuale entro il quale le attività didattiche che seguono sono proposte.