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Il Social Learning

Nel documento 1 Tesi di dottorato (pagine 64-69)

CAPITOLO III LA COOPERAZIONE, LA FIDUCIA ED IL CAPITALE SOCIALE

3.4 Il Social Learning

Il concetto di social learning (il termine fa riferimento alla capacità dell’essere umano di apprendere non solo dai comportamenti altrui, ma anche dai fattori sociali che lo circondano) ha una lunga e articolata storia. A livello psicologico e pedagogico è stato analizzato da Julian Rotter (1954) da Bandura (1977) seguiti da Lewin K. Z., che ha svolto una ricerca su come il processo di apprendimento degli individui dipenda dalle interazioni sociali; altri hanno cercato di spiegare questa forma di apprendimento attraverso la biologia (Boyd e Richerson 1985), altri hanno studiato l’apprendimento nelle organizzazioni sociali (Argyris 1993, Sims e Lorenzi 1992).

Habermas (1979) considera i cambiamenti sociali come processi di social learning: le implicazioni di questo ragionamento portano alla conclusione che le società umane posso imparare sia per cambiare che per stemperare i problemi legati alla salute, all’ambiente, allo sviluppo locale ecc …ed in questo senso i cambiamenti sociali sono processi di apprendimento coordinato con la dimensione cognitiva e normativa. Tralasciando gli studi specifici in ambito psicologico, questa ricerca si concentra sugli sviluppi che il social learning ha avuto negli ultimi anni, in stretta relazione con le ricerche sulla deliberaizone e partecipazione pubblica, da cui prenderà spunto per dare maggiore sostegno teorico alle variabili individuate.

Vi è un aumento costantemente di autori che sottolineano l’importanza dell’apprendimento sociale negli ambiti che fanno riferimento: alla tutela ed alla salvaguardia delle zone protette (Schusler T.M., Decker D.J., Pfeffer M.J. 2003), alla gestione dei rischi ambientali (Webler T., Kastenholz H., Renn O. ,Blanter K.A., Carrol M.S. Daniels S.E., Walker G.B. 200, Saarikoski H. 2000) della gestione delle risorse (Pahl-Wostl C. e Hare M. 2004) dello sviluppo del territorio rurale (Leeuwis C. Pyburn R. 2002), alla definizione di scenari futuri (Robinson J. 2003, Swart R.J. 2004). Il concetto di social learning in questo caso è strettamente legato a quello di partecipazione e di deliberazione, come luoghi in cui si attivano atteggiamenti collaborativi. Per Newig (2010) l’apprendimento può avvenire attraverso due tipi fondamentali di interazione sociale: la trasmissione delle informazioni, cioè il semplice apprendimento di fatti nuovi attraverso l'interazione sociale,

65 e la deliberazione. In base alla teoria di Habermas (1981), che si riferisce ad un reale scambio di idee e di argomenti nel corso del quale opinioni e propositi possono mutare attraverso la persuasione, Rist (2007) sostiene che il social learning richiede la creazione o il miglioramento dello spazio sociale, per ciò che Habermas (1981) chiama "azione comunicativa" attraverso, ad esempio, nuovi movimenti sociali. In questo modo, il social learning può portare a cambiamenti nelle reti sociali e, in senso più ampio, nelle strutture sociali ed istituzionali. In questo contesto, Rist (2007:23) afferma che il social learning è un processo in cui "diversi attori possono deliberare e negoziare le regole, norme e relazioni di potere", questo processo è facilitato nei workshop.

Nei workshop, nei forum, nei tavoli tematici e in tutti quei momenti d’incontro previsti in molti progetti di sviluppo del territorio, dove si confrontano portatori di interessi diversi al fine di trovare una soluzione condivisa ad eventuali problemi, come la realizzazione di una discarica o di una piazza, lo sviluppo di uno scenario futuro possibile, condiviso e sostenibile per un territorio, per un progetto di Agenda 21 o per la tutela degli habitat naturali, il processo di apprendimento si realizza. Le persone, in questi contesti, hanno l’opportunità di mettere a confronto le proprie idee, bisogni, interessi e valori con quelli altrui, hanno, cioè, l’opportunità di apprendere nuove nozioni, che possono modificare la loro posizione su un determinato argomento e di diventare, come sottolinea Saarikoski (2000), cittadini migliori.

Anche se questo aspetto dell’apprendimento non viene considerato come specifico del social learning, alcuni autori ritengono che esso si realizzi anche quando i gruppi possiedono e scambiano tra loro tipi diversi di esperienza, di competenza e, quindi, di conoscenza. (Webler 1995, Greenwood e Levin 1998, Evely 2008, Raymond 2010). Il social learning inoltre contribuisce all’attivazione di comportamenti collaborativi creando nuove relazioni, costruendo cioè relazioni di cooperazione. (Schulser 2003:312)

Attualmente non sono stati riscontrati testi di riferimento di studi sul social learning in ambito transfrontaliero.

Schusler T.M., Decker D.J., Pfeifer M.J., (2003:311) individuano otto caratteristiche che rendono possibile il social learning:

1) comunicazione aperta, 2) partecipazione,

3) un modo di pensare aperto, 4) conflitti costruttivi,

5) strutture democratiche, 6) diverse fonti di conoscenza, 7) un esteso coinvolgimento, 8) la facilitazione

Borrini – Fayerabend G, Farvar M.T., Nguinguri J.C., Ndangang V. A., 2000 definiscono il social learning come un apprendimento necessario quando le persone vengono coinvolte assieme ad altre, condividendo

66 prospettive ed esperienze diverse, per sviluppare una comprensione dei problemi e dei fatti per giungere ad un’azione comune.

Quando la deliberazione rende possibile il social learning, gli individui ed i gruppi migliorano nella comprensione dei temi trattati, dei fatti rilevanti, dei problemi e delle opportunità, dei valori loro e di quelli degli altri. Oltre all’aspetto puramente cognitivo, i partecipanti apprendono a rispettare gli altri ed a fidarsi di loro, ad ascoltare ed a considerare le posizioni e gli interessi altrui, questo contribuisce alla identificazione di una proposta comune attivando la cooperazione.

Il social learning contribuisce alla collaborazione attraverso la creazione di nuove relazioni che attivano comportamenti collaborativi che avvengono quando le persone apprendono qualcosa sul carattere e sull’affidabilità degli altri e sviluppano nuove reti e regole di interazione, che possono aumentare la capacità di azione comune.(Schusler T.M., Decker D.J., Pfeifer M.J., 2003:312).

Le dimensioni analizzate sono:

- Identificazione di un obiettivo comune,

- La nascita di relazioni collaborative in tre modi: rafforzamento delle relazioni esistenti, la trasformazione delle relazioni tra avversari e la creazione di nuove relazioni,

- Lo sviluppo o il rafforzamento della fiducia reciproca.

Quando gli intervenuti ad un processo partecipativo sono coinvolti nella ricerca di soluzioni comuni per un progetto o per un problema che li riguarda, sviluppano una maggiore responsabilità come cittadini (Webler 1995:444) e tale concetto può essere ampliato, fino a comprendere la democraticità, rivolta non solo al proprio ambito nazionale, ad aree nelle quali, grazie alla caduta dei confini, hanno ritrovato quell’unità di principi esistente prima della nascita degli Stati.

Webler T, Kastenholz H., Renn O., (1995) individuano come componenti generali del social learning: l’aumento delle capacità cognitive e lo sviluppo morale.

L’ambito cognitivo include:

1) Apprendere lo stato di fatto del problema, 2) Apprendere la possibile soluzione,

3) Apprendere dagli interessi, bisogni e valori degli altri gruppi o persone, 4) Riflettere sui propri interessi personali,

5) Apprendere metodi, strumenti e strategia per comunicare bene e raggiungere un accordo, 6) Apprendere un modo di pensare più elastico.

Lo sviluppo morale riguarda la capacità degli individui di giudicare il giusto e sbagliato: quando agiscono moralmente, le persone mettono da parte i loro bisogni egoistici e agiscono per il bene di tutti. Nella partecipazione pubblica questo potrebbe includere secondo Webler (1995:446)

1) Sviluppo del senso di rispetto e responsabilità verso se stessi e verso gli altri, attenzione a come questo può creare impatto sugli interessi personali e valori, e agire in accordo,

67 3) Sviluppare competenze per il ragionamento morale e la soluzione dei problemi che rende capaci a

risolvere i conflitti come si presentano,

4) Sviluppare un senso di solidarietà con il gruppo,

5) Imparare come integrare le nuove competenze cognitive,

6) Imparare come cooperare con gli altri per risolvere problemi collettivi.

Schusler (et al. 2003:312) oltre a queste, individua anche la dimensione relazionale “ nel lavorare alla ricerca di soluzioni comuni i partecipanti si muovono tra aree di accordo e aree di disaccordo, esplorando differenti valori e posizioni, essi sviluppano norme di interazione che supportano l’identificazione di una proposta comune e di una cornice comune di comprensione dei problemi e le basi per un’azione comune.

Wildemeersch (2007:99) suggerisce che il social learning è più di una cornice interpretativa per comprendere i processi di cambiamento perché non è solo un’esperienza individuale ma include un’azione sociale, un processo di comunicazione e una negoziazione.

Nella letteratura presa in esame non è sempre definito chiaramente chi sia il soggetto che apprende. Gli autori, invece, che fanno riferimento ai processi partecipativi/deliberativi (Webler et al.1995, Schusler et al. 2003), si riferiscono ai partecipanti, cittadini e portatori di interessi specifici, come soggetti dell’apprendimento.

Non è ancora stato sufficientemente chiarito, inoltre, come avvenga il passaggio dell’apprendimento dal gruppo di partecipanti ai workshop o forum alla società o meglio al contesto sociale: questo resta infatti uno dei quesiti insoluti.

Webler (1995) cerca di dare una risposta distinguendo tra l’apprendimento, che avviene immediatamente all’interno del processo partecipativo e ciò che viene appreso al di fuori di esso. Entrambi gli aspetti sono importanti per il social learning, perché le scelte fatte all’interno dei contesti partecipativi devono essere legittimate dal pubblico esterno per essere messe in atto. Egli asserisce che la popolazione non partecipante può apprendere ciò che succede all’interno del processo partecipativo attraverso i mezzi di comunicazione e attraverso le relazioni con i partecipanti. Anche in questo caso è importante la fiducia nei partecipanti che ai processi inclusivi difendano gli stessi interessi delle persone che non hanno partecipato e, quindi, gli interessi della comunità. La riflessione sulla deliberazione pubblica suggerisce la necessità di connettere il concetto di social learning al concetto di capitale sociale ed al ruolo delle reti sociali nella circolazione della conoscenza. Vi sono alcuni autori che associano il social learning all’apprendimento collaborativo o collettivo senza però chiarire quale differenza ci sia tra uno e l’altro o se essi siano sinonimi.

La letteratura fin qui esaminata, inoltre, non considera quali effetti a lungo termine possa avere il social learning, tuttavia le ricerche dimostrano nei partecipanti un aumento del livello di conoscenza e delle competenze relative alla condivisione delle informazioni, all’apprendimento, al problem-solving, al compromesso ed alla collaborazione (Blatner et al. 2001, Danels e Walker 1996) e questo avviene, come descritto dalla letteratura sulla sociologia di gruppo, poiché nei workshop e nei forum le persone hanno la possibilità di parlare in modo diretto (Ostrom E., Walker J., 2003). Gli studi, inoltre, dimostrano che i

68 cittadini imparano nozioni sull’argomento in esame ed acquistano conoscenze, tecniche e non, durante i processi partecipativi, tale variabile verrà però tralasciata in questa analisi.

Di recente si è aperto un ampio dibattito sul concetto di social learning poiché, come spesso accade a concetti di ampio respiro utilizzati su diversi fronti teorici, la letteratura è talmente generica ed ampia nel definire tale concetto, che potrebbe comprendere quasi ogni processo sociale ma, da quanto finora è stato esposto, emerge, come sostiene (Reed 2010), che ha cercato di fare chiarezza sul concetto, che il social learning può essere individuato all’interno di un processo:

1) quando è possibile dimostrare che è avvenuto un cambiamento nella comprensione dell’argomento trattato tra le persone coinvolte,

2) quando è dimostrato che questo cambiamento va oltre l’individuo e avviene all’interno di un’unità sociale più ampia quale una comunità,

3) quando avviene attraverso le interazioni ed i processi sociali all’interno di una rete.

3.4.1 Le variabili

Questa ricerca prende a prestito alcune variabili del social learning, usate nell’ambito dei processi partecipativi, non per valutare il processo di apprendimento in quanto tale, ma per comprendere, assieme alle variabili utilizzate nella letteratura sulla deliberazione, se la diversa organizzazione dei processi ha influito sulgi atteggiamenti collaborativi tra i partecipanti e se sì quali.

Questo lavoro assume, infatti, per la valutazione dei processi partecipativi, alcune variabili utilizzate da Webler e da Schusler, che valutano gli aspetti: morale, relazionale e la fiducia dei partecipanti ai processi inclusivi.

Lo sviluppo morale è stato valutato attraverso il grado di solidarietà verso persone di lingua diversa emerso durante i forum, il rispetto per le posizioni altrui, l’ascolto e la considerazione delle altrui prospettive o interessi.

L’aspetto relazionale è stato sondato cercando di valutare quante persone hanno cercato di trarre vantaggio personale dalla situaizone, senza badare quindi al bene collettivo, ed il grado di collaborazione emerso durante i form su diversi temi.

La fiducia intesa come variabile unica e non scomposta negli elementi che la identificano, è stata osservata nel grado di fiducia dei partecipanti verso i prorpri colleghi di lingua diversa, nel grado assegnato dai partecipanti ai problemi di fiducia emersi durante i forum.

Un’ulteriore variabile, utilizzata nella ricarca, rigurada il cambiamento di opinione sull’argomento in esame durante i processi partecipativi, questa variabile che non rientra negli aspetti sopra riportati è ampiamente utlizzata negli studi sulla partecipazione ed ovviamente sul social learning (Schulser 2003)

69 Tesi di dottorato di Elena Maiulini, discussa presso l’Università degli Studi di Udine.

Nel documento 1 Tesi di dottorato (pagine 64-69)