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La Cooperazione Transfrontaliera

Nel documento 1 Tesi di dottorato (pagine 79-84)

CAPITOLO IV - ITALIA-SLOVENIA UN CONFINE LABILE

4.6 L’Europa, la cooperazione transfrontaliera e le regioni di confine .1 Regioni di confine

4.6.2 La Cooperazione Transfrontaliera

La cooperazione transfrontaliera si pone come forma particolare delle relazioni internazionali nelle aree a ridosso della frontiera.

La cooperazione transfrontaliera tra autorità locali e regionali costituisce un’azione fondamentale dell’Unione Europea al fine di promuovere la stabilità democratica e i rapporti di buon vicinato tra Stati, Regioni ed enti locali, la democrazia, la preminenza del diritto, il rispetto dei diritti umani, tra cui i diritti delle minoranze e la preservazione della diversità culturale. Per il Consiglio d’Europa rappresenta una missione politica fondamentale, che deve essere realizzata a livello regionale e locale, in partenariato con gli

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organi nazionali in ogni area geografica, (Karl-Heinz Lambertz 2009) 36essa è in grado di favorire l’integrazione europea, lo sviluppo della coesione sociale e territoriale, l’attiva partecipazione di tutti i cittadini e il dialogo interculturale.

Il documento Europeo di riferimento è la “Convenzione-quadro sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività e autorità territoriali”, entrata in vigore il 22 dicembre 1981. Con tre protocolli successivi che via via ne rafforzano il significato.

“La Convenzione tende ad incoraggiare ed agevolare la conclusione di accordi tra regioni e comuni, al di qua ed al di là delle frontiere, nei limiti delle loro competenze. Tali accordi potranno riguardare lo sviluppo regionale, la protezione dell'ambiente, il miglioramento delle infrastrutture e dei servizi pubblici, etc e potrebbero includere la creazione di associazioni o consorzi di comunità transfrontaliere”.

In considerazione della varietà dei sistemi giuridici e costituzionali degli Stati membri del Consiglio d’Europa, la Convenzione offre una gamma di accordi-modelli che consentono alle comunità regionali e comunali nonché agli Stati di collocare la cooperazione transfrontaliera nell'ambito che maggiormente ritengono opportuno.

Ai sensi della Convenzione, le parti s’impegnano ad eliminare le difficoltà di ogni ordine che possono impedire la cooperazione transfrontaliera, ed a garantire alle comunità locali coinvolte in una cooperazione internazionale gli stessi vantaggi di cui avrebbero goduto in un contesto puramente nazionale (Karl-Heinz Lambertz 2009) Lo strumento finanziario per eccellenza è il programma europeo Interreg, attualmente alla sua IV programmazione.

La cooperazione transfrontaliera nasce dal riconoscimento reciproco di condizione di territorio di confine o di frontiera, periferico rispetto al centro dello stato nazione da cui nasce la necessità di superare le divisioni nate dalla definizione della linea di confine, anche perché nella maggioranza dei casi le due parti del confine si trovano a dover affrontare i medesimi problemi. Da ciò deriva la necessità di relazionarsi con l’altra parte per attuare processi collaborativi di sviluppo economico, di tutela dell’ambiente di pianificazione territoriale e di condivsione di servizi. In fatti ciò che accomuna le due parti del confine è proprio un legame che nasce dalla posizione geografica, dalla storia, dalla cultura, da legami economici e sociali oltre che linguistici. È proprio nelle regioni di frontiera che l’Unione Europea trova la sua massima realizzazione ossia nel superamento dei confini al fine di ricomporre fratture causate dalle due guerre mondiali. Fratture che possono avere diverse forme e diversi gradi37 “Essa deve inoltre essere caratterizzata da fatti concreti,

36 Karl-Heinz Lambertz (2009) Relazione - Cooperazione transfrontaliera in Europa, Consiglio d’Europa su http://www.espaces-trasfrontaliers.org

37 In Gasparini A (a cura di) (2010) Cooperazione transfrontaliera e interterritoriale in Europa, ISIG Istituto di sociologia internazionale di Gorizia – Gorizia vengono individuate quattro tipi di fratture: la prima potremmo definire di maginalità, la seconda di carattere politico, la terza di natura ideologica, sociale ed economica e la quarta data dall’assimilazione forzata delle minoranze nazionali

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sostenuta da politiche che promuovono la conoscenza reciproca, per eliminare stereotipi, per de-nazionalizzare la storia e porre enfasi su una comprensione empatica della gente” (Gasparini 2010: 5)

La realizzazione di azioni congiunte dipende da diverse variabili: le condizioni strutturali di un territorio, l’orientamento alla cooperazione degli attori locali, la struttura giuridica ed amministrativa del territorio nazionale.

La cooperazione transfrontaliera si sviluppa in diverse fasi: lo scambio di informazioni che porta all’approfondimento della conoscenza reciproca al fine di superare stereotipi ed avviare partenariati, la consultazione durante la quale si consolidano i partenariati attraverso una costante consultazione reciproca sulle azioni da avviare lungo l’area di confine, la cooperazione è la fase in cui si opera concretamente con la controparte, l’armonizzazione è il tentativo di rendere omogenee le due parti del confine e l’integrazione fase in cui si realizza un territorio unico.(Gasparini 2010: 6)

Nelle prime fasi della cooperazione transfrontaliera gli incontri tra le istituzioni locali avviene in modo informale permettendo una conoscenza reciproca e l’analisi dei problemi dell’area di confine in questione. Nelle fasi successive bisognerebbe giungere all’istituzione di una struttura permanente di cooperazione tecnico-politico come ad esempio un tavolo permanente di consultazione al fine di rendere stabili gli scambi di informazioni e le linee di cooperazione, per giungere mano a mano alla realizzazione di un’istituzione transfrontaliera vera e propria che faccia riferimento ad un’area ben identificata alla quale dare una denominazione comune. Nella realizzazione del partenariato è importante che via via ci sia un coinvolgimento di tutti gli ambiti della società civile. Negli ultimi 10 anni si è assistito infatti ad un aumento delle tecniche volte a favorire una maggiore partecipazione da parte dei cittadini come beneficiari finali e dei portatori di interesse ai processi di creazione di scenari futuri di sviluppo dell’area.(Gasparini 2010:32) Dalla programmazione 2000-2006 l’Unione Europea ha puntato molto alla partecipazione dei cittadini nei processi di programmazione e progettazione un esempio ne è il “Libro bianco sulla governance (2001).

Dal punto di vista operativo solo dopo che c’è stato un riconoscimento reciproco degli attori e l’identificazione chiara dell’area dei soggetti istituzionali che ne determinano le dinamiche socio-economiche, dei suoi problemi e delle sue potenzialità si potrà iniziare a ragionare sulle azioni congiunte da intraprendere.

La cooperazione deve diventare una pratica condivisa, costante nel tempo, nella formulazione di strategie, deve ambire al massimo coinvolgimento della società civile e alla costruzione di una cultura di lavoro comune, deve dotarsi di un’organizzazione stabile dotata di risorse ed infine deve produrre strategie sostenibili ed includibili nelle politiche regionali e nazionali. (Gasparini 2010:9)

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Il valore aggiunto della cooperazione transfrontaliera si presenta in diversi ambiti38 tra questi vi sono delle dimensioni di interesse per questo lavoro tra cui la conoscenza reciproca, la promozione della democrazia partecipativa locale e lo sviluppo e la conoscenza della regione transfrontaliera e la sua diffusione.

Non sempre però la cooperazione si realizza linearmente seguendo le fasi sopra descritte poiché dipende da molti fattori: dalla volontà e possibilità delle amministrazioni locali di cooperare, dalla fiducia reciproca, dall’esistenza di stereotipi negativi, dalle barriere linguistiche ecc. Altro problema della cooperazione transfrontaliera è che molto spesso non essendoci un organo o un ente riconosciuto dedicato alla pianificazione della strategia di sviluppo dell’area transfrontaliera i fondi provenienti dall’Unione Europea vengono dispersi in una serie di progetti che non hanno alcuna visione comune ma che nascono da esigenze e da idee estemporanee risultando poi poco o per nulla sostenibili una volta terminati i finanziamenti europei. La cooperazione transfrontaliera tra Regione Friuli Venezia Giulia e Slovenia è stata negli anni molto attiva, con la realizzazione di numerosi progetti ed accordi, in particolare le autorità locali risultano più attivi nel cooperare con le loro controparti in particolare nell’ambito ambientale e della promozione delle risorse economiche, anche se nessuno studio attualmente è ingrado di quantificare l’impatto dei progetti transfrontalieri sul territorio. (Gasparini, Del Bianco 2008: 58)

4.6.3 L’Euroregione

Un concetto si è imposto in capo all’argomento della cooperazione transfrontaliera, ed è quello di “Euroregione”.

Per definire l’Euroregione, ci avvaliamo della descrizione che di questo concetto danno, rispettivamente, l’Associazione delle regioni di frontiera europee, e l’ISIG di Gorizia.

La prima, con tale termine intende:

- una associazione formata da autorità locali e regionali su entrambi i lati del confine nazionale;

- una associazione transfrontaliera con segretariato permanente e con un gruppo tecnico e amministrativo dotato di risorse proprie;

- una associazione di diritto privato basata su associazioni non-profit o fondazioni presenti presso i due lati del confine;

- o, ancora, una associazione di diritto pubblico basata su accordi interstatali.

Quanto all’ISIG, questo Istituto vede l’Euroregione come un’associazione che rappresenta la forma più istituzionalizzata di cooperazione transfrontaliera, senza proporsi come un nuovo livello istituzionale. Essa costituisce un’interfaccia per il coordinamento e la promozione di attività attinenti alla collaborazione transfrontaliera (cfr. Del Bianco 2009: 80). Tali principi cardine emergono altresì chiaramente dalla Guida pratica alla cooperazione transfrontaliera elaborata dalla Comunità di Lavoro delle Regioni Europee di

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Confine (AGEG) in collaborazione con la Direzione Generale Politica Regionale (DG REGIO) della Commissione UE, che ne definisce organizzazione, metodo di lavoro e contenuti della cooperazione (cfr. Gabbe 2007: 16-18).

Le Euroregioni, a seconda delle funzioni possono essere suddivise in tre tipi (Gasparini,Del Bianco 2008:88-89)

- l’Euroregione transfrontaliera: svolge una funzione di cooperazione di punti e realtà contigue tra loro e intorno al confine,

- l’Euroregione delle reti funzionali svolge una funzione di cooperazione tra attori distinti tra loro, ma uniti in una rete di scambi di risorse e relazioni, l’area di interesse è pertanto più vasta della precedente,

- l’Euroregione delle macro infrastrutture, composta da diverse regioni frontaliere, ha la funzione di dare centralità a tali aree mediante la dotazione di macro-infrastrutture viarie, tecnologiche ecc.. Quanto allo svolgimento e alla facilitazione delle proprie attività di cooperazione, l’Euroregione può costituire un GECT, ossia un Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale che ha il vantaggio di rendere l’euroregione più snella e meno dipendente ai limiti degli stati di appartenenza. (cfr. più avanti).

Per quanto riguarda l’Italia, essa non ha sottoscritto alcun trattato bilaterale con la Slovenia riguardante la creazione di una Euroregione e pertanto non ha dato vita ad alcun organismo di tale natura (per lo stato attuale dell’arte cfr. prossimi paragrafi)39

. Più a monte, va considerato come la costituzione di una Euroregione implichi che vengano affrontati e risolti alcuni punti critici relativi al rapporto fra Stato e Regioni, che non risultano chiari stando alla riforma costituzionale del 2001 (legge n. 131/2001). Quanto a uno dei possibili partner dell’Italia, la Slovenia, ricordiamo inoltre che questo Stato non ha al suo interno un’articolazione in governi regionali o sovracomunali40

, e ciò collide con le entità territoriali previste dal Protocollo addizionale per la formazione di Euroregioni (Coen 2007: 22).

Nonostante ciò, l’Italia può avvalersi di un altro strumento cooperativo comunitario in linea con la tipologia di Euroregione, che è il GECT. La costituzione di un GECT permetterebbe all’Italia di superare gli ostacoli posti dalla normativa su Stato-Regioni sull’esercizio del potere estero, dal momento che tale iniziativa rientra nelle competenze regionali in materia di attuazione del diritto comunitario. Inoltre, il Regolamento comunitario riguardante i GECT prevede che anche gli Stati possano essere coinvolti nella stipula di tali accordi, e in tal modo si aprirebbe la strada alla collaborazione con la Slovenia (Coen 2007: 23).

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L’Italia non ha ratificato alcun protocollo aggiuntivo alla Convenzione di Madrid del 1985 e al protocollo aggiuntivo del 1995, e questo ha creato un ostacolo alle Regioni nella potenziale attivazione di cooperazioni transfrontaliere strutturate (Bramanti 2007: 40).

40 Va tuttavia ricordato come sia in atto, a partire dal 2006, un processo di regionalizzazione della Slovenia, grazie alle modifiche della Costituzione (articoli 121, 140 e 143, con l’istituzione delle Province).

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