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Il confronto con i dat

7.3 Esistenziali negativi.

Siamo finalmente giunti alla famiglia di dati più difficile da trattare: gli esistenziali negativi. Prima di tutto, nel § 7.3.1, mostrerò in quali modi è possibile analizzare questi enunciati in (NF) e farò alcune osservazioni di natura prettamente tecnica. In secondo luogo, nel § 7.3.2, affronterò il problema filosofico che fa da sfondo alle questioni semantiche, e che prende forma nel paradosso della (non-)esistenza: come è possibile affermare veridicamente, di qualcosa che non esiste, che quel qualcosa ha la caratteristica di non esistere? Infine, nel § 7.3.3, accennerò alle controparti mentali dei dati linguistici: come è possibile intrattenere relazioni intenzionali (come paura, ammirazione, compassione, ecc...) con cose che non esistono?

7.3.1 Tre proposte di analisi.

Rendere conto, in (NF), del fatto che enunciati come

(E) Pegaso non esiste

sono veri è piuttosto semplice. Assumendo che 'a' stia per 'Pegaso', possiamo tradurre (E) con

(E') ~ x (x = a) .

Più informalmente, potremmo dire che (nel dominio) non c'è un individuo identico al presunto individuo denotato da 'a'. In altri termini, diremmo qualcosa come

(M) 'Pegaso' è privo di denotazione.

L'analisi meta-linguistica degli esistenziali negativi, qui esemplificata dalla parafrasi di (E) con (M), si fa generalmente risalire a Frege.220 Church (1950) ha sollevato un noto argomento, ripreso poi da Kripke (1973) e Salmon (1998), contro questo tipo di strategia. L'enunciato inglese

219Ad esempio (S'), in (NF), verrebbe tradotto così (restringendo per semplicità il dominio di quantificazione alle

rappresentazioni finzionali che occorrono in Guerra e pace): xx yy (Pxx & ~Pyy & xx  yy), dove 'P' sta per 'essere puramente finzionale'.

(D) Pegasus does not exist

è senz'altro una buona traduzione dell'enunciato italiano (E). Secondo quanto prescritto dalla strategia meta-linguistica, (D) dovrebbe essere equivalente a

(L) 'Pegasus' lacks denotation.

Tuttavia, (L) non è una buona traduzione di (M): l'uno parla del nome inglese 'Pegasus', l'altro del nome italiano 'Pegaso'. In realtà, c'è un modo piuttosto semplice per aggirare problemi di questo tipo: sarebbe sufficiente chiarire che la lettura meta-linguistica degli esistenziali negativi non è vincolata a un qualche linguaggio in particolare, e neppure a una qualche variante particolare di un certo nome.221 Chi asserisce (E), intende dire che il nome 'Pegaso', insieme a qualsiasi altra espressione a esso equivalente, non denota alcunché.222

In ogni caso, ci sono almeno due modi alternativi di analizzare gli esistenziali negativi in (NF). Il primo consiste nel trattare (E) come un enunciato metatestuale, equivalente a

(F) Le Pegaso-rappresentazioni sono puramente finzionali.

Questo tipo di approccio risulta però poco intuitivo quando si considerano altri casi in cui è coinvolto il predicato di esistenza. Ad esempio, l'enunciato (falso)

(S) Sergio Mattarella non esiste

non sembra riguardare certe Sergio|Mattarella-rappresentazioni, ma proprio Sergio Mattarella in carne ed ossa, e pertanto appare scorretto parafrasarlo con

(S') Le Sergio|Mattarella-rappresentazioni sono puramente finzionali.

D'altra parte, trattare (E) in maniera diversa da (S), sulla base del fatto che il primo contiene un

221 Si tratta, in buona sostanza, della soluzione proposta da Sellars (1963) al problema da cui era afflitta la strategia

meta-linguistica di Carnap (1959): v. n. 169.

222Il nome in questione, pur con tutte le sue variazioni all'interno di una stessa lingua o in linguaggi differenti, sarebbe

comunque individuato dalla catena causale che inizia con la sua introduzione e prosegue con tutti gli usi che ne sono derivati: v. § 7.3.2.

nome finzionale mentre il secondo no, minerebbe l'uniformità teorica di (NF).223

Infine, un'ultima strategia ci è offerta dal predicato 'E!', che abbiamo già presentato nel § 6.2. Tipicamente, 'E!' viene introdotto per definizione:

(Def.) E!α  x (x = α) .

Tuttavia, per evitare che l'analisi di (E) come

(E'') ~ E!a

collassi nell'interpretazione meta-linguistica, basta introdurre 'E!' come primitivo: si tratterebbe di un autentico predicato di primo livello (e non della mera abbreviazione di una formula con quantificatore esistenziale e identità), soddisfatto da tutti gli individui del dominio.224 (E'') è vero, in (NF), perché non è altro che la negazione di un enunciato falso (cioè di un enunciato atomico in cui compare un termine singolare privo di portata esistenziale).

7.3.2 Come si può parlare di ciò che non esiste?

Comunque si scelga di analizzare gli esistenziali negativi, il paradosso della (non-)esistenza è bloccato dal rigetto della prima premessa:

(P1) Se nego l'esistenza di un oggetto, mi riferisco a questo oggetto; (P2) Se mi riferisco a un oggetto, questo oggetto esiste;

(C) Se nego l'esistenza di un oggetto, questo oggetto esiste.

Come abbiamo visto, infatti, il significato di un nome proprio non è esaurito dal suo riferimento: la mia asserzione di (E) è perfettamente intelligibile anche se il nome 'Pegaso' è privo di estensione primaria, dal momento che possiede (almeno) una estensione secondaria. Tipicamente, quando usiamo questo nome, parliamo della sua estensione secondaria canonica, espressione sensibile di una tradizione d'uso che inizia con la mitologia greca e attraversa i secoli, in diverse forme e con diversi mezzi, fino al momento presente in cui ne scrivo.

Non è davvero rilevante il fatto che quest'etichetta, 'Pegaso', abbia cambiato aspetto al mutare

223Lo stesso tipo di obiezione si può rivolgere, mutatis mutandis, alla strategia meta-linguistica.

224Un realista sugli universali direbbe anche che esprime un'autentica proprietà ordinaria, esemplificata da tutti gli

dei tempi o dei linguaggi. Possiamo supporre che, quando fu introdotta per la prima volta, sia stata scritta (o pensata) in caratteri greci, e non latini. E potremmo perfino supporre che, nella sua veste originaria, fosse assai diversa da come ci si presenta oggi – magari per ragioni fonetiche, o per qualunque altro motivo. Ciò che conta davvero è che si tratti sempre di un'unica, lunga e articolata catena causale. Per semplicità, potremmo indicare questo «super-nome» (che raccoglie i vari 'Πήγασος', 'Pegaso', 'Pegasus', ecc...) scegliendo arbitrariamente una delle sue varianti e scrivendola in grassetto: ad esempio, 'Pegaso'. Ora, ci si domanda: cos'è che rende significanti i

Pegaso-proferimenti e le Pegaso-iscrizioni (token)? Il fatto che si tratti di etichette, abbreviazioni

foniche o grafiche per pluralità di rappresentazioni finzionali.

Parlare di ciò che non esiste – dicendo, tra le altre cose, che ciò di cui si sta parlando non esiste – non vuol dire altro che parlare proprio di queste rappresentazioni finzionali, ovvero della manifestazione (materiale o mentale che sia) di una tradizione raffigurativa che appartiene, per volontà dei suoi artefici, al genere della finzione. Il fatto che, a tal fine, si impieghi tipicamente un nome proprio può generare l'illusione che ci sia, nella realtà, un denotato di quel nome. Ma questo fenomeno linguistico ha una spiegazione (metafisicamente) più semplice: un agente razionale comincia a produrre rappresentazioni di un oggetto fittizio (nel senso che, per quanto lui ne sappia, un oggetto del genere non esiste); a un certo punto del processo di produzione, introduce anche un nome proprio (il nome che l'oggetto fittizio ha nella storia); da questo istante ha inizio una catena causale attraverso la quale il nome di finzione si trasmette di parlante in parlante, consentendo di comunicare informazioni sulle rappresentazioni prodotte. Se si parla delle rappresentazioni mitologiche di un cavallo alato di nome Pegaso, è più rapido ed efficace dire semplicemente che Pegaso è un cavallo alato o che Pegaso è un personaggio mitologico: nella realtà, però, non c'è nient'altro che quelle rappresentazioni mitologiche.

7.3.3 Come si può pensare a ciò che non esiste?

Dire che sto pensando a Pegaso in questo momento è soltanto un modo rapido ed efficace per comunicare che nella mia mente, in questo momento, ci sono delle Pegaso-rappresentazioni. Lo stesso si può dire, a ben guardare, del mio pensare a Kripke: nella mia mente ci sono delle Kripke- rappresentazioni. La differenza sta nel fatto che alle seconde corrisponde un oggetto mentre alle prime no. Ora, questo pensare a «cose che non esistono» può avere sfumature e declinazioni assai diverse: ho paura del conte Dracula, ammiro Antigone, provo compassione per Anna Karenina, e così via. Ciò non vuol dire che io abbia paura, ammiri o provi compassione per delle rappresentazioni finzionali. Vuol dire piuttosto che le Dracula-rappresentazioni mi suscitano

paura, le Antigone-rappresentazioni ammirazione e le Anna|Karenina-rappresentazioni compassione.225 In altri termini, c'è una causa della mia paura, le Dracula-rappresentazioni (quelle

materiali che leggo nel romanzo di Bram Stoker insieme a quelle mentali che prendono forma mentre sto leggendo), e tanto basta a spiegare, sul piano metafisico, lo stato intenzionale in cui mi trovo. D'altra parte, che ne sia consapevole o meno, ho paura di «qualcosa che non esiste»; non nel senso che l'oggetto della mia paura è un individuo non esistente, ma nel senso che non c'è davvero un individuo di cui io abbia paura. Il problema sollevato dal fatto che io possa provare autentiche sensazioni di paura pur sapendo benissimo che Dracula non esiste, o che possa piangere sul tragico destino di Anna Karenina pur sapendo che Anna Karenina non è mai esistita, mi pare che riguardi più la psicologia che non la metafisica.

225Si noti per inciso che, anche in questo caso, la predicazione è collettiva e/o generica: non è vero di ciascun membro

della pluralità rilevante che mi suscita paura, ammirazione o compassione; è vero dell'intera pluralità nel suo complesso e/o dell'intera pluralità genericamente.

CONCLUSIONI