esaminato125.
Deve pertanto ritenersi che, in assenza di una clausola esplicita che attribuisca rilievo alle ipotesi indicate, l’aggravante deve essere applicata anche a chi abbia commesso un reato «mentre si trova illegalmente sul territorio nazionale» in base un “giustificato motivo”, pur evidenziando allora il possibile contrasto della norma con i principi costituzionali126.
Ove, in particolare, il fondamento dell’aggravante debba essere individuata, come sembra ritenere la maggioranza dei commentatori127, nella più intensa ribellione all’ordinamento, dimostrata da chi commette un reato mentre si trova già in una situazione di illegalità, devono ritenersi insussistenti le ragioni dell’aggravamento nelle ipotesi in cui le condizioni in cui si trova lo stranero siano tali da rendergli in concreto impossibile l’allontanamento. Qualora il comportamento doveroso sia di fatto inesigibile non può infatti ravvisarsi nella permanenza del reo quel più intenso grado di ribellione all’ordinamento che giustifica l’aumento di pena.
La norma sembra, pertanto, confliggere sotto tale profilo con il principio costituzionale di ragionevolezza, considerato il diverso rilievo attribuito al giustificato motivo nell’incriminazione del reato di ingiustificata inottemperanza all’ordine questorile di allontanamento.
ritenute inesistenti per errore colposo.
La norma, così riformulata dall’art. 1 della legge 7 febbraio 1990, n. 19, richiede per l’imputazione delle aggravanti, diversamente dal previgente regime di imputazione oggettiva, quantomeno la colpa.
In base a tale regola generale, anche per la circostanza in esame deve ritenersi sufficiente, ai fini della sua attribuibilità al reo, la mera conoscibilità dell’elemento circostanziale128.
L’aggravante sarà dunque applicabile non solo quando vi sia la conoscenza da parte dello straniero dell'illegalità del proprio soggiorno, ma anche nei casi di ignoranza, purché dovuta a colpa, di tale illegalità. Così, ad esempio, l’eventuale pendenza di un giudizio amministrativo o civile (ad es. a seguito del rigetto di una domanda di asilo) potrà avere rilievo ai sensi dell’art. 59 comma 2 c.p. al fine di escludere l’aggravante quando abbia determinato un errore incolpevole circa la condizione di
‘illegalità’.
Alcuni autori hanno peraltro ritenuto che, in deroga al criterio generale di imputazione di cui all’art. 59 comma 2 c.p., l’aggravante in esame potrebbe essere imputata solo se conosciuta dal soggetto agente, mentre non sarebbe attribuibile nelle ipotesi di ignoranza o di errore anche dovuti a colpa.
La deroga alle regole generali sarebbe imposta dalla ratio della disposizione e dalla sua analogia con l’aggravante di cui al n. 6 dell'art. 61 (‘latitanza’). Per l’aggravante di cui all’art. 61 n. 6 c.p. si ritiene, infatti, necessario, in deroga alla regola di cui all'art. 59 c.p., l'accertamento della volontarietà dei fatti costituenti la circostanza stessa, sicché l’aggravante sussiste solo quando il reo sa di essere ricercato per un precedente reato129.
Si è detto, più specificamente che, se il fondamento della circostanza della
‘clandestinità’ va ravvisato nel maggiore grado di ribellione di chi commette un reato mentre si trova già in una situazione di illegalità, deve essere richiesto, in
128 Cfr. APRILE E., Trattamento penale aggravato per lo straniero, 16.
129 Cfr. Cass. Pen, Sez. II. 24 aprile 1986, n. 6318, Rv. Ced Cassazione 173233, secondo cui «ai fini della configurabilità dell'aggravante di aver commesso il reato durante lo stato di latitanza, di cui all'art. 61 n. 6 cod. pen., occorre la consapevolezza da parte del colpevole di essere ricercato. Tale conoscenza non può ritenersi presunta, ma deve essere accertata dal giudice caso per caso in base a dati obiettivi e subiettivi certi »; conforme: Cass. Pen., Sez. VI, 7 dicembre 1983, n. 3516/1984 ), Rv. Ced Cassazione 163735.
deroga ai principi generali, analogamente a quanto avviene per l’aggravante della latitanza (fondata su un’analoga ratio), la consapevolezza da parte dell'agente dell’elemento circostanziale. L'irregolarità del soggiorno, si è detto, non potrebbe, infatti, costituire indice di una più elevata propensione a delinquere in capo ad un soggetto che neppure sapeva di risiedere illegalmente nel nostro Paese 130.
L’orientamento indicato impedirebbe, dunque, di attribuire rilevo aggravante alle ipotesi di ignoranza colpevole (o di errore colpevole) da parte del reo della propria condizione di illegalità, restringendo il campo di applicabilità della circostanza ai casi di effettiva conoscenza del carattere illegale della propria permanenza.
La tesi non convince. Anzitutto, va rilevato che nel caso dell’art. 61, n. 6 c.p., la norma espressamente richiede che il colpevole "volontariamente" si sottragga alle ricerche dell'autorità, mentre nella disposizione in esame non compare alcun riferimento analogo.
Inoltre, nell’ipotesi di cui all’art. 61, n. 6 c.p. non è richiesta la conoscenza da parte dell’agente dell’illegalità della propria precedente condotta, ma bensì la conoscenza di essere ricercato, ossia di essere destinatario di un provvedimento restrittivo della libertà personale, alla cui esecuzione il soggetto “volontariamente” si sottrae. La circostanza della ‘latitanza’, in altri termini, richiede solo la consapevolezza da parte del reo dell’emanazione del provvedimento coercitivo, che costituisce un elemento di fatto della circostanza. Diversamente, nel caso in esame, richiedere la consapevolezza della ‘illegalità’ del soggiorno equivale a richiedere la positiva conoscenza di elementi integralmente normativi.
Va peraltro rilevato che la tesi che ritiene sussistere la circostanza solo se effettivamente conosciuta dall’agente non sembra comunque restringere significativamente l’ambito di applicabilità dell’aggravante, proprio in ragione della natura precipuamente normativa della circostanza de qua.
In assenza di una clausola esplicita di “illiceità speciale” che consenta di applicare regole diverse da quelle ordinarie, dovrebbe, infatti, ritenersi irrilevante, ai sensi dell’art. 5 c.p., l’errore sul contenuto precettivo della norma amministrativa violata (salvo il caso di errore inevitabile), in quanto da considerarsi integrativa della disposizione penale.
130 In questo senso, ad es., MASERA L., Immigrazione, cit., p. 15
L’ambito di applicabilità dell’aggravante, pertanto, anche aderendo alla tesi indicata, resterebbe comunque molto esteso, dovendo escludersi l’imputabilità della circostanza solo nell’ipotesi di ignoranza inevitabile della norma amministrativa. Ma nei casi di errore inevitabile, anche aderendo alla tesi opposta, dovrebbe escludersi, in base alla regola generale di cui all’art. 59, comma 2 c.p., l’imputabilità dell’aggravante, in quanto l’errore inevitabile sull’illegalità del soggiorno è per definizione scusabile perché non dovuto a colpa.
In realtà, dunque, la sfera più o meno ampia di applicabilità della circostanza, sarà determinata non tanto dall’adesione all’una o all’altra delle teorie indicate, ma piuttosto dal grado di personalizzazione del giudizio che si ritiene di accettare rispettivamente in ordine alla valutazione dell’inevitabilità dell’errore o del rimprovero per colpa131.
Quanto alla tematica dell’estensibilità della circostanza ai compartecipi si rinvia al paragrafo seguente.