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Un modello per la teoria

6.2 Operatori finzionali.

Un modello semantico per la logica libera negativa è tipicamente una coppia ordinata  D, I , dove D è un insieme (possibilmente vuoto) di individui e I è una funzione interpretazione che

193Infatti, per la precisione, la funzione nominale I associa a un predicato n-ario 'P' una coppia ordinata Q, Q* ,

dove Q e Q* sono sottoinsiemi disgiunti dell'insieme di tutte le n-uple di membri di S: se il nome che I associa a 'b' appartiene a Q, 'Pb' è vero; se invece appartiene a Q*, 'Pb' è falso. Ma l'interpretazione nominale di 'a' potrebbe non trovarsi né in Q né in Q*, e in quel caso 'Pb' sarebbe indeterminato – si assuma, come nell'esempio seguente, che 'P' traduca 'festeggiare sempre il Columbus Day'. Cfr. Meyer, Lambert (1968, pp. 19-20).

194Meyer, Lambert (1968, p. 19).

assegna elementi di D alle costanti individuali e sottoinsiemi di (insiemi di n-uple di elementi di)

D alle lettere predicative (n-arie), in questo modo:

(i) per ogni costante individuale 't' del linguaggio, I(t)  D oppure I(t) non è definito;

(ii) per ogni lettera predicativa n-aria 'P' del linguaggio, I(P)  Dn.

Inoltre, I assegna a ogni formula ben formata del linguaggio uno dei due valori di verità, VERO o

FALSO. Per quel che riguarda la valutazione delle formule ben formate, (NF) è sostanzialmente analogo a un tipico modello semantico per la logica classica.196 Differisce però – ed è questo il punto cruciale – nella valutazione delle formule atomiche:

(iii)I(Pt1, …, tn) = VERO se e solo se I(t1), …, I(tn) sono tutti definiti e  I(t1), …, I(tn)   I(P);

FALSO altrimenti.

Infine, si può introdurre un predicato di esistenza, 'E!', la cui estensione coincide col dominio – intuitivamente, infatti, D è l'insieme degli oggetti esistenti. Pertanto: 'I(E!) = D'.

Così strutturato, (NF) fornisce pertanto i seguenti risultati. In primo luogo, non assegna alcun individuo a nomi meramente finzionali come 'Ozma' e 'Sherlock Holmes'. In secondo luogo, assegna agli enunciati atomici in cui occorrono questi nomi il valore di verità FALSO. Fin qui, infatti, ci troviamo su un terreno puramente estensionale. Siamo cioè in un contesto nel quale usiamo nomi propri e predicati per parlare di come è fatto il mondo: ma nel mondo non ci sono individui come Ozma e Sherlock Holmes; dunque, quanto asseriamo di questi presunti individui è semplicemente falso. Si pensi al caso dell'esame di storia illustrato prima, o a un'altra situazione analoga: due cittadini londinesi, intorno al 1890, si ritrovano a conversare in Baker Street e uno dice all'altro, indicando il numero 221/b, «Lì vive Sherlock Holmes»; l'altro gli risponderà, correttamente, che questa affermazione è falsa perché Sherlock Holmes non esiste.

C'è tuttavia un senso in cui l'affermazione del cittadino londinese è vera. Sviluppando un po' la nostra storiella, potremmo immaginare infatti una replica di questo tipo: «Mi hai frainteso! Intendevo dire che Sherlock Holmes vive lì secondo i racconti di A. C. Doyle». In questo modo, il primo interlocutore non fa altro che spostare le circostanze di valutazione: per decidere il valore di verità del mio enunciato, non devi guardare a come stanno le cose nella realtà ma a come ce le

196Cfr. Nolt (2018), § 3.1. Nel caso delle condizioni di verità delle formule quantificate, si restringe il discorso ai soli

termini su cui la funzione interpretazione è definita: si ricordi infatti che i quantificatori sono carichi esistenzialmente, esattamente come nella logica classica (ne abbiamo parlato nel § 4.3.2).

rappresentiamo in una certa tradizione raffigurativa (nel caso specifico, quella inaugurata da A. C. Doyle). In buona sostanza, quando pronunciamo un enunciato atomico in cui occorre un nome finzionale, possono verificarsi due casi principali: se assumiamo come significato del nome la sua estensione primaria (nulla), il proferimento che ne risulta è falso; se assumiamo come significato del nome una sua estensione secondaria, il proferimento che ne risulta è vero oppure falso. (NF) cattura molto bene il primo caso: I non assegna alcun individuo alla costante 'a' (che traduce nel linguaggio formale 'Sherlock Holmes', la cui estensione primaria è appunto nulla) e assegna il valore FALSO a tutte le formule atomiche in cui 'a' occorre.

Per catturare anche il secondo caso, è opportuno introdurre una certa classe di operatori finzionali. Come abbiamo visto nel § 3.2.1, l'operatore ϕ viene impiegato da molti filosofi per trattare gli enunciati paratestuali; intuitivamente, corrisponde all'espressione 'nella (o secondo la) storia di finzione S, …'. Tornando alla conversazione tra i due londinesi, possiamo raffigurare formalmente la controreplica del primo interlocutore come nient'altro che un'esplicitazione di questo operatore: se premetti ϕ al mio proferimento, quest'ultimo risulta vero. Infatti, si è chiarito a un certo punto che il nostro ipotetico londinese non intendeva parlare del referente (nullo) di 'Sherlock Holmes', ma di una sua estensione secondaria: le Sherlock|Holmes-rappresentazioni relative alla tradizione (canonica) T. Un proferimento vero dell'enunciato

(S) Sherlock Holmes abita in Baker Street 221/b

verrà dunque raffigurato, nel nostro linguaggio formale, come

(S') ϕi (Pa) ,

dove 'a' traduce 'Sherlock Holmes', 'P' traduce 'abitare in Baker Street 221/b' e ϕi è l'operatore finzionale corrispondente alla tradizione T. Tecnicamente, ϕi ha la funzione di segnalare che il valore di verità di 'Pa' deve essere stabilito assumendo come valore semantico di 'a' e di 'P' le rispettive estensioni secondarie relative a T. Le condizioni di verità di (S') si possono formulare pertanto in questo modo:

(iv) I(ϕi (Pa)) = VERO se e solo se Si(a) ≠  e Si(a)  Si(P); FALSO altrimenti,

sottoinsieme di D.197 Nel caso specifico, S

i associa ad 'a' la sua estensione secondaria relativa a T (dunque, un certo insieme di Sherlock|Holmes-rappresentazioni) e a 'P' la sua estensione secondaria relativa a T (dunque, un certo insieme di abitante|in|...-rappresentazioni).

Ricapitoliamo quanto è emerso fin qui. In primo luogo, si è rivelato necessario aggiungere al vocabolario di (NF) una certa classe di operatori finzionali (uno per ogni tradizione raffigurativa):

ϕ1, …, ϕk. Di conseguenza, occorre adesso ampliare opportunamente la classe delle formule ben formate: se A è una formula ben formata, anche ϕi (A) lo è. In secondo luogo, si è convenuto di aggiungere alla struttura di (NF) una certa classe di funzioni interpretazione (una per ogni tradizione raffigurativa) che assegnino ai termini del linguaggio non la loro estensione primaria ma una delle loro estensioni secondarie:  D, I, S1, …, Sk. In questo modo, il nostro modello è in grado di catturare tanto i proferimenti falsi quanto i proferimenti veri di enunciati come (O) ed (S). Questi ultimi, quando sono veri, lo sono per via di certe convenzioni raffigurative: (O) è vero perché le Ozma-rappresentazioni sono, in una certa tradizione, regina-rappresentazioni. L'operatore finzionale ci segnala proprio il fatto che, al fine di valutare correttamente gli enunciati che occorrono nel suo ambito, dobbiamo guardare non al «mondo» della realtà ma a quello della rappresentazione.