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Il quadro dell’anoressia mentale

«Quando Alma si presentò per un consulto sembrava uno scheletro ambulante.

Era scarsamente abbigliata; aveva dei pantaloncini da cui le gambe uscivano come manici di scopa e un prendisole che lasciava vedere tutte le costole e le scapole, che sporgevano come delle piccole ali. Braccia e gambe erano ricoperte da una morbida peluria, la carnagione aveva un colorito giallastro e i capelli secchi pendevano come cordicelle. La cosa che colpiva di più era il viso:

incavato come quello di una vecchia raggrinzita da una malattia che la consuma, gli occhi infossati, un naso appuntito nel quale era visibile la giunzione tra setto osseo e cartilagineo. Quando parlava o sorrideva si vedeva ogni movimento dei muscoli intorno agli occhi e alla bocca. Tuttavia, lei insisteva nel dire che il suo aspetto era ottimo e che si sentiva in perfetta forma.» 54

Ecco come Hilde Bruch descrive Alma, una sua paziente divenuta anoressica all’età di quindici anni. Il padre le aveva detto di stare attenta al suo peso e lei aveva accolto quest’idea con grande impegno, iniziando a seguire una dieta molto rigida. L’essere riuscita a dimagrire le dava un senso di orgoglio, di potere e di conquista. Alma temeva di diventare troppo grassa se aumentava appena di trenta grammi, così, oltre alla dieta, aveva iniziato un intenso programma di attività fisica. In breve tempo, il suo peso passò da 54 ad appena 32 Kg.

54 Bruch H. (1978), La gabbia d’oro. L’enigma dell’anoressia mentale, Feltrinelli, Milano, 1983, p. 17-18

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Attraverso le testimonianze fatte dai più importanti studiosi che si sono occupati di anoressia, possiamo tracciare un quadro molto preciso di questa patologia.

Mara Selvini Palazzoli afferma che le ragazze anoressiche da lei esaminate presentano sempre delle caratteristiche tipiche.55 Di solito vengono condotte dal medico dai familiari e si mostrano riluttanti, fredde, scostanti e controllate.

Esse affermano di stare benissimo, sono del tutto indifferenti al loro evidente stato di denutrizione e non si rendono conto di essere malate.

Hanno una percezione distorta del loro fisico; stanno di frequente davanti allo specchio, preoccupandosi irrealisticamente del loro aspetto, che non giudicano mai abbastanza magro. Si pesano più volte al giorno e spesso passano il tempo ad ispezionare il proprio corpo per verificare che non si siano formati degli accumuli di grasso; il fatto di riuscire a toccare e a contare le proprie ossa le tranquillizza, perché indica loro che “sta andando tutto bene”.

Per evitare le critiche dei genitori, tendono a nascondere il loro comportamento e sovente cercano di mascherare l’eccessiva magrezza dentro vestiti larghi e raccontando molte bugie su quanto hanno mangiato e su quanto pesano.

Si tratta di ragazze iperattive, costantemente impegnate in qualche attività che sentono di dover svolgere alla perfezione. Tuttavia, la loro energia contrasta con il loro aspetto debole ed emaciato.

55 Selvini Palazzoli M., L’anoressia mentale. Dalla terapia individuale alla terapia familiare, Feltrinelli, Milano, 19958, p. 39

Come osserva Stunkard,56 oltre alla convinzione di essere grasse, anche l’iperattività e il diniego della stanchezza devono essere considerati come espressione di un’alterata consapevolezza percettiva del proprio corpo.

Il loro contegno nei riguardi del cibo, pur nascondendosi sotto i più vari pretesti, si riassume in una seria limitazione dell’apporto alimentare. Tale limitazione raramente è drastica fin dall’inizio, più spesso inizia subdolamente e per qualche tempo può passare inosservata. Le ragazze dichiarano di non avere molta fame, oppure di avere una cattiva digestione e così cominciano ad evitare certi cibi, di solito i più calorici, arrivando a poco a poco a non mangiare quasi nulla.

In realtà, come abbiamo già visto, le anoressiche sentono lo stimolo della fame, ma rifiutano il cibo perché sono fortemente motivate a dimagrire. Tuttavia, proprio ciò che esse rifiutano è per loro una cosa molto importante, forse la più importante.

Frequente è il loro interesse per la cucina e la conoscenza di molte ricette, inoltre sono interessate ed esigenti per il pochissimo che mangiano; si arrabbiano se in casa manca l’alimento desiderato e il fatto di dover vivere in un luogo dove il cibo sia scarso o controllato le angoscia.

La Selvini Palazzoli riporta il caso di una sua amica malata da diversi anni, la quale si sentiva tremendamente frustrata e impaurita nel trovarsi in ambienti ove il cibo non fosse costantemente abbondante e disponibile: «Durante un ricovero

56 Stunkard A. J., The dieting depression. Incidence and clinical characteristics of untoward responses to weight reduction regimens, in “Amer. J. Med,” 23, 1957, pp. 77-86.

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in clinica, pur non mangiando praticamente nulla, stimolava suore e infermiere a preparare i piatti più fantasiosi e invitanti.» 57

Molto spesso, le anoressiche mettono in atto quella che viene definita

“alimentazione vicaria,” cioè sviluppano il desiderio di vedere che gli altri mangiano proprio ciò che esse si sono proibite. Ecco quindi che preparano pietanze succulente ed elaborate che non assaggiano nemmeno, ma che offrono (e spesso impongono) ai familiari. Per parte loro sono estremamente suscettibili e non tollerano esortazioni riguardo alla loro alimentazione.

L’ordine del normale ritmo alimentare viene sovvertito. Esse non osservano i pasti, ma pizzicano qualche boccone durante la giornata. Non parlano mai del loro cibarsi ed amano circondare la cosa di segretezza. Nessuno sa mai precisamente quando e quanto abbiano mangiato.

Inoltre, tutte le pazienti hanno in comune un senso di disagio nel mangiare insieme agli altri.

Non amano stare a tavola coi familiari; preferiscono mangiare da sole, in cucina o nella loro stanza, dove possono eseguire indisturbate i loro rituali nei confronti del cibo, che viene attentamente selezionato, pesato, osservato, ridotto in minutissimi pezzi e masticato a lungo. Se vengono costrette a mangiare, tendono a nascondere il cibo, oppure lo danno agli animali o lo gettano via.

Di solito, la malattia inizia nella forma passiva, cioè con la semplice riduzione dell’apporto alimentare. Col tempo però, essa si complica nella forma attiva: la ragazza inizia cioè ad adottare dei comportamenti finalizzati all’espulsione o al

57 Selvini Palazzoli M., L’anoressia mentale, Feltrinelli, Milano, 1963, p. 31.

non assorbimento del cibo da parte dell’organismo, tra cui l’uso di lassativi, di diuretici o di altri farmaci, il vomito autoindotto e la pratica eccessiva di attività fisica allo scopo di perdere peso. Tali comportamenti vengono attuati soprattutto se la ragazza cede ad un attacco bulimico.

Infatti, se l’anoressica persiste nel suo stato di denutrizione per un lungo periodo, gli spasmi della fame divengono intollerabili e la rigida disciplina della dieta può essere interrotta da un impulso irresistibile ad abbuffarsi.

Come fa notare Hilde Bruch, le ragazze che imboccano la strada delle orge alimentari, seguite da comportamenti di eliminazione del cibo, sono inizialmente convinte di aver trovato la soluzione ideale: possono cedere al desiderio impellente di mangiare, ingurgitare tutto quello che vogliono e riuscire a restare magre. Tuttavia, col passare del tempo, l’orgoglio per aver saputo ingannare la natura soccombe alla sensazione di essere prede impotenti dei loro impulsi.

Il rimpinzarsi di cibo non è più una maniera di calmare la fame, ma una compulsione terrificante, cui è impossibile sfuggire.

L’abbuffata viene vissuta allora come una perdita di controllo su se stessa e quindi come un fallimento. Questi sentimenti trovano espressione in frasi come:

«Non oso più mangiare. Se prendo appena un boccone ho paura che non saprò più fermarmi.» 58

Quando la dieta diventa troppo drastica, il corpo attua dei meccanismi biologici funzionali alla sopravvivenza; viene così prodotta una quantità di serotonina (neurotrasmettitore che seda la sofferenza e il dolore) molto superiore

58 Bruch H. (1973), Patologia del comportamento alimentare, Feltrinelli, Milano, 1977

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alla norma e così, per i primi tempi, queste ragazze sentono di avere una grande energia. Questo periodo, che è il più critico per quanto riguarda l’instaurarsi della malattia, viene definito “luna di miele con l’anoressia” e rende molto difficile la sua cura, perché le ragazze hanno la sensazione di aver trovato un rimedio efficace per i loro problemi. 59

Con il protrarsi della dieta, che diventa sempre più restrittiva, anche questo vantaggio iniziale viene a mancare ed inizia la fase della depressione, della fobia per il cibo, della percezione errata della propria immagine corporea e degli altri problemi che ho precedentemente esposto.

Come si può comprendere, ogni azione e ogni pensiero di un’anoressica sono caratterizzati da un contrasto: l’impulso fisiologico a mangiare e il desiderio di non mangiare per poter essere sempre più magre e poter affermare se stesse.

Lo scontro tra un’esigenza naturale e il desiderio di controllarla non è semplice e lo sforzo necessario per vincere questa battaglia quotidiana è così imponente che non lascia assolutamente tempo per altre cose. I genitori, gli amici, le relazioni erotiche, passano in secondo piano, assumono un valore irrilevante.

Fabiola De Clercq60 afferma che la parola “controllo” costituisce l’aspetto centrale della quotidianità della ragazza anoressica: controllo delle proprie

59 La fonte di queste informazioni è l’Associazione PR.A.TO. (Prevenzione Anoressia Torino)

60 De Clercq Fabiola, Tutto il pane del mondo. Cronaca di una vita tra anoressia e bulimia,, Bompiani, Milano, 2004

La De Clercq è una ex anoressica ed è fondatrice e presidente dell’ABA, l’Associazione per lo studio e la ricerca sull’anoressia, la bulimia e i disordini alimentari, la prima realtà italiana che ha promosso la cura di questi disagi. La modalità terapeutica dell’ABA è la cura dei disordini alimentari attraverso piccoli gruppi monosintomatici, chiamati così perché formati da persone che soffrono dello stesso disturbo nel rapporto col cibo.

pulsioni, controllo del peso, controllo del cibo, controllo delle dimensioni del corpo, controllo delle sensazioni che possono scaturire da un pasto. Esercitando il controllo sulla funzione alimentare, le anoressiche hanno la sensazione di avere una personalità, quindi sopportare la fame e vedersi dimagrire sempre di più dà loro una tale fierezza che sono disposte a sopportare qualunque cosa.

Nell’anoressia il corpo è lo strumento per raggiungere la perfezione, identificata con la magrezza, esercitando un dominio assoluto sui bisogni fisici, che non vengono più ascoltati e soddisfatti.

Essere anoressica significa mortificare ogni diritto vitale, non concedersi nessuna gratificazione e mantenere il controllo di questa volontaria e perenne privazione.

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