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3. Un modo distorto di sperimentare il peso, la dimensione e la forma del corpo: le persone affette da anoressia nervosa sembrano non percepire

2.7.1 Condizioni predisponenti

Per ciò che riguarda le condizioni predisponenti, esistono dei fattori di rischio socioculturali e dei fattori di rischio individuali.

Come abbiamo visto, la cultura occidentale può facilitare l’insorgere del disturbo anoressico. Hilde Bruch si dichiara incline a pensare che l’anoressia sia collegata con l’accento esagerato che la moda pone sull’aspetto snello: «le riviste, i film e la televisione inculcano, giorno dopo giorno, l’idea che solo chi è sottile può essere amato e rispettato.» 63

Strettamente connesso a questo fattore è il pregiudizio nei confronti del sovrappeso, che tende a considerare le persone grasse come poco attraenti, prive di autocontrollo, meno affidabili.

Un altro importante fattore riguarda le richieste sociali che vengono rivolte alle donne: si chiede loro di essere libere, indipendenti e di successo, ma anche di ricoprire i ruoli tradizionali di moglie e di madre. La Bruch spiega che molte sue pazienti si sentono travolte da un numero troppo ampio di scelte possibili, sicché

62 Dalle Grave Riccardo, Alle mie pazienti dico..., Positive Press, Verona, 2002&, p. 111

63 Bruch H. (1978), La gabbia d’oro. L’enigma dell’anoressia mentale, Feltrinelli, Milano, 1983, p. 12

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temono di non fare quella giusta. In seguito a tali pressioni, persone fragili e insicure possono credere di non avere un adeguato controllo sulla propria vita e di conseguenza possono cercare di esercitarlo sul proprio corpo.

Questi fattori socioculturali sembrano avere una particolare influenza su quei soggetti che presentano determinate caratteristiche individuali.

Nel capitolo precedente, abbiamo visto che l’anoressia si manifesta prevalentemente tra gli adolescenti e in particolare tra le ragazze. Quindi età e sesso rappresentano dei fattori di rischio individuali.

In una società che enfatizza così tanto la bellezza e la magrezza, sono soprattutto le giovani donne ad essere maggiormente sensibili a questo tipo di messaggi e a vedere nella dieta un modo per essere socialmente più apprezzate.

Come abbiamo già detto però, non tutte le ragazze che si mettono a dieta sviluppano il disturbo anoressico. Dalle Grave evidenzia che tra i soggetti che intraprendono una dieta, coloro che poi svilupperanno l’anoressia presentano una particolare vulnerabilità psicologica. Si tratta di persone che hanno una scarsa autostima, che sono molto critiche verso se stesse e si considerano inadeguate in ambito sociale e personale.

La Bruch sostiene che «nel profondo, ogni anoressico è convinto di essere fondamentalmente inadeguato, di poco valore, inferiore e disprezzato dagli altri.

Vive in un mondo immaginario assunto come reale, dove avverte che la gente intorno a lui – la famiglia, gli amici, il mondo in genere – lo guarda dall’alto in basso con disapprovazione, pronta a criticarlo appena possibile. Tutti i suoi

sforzi per raggiungere la magrezza e quindi la perfezione sono diretti a mantenere nascosta la pecca fatale della sua fondamentale insicurezza.»64

In una cultura dominata dall’ideale della magrezza, il controllo del peso può apparire a queste persone come un mezzo per dimostrare agli altri e a se stessi di valere qualcosa. Ancora prima dell’insorgenza della malattia, questi soggetti tendono a giudicare il proprio valore principalmente in base a quello che dicono la bilancia e lo specchio, in quanto sono estremamente sensibili ai modelli di bellezza imposti dalla società occidentale e la dieta appare loro come un modo per sentirsi più sicuri di se stessi.

Si tratta inoltre di persone estremamente perfezioniste. Questa è una caratteristica fondamentale delle persone predisposte a sviluppare la patologia anoressica. Esse tendono a valutarsi in relazione ai risultati raggiunti, che devono essere assolutamente eccellenti in ogni campo (scuola, lavoro, danza, attività sportive ecc.); quando questi soggetti non riescono nei loro intenti si sentono profondamente insoddisfatti di se stessi.

“Tutto o nulla”: è questo il loro modo di pensare. Il non riuscire a raggiungere la perfezione porta inevitabilmente a rafforzare la mancanza di autostima e di conseguenza a cercare di evitare le situazioni che l’individuo sente di non riuscire a gestire.

Il perfezionismo spinge a dover controllare totalmente ogni aspetto della propria vita, ma poiché sono pochissime le aree dove è possibile avere un

64 Bruch H. (1988), Anoressia. Casi Clinici, Raffaello Cortina, Milano, 1988, p. 3

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controllo perfetto, è comprensibile che queste persone rivolgano l’attenzione verso se stesse e in particolare verso il proprio corpo.

Un altro fattore di rischio individuale, strettamente connesso ai precedenti, è rappresentato dall’ambiente familiare in cui la ragazza è cresciuta. Gordon afferma che le anoressiche spesso crescono in famiglie in cui viene attribuita molta importanza al successo personale, all’aspetto esteriore e al controllo del peso e pertanto appaiono inclini ad attribuire un grande valore a questi fattori.65

La Bruch e la Selvini Palazzoli concordano con queste affermazioni ed aggiungono che il nucleo centrale dello sviluppo della malattia sia da attribuire ad una relazione disturbata tra madre e figlia, in particolare nelle prime fasi della vita di quest’ultima (questo argomento sarà approfondito nel capitolo seguente).

Tale relazione sarebbe caratterizzata da una carenza di risposte appropriate da parte della madre ai bisogni e agli impulsi della figlia, i quali rimarrebbero di conseguenza scarsamente differenziati, mettendola perciò nell’incapacità di far fronte alle richieste provenienti dall’ambiente esterno. A ciò si aggiunge il fatto che queste giovani siano fortemente avviluppate nel legame familiare;

superficialmente, la relazione con i genitori sembra buona, ma in realtà è troppo stretta e coinvolgente e non permette che si sviluppi appieno il necessario processo di separazione e di individuazione.

Perciò, quando esse entrano nell’adolescenza, non sono preparate ad affrontare i problemi evolutivi tipici di quest’età, che richiede una maggiore indipendenza e una certa autonomia nelle scelte.

65 Gordon R. (1990), Anoressia e bulimia -Aanatomia di un’epidemia sociale, Raffaello Cortina, Milano, 20042, p. 23

Queste ragazze crescono con uno scarso senso di autonomia e di identità che non permette loro di riconoscersi come persone che hanno un proprio valore.

Si tratta generalmente di figlie compiacenti, che hanno un enorme bisogno di approvazione e che pertanto assecondano ogni richiesta che viene fatta loro.

Sotto questa maschera di buona condotta però, esse si sentono profondamente fragili, insicure e obbligate a dover dimostrare di valere qualcosa.

Da tutto ciò deriva il bisogno di creare una facciata di perfezione dietro la quale nascondere le proprie debolezze.

Ecco cosa dice Hilde Bruch in proposito: «la persuasione di essere incapace e immeritevole è così profonda che la paziente si rifugia dietro la maschera della superiorità quando sente il minimo dubbio su se stessa o si trova di fronte a un disaccordo. Le anoressiche temono ogni cambiamento e hanno paura di abbandonare la falsa realtà in cui vivono. Prive come sono di direttrici interiori, si affidano eccessivamente alla lode e alla buona opinione di quanti le circondano. Si sentono al riparo da rimproveri e critiche solo se riescono a mantenere l’immagine della perfezione agli occhi altrui.» 66

66 Bruch H. (1978), La gabbia d’oro. L’enigma dell’anoressia mentale, Feltrinelli, Milano, 1983, p. 158

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