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PARTE TERZA Una teoria anti-esotista

Capitolo 5 Motivazioni general

5.2 Semantica dei nomi propri.

5.2.2 Condizioni di identificazione.

Nel tentativo di riassumere l'approccio semantico che abbiamo appena articolato, si potrebbe dire così: quando usiamo un nome proprio N in un contesto estensionale, stiamo parlando dell'individuo denotato da N; quando invece usiamo N in un contesto super-estensionale (come quelli generati

dai verbi di atteggiamento proposizionale), stiamo parlando di una certa classe di N- rappresentazioni.182 In altri termini, mentre il discorso estensionale verte su come sono fatte le

cose, il discorso super-estensionale verte sui modi in cui ci rappresentiamo le cose – talvolta, cose che non esistono. In questa cornice, i discorsi di finzione non sono altro che un particolare tipo di discorso super-estensionale. D’altra parte, i nomi puramente finzionali, come 'Sherlock Holmes',

non hanno un'estensione primaria (se ce l'avessero, sarebbe un'entità esotica!): il loro significato

consiste soltanto nelle loro estensioni secondarie. È arrivato dunque il momento di dire qualcosa in più intorno alle estensioni secondarie dei nomi finzionali.

Abbiamo osservato che una tradizione narrativa non è altro che una lunga e articolata catena causale che lega tra di loro, a partire da un certo intervallo temporale, i parlanti competenti di una comunità linguistica. All'interno della tradizione narrativa che ha per protagonista Sherlock Holmes, i parlanti competenti usano il nome 'Sherlock Holmes' per rappresentare un detective arguto che, tra le altre cose, vive a Londra, fuma la pipa e suona il violino: così facendo, producono Sherlock|Holmes-rappresentazioni. Queste ultime, prese collettivamente, costituiscono pertanto l'espressione sensibile di una certa tradizione d'uso del nome finzionale 'Sherlock Holmes' – in altri termini, la sua estensione secondaria relativa a quella tradizione d'uso. Quando asseriamo che Sherlock Holmes è un detective, è proprio alla tradizione narrativa inaugurata da A. C. Doyle che intendiamo (implicitamente) riferirci: stiamo parlando delle rappresentazioni che vengono prodotte all'interno di quella tradizione narrativa.

Queste osservazioni ci consentono di isolare certi requisiti che una rappresentazione deve soddisfare per poter essere considerata una Sherlock|Holmes-rappresentazione relativa a una tradizione T. In primo luogo, è necessario che sussista un legame causale fra la rappresentazione prodotta e la tradizione T. Si ricordi il caso Menard, che abbiamo esaminato nel § 1.1.3: il signor Pierre Menard, del tutto ignaro della produzione letteraria di Miguel de Cervantes e dell'articolata catena causale che ne è derivata, scrive un romanzo casualmente identico, parola per parola, al

Don Quijote. Naturalmente, le Don|Quijote-rappresentazioni che costituiscono il romanzo di

Menard non si possono annoverare tra le Don|Quijote-rappresentazioni relative alla tradizione narrativa inaugurata da Cervantes, per quanto si tratti esattamente dello stesso tipo di rappresentazioni: il protagonista è rappresentato esattamente allo stesso modo in entrambi i romanzi. Per una strabiliante coincidenza, Pierre Menard ha creato un nuovo personaggio letterario – ovvero, una nuova estensione secondaria del nome 'Don Quijote' – con le stesse caratteristiche del primo. La sussistenza di un qualche legame causale è dunque condizione necessaria per

identificare un Don Quijote come il Don Quijote di Cervantes.

Sfortunatamente, però, non è anche sufficiente. In un film del 2018, intitolato Holmes & Watson, Sherlock Holmes viene rappresentato come un detective tutt'altro che arguto, impegnato nel complicare i casi piuttosto che nel risolverli. È evidente che, in questo caso, c'è un legame causale ben preciso tra gli autori del film e la tradizione narrativa inaugurata da Doyle: l'intenzione è proprio quella di rappresentare lo Sherlock Holmes di Doyle in chiave parodistica. La parodia di un personaggio costituisce però, dopotutto, un nuovo personaggio, parassitico rispetto al primo ma ben distinto da esso. Un enunciato come

(A) Sherlock Holmes è arguto

risulterà vero o falso a seconda dello Sherlock Holmes di cui stiamo parlando. Tipicamente, quando valutiamo (A), abbiamo in mente la tradizione T inaugurata da A. C. Doyle, e concludiamo dunque che l'enunciato è vero. Ma se, pronunciando (A), intendo piuttosto riferirmi alla tradizione

T' inaugurata dal film Holmes & Watson, il mio proferimento dovrà contare come falso. Nel primo

caso, il significato di 'Sherlock Holmes' è la sua estensione secondaria relativa a T, nel secondo è invece la sua estensione secondaria relativa a T'.

Pertanto, la sussistenza di un legame causale non è sufficiente a identificare uno Sherlock Holmes come lo Sherlock Holmes di Doyle: è necessario anche che sia conservato un certo nucleo di caratteristiche «essenziali». Tra queste ci sono senz'altro l'essere arguto e l'essere un detective, ma non (per esempio) l'avere un numero pari di capelli. Le nostre intuizioni su quanto davvero possiamo modificare un personaggio prima che smetta di essere quel personaggio sono piuttosto vaghe – uno Sherlock Holmes rappresentato come volpe antropomorfa è lo stesso personaggio che Doyle rappresenta come essere umano? – ma alcuni casi sembrano abbastanza chiari. È noto, ad esempio, che il dottor Watson ha fatto ritorno dall'Afghanistan con una ferita da guerra. Ora, in alcuni racconti la ferita è collocata su una spalla, mentre in altri su una gamba: diremmo per questo che ci sono due diversi dottor Watson? Sembra di no: la collocazione della ferita non fa poi molta differenza per l'identità di questo personaggio – ovvero, per l'identificazione di una certa estensione secondaria del nome finzionale 'J. H. Watson'.

È necessario dunque che una rappresentazione sia di un certo tipo, affinché la si possa considerare interna a una certa tradizione narrativa. Come illustra molto bene il caso Menard, però, neanche la conformità al tipo appropriato di rappresentazione è di per sé sufficiente: è necessario che sussista anche un legame causale. Insomma, le due condizioni che abbiamo individuato –

conformità al tipo di rappresentazione e sussistenza di un legame causale – sono, prese isolatamente, necessarie ma non sufficienti. Combinandole, otteniamo però un pacchetto di condizioni necessarie e sufficienti insieme:

(CS) Una Sherlock|Holmes-rappresentazione S è relativa alla tradizione T se e solo se: tra S e T sussiste un legame causale; S è del tipo appropriato rispetto a T.

Abbiamo già osservato che non è sempre facile definire con precisione quale sia il tipo di volta in volta appropriato. Nella maggior parte dei casi, però, ci si può affidare alle normali abilità interpretative del lettore o agli strumenti della critica letteraria. Un racconto in cui Sherlock Holmes fosse rappresentato come di gruppo sanguigno 0 sarebbe senz'altro una rappresentazione appropriata alla tradizione T, benché nelle opere di A. C. Doyle non venga mai menzionato il fatto che Sherlock Holmes ha un certo gruppo sanguigno: la critica letteraria conferma la nostra impressione che Doyle abbia prodotto narrativa realista, non fantascientifica, e ci aspettiamo pertanto che, dentro la storia, ciascun essere umano abbia un certo gruppo sanguigno. Di contro, non accetteremmo come appropriato alla tradizione T un racconto in cui si scoprisse che Sherlock Holmes è un androide di origine marziana che si spaccia per un essere umano in carne ed ossa. In questo caso, saremmo inclini a pensare che ci troviamo piuttosto di fronte a un nuovo personaggio – anch'esso parassitario rispetto al primo, benché stavolta non nel segno della parodia ma in quello, altrettanto diffuso, della rivisitazione.

All'inizio di questo capitolo mi sono posto un duplice compito e, fin qui, ritengo di averne portato a termine una buona metà. Il desideratum fondamentale del deflazionista è infatti soddisfatto: come ormai sappiamo, il significato «canonico» di un nome finzionale non è altro che la sua estensione secondaria relativa a una certa tradizione narrativa standard – o, si potrebbe dire, a un certo canone.183 Questa analisi in termini di estensioni secondarie è legittimata dal fatto che, come abbiamo visto, ci sono buone ragioni per accettare una semantica super-estensionale dei nomi propri: essa ci consente infatti di spiegare (No-Ref) e (Co-Ref) senza incappare nei problemi del descrittivismo. Resta però da affrontare il secondo compito: mostrare che una teoria anti-realista così strutturata ha lo stesso potere esplicativo delle teorie realiste (forti o deboli che siano), e che pertanto queste ultime moltiplicano le categorie di entità praeter necessitatem. Proverò ad

183Nel caso di 'Sherlock Holmes', il canone è costituito naturalmente dalle opere di A. C. Doyle, mentre si discostano

dal canone (e rientrano dunque in altre estensioni secondarie) parodie come Holmes & Watson e rivisitazioni come il vagheggiato racconto dell'androide marziano o la serie televisiva Sherlock (ambientata nella Londra dei giorni nostri).

assolvere questo compito nell'ultimo capitolo. Prima, però, è opportuno modellare ulteriormente il nostro impianto teorico, introducendo qualche supporto formale.

Capitolo 6