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Conclusioni prima parte

Nel documento 1 Tesi di dottorato (pagine 157-162)

CAPITOLO VI ANALISI DEI CASI

6.4 Conclusioni prima parte

In questa prima parte sono state analizzati la composizione del campione, l’esistenza o meno di una forma di capitale sociale transfrontaliero e l’andamento dei tre forum nella loro totalità. L’analisi dei dati, suddivisa tra rispondenti italiani e sloveni, è servita a comprendere che esiste una forma potenziale di comunità, determinata e unita dal vivere in un luogo particolare come quello che si trova lungo un confine. Questi elementi serviranno, in un secondo momento, per capire quanto e come l’organizzazione e la gestione dei forum possa aver influito sulle risposte.

Per quanto riguarda la composizione del campione, dai grafici si può osservare che la maggior parte dei partecipanti lavorano in ambito pubblico, sia come dipendenti sia come consulenti; hanno partecipato, inoltre, docenti, dipendenti di associazioni di categoria e liberi professionisti, attività che richiedono un elevato livello di scolarità.

Hanno risposto ai questionari anche un operaio, uno studente, alcuni agricoltori/allevatori, e questo denota una certa apertura dei processi partecipativi transfrontalieri a tutti i ceti sociali. In generale tra i partecipanti vi è una forte omogeneità per quanto concerne il livello di istruzione e l’attività svolta.

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Elemento particolarmente rilevante, poiché determina alcuni fattori di differenza nelle risposte tra cittadini italiani e cittadini sloveni, sono gli appartenenti alla minoranza slovena (24.7%), i quali, pur essendo cittadini italiani e residenti in Italia, hanno forti legami culturali e relazionali con la Slovenia, fungendo così da ponte tra le due parti del confine (Gasparini: 1992). Tra i cittadini sloveni che hanno risposto non vi era alcun appartenente alla minoranza italiana, probabilmente perché essa si trova localizzata in aree più a sud, nella zona litoranea della Slovenia, rispetto alle aree in cui si sono svolti i progetti: Valli del Natisone, Torre e Collio, Goriziano e Carso triestino.

Dal punto di vista della provenienza si può constatare che i rispondenti sloveni hanno una maggiore omogeneità territoriale, abitando per lo più a ridosso del confine, a differenza dei rispondenti italiani, infatti, se la maggioranza di essi proviene dalla fascia entro i 15 Km, una buona percentuale risiede in una fascia oltre i 20 Km. Anche questo elemento potrebbe essere un fattore di influenza delle risposte, poiché, come già anticipato, è proprio lungo la fascia del confine che vengono maggiormente accentuate le differenze, ma è anche la fascia in cui la quotidianità porta ad un maggiore contatto e conoscenza dell’altro.

Il campione è composto da persone attive anche al di fuori della vita lavorativa: molte praticano diversi hobby, dallo sport ad associazionismi di varia natura, attività culturali, volontariato sociale ecc… di cui alcuni svolgono funzioni direttive o come membro del direttivo o come presidente di qualche associazione. Questa variabile è ritenuta fondamentale per riconoscere l’esistenza di capitale sociale frontaliero, quando i rispondenti fanno parte di associazioni situate sul proprio territorio nazionale e transfrontaliero, quando vi sono legami con associazioni poste oltre il confine, come nei casi rilevati dal questionario.

Alcuni rispondenti, sia italiani che sloveni, ricoprono cariche elettive in particolare quella di consigliere comunale, ma vi sono anche alcuni che ricoprono la carica di sindaco e/o assessore, altro elemento che evidenzia la particolarità del campione.

Buona parte dei rispondenti, inoltre, ha già preso parte ad altri progetti Interreg, soprattutto nella parte slovena, o ha già partecipato ad altri tipi di processi partecipativi nella parte italiana, quali Agenda 21 o a qualche Piano di gestione realizzato con la modalità dei forum; questi elementi dimostrato che il campione è fortemente caratterizzato e che certamente non può rappresentare la totalità di una popolazione, sia da un punto di vista quantitativo, a causa del numero esiguo dei rispondenti, sia da un punto di vista qualitativo per le caratteristiche intrinseche dei partecipanti.

Le domande del questionario, che mirano a comprendere la possibile esistenza di un capitale sociale transfrontaliero e quelle più strettamente legate all’analisi dei processi partecipativi dei tre progetti, evidenziano un diverso approccio alle risposte da parte dei rispondenti italiani e dei rispondenti sloveni. Questi ultimi propendono, tranne in alcuni casi, a rispondere in modo più cauto, tendendo verso la parte moderata delle risposte e, in alcuni casi, verso l’aspetto negativo. Questo atteggiamento può essere collegato a diversi elementi di cui però in questa tesi non è possibile che fare delle congetture, le diverse risposte possono essere il risultato di maggiori aspettative da parte degli sloveni verso questo tipo di progetti e

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processi, oppure possono essere ricollegate all’omogeneità territoriale legata alla provenienza dall’area più strettamente a contatto con il confine, potrebbe essere un elemento culturale, ossia un approccio in genere più cauto nei giudizi rispetto agli italiani, di cui però non vi è alcuna prova per poterlo affermare o possono essere motivazioni di altra natura che solamente una ricerca futura potrebbe identificare.

Le considerazioni che se ne deducono pongono alcuni quesiti relativi alla valutazione dei processi partecipativi, che, per alcuni versi, sembrano non avere raggiunto in modo totalmente positivo gli obiettivi prefissati di migliorare la fiducia reciproca, il rispetto, la cooperazione ma soprattutto di giungere a decisioni soddisfacenti per ambedue le parti.

Nella parte del questionario che cerca di comprendere l’esistenza di una forma di capitale sociale transfrontaliero, gli elementi salienti riguardano le risposte relative alla domanda sulle similitudini percepite dai rispondenti tra le due parti del confine. Anche se le medie non sono particolarmente alte, essi, oltre ad individuare similitudini legate al paesaggio, indicano con qualche punto sopra la media similitudini di carattere culturale, ad indicare la consapevolezza dell’esistenza di valori comuni di riferimento. Assolutamente dissimili, invece, le due parti del confine lo sono dal punto di vista amministrativo e, sebbene un po’ meno, dal punto di vista economico, elementi questi che creano non pochi problemi alla concretizzazione dei progetti.

I rispondenti sono più convinti della possibilità di gestire congiuntamente alcune situazioni, culturali e naturalistiche le medie, infatti, sono abbastanza alte anche se non altissime. Meno disponibili sembrano alla gestione comune delle attività economiche, ad indicare che mettere le mani sull’economia, come sul portafoglio, è sempre complicato. Comunque, come dimostrano in seguito i dati relativi alla possibilità di norme comuni e di associazioni transfrontaliere per lo sviluppo economico e per la tutela della natura, i rispondenti si sentono pronti ad un ulteriore passo verso una maggiore integrazione, mettendo in evidenza che una potenziale comunità transfrontaliera esiste e che quindi si potrebbe lentamente procedere ad una armonizzazione, per quanto possibile, dei sistemi normativi locali, obiettivo questo che si prefigge anche l’eventuale GECT del goriziano Euregio.

L’aspetto linguistico gioca un ruolo fondamentale in relazione alla possibilità di individuare una forma di “capitale sociale transfrontaliero”, se tra le due parti ci fosse la totale impossibilità di comunicare sarebbe davvero difficile ritenere possibile un grado in integrazione e di cooperazione così forte da unificare le aree a ridosso del confine. Da una prima analisi emerge che i rispondenti italiani sono più capaci di parlare e comprendere lo sloveno di quanto non facciano gli sloveni con la lingua italiana, ma in realtà tali dati sono influenzati dalla presenza della minoranza slovena, che ovviamente parla e comprende la lingua madre molto più degli italiani non appartenenti alla minoranza. Pertanto dal confronto delle percentuali tra italiani, non appartenenti alla minoranza slovena, e sloveni emerge che questi ultimi conoscono la lingua italiana meglio di quanto non accada al contrario. Certo è che per una migliore cooperazione tra le due parti del confine una maggiore conoscenza delle due lingue da parte degli abitanti sarebbe auspicabile.

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Riguardo alla fiducia, elemento fondamentale nelle teorie sul capitale sociale e nelle teorie relative alla cooperazione che si legano a questo aspetto, i rispondenti italiani ritengono più importante la fiducia nei partecipanti ai forum rispetto agli sloveni per quanto riguarda l’attivazione di progetti comuni. I rispondenti sloveni, al contrario, danno un po più peso alla fiducia nelle istituzioni, peso determinato, probabilmente, dal maggior grado di fiducia nelle istituzioni del proprio Paese. La fiducia reciproca non compare tra i problemi di rilievo che si sono verificati durante i forum, solo pochi rispondenti, per lo più di nazionalità slovena hanno indicato questo elemento, la risposta generale è determinata dalla diffidenza che caratterizza il porsi a confronto con chi non appartiene alla stessa nazione: diffidenza che è già stata superata nel corso degli anni dalla maggioranza dei rispondenti al questionario. Questo risultato può essere in parte attribuito a molteplici fattori tra i quali anche la precedente partecipazione a progetti di cooperazione transfrontaliera.

Le reti parentali ed amicali tra le due parti del confine esistono e sono attive tra i rispondenti, buona parte dei quali afferma, infatti, di avere parenti e/o amici dall’altra parte del confine e di frequentarli spesso o raramente, comunque di frequentarli. In modo particolare le reti sono più forti per gli appartenenti alla minoranza slovena.

Tra i motivi che spingono i rispondenti a recarsi oltre confine c’è al primo posto il turismo ed al secondo posto le attività culturali, che tornano come elemento di unità tra le due parti, ci sono poi lo sport, lo shopping ed il lavoro, quest’ultimo riguarda soprattutto gli italiani che però si recano oltre la frontiera meno degli sloveni. Il confine, inteso come linea di separazione, sembra, quindi, lentamente dissolversi nella possibilità di svolgere le attività quotidiane in entrambi i lati della frontiera,

Alla domanda relativa all’utilità dei progetti transfrontalieri i rispondenti rispondono che li ritene utili soprattutto ad incrementare la conoscenza e la fiducia reciproca e lo sviluppo culturale, assai meno utili per quanto riguarda gli elementi “hard” della cooperazione, ossia lo sviluppo economico ed il miglioramento della gestione congiunta dell’area. Queste risposte indicano un elemento di debolezza nella cooperazione, che non va a toccare gli elementi più sensibili dello sviluppo di un’area.

Il questionario poneva inoltre una domanda relativa al concetto di transfrontalierità che per lo più viene identificato in generale con il concetto di cooperazione, anche se una parte non marginale dei rispondenti lo associa ad un modo di essere e ad un modo di vivere, quindi ad un atteggiamento verso il confine e verso ciò che si trova oltre confine.

Dalle risposte date si può dedurre che una forma di capitale sociale tra le due parti del confine esiste e che quindi esiste anche una potenziale comunità transfrontaliera. Si può, perciò, puntare sulla cooperazione intesa a rafforzare il senso di appartenenza ad una comunità che, al di qua e al di là della linea di confine, ha caratteristiche peculiari comuni rispetto al resto dei rispettivi territori nazionali. Altro obiettivo che si deve raggiungere è una maggiore armonizzazione del sistema normativo, dei servizi, in sinergia tra le parti economiche, per lo meno a livello locale.

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Il 44,8% dei partecipanti ha preso parte al progetto “Distretto del Carso”, il 36,8% a “Transland” ed il 31,0% a “Comunicare senza confini” altro dato rilevante è che percentualmente hanno risposto relativamente ai progetti “Distretto del Carso” e Transland” più sloveni che italiani, a differenza del progetto “Comunicare senza confini”.

La domanda relativa ai problemi emersi durante gli incontri partecipativi è stata utilizzata per non porre domande dirette del tipo: “quanto si è fidato dei partecipanti ai forum?” o “ha avuto difficoltà linguistiche?” alle quali i rispondenti potevano essere indotti a dare risposte socialmente accettabili .

Sono stati decisamente molti 70,2% a ritenere che durante gli incontri ci siano stati dei problemi, in particolre tra i rispondenti italiani, causati dalle differenze politico amministrative tra i due paesi e da situazioni diverse di carattere economico. E’ evidente che i partecipanti conoscevano o sono venuti a conoscenza durante i forum delle differenze tra i due Paesi e che hanno pertanto acquisito nozioni sull’altro e sui problemi relativi alla cooperazione. La conoscenza delle problematiche è sicuramente un punto di partenza per giungere ad una soluzione.

Per i rispondenti la lingua non ha costituito un problema, soprattutto per i rispondenti italiani, probabilmente grazie alla presenza della minoranza slovena, anche la fiducia e la conoscenza reciproca non è stata vista come problematica: questi due elementi rafforzano l’ipotesi dell’esistenza di una comunità transfrontaliera efficiente ed efficace. Anche se i rispondenti sloveni evidenziano qualche perplessità su questi punti.

La collaborazione, che si è venuta a creare durante i forum, ha riguardato soprattutto le attività culturali e la tutela della natura, meno l’economia, i servizi e le infrastrutture.

A parere dei rispondenti sono state poche le persone che hanno cercato di trarre vantaggio personale durante i forum, pertanto c’è stato un atteggiamento collaborativo tra i partecipanti.

Durante i forum, per la maggioranza sono state spesso rispettate tutte le posizioni, anche se i rispondenti sloveni hanno risposto con forza che vi è stato rispetto solo qualche volta e mai sempre, a denotare che si poteva fare meglio nella gestione dei forum; gli italiani ne danno, in generale, un giudizio più positivo. Come già evidenziato questo diverso atteggiamento tra rispondenti italiani e sloveni è presente in quasi tutte le risposte. Le risposte alla domanda se sono stati rispettati tutti gli interessi, prese nel loro insieme, evidenziano che questo è un elemento critico del processo partecipativo. Il rispetto reciproco fortunatamente non è mai mancato con qualche differenza tra italiani e sloveni, i primi più positivi e i secondi più moderati nelle risposte. Tra i rispondenti, italiani e sloveni, si è creato un certo spirito di solidarietà, la domanda in particolare poneva l’attenzione sulla solidarietà tra coloro che parlano lingue diverse, nelle risposte si avverte comunque un senso di disagio, soprattutto da parte slovena, se ne deduce anche qui che i processi sono stati un po’ carenti nel rafforzare questo elemento.

Italiani e sloveni sono d’accordo per la maggioranza che c’è stato sufficiente vantaggio per tutte le parti coinvolte ma anche qui per qualcuno dei rispondenti di entrambe le parti ci sono state aspettative deluse.

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La stessa considerazione può essere fatta per la soddisfazione per le decisioni prese che solo in minima parte ha appagato le attese.

Anche le risposte date alla domanda sul cambio di opinione relativamente alla cooperazione transfrontaliera dopo i forum evidenziano aspetti diversi: tra coloro che hanno motivato le risposte in negativo, cioè che non hanno cambiato opinione, molti sono coloro che sottolineano le troppe differenze, gli interessi delle singole parti da tutelare, la diffidenza e i problemi politico amministrativi.

Tutti coloro che hanno risposto, inoltre, rilevano l’importanza della discussione, del trovare soluzioni comuni a problemi simili, del dialogo fra le parti.

In conclusione si può dire che, poiché le persone che hanno partecipato ai forum già possedevano in maggioranza un atteggiamento positivo nei confronti della cooperazione, che avevano già conoscenze relative ai progetti Interreg e che esiste una forma embrionale di “capitale sociale transfrontaliero” che potrebbe concretizzarsi nel rafforzamento della comunità “di confine”, i processi partecipativi in generale, non sono stati del tutto soddisfacenti poiché alle variabili individuate è sempre stato dato un giudizio per lo più moderato, non sono stati però nemmeno totalmente negativi poiché a nessuna domanda è stato risposto in modo fortemente contrario. Ciò che va compreso, quindi, è se i partecipanti hanno dato le medesime risposte a tutti e tre i tipi di progetti allo stesso modo o se la diversa modalità di organizzazione e gestione dei forum ha influito sulle risposte.

Nella parte che segue metterò a confronto i tre progetti, che, come abbiamo visto nella parte descrittiva, sono stati organizzati e gestiti in modo diverso, per capire quale abbia funzionato meglio e quale peggio e per capire quanto e come la gestione dei processi partecipati può influire sull’aumento della cooperazione.

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