• Non ci sono risultati.

PARTE TERZA Una teoria anti-esotista

Capitolo 5 Motivazioni general

5.2 Semantica dei nomi propri.

5.2.1 Estensioni secondarie.

Il resoconto che vorrei proporre ha in comune con il referenzialismo la tesi che i nomi propri sono espressioni direttamente referenziali: un nome denota un individuo senza la mediazione di contenuti descrittivi. Tuttavia, il suo contributo semantico agli enunciati in cui occorre non consiste sempre nell'individuo che denota.177 Questo è vero nei contesti puramente estensionali, nei quali il significato di un nome è in effetti il suo riferimento. Quando asserisco l'enunciato

(C) Mozart è un compositore,

il contributo semantico del nome 'Mozart' alle condizioni di verità di (C) consiste semplicemente nell'individuo Mozart in carne ed ossa, del quale voglio infatti parlare asserendo (C). Quando invece asserisco un enunciato come

(G) Giovanni sa che Mozart è un compositore,

176Una teoria descrittivista come quella di Orilia (2010), che sembra immune dagli argomenti di Kripke, ci

costringerebbe comunque a postulare l'esistenza di entità esotiche (v. § 4.2.3).

non intendo tanto parlare di Mozart quanto di ciò che Giovanni sa su Mozart: in altri termini, delle Mozart-rappresentazioni relative alle conoscenze di Giovanni.178

Si può dire, dunque, che in un contesto non estensionale come quello generato dall'espressione 'Giovanni sa che […]', il significato del nome 'Mozart' non è la sua estensione primaria, cioè il suo referente, ma una delle sue estensioni secondarie, ovvero una certa collezione di Mozart- rappresentazioni (in questo caso, quelle relative alle conoscenze di Giovanni). In generale, propongo di definire la nostra nozione come segue:

(Def.) Estensione secondaria di 'N' ≡ Estensione primaria del predicato 'N-rappresentazione' (opportunamente ristretta).

Intuitivamente, si può pensare all'estensione secondaria di un nome come a un certo pacchetto di informazioni sul modo in cui i parlanti competenti di una lingua usano quel nome.179 Supponiamo che (G) sia vero: Giovanni sa che un certo individuo – proprio quello che i parlanti competenti chiamano 'Mozart' – è un compositore. Ma supponiamo anche che Giovanni non sappia come si chiama quell'individuo di cui sa che è un compositore. Un buon modo per introdurre Giovanni all'uso del nome 'Mozart' sarebbe quello di indicargli Mozart in carne ed ossa. Sfortunatamente, questo non è (più) possibile. Tutto quello che posso fare, in alternativa, è mostrargli qualche Mozart-rappresentazione: ad esempio, potrei pronunciare una descrizione verbale che comincia con «Mozart è un compositore austriaco di fine '700...». A quel punto, se sarò stato abbastanza informativo, Giovanni sarà in grado di associare il nome 'Mozart' alle sue Mozart-rappresentazioni, e potrà dunque usarlo nella maniera appropriata.

Ora, come sappiamo, non c'è un individuo in carne ed ossa che io possa puntare con il dito per introdurre un parlante all'uso del nome 'Sherlock Holmes'. Quello che posso fare, in alternativa, è mostrargli delle Sherlock|Holmes-rappresentazioni (come, ad esempio, le opere di A. C. Doyle). Nel linguaggio naturale, in effetti, troviamo diversi tipi di nome proprio:

ESTENSIONE PRIMARIA ESTENSIONI SECONDARIE Sergio Mattarella ✔ ✔

Sherlock Holmes

Omero ?

178Si ricordi che queste rappresentazioni possono anche essere soltanto mentali.

179A rigore, occorre sempre precisare la dipendenza dal contesto: l'estensione secondaria di un nome relativa a un certo contesto è un pacchetto di informazioni sul modo in cui il nome è usato in quel contesto. Per semplicità, ometterò

Alcuni, come 'Sergio Mattarella', hanno un'estensione primaria, mentre altri, come 'Sherlock Holmes', ne sono privi. Tutti però, nella misura in cui vengono utilizzati da parlanti competenti, sono intelligibili: secondo la terminologia che abbiamo adottato, hanno tutti (almeno) una estensione secondaria, intesa come l'espressione sensibile di una certa tradizione d'uso. In questo quadro, siamo in grado di spiegare (No-Ref) per i nomi propri:

(No-Ref) Sia t un termine singolare privo di denotazione: ci sono enunciati del tipo F(t) provvisti di significato, come suggerisce (ad esempio) il fatto che sembrano avere un valore di verità.180

Un enunciato atomico in cui occorre un nome proprio non denotante è comunque provvisto di significato perché il nome in questione ha (almeno) una estensione secondaria. Di conseguenza, siamo anche in grado di attribuirgli un valore di verità. All'enunciato 'Sherlock Holmes è un detective', ad esempio, attribuiamo il valore di verità VERO, dal momento che l'estensione secondaria del nome (vuoto) 'Sherlock Holmes' è inclusa nell'estensione secondaria del predicato 'detective': tutte le Sherlock|Holmes-rappresentazioni sono detective-rappresentazioni. Vedremo più avanti, nel prossimo capitolo, i dettagli formali di questo meccanismo semantico. Per il momento, è sufficiente registrare che la nostra teoria ci consente di spiegare (No-Ref), cioè di rendere conto della sensatezza (e della verità) di enunciati atomici in cui occorrono nomi vuoti.

Resta ancora da spiegare (Co-Ref). La nozione di estensione secondaria, in una forma più minimale di quella che abbiamo appena presentato, è stata in effetti introdotta da Goodman (1949) al fine di risolvere il paradosso dell'identità senza postulare oggetti intensionali come i sensi fregeani. Nel § 0.2, abbiamo considerato il paradosso in questa forma:

(P1) Gli antichi sapevano che Espero è Espero; (P2) Espero e Fosforo sono lo stesso oggetto; (C) Gli antichi sapevano che Espero è Fosforo.

Vediamo adesso perché, nella cornice che abbiamo delineato, la conclusione non segue davvero dalle premesse. Prima di tutto, si può osservare che tanto in (P1) quanto in (C) i nomi 'Espero' e 'Fosforo' non occorrono in un contesto puramente estensionale, ma nell'ambito dell'espressione 'Gli antichi sapevano che […]': data la nostra analisi, il loro valore semantico in (P1) e in (C) è dunque la loro estensione secondaria (relativa alle conoscenze degli antichi). In (P2), al contrario,

i nomi 'Espero' e 'Fosforo' occorrono in un contesto puramente estensionale, e pertanto il loro significato è qui la loro estensione primaria: l'individuo che denotano.

Ora, (P2) ci dice proprio che l'individuo denotato da 'Espero' e l'individuo denotato da 'Fosforo' sono lo stesso individuo. (P1), dal canto suo, ci informa di un fatto piuttosto banale: le Espero- rappresentazioni relative alle conoscenze degli antichi sono le Espero-rappresentazioni relative alle conoscenze degli antichi. Ma da questi due fatti, espressi rispettivamente dalle due premesse, non si può certo inferire che le Espero-rappresentazioni relative alle conoscenze degli antichi sono le Fosforo-rappresentazioni relative alle conoscenze degli antichi: al contrario, come sappiamo, si tratta di due diverse collezioni di rappresentazioni (tra le altre cose, ad esempio, le une sono stella|della|sera-rappresentazioni mentre le altre no). In generale, inferenze di questo tipo non sono valide perché il valore semantico dei termini rilevanti nella conclusione è diverso dal valore semantico dei termini rilevanti nell'enunciato di identità che figura tra le premesse.

Nel nostro caso, 'Espero' e 'Fosforo' hanno sì la stessa estensione primaria ma ciò non garantisce, ovviamente, che tutte le loro estensioni secondarie siano equivalenti (non lo sono, ad esempio, quelle relative alle conoscenze degli antichi): pertanto, non è sempre possibile sostituire 'Espero' con 'Fosforo' salva veritate nei contesti non estensionali, in cui il valore semantico di 'Espero' e di 'Fosforo' è una delle loro estensioni secondarie. La nostra teoria ci consente insomma di spiegare (Co-Ref) per i nomi propri:

(Co-Ref) Siano t e t' due termini singolari che denotano lo stesso oggetto: in alcuni casi, enunciati del tipo F(t) e F(t') – il secondo dei quali è ottenuto dal primo sostituendovi ogni occorrenza di t con un'occorrenza di t' – non hanno lo stesso significato.181

I casi rilevanti sono infatti quelli in cui t e t' hanno, come significato, una delle loro estensioni secondarie, e non tutte le estensioni secondarie di t e di t' sono tra loro equivalenti (benché t e t' siano termini co-referenziali, cioè provvisti della stessa estensione primaria). Può capitare dunque che un enunciato del tipo F(t') abbia un significato diverso da quello di un enunciato del tipo F(t) – e, in particolare, può capitare che abbia un diverso valore di verità.