CAPITOLO II LUCI ED OMBRE DEI PROCESSI INCLUSIVI
2.5 Negoziazione e Deliberazione
Gli autori presentano sostanziali differenziazioni di pensiero riguardanti il rapporto esistente tra deliberazione e negoziazione. Poiché nella realtà è difficile separare le due cose, diventa comlesso definire chiaramente se un processo è deliberativo in senso forte, o in senso debole o se è puramente negoziale. Per tale ragione il termine “processo incusivo” è parso il termine milgiore da utlizzare in questo lavoro.
Elster J.(1986) distingue tra la negoziazione e la deliberazione affermando che esse costituiscono due tipi ideali di modelli comunicativi e, per esemplificare tale differenza, fa riferimento al mercato in cui predomina la negoziazione ed i forum in cui invece predomina la deliberazione: nel primo l’individuo agisce in base a interessi personali, mentre nei secondi le decisioni prese non ricadono solo sull’individuo ma anche su altre persone, sulla comunità di appartenenza, sullo stato ecc..
Egli evidenzia le differenza tra l’approccio negoziale, basato su minacce e promesse, e l’approccio deliberativo, basato invece sull’utilizzo della migliore argomentazione e sui principi. Egli evidenzia inoltre che le minacce e le promesse devono essere legate a risorse esterne di potere contrattuale (Bobbio 2002) da poter mettere in gioco durante la negoziazione: “Quando i forti negoziano usando la forza, i deboli discutono ricorrendo ai principi” (Elster 2005:128). In modo particolare Elster sottolinea come, durante la deliberazione, le persone tendano ad utilizzare argomentazioni imparziali basate su principi per non essere tacciate di egoismo o di voler perseguire i propri interessi. Argomentare su principi che tendano al bene comune porta tutti i partecipanti a ragionare in tali termini, raggiungendo così risultati più efficienti e più equi rispetto alla negoziazione; questo processo viene definito come “forza civilizzatrice dell’ipocrisia” (Elser 2005:137).
La differenza principale tra l’argomentazione e la negoziazione consiste nel modo in cui influiscono sulle persone. La prima porta a dei cambiamenti effettivi, cambiamenti legati alle preferenze, ai giudizi, agli interessi, ai valori e quindi cambiamenti nei comportamenti (Elster 1991), mentre nella negoziazione al contrario non avviene alcun cambiamento, ciò che viene richiesto è un aggiustamento delle preferenze di ciascun partecipante circa il modo di realizzare i propri specifici desideri, perseguendo finalità che sono e rimangono personali.
La deliberazione fa quindi appello alla ragione, la negoziazione alla volontà di fare concessioni, la deliberazione cerca di risolvere il dissenso da un punto di vista cognitivo, la negoziazione cerca di unire differenze di volontà.
Si procede ora all’analisi del termine negoziazione ed all’individuazione delle similitudini e delle differenze teoriche con il concetto di deliberazione.
Nel dizionario il termine negoziare viene descritto come “l’azione di discutere con lo scopo di trovare dei metodi di accordo”.Definizioni di origine sociologica spiegano: "la negoziazione è, in breve, un processo nel quale due o più parti cercano di raggiungere una soluzione soddisfacente a un problema condiviso. Più nello specifico, è un processo nel quale ogni attore definisce gli obblighi, i costi e i vantaggi che gli deriveranno dal raggiungere un risultato comune" (Tellia: 2000). Nell’ambito delle scienze politiche negoziazione
36 significa “ raggiungere un accordo in una situazione di conflitto potenziale mediante lo scambio di beni o altri valori soggettivi”. (Holzinger 2004:197)
Le trattative negoziali consistono in un’attività processuale e dinamica, in uno scambio di informazioni, minacce, favori, ecc che continua fino a che una serie di compromessi favorevoli per tutte le parti in gioco diventa esplicita. È un processo che avanza in modo cauto e metodico, in modo che gli interessi e le aspettative di ogni parte possano emergere gradualmente; solo quando le parti riescono a decifrare i reali interessi e intenzioni, che sottendono alle posizioni dichiarate nella negoziazione, è possibile identificare possibili soluzioni." (Tellia: 2000).
Nella negoziazione si tengono presenti (Melchior 2004: 6-8)
Interessi: rappresentano la risposta alla domanda: ‘cosa vuole realmente l'attore negoziale?’ Sono i bisogni, i desideri, le paure che spingono una persona a negoziare qualche cosa con qualcun altro. Gli interessi sono diversi dalle posizioni. Per posizione si intende quello che l'attore afferma, domanda od offre all'interno della negoziazione. Nella deliberazione non si discute in base agli interessi personali ma si discute su principi, sul bene comune. (Elster 2005, van den Hove 2004)
Opzioni. Le opzioni rispondono alla domanda: ‘quali sono gli accordi possibili?’ Rappresentano le possibili soluzioni a una negoziazione. Anche nella deliberazione vi sono molte opzioni possibili, ma quella che viene raggiunta è l’unica in grado di soddisfare tutti i partecipanti.
Alternative. Le alternative rispondono alla domanda: ‘quali altre strade ho a disposizione per soddisfare i miei interessi? La discussione nei processi deliberativi riguarda, invece, i principi relativi al bene comune e, se questo atteggiamento esiste, viene nascosto sotto la forma dell’argomentazione imparziale. (Elster 2005)
Legittimazione. Riguarda i criteri utilizzati per persuadere la controparte sull’equità dall’accordo. In ogni negoziazione alcuni interessi sono conflittuali: per convincere l'altro dell'equità dell'accordo e persuaderlo a accettare, è utile aiutarsi con dati, esperienze e conoscenze sull'oggetto della negoziazione, che aiutino a supportare gli argomenti, a offrire una giustificazione esterna (‘oggettiva’) all'accordo. Anche l'utilizzo di terze parti (mediatori) può aumentare il livello di legittimazione e di equità percepita. La deliberazione non si differenzia dalla negoziazione su questo punto.
Comunicazione. La comunicazione, assieme alle relazioni, rappresenta il modo in cui all'interno dello schema entra il processo negoziale, gli autori si chiedono se il negoziatore è pronto ad ascoltare e a parlare efficacemente. Una buona comunicazione (che non si focalizzi su strategie pregiudiziali, ma rimanga aperta all'ascolto e alla ricerca attiva di informazioni, in particolare sugli interessi dell'altra parte) è in grado di evitare i fraintendimenti e aumentare l'efficienza del processo. Nella deliberazione l’aspetto comunicativo è l’elemento centrale: la deliberazione si basa sulla teoria dell’agire comunicativo di Habermas
37 prevalentemente rivolto all’intesa, si tratta di un agire in cui entra in gioco la dimensione linguistica. Nell’agire comunicativo il linguaggio ha pretesa di verità ed è finalizzato all’intesa, al consenso e alla condivisione di punti di vista e di immagini del mondo.
Relazioni. Le relazioni sono in grado di influenzare fortemente la negoziazione, ma non vanno considerate come un dato di fatto immodificabile o incontrollabile, perché dipendono dal comportamento delle parti. Una buona relazione aumenta la fiducia, il rispetto, incoraggia la mutua persuasione (non coercitiva), la comprensione e la comunicazione stessa. Anche nella deliberazione le relazioni, che si istaurano tra i partecipanti, sono fondamentali per la buona riuscita del processo, compito del facilitatore è creare un clima disteso e di fiducia tra le parti affinché tutti siano predisposti ad ascoltare gli altri partecipanti in modo aperto e con le minori barriere possibili.
Impegno, Promessa (Commitment). Nella negoziazione fondamentale è la domanda: ‘Che impegno dovrei cercare o realizzare?’ perché l'impegno deve essere chiaro, ben pianificato e duraturo. Un errore comune è focalizzarsi solo su alcuni aspetti della discussione senza considerare tutti gli altri che influenzano sempre l'output reale dell'accordo, in tal senso gli autori consigliano di preparare una lista completa di tutti i temi di cui ci si aspetta che si trovi un accordo. Nella deliberazione accade spesso che i partecipanti, una volta concluso il processo, non debbano assumersi ulteriori impegni, poiché sono stati chiamati semplicemente per individuare delle soluzioni condivise o perché alla fine venga rilevata la loro opinione. In altri tipi di processo deliberativo invece lo scopo è quello di modificare atteggiamenti e comportamenti in senso collaborativo o sostenibile da un punto di vista ambientale o economico, questi cambiamenti dovrebbero avvenire in modo naturale mediante trasformazioni interiori che si attuano durante il processo stesso.
Raiffa indica una serie di caratteristiche delle negoziazioni che permettono di delineare un elevato numero di ‘tipologie negoziali’, e dunque di evidenziare le specificità del processo indagato. Di seguito pur elencando tali caratteristiche riprese da Melchior (2004:8-11) analizzeremo solo quelle che interessano questa ricerca:
Numero delle parti. A seconda che le parti siano due o più di due cambia la struttura negoziale e la natura del processo da analizzare. Quando le parti sono molte, normalmente intervengono fenomeni di ‘riduzione della complessità’, grazie a coalizioni, comunanze di interessi e ‘unioni’ più o meno stabili. Durante la deliberazione i gruppi sono tendenzialmente piccoli, fino ad un massimo di 25 persone, che spesso vengono ulteriormente suddivisi in ulteriori sottogruppi di piccole dimensioni in modo casuale o in base alle competenze, ma non in base agli interessi.
Compattezza delle parti. Ogni parte può essere costituita da un soggetto individuale oppure può essere composta da un team che, a sua volta, può contenere al suo interno differenze di interessi e valori. Avviene
38 di frequente che le parti non rispondono solamente per sé, ma agiscono in negoziazioni complesse da svolgere contemporaneamente su più piani. Questo può avvenire anche durante i processi deliberativi, ma, se durante la deliberazione il piano della discussione viene portato sui principi del bene comune, (Elster 2005) questo problema viene risolto mediante la “forza civilizzatrice dell’ipocrisia”
Ripetitività del gioco. Differenti sono le situazioni in cui le parti si ritrovano in negoziazioni occasionali e quelle che vengono da una pregressa storia negoziale o che saranno ripetute in futuro. Nel caso delle negoziazioni ‘occasionali’, le parti tendono ad adottare tattiche più spregiudicate per ottenere il miglior accordo possibile per se stessi, senza riguardi per i risultati della controparte o per il possibile deterioramento delle relazioni. Nelle negoziazioni ripetitive, al contrario, entrano in gioco fattori più complessi. Si può supporre che la ripetitività delle negoziazioni sia foriera di atteggiamenti maggiormente collaborativi e spinga alla ricerca di accordi integrativi tra le parti. I processi deliberativi sono generalmente coadiuvati da un facilitatore che ha il compito di creare un clima di ascolto reciproco e di fiducia, facendo sì che non subentrino rapporti di ruolo e potere. Nei processi deliberativi, inoltre, gli interessi di parte possono essere superati mediante l’apprendimento di nuove nozioni che portino a modificare opinioni ed atteggiamenti, fino a giungere ad una soluzione condivisa che non sia semplicemente un compromesso.
Effetti di collegamento. La presenza di negoziazioni simili a quella che si sta svolgendo/analizzando può creare degli effetti ‘di ancoraggio’ al già esistente. I processi deliberativi si basano sull’argomentazione e sui principi, che cambiano in base ai partecipanti ed è improbabile che i risultati di un processo siano identici a quelli di un altro.
Una o più questioni. In ogni negoziazione reale si devono affrontare più questioni, anche se esistono negoziazioni in cui vi è un tema predominante ed altre in cui sono coinvolte più questioni di rilievo, e ciò può influire sul tipo di accordo raggiunto. Durante i processi inclusivi in genere viene affrontato un unico tema, di cui vengono discussi dettagliatamente tutti gli aspetti, cause e gli effetti, date tutte le informazioni possibili, allo scopo di portare i partecipanti a ragionare partendo da una medesima base.
Necessità dell'accordo. In molte negoziazioni le parti hanno la concreta possibilità di lasciare il tavolo negoziale se l'accordo che si sta delineando non li soddisfa o se la distanza tra le varie posizioni appare troppo elevata. Vi sono casi però in cui è obbligatorio raggiungere un accordo oppure, più semplicemente, è troppo costoso per le parti non raggiungerne alcuno. Nei processi deliberativi i partecipanti hanno due possibilità “voice o exit”, partecipare o non partecipare, con l’intento di delegittimare eventuali scelte individuate dal processo. Di norma, però, poiché nei processi deliberativi la discussione serve ad informare, ad attivare scambi di opinione e a raggiungere una posizione condivisa mediante la discussione basata sulla
39 migliore argomentazione, è difficile che qualche partecipante abbandoni il tavolo, poiché il dibattito avviene su principi di bene comune e non direttamente sugli interessi dei partecipanti.
Richiesta di ratifica. Non sempre i negoziatori hanno la possibilità di stipulare l'accordo definitivo e necessitano di una ratifica da parte di soggetti terzi, a cui le parti sono legate. Questa situazione influisce profondamente sullo svolgimento della trattativa, sulla sua estensione nel tempo e sullo stile dei negoziatori. Nei processi deliberativi avviene spesso che le decisioni assunte debbano essere successivamente ratificate e trasformate in azioni dalle amministrazioni pubbliche; questo, però, pur influenzando la discussione, che deve basarsi su soluzioni attuabili da diversi punti di vista, non influenza lo spirito di collaborazione dei partecipanti, i quali si trovano riuniti per trovare una o più soluzioni possibili ad un problema comune.
Minacce. Vi sono negoziazioni in cui le parti negoziali possono reciprocamente rivolgersi ‘minacce’. La deliberazione non prevede l’utilizzo di minacce ma solo di argomentazioni (Elster 2005)
Limiti e costi temporali. Le dimensioni temporali hanno una forte influenza sullo svolgersi delle negoziazioni. La parte che si trova a dover soffrire maggiori costi riguardo al tempo, sarà portata a maggiori concessioni rispetto alla controparte. Il fattori tempo e costi influiscono anche sui processi deliberativi, in particolare le persone, che non hanno la possibilità di impegnare il loro tempo in un processo o di impegnare risorse proprie, verranno automaticamente escluse dalla partecipazione, influenzando in questo modo i risultati del processo.
Negoziazioni pubbliche o private. Le negoziazioni che avvengono in ‘spazi privati’ sono differenti rispetto a quelle che vengono portate avanti all'interno di ‘arene pubbliche’. In queste ultime è più difficile che una parte muti le proprie posizioni nel corso di una trattativa. Questo ragionamento è valido anche per la deliberazione anche se, come dimostra Elster (2005:139), la deliberazione si accompagna maggiormente con la forma pubblica mentre la negoziazione con la forma privata.
Stile dei negoziatori. A seconda dell'atteggiamento negoziale che ci si aspetta o che si riconosce nella controparte, si determinano conseguenze nell'atteggiamento con cui ci si propone sul tavolo negoziale (limiti che ci si pone per l'accordo, comportamento cooperativo o competitivo, strategia posizioni/interessi, e così via). Gli stili negoziali risentono principalmente di considerazioni legate alla competitività – collaborazione delle parti, ma coinvolgono fortemente anche considerazioni legate alla fiducia, alla credibilità, alla ‘trasparenza’ della controparte, e così via. Nella deliberazione non si può parlare di stili negoziali ma di capacità argomentativa dei partecipanti. Le persone con una maggiore capacità di dialogo e di argomentazione tendono ad essere maggiormente influenti rispetto alle persone più introverse e con una
40 scarsa capacità di argomentazione, per eliminare o stemperare tali differenze è fondamentale pertanto la figura del facilitatore.
Intervento di una terza parte. Il processo negoziale è fortemente influenzato dalla presenza o anche dalla sola possibilità della presenza, di una terza parte che si inserisce nelle dinamiche della trattativa con compiti diversi. È il caso dei facilitatori, che intervengono sulla struttura informativa e relazionale della trattativa, dei mediatori, che assumono la funzione di una terza parte dedicata a tracciare e facilitare gli spazi di accordo e degli arbitrati che possono trovarsi a decidere dell'esito stesso della trattativa. Nei processi deliberativi il facilitatore svolge un ruolo fondamentale, rappresenta la leadership del gruppo, fa sì che tutti i partecipanti abbiano la medesima possibilità di dibattere, detta le regole, stabilisce il quadro entro cui avviene la deliberazione. È la figura centrale del processo deliberativo, che permette il raggiungimento di una soluzione condivisa.
La letteratura sulla negoziazione ha analizzato il tema della risoluzione dei conflitti all’interno della stessa, ma non ha mai affrontato il tema della separazione dei modelli comunicativi tra negoziazione ed argomentazione. In particolare l’Harvard Program on Negotiation, di cui fanno parte autori quali Nash e Raiffa, opera una distinzione tra negoziazione distributiva, che è a somma zero (tanto io ‘guadagno’, tanto l'altro ‘perde’) e la negoziazione integrativa, che porta ad un accordo la cui utilità complessiva è maggiore di una semplice divisione di compromesso tra le parti. Questo è un tipo di negoziazione in cui le parti non sono competitori diretti, in cui non accade che se una perde l’altra guadagna, ma, al contrario, è una negoziazione in cui tutte le parti guadagnano di più, in cui le parti possono cooperare per ampliare la possibilità di profitto (Raiffa, 1992). Walton e McKersie (1965) distinguono tra l'approccio distributivo, relativo al modo in cui le risorse verranno divise fra le parti nella negoziazione, e l'approccio integrativo che riguarda il modo di ‘risolvere le differenze’ tra le parti per produrre benefici per tutte le parti coinvolte nel conflitto. Questo ultimo tipo di negoziazione si avvicina molto, pur operando in senso strategico, al tipo di dinamiche che accadono durante i processi deliberativi.
Pellizzoni (2005) distingue tra democrazia deliberativa in senso forte e democrazia deliberativa in senso debole. Nell’ambito delle ricerche sulla deliberazione pubblica vengono individuate la deliberazione strategica (Elster 1995) basata sullo scambio di minacce e promesse, avvertimenti, appelli interessati a principi, cui si applicano criteri di credibilità; la deliberazione non strategica invece è basata sullo scambio di ragioni soggette a criteri di validità (verità proposizionale, correttezza normativa, sincerità).
L’accezione forte della democrazia deliberativa esclude l’uso strategico, l’accezione debole lo ammette. Nel caso strategico le preferenze altrui sono viste come ostacolo alla soddisfazione delle preferenze individuali, nel secondo caso entrambe sono concepite come la stessa cosa: le azioni, cioè, sono non valutate in termini di causa effetto ma di relazione tra le parti e l’insieme.(Pellizzoni 2007:103)
41 Holzinger (2004) afferma al contrario che, pur essendo questi due concetti modelli analiticamente diversi di comunicazione, essi non sono semanticamente opposti né formano classi empiriche disgiunte.
In particolare è stato dimostrato il peso dell’argomentazione anche all’interno della negoziazione.
Holzinge sostiene che, per la risoluzione dei conflitti e delle contrapposizioni che si sviluppano all’interno dei forum e dei workshop, sono necessarie sia la negoziazione che l’argomentazione, di fatto altri autori hanno confermato questa posizione (Majone 1989, Risse 2000, Van den Hove 2000 -2004).
Diversi studi empirici dimostrano che, in effetti, spesso la negoziazione e la deliberazione avvengono nei medesimi contesti (Holzinger 2004, Majone 1989, van den Hove 2000 -2004), come conseguenza del fatto che entrambe sono modelli alternativi di risoluzione dei conflitti.
La negoziazione, come definita dalle scienze politiche, è alquanto difficile da distinguere rispetto alla deliberazione (Holzinger: 2004:197) poiché entrambe fanno riferimento al consenso raggiunto mediante l’assenso dei partecipanti e non mediante la maggioranza dei voti; entrambe si riferiscono ad un compromesso raggiunto sulle concessioni di tutte le parti. La negoziazione e la deliberazione sono forme complementari, ciò non significa che esse siano intercambiabili, perché sono effettivamente due modelli comunicativi diversi, ma è il tipo di conflitto che determina se utilizzare l’una o l’altra o una mescolanza di entrambe.
2.6 I setting
La definizione maggiormente diffusa in Italia per tradurre il termine setting dei processi inclusivi deliberativi è arena deliberativa, intendendo così uno spazio simbolico, con regole prestabilite, in cui avvengono le interazioni (Bobbio 2002). Le arene sono caratterizzate da alcuni elementi:
- Sono create ad hoc per trattare specifici temi, hanno una durata ed un compito definito. Funzionano se i partecipanti hanno la possibilità di familiarizzare tra loro (Potziba 2006) e prendere confidenza con i temi trattati. La deliberazione avviene su un progetto specifico.
- Sono più spesso create dall’alto che promosse dal basso. Ideale sarebbe partissero dal basso per incontrare e indurre i politici ad aprirsi verso nuove alternative.
- Le arene deliberative sono altamente strutturate. Il lavoro è organizzato e, spesso, suddiviso in fasi ed in tempi definiti. Esistono regole per garantire la trasparenza e la condivisione delle informazioni. - La discussione avviene prevalentemente in piccoli gruppi (15-20 persone). Vengono stabilite delle
regole importanti perché la deliberazione richiede un deliberative setting (Elster 1998) che garantisca un equilibrio tra i punti di vista e induca i partecipanti sia ad usare argomenti imparziali fondati sul bene comune che ad ascoltarsi reciprocamente.
- Le arene deliberative non sono regolate dalla legge e non hanno poteri giuridici. - Le arene deliberative sono assistite da mediatori o facilitatori professionali.
- Le arene deliberative sono inclusive, mirano, cioè, a far partecipare, in condizioni di uguaglianza, tutti coloro su cui ricadono la conseguenze delle relative decisioni, per evitare che interessi e punti di
42 vista rilevanti restino esclusi. Dato che l’inclusione totale e perfetta non è possibile, esistono due metodi per approssimare il principio di inclusività: a) sorteggiare i partecipanti in un universo di cittadini potenzialmente toccati dalla questione sul tappeto ( tra cittadini che si sono resi disponibili o in un campione stratificato), b) costruire un arena in cui sia assicurata la presenza di tutti i punti di