6. L’ ingresso illegale
6.2. La condotta incriminata e l’elemento normativo dell’illegalità dell’ingresso
Alla luce di quanto esposto in ordine alla disciplina dell’accesso degli stranieri al territorio nazionale, rientrano certamente tra le condotte incriminate quali ingressi
“illegali”:
1) entrare senza passare per i valichi di frontiera, salvi casi di forza maggiore;
2) entrare senza passaporto o documento equivalente;
3) entrare senza visto, salvo i casi di esenzione414.
Non sembra sostenibile, come pure alcuni autori hanno proposto, di considerare come “ingresso illegale”, ai fini della norma incriminatrice, solo l’ipotesi in cui lo straniero entri in Italia sottraendosi ai controlli ai valichi di frontiera415.
414 Cfr. RENOLDI C., I nuovi reati di ingresso e di permanenza illegale dello straniero nel territorio dello Stato, cit., p. 44; CORTE DI CASSAZIONE, Relazione n. III/09/09, p. 46; AMATO G., Contestazione a carico della polizia giudiziaria, in Guida al diritto, 29 Agosto 2009, n. 34, p. 39.
415 E’ la tesi di CENTONZE S., Sicurezza e immigrazione, cit., 104 ss.
La norma, infatti, fa generico rinvio alle norme del testo unico immigrazione e comprende pertanto ogni tipo di violazione delle disposizioni in materia di ingresso.
Oltre ai casi indicati, dalla disciplina positiva che regolamenta l’ingresso, sommariamente ricordata nel paragrafo precedente, emergono anche ulteriori ipotesi in grado di integrare il fatto tipico configurato dall’art. 10 bis. Così nel caso in cui lo straniero riesca a fare ingresso pur trovandosi in una delle situazioni ostative all’ammissione nel nostro paese, elencate nel comma 3 dell’art. 4 t.u. immigrazione (elenco che la stessa legge n. 94 del 2009, come abbiamo visto, ha ampliato).
In tale evenienza lo straniero dovrebbe essere respinto, ma è ben possibile che egli entri comunque nel territorio nazionale, come ad es. nel caso in cui non vi siano stati controlli alla frontiera nazionale. Anche tale ingresso avviene formalmente in violazione delle disposizioni del D.Lgs. n. 286 del 1998, sussistendo una causa ostativa e, pertanto, deve ritenersi integrata la fattispecie dell’ingresso illegale416. In tali casi potrà comunque eventualmente rilevare sul piano dell’elemento soggettivo, la mancata conoscenza in fatto, ove incolpevole, della condizione ostativa all’ingresso, ovvero, se inevitabile, l’errore ex art. 5 c.p. sul carattere impeditivo della condizione ostativa.
In relazione all’ampio rinvio alle norme del t.u. immigrazione, deve ritenersi rientrare, inoltre, nella nozione di ingresso “illegale”, ai fini della disposizione in esame, anche l'ingresso avvenuto sulla base di documenti o di titoli ottenuti in modo illecito, analogamente a quanto affermato per l’art. 12 t.u. immigrazione, che punisce ogni atto diretto procurare «l’ingresso illegale» nel territorio nazionale.
Con riferimento all’art. 12 t.u. immigrazione la giurisprudenza prevalente ritiene, infatti, che rientrino nell’ambito dell’incriminazione anche i casi di casi in cui il visto di ingresso sia richiesto ed eventualmente ottenuto fraudolentemente o mediante simulazione dei necessari presupposti417. L’ingresso, in altri termini, è da considerare illegale anche nei casi in cui sia avvenuto in forma apparentemente legittima, ma con elusione delle norme previste dal t.u. immigrazione ovvero in violazione di qualsiasi norma contenuta nel D.Lgs. n. 286/1998418. Ad esempio,
416 Così BRICCHETTI R. e PISTORELLI L., L’ingresso illegale diventa reato di clandestinità, cit., p. 30.
417 Cass. pen., sez. I, 8 maggio 2002, n. 22741, Rv. Ced Cassazione 222031; Cass. pen., sez. I, 19 settembre 2002, n. 33589, Rv. Ced Cassazione. 222345.
418 Con riferimento all’art. 12 t.u. immigrazione, in questi senso CALLAIOLI, sub art. 12, in AA.VV.,
l’accesso nel territorio italiano è da considerare illegale anche nel caso in cui sia presentata richiesta di visto mediante false attestazioni o la produzione di documenti falsi in relazione agli effettivi motivi del soggiorno nel territorio italiano419.
Tale conclusione deve essere affermata anche con riferimento al reato in esame.
Depone in tal senso sia l'analitica disciplina delle condizioni per il rilascio del visto d'ingresso di cui all’art. 4 t.u. immigrazione, sia l’art. 13, comma 2, lett. a) del medesimo testo unico, che prevede l'espulsione a carico dello straniero entrato nel territorio dello Stato "sottraendosi ai controlli di frontiera", espressione che si ritiene «idonea a connotare in termini di illegalità non solo la sottrazione fisica ai controlli di frontiera, ma anche quella realizzata con l'esibizione di documenti illecitamente formati o acquisiti»420.
La norma incriminatrice non trova invece applicazione nei confronti dello straniero che si presenti ai valichi di frontiera privo dei requisiti per l'ingresso nel territorio dello Stato e sia quindi respinto a norma dell'art. 10, comma 1 t.u.
immigrazione.
Ai sensi del comma 2 dell'art. 10 bis, infatti, le disposizioni di cui al comma 1
«non si applicano allo straniero destinatario del provvedimento di respingimento ai sensi dell'articolo 10, comma 1». Ai sensi di tale ultima disposizione «la polizia di frontiera respinge gli stranieri che si presentano ai valichi di frontiera senza avere i requisiti richiesti dal presente testo unico per l'ingresso nel territorio dello Stato».
La previsione riportata risulta certamente opportuna. In mancanza della esclusione indicata, infatti, il reato sarebbe configurabile già nel momento in cui lo straniero si presenta al valico di frontiera e ancorché sia respinto perché irregolare (ad esempio, solo per essere in possesso di un passaporto scaduto di validità)421, con conseguente enorme dilatazione dello spazio applicativo dell’incriminazione. Le strutture ove si esercita il controllo di frontiera e «dove si manifesta la potestà di imperio dello stato italiano con la presenza dei suoi militari armati (infatti) sono già territorio della
Leggi penali complementari,1656; BOTTALICO, sub art. 14, in Commentario breve alle leggi penali complementari, a cura di Palazzo, Paliero, Padova, 2007, p. 2621
419 Cass. pen., sez. II, 21 settembre 2004, n. 40789, Rv. Ced Cassazione 230256, in relazione all’art.
12 t.u. immigrazione.
420 CAPUTO A. Nuovi reati di ingresso e di soggiorno illegale dello straniero nello Stato, cit., p. 237.
421 Cfr. CENTONZE S., Sicurezza e immigrazione. La nuova disciplina dell’immigrazione dopo il cd.
pacchetto sicurezza, cit., p. 105.
Repubblica italiana»422.
Nel caso di respingimento immediato al valico di frontiera, dunque, per volontà espressa del legislatore, la fattispecie non si perfeziona, ancorché formalmente lo straniero abbia fatto ingresso illegale nel territorio dello Stato.
Nonostante la formulazione normativa («le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano allo straniero destinatario del provvedimento di respingimento»), è da ritenere che il respingimento immediato al valico di frontiera costituisca un vero e proprio elemento negativo del fatto, che concorre a definire la tipicità della fattispecie423.
La limitazione dell’area di operatività del reato in esame non riguarda invece le ipotesi di respingimento differito disposto dal questore ai sensi dell’art 10, comma 2, tu. nei confronti degli stranieri «a) che entrando nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera, sono fermati all'ingresso o subito dopo; b) che, nelle circostanze di cui al comma 1, sono stati temporaneamente ammessi nel territorio per necessità di pubblico soccorso» (v. anche par. ).
L’applicabilità della contravvenzione agli stranieri soggetti a respingimento differito è confermata dal comma 4 del medesimo art. 10 bis, che esclude la necessità del nulla osta dell’AGO, competente per l’accertamento del reato di cui al comma 1, stabilendo che «il questore comunica l’avvenuta esecuzione dell’espulsione ovvero del respingimento di cui all’articolo 10, comma 2, all’autorità giudiziaria competente all’accertamento del reato».
Nelle ipotesi di respingimento differito, si è tuttavia è stato osservato che il reato non dovrà ritenersi integrato per difetto dell’antigiuridicità ovvero per mancanza dell’elemento soggettivo, nell’ipotesi in cui lo straniero sia ammesso nel territorio per necessità di pubblico soccorso, nel caso in cui l’ammissione da parte delle autorità italiane derivi da eventi non addebitabili allo straniero (come nel caso in cui lo stesso imbarcato su un aeromobile o su una nave di linea abbia urgente bisogno di cure mediche a causa di una malattia manifestatasi durante la navigazione o di un incidente al vettore). La contravvenzione potrebbe, invece, ritenersi sussistere allorché la necessità del soccorso derivi da eventi addebitabili alla responsabilità
422 Cass.. pen. Sez. 1, 29 giugno 1981, n.. 8037 in Ced Cassazione Rv. 150137
423 Così BRICCHETTI R. e PISTORELLI L., L’ingresso illegale diventa reato di clandestinità, cit., p. 30.
dello straniero424.
Quanto alla nozione di “territorio dello Stato” va precisato che, ai sensi dell’art. 4 c.p., per “territorio dello Stato” deve intendersi «il territorio della Repubblica e ogni altro luogo soggetto alla sovranità dello Stato», compresi «le navi e gli aeromobili italiani ovunque si trovino, salvo che siano soggetti, secondo il diritto internazionale, a una legge territoriale straniera»425.
Con riferimento alla nozione indicata, alcuni autori ritengono che qualora lo straniero, sprovvisto di titoli per l’ingresso, sia stato soccorso da parte di navi italiane quando si trovava su un mezzo che navigava nelle acque di un altro Stato o in acque extraterritoriali non ricorre il reato di ingresso illegale, in quanto la condotta non sarebbe commessa nel territorio dello Stato dallo straniero, ma da altri426. Senonché appunto in relazione alla nozione di “territorio dello Stato” come sopra precisata (estesa alle navi italiane che si trovino anche in acque straniere o extraterritoriali) il reato dovrebbe configurarsi a carico dello straniero assistito (salvo ricorra una causa di giustificazione o comunque il reato sia da escludere per difetto di colpevolezza).
Non solo, la responsabilità per la contravvenzione in esame dovrebbe ravvisarsi anche a carico del soccorritore, a titolo concorsuale, a meno che ricorra un vero e proprio stato di necessità (e salva comunque l’eventualità in cui lo straniero sia immediatamente respinto ai sensi dell’art. 10, comma 1 t.u. immigrazione nel qual caso il reato non è configurabile). Allo stesso modo dovrebbe essere considerato responsabile a titolo di concorso, ove non ricorrano i rigidi requisiti di cui all’art. 54 c.p., chi presi assistenza umanitaria ad uno straniero in condizioni di bisogno che sbarchi sulla nostra costa o che abbia già fatto ingresso nel territorio nazionale.
La conclusione è connessa alla mancata previsione per il reato in esame della speciale scriminante (c.d. scriminante umanitaria) contemplata invece all’art. 12,
424 In questo senso BONETTI P., La proroga del trattenimento e i reati di ingresso o permanenza irregolare nel sistema del diritto degli stranieri: profili costituzionali e rapporti con la Direttiva comunitaria sui rimpatri, cit., p. 105 ss, il quale afferma, ad esempio, che sussisterà il reato nel caso di uno straniero passeggero su un vettore di linea che simuli una malattia o si procuri una lesione per entrare nel territorio italiano al fine di essere soccorso.
425 Sulla nozione v. anche artt. 2, 3, 4 del codice della navigazione.
426 Così BONETTI P., La proroga del trattenimento e i reati di ingresso o permanenza irregolare nel sistema del diritto degli stranieri: profili costituzionali e rapporti con la Direttiva comunitaria sui rimpatri, cit., p. 106.
comma 2, t.u. immigrazione, per il quale, «fermo restando quanto previsto dall'art.
54 c.p., non costituiscono reato le attività di soccorso e di assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato».
La mancata previsione con riferimento all’art. 10 bis t.u. immigrazione di una causa di giustificazione analoga a quella riportata non può che disincentivare le attività di assistenza e di soccorso umanitario in favore dei soggetti bisognosi e ciò suscita notevoli perplessità in relazione al vulnus al principio di ragionevolezza (considerata anche la più mite disciplina stabilita per più grave reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina) e, più radicalmente, ai principi di solidarietà a cui si ispira la nostra Costituzione. Sulla tematica e sui possibili risvolti in ordine alla legittimità costituzionale della disposizione in commento si rinvia al successivo par.
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