Questioni ontologiche
2.2 Argomenti pro fictis.
2.2.1 Tavola delle categorie e finta parsimonia.
Prima di tutto, assumiamo come nozioni primitive la relazione di dipendenza ontologica, la proprietà di essere esteso nello spazio-tempo e la proprietà di essere uno stato mentale. Prendiamo le mosse, cioè, dall'idea piuttosto intuitiva di un mondo fatto di oggetti concreti (estesi nello spazio- tempo) e stati mentali, e costruiamo la tavola sulla base dei diversi modi in cui altre entità possono dipendere da queste. Avremo così a un estremo le entità puramente materiali, indipendenti dalla mente, e le entità puramente ideali, indipendenti dagli oggetti concreti, e all'altro estremo le entità dipendenti rigidamente e costantemente da stati mentali o da oggetti concreti, ovvero – rispettivamente – stati mentali e oggetti concreti. Tra questi due poli vi è una serie di categorie intermedie comprendenti quelle entità che dipendono in varia misura dalla mente o che non sono del tutto prive di proprietà spazio-temporali (come invece gli enti ideali). Avremo così le categorie di entità (RHD) e (GHD), le categorie di entità (non-RD) e (GD), ecc... Naturalmente, tra i vari tipi di dipendenza ci sono precise relazioni di implicazione: se un'entità è (RCD) allora è anche (GCD), se un'entità è (GHD) allora è anche (GD), e così via. Ciò comporta l'esclusione immediata di alcune categorie, in quanto impossibili: per esempio, le categorie di entità (RCD) ma non (GCD) sono necessariamente vuote dal momento che, come abbiamo sottolineato, è impossibile che un'entità sia (RCD) e non (GCD).66
Una volta costruita la tavola, il compito dell'ontologia consiste nel decidere quali, tra le categorie possibili, sono vuote e quali non lo sono. Chiaramente, in questo modo si è in grado di valutare l'intero spettro delle possibilità e operare le scelte opportune in maniera coerente e rigorosa. Proviamo dunque ad applicare questo potente strumento al caso che ci interessa. Sappiamo già che la categoria in cui si troverebbero i ficta, qualora esistessero, è quella delle entità (RHD), ma non (RCD), e (GCD):67 Sherlock Holmes è (RHD) da Arthur C. Doyle e (GCD) da una copia qualsiasi – anche mentale – di una qualche storia di finzione in cui compare. Dobbiamo chiederci, a questo punto, se la categoria in questione è vuota oppure no. Come decidere? Una procedura piuttosto tipica è la seguente: assumiamo, per ipotesi, che la categoria è non vuota, e confrontiamo costi e benefici della nostra assunzione ipotetica.
66Lo schema delle relazioni di implicazione e le tavole delle categorie, costruite in base alla dipendenza da stati mentali
e da entità concrete (real entities), si trovano in Thomasson (1999), pp. 123-4.
Ai benefici principali abbiamo già accennato: questa mossa ci consente di spiegare nel modo più semplice possibile i nostri discorsi (e i nostri pensieri) sui personaggi di finzione, e in generale sulle entità che appartengono alla categoria in questione. Il costo più grave è invece, naturalmente, l'introduzione di nuove entità che potrebbero rivelarsi tutto sommato superflue e che, in ogni caso, complicano la nostra ontologia. L'anti-realista ha in effetti il diritto di ricercare soluzioni alternative innanzitutto per ragioni di «economia»: meglio essere parsimoniosi ed evitare l'acquisto di nuove entità che, per giunta, potrebbero poi dimostrarsi inutili. Tuttavia, argomenta Thomasson, l'esclusione degli oggetti finzionali, o addirittura dell'intera categoria di entità (RHD)/(non-RCD) e (GCD), dall'inventario del mondo non è un autentico caso di parsimonia ontologica: non sempre, infatti, l'appello al rasoio di Ockham è ben motivato. In particolare, si possono distinguere almeno due casi di finta parsimonia.68
Primo caso: rigettare certe entità pur accettandone altre dello stesso genere. Ciò su cui vogliamo «risparmiare», infatti, non è propriamente il numero delle entità, ma piuttosto il numero dei generi o delle categorie di entità. Questo vale in effetti per qualsiasi tipo di tassonomia: il mio catalogo zoologico non è più parsimonioso perché contiene quattromila gatti invece di cinquemila; tutt'al più, lo sarebbe se ci fossero buone ragioni per escludere in toto il genere dei gatti. Anche in una mossa di questo tipo, però, può annidarsi un secondo rischio di finta parsimonia: rigettare certe entità ma accettarne altre che, pur appartenendo a una diversa categoria, presentano caratteristiche notevolmente simili alle prime. Ora, secondo Thomasson, chi tenta di escludere gli oggetti finzionali dall'inventario ontologico per ragioni di economia, incappa in un caso o nell'altro di finta parsimonia: vediamo perché.
In un primo momento, si potrebbe pensare che le opere letterarie e i personaggi che vi compaiono siano oggetti tra loro assai differenti: entità linguistiche i primi, persone immaginarie (o qualcosa del genere) i secondi. A ben guardare, però, ci si rende conto che abbiamo a che fare, in entrambi i casi, con dei prodotti culturali: artefatti astratti creati dalle nostre attività intenzionali. In effetti, troviamo le opere letterarie esattamente nella stessa categoria degli oggetti finzionali. Proprio come Sherlock Holmes, l'esistenza di A Study in Scarlet dipende genericamente e costantemente dall'esistenza di una qualche sua replica, fisica o mentale che sia; rigidamente e storicamente dall'esistenza del suo creatore, Arthur C. Doyle; e non dipende in maniera rigida e costante dall'esistenza di alcunché. In altre parole: Sherlock Holmes e A Study in Scarlet si trovano nella stessa categoria, quella delle entità (RHD)/(non-RCD) e (GCD).69 È questo il motivo per cui,
68Thomasson (1999, pp. 138-9) ne distingue tre, ma possiamo sorvolare sul terzo dal momento che non ha a che fare
con l'argomento che stiamo esaminando.
se un anti-realista tenta di sbarazzarsi degli oggetti finzionali riformulando i discorsi sui personaggi come discorsi sulle opere letterarie in cui compaiono, incappa nel primo caso di finta parsimonia.70
Se accetti l'esistenza di opere letterarie, fare a meno degli oggetti finzionali non renderà più parsimonioso il tuo inventario.
Supponiamo che l'anti-realista accetti, fin qui, il ragionamento di Thomasson. La sua mossa successiva sarà probabilmente quella di rigettare l'intera categoria. Ma ecco che incappa nel secondo caso di finta parsimonia: infatti, egli non vorrà rinunciare a cose come le teorie scientifiche, gli universali e i numeri, (GCD) da entità concrete, oppure a cose come i contratti, i governi e le leggi, (GCD) da stati mentali. Eppure, la categoria rigettata non è altro che il risultato della combinazione di queste due caratteristiche: gli oggetti finzionali e le opere di finzione sono (GCD) tanto da entità concrete quanto da stati mentali. In altre parole, i ficta e le proprietà, o le opere letterarie e i contratti, pur essendo in categorie differenti, presentano delle somiglianze rilevanti. Se accetti l'esistenza degli universali o dei contratti, fare a meno degli oggetti finzionali e delle opere di finzione non renderà più parsimonioso il tuo inventario.
Un caso di parsimonia autentica sarebbe quello in cui si rigettassero tutte le entità dipendenti da stati mentali (tranne, eventualmente, gli stati mentali stessi), oppure quello in cui si rigettassero tutte le entità astratte – cioè, (non-RCD) da entità estese nello spazio-tempo. I costi di simili esclusioni, tuttavia, sarebbero altissimi: nel nostro inventario ontologico mancherebbe qualsiasi oggetto sociale, come scuole, chiese e governi, oppure entità ideali come i numeri e le proprietà. Mostrare che ci bastano le entità concrete e/o gli stati mentali per rendere conto della grande varietà del nostro mondo è un compito arduo, forse impossibile da svolgere sino in fondo. Piuttosto, otteniamo una raffigurazione abbastanza fedele della realtà di ogni giorno ammettendo in primo luogo entità concrete e stati mentali, e poi tutto ciò che dipende dalle entità già ammesse, con la consapevolezza che eliminare una categoria e conservarne altre ad essa affini in modo rilevante non renderebbe più parsimonioso, ma soltanto meno ricco, il mio inventario.
Ora, in prima battuta si può replicare all'argomento di Thomasson che esso sembra presupporre essenzialmente il suo sistema categoriale, basato sulla nozione primitiva di dipendenza ontologica. Supponiamo però di voler costruire una tavola con criteri diversi da quelli considerati fin qui; ad esempio, basandoci sulla distinzione tra oggetti, proprietà, relazioni e stati di cose, oppure sulle dicotomie astratto/concreto e necessario/contingente. Ebbene, pur variando i criteri, oggetti finzionali e opere di finzione sembrano trovarsi comunque nella stessa categoria: entrambi in
70Cfr. ad esempio: Adams, Fuller, Stecker (1997), p. 139, e Sainsbury (2010), p. 150 – sulla sua proposta in merito ci
quella degli oggetti, o in quella delle entità astratte, o in quella delle entità contingenti. Naturalmente, però, questo è vero se prendiamo per buona la metafisica artefattualista: è l'artefattualista a caratterizzare i ficta e le opere in cui compaiono come oggetti astratti e contingenti. Senz'altro, dunque, l'argomento di Thomasson presuppone essenzialmente almeno la sua metafisica. Se non ammetto che oggetti finzionali e storie di finzione abbiano la stessa natura, o natura affine in modo rilevante, l'accusa di finta parsimonia cade.
Inoltre, ci sono buone ragioni per dubitare che l'obiettivo di costruire una tavola esaustiva delle categorie sia davvero perseguibile. Al netto dei presupposti metafisici, infatti, disponendo di una griglia completa si potrebbe comunque valutare, sotto determinate ipotesi, se l'esclusione di certe entità sia espressione di parsimonia autentica oppure no. Il problema è che la costruzione di una griglia della cui esaustività si possa star sicuri sembra un'impresa destinata al fallimento. Consideriamo, a titolo di esempio, proprio la tavola delle categorie di Thomasson: come osserva Varzi (2005), ci sono distinzioni che in essa, malgrado la sua eleganza e generalità, scompaiono. Così come distinguo tra me stesso (entità fisica) e il mio desiderio di fumare (entità mentale), posso fare una distinzione analoga tra Zeno Cosini (entità fisica finzionale) e il suo desiderio di fumare (entità mentale finzionale). Tuttavia, nella tavola di Thomasson, queste entità vengono trattate indistintamente come (RHD)/(non-RCD) e (GCD), categoria nella quale troveremo anche le passeggiate di Zeno (eventi finzionali), la sua inettitudine (proprietà finzionale), ecc...71 Se queste distinzioni sono legittime, dobbiamo concluderne che il sistema – dal momento che le ignora – non esaurisce le articolazioni del reale.
Ma supponiamo che sia effettivamente possibile costruire una tavola esaustiva delle categorie, sulla cui base saremmo dunque in grado di fare le nostre scelte ontologiche in maniera rigorosa e sistematica. Volendo essere parsimoniosi alla maniera suggerita da Thomasson, non dobbiamo escludere alcuna categoria se non siamo disposti a escluderle tutte, meno le più fondamentali. Ora, di fronte a una conseguenza del genere, si potrebbe certo dubitare dell'adeguatezza di una siffatta nozione di parsimonia autentica: le nostre intuizioni pre-teoriche, infatti, sembrano resistere all'idea che non ci sono livelli intermedi di semplicità tra l'ammettere tutte le categorie possibili previste dalla tavola e l'ammetterne soltanto le più fondamentali.