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Segue: l’affinità con l’aggravante della latitanza; conclusioni

Nel documento UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PARMA (pagine 93-98)

7. Gli effetti dell’aggravante

9.7 Segue: l’affinità con l’aggravante della latitanza; conclusioni

La conclusione non appare condivisibile. Se, infatti, la formulazione della norma nei termini proposti dall’emendamento sopra menzionato, avrebbe certamente evidenziato una palese analogia strutturale con l’aggravante della latitanza, tuttavia, può comunque rinvenirsi a fondamento disposizione in esame una ratio analoga a quella che riconnette un aggravamento della pena per il fatto commesso dal latitante.

tema di ingresso e di soggiorno dello straniero nel territorio nazionale.

Si era detto, in particolare che, a dispetto dell’apparente affinità con quella della

‘latitanza, l’aggravante in esame nulla avrebbe a che vedere con quest’ultima, in quanto la condizione presupposta dalla norma «non assume caratteristiche di illegalità penale», ma di semplice illegalità amministrativa dunque «senza quella maggior capacità a delinquere tipica del reo pericoloso e probabile autore di nuovi reati»248. Così, mentre nel caso dell’art. 61, n. 6 c.p. «l’autore può apparire socialmente più pericoloso in ragione del fatto che commette un reato ulteriore pur essendo già ricercato per un precedente illecito penale, diversa è la condizione di chi si trovi in una condizione di irregolarità soltanto sotto il profilo della normativa sull’immigrazione: in realtà detta condizione non risulta di per sé necessariamente connessa a precedenti o attuali vicende criminose»249.

Un’analisi completa dell’aggravante non può tuttavia trascurare la specifica innovazione derivante dalla previsione da parte ddella legge n. 94/2009 dell’ingresso e del soggiorno illegali quali illeciti penali. Il comportamento che integra l’aggravamento non costituisce, infatti, più un mero illecito amministrativo, ma anche un reato.

L’attuale rilevanza penale del comportamento presupposto dall’aggravante fornisce infatti un sostegno giustificativo (più o meno ragionevole, ma certamente un sostegno giustificativo) alla previsione in commento. Può infatti ravvisarsi un più intenso grado di ribellione all'ordine costituito nell'azione dello straniero che, avendo già violato le norme sull’ingresso o sulla permanenza nel territorio nazionale e avendo pertanto già commesso un reato, non desista dal compiere altri reati, dimostrando una maggiore insensibilità al freno della legge penale.

La previsione del reato di ingresso e soggiorno illegali si riverbera, dunque, anche sull’aggravante in questione. In tal senso si è espressa anche la Corte Costituzionale con ordinanza n. 277 del 19 ottobre 2009.

Con tale pronuncia la Consulta ha restituito gli atti ai giudici remittenti (al Tribunale di Ferrara e al Tribunale di Latina) che (rispettivamente con ordinanza del 15 luglio

248 MUSCATIELLO V., Le modifiche al codice penale, 32-33.

249 FIANDACA G. –MUSCO E. , Diritto penale. Parte generale, 5ª ed. ª ed., Addenda, cit., p.4.

2008 e con ordinanza del 1 luglio 2008250) avevano sollevato questioni di legittimità costituzionale dell'art. 61, numero 11 bis c.p. con riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione per «procedere ad una nuova valutazione circa la rilevanza e la non manifesta infondatezza delle questioni medesime». Secondo la Corte infatti «la normativa sopravvenuta attiene ad un profilo centrale dei percorsi argomentativi seguiti dai giudici a quibus nel motivare la non manifesta infondatezza delle questioni sollevate, posto che le condotte riconducibili alla previsione censurata costituiscono ormai l'oggetto di un'autonoma incriminazione, e non la mera espressione di un illecito amministrativo… in particolare è compito dei rimettenti, nel valutare la legittimità della previsione quale circostanza aggravante comune di ogni pregressa violazione delle norme in materia di immigrazione, procedere ad una nuova ponderazione del ruolo che, in tale prospettiva, deve assegnarsi al carattere amministrativo, o penalmente illecito, della violazione medesima»251. Ogni critica alla norma sotto il profilo della sua compatibilità ai principi costituzionali non può, dunque, ignorare la qualificazione in termini di illecito penale, ai sensi dell’art. 10 bis t.u. immigrazione, dell’ingresso e soggiorno illegali.

Preme sottolineare come l’individuazione della ratio della circostanza è questione diversa da quella della opportunità o della intrinseca ragionevolezza della previsione in commento.

Il fondamento dell’aggravante, come premesso, analogamente a quella di cui al n. 6 dell’art. 61 c.p., nel più intenso grado di pericolosità sociale dello straniero che, avendo già commesso un reato, violando le norme sull’ingresso o sulla permanenza nel territorio nazionale, non desista dal compiere altri reati, dimostrando così una maggiore insensibilità al freno della legge penale.

Ciò premesso, potrebbe affermarsi la necessità per l’integrazione della circostanza de qua, analogamente a quanto richiesto per la aggravante di cui all’art.

250 In G.U. dell’11 aprile 2009.

251 Con la medesima ordinanza la Corte Costituzionale ha invece dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale sollevate, sempre con riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, dal Tribunale di Livorno con ordinanza del 9 luglio 2008 per l'assoluta carenza di motivazione in ordine alla rilevanza delle questioni prospettate (l'ordinanza di rimessione, afferma la Corte in motivazione, «non illustra, infatti, la ragione per la quale una circostanza aggravante fondata sulla ‘illegalità del soggiorno dovrebbe applicarsi anche per reati che consistono, come quello contestato nel giudizio principale, proprio in violazioni della disciplina della immigrazione, posto che, secondo quanto stabilito nella prima parte dell'art. 61 cod. pen., le circostanze comuni aggravano il reato solo “quando non ne sono elementi costitutivi o circostanze aggravanti speciali”»).

61 n. 6 c.p.252, la consapevolezza da parte del colpevole di essere illegalmente soggiornante. Il più intenso grado di ribellione richiederebbe, infatti, la consapevolezza della previa violazione delle norme sull’ingresso o sulla permanenza nel territorio nazionale e in mancanza di tale consapevolezza verrebbe meno la ragione giustificativa dell’aggravamento. In deroga agli attuali criteri di imputazione delle aggravanti potrebbe, dunque, non ritenersi sufficiente la mancata conoscenza della circostanza per colpa o per errore dovuto a colpa.

Va peraltro evidenziato, come già evidenziato al precedente par. 6, la diversa formulazione delle disposizioni (nel nuovo n. 11 bis non è prevista una formula analoga a quella del n. 6, che richiede che il colpevole «volontariamente» si sottragga alla esecuzione di un provvedimento restrittivo) e la considerazione della natura intrinsecamente normativa dell’aggravante in esame, sembrano deporre per l’applicabilità dell’ordinario criterio di imputazione soggettiva delle aggravanti.

Inoltre, come si è già indicato al par. 6, a cui si fa rinvio, anche richiedendo la consapevolezza dell’illegalità del proprio soggiorno da parte del reo, non si avrebbe comunque un significativo restringimento dell’ambito di applicabilità dell’aggravante.

Per le considerazioni esposte, si ritiene che debba farsi applicazione ai fini dell’imputazione della circostanza della regola generale di cui all’art. 59, comma 2 c.p., con conseguente addebitabilità della stessa anche nel caso di mancata conoscenza dell’illegalità del soggiorno per colpa o per errore dovuto a colpa.

La considerazione specifica della ratio dell’aggravante deve invece far concludere per l’applicabilità della stessa ai soli reati dolosi, analogamente a quanto sostenuto da autorevole dottrina per l’aggravante della ‘latitanza’253. Non può infatti ravvisarsi nel caso di delitto colposo quel più intenso grado di ribellione all'ordine costituito che costituisce la ragione giustificativa della aggravante.

La circostanza pertanto dovrebbe essere limitata ai soli delitti dolosi e alle

252 «Ai fini della configurabilità dell'aggravante di aver commesso il reato durante lo stato di latitanza, di cui all'art. 61 n. 6 cod. pen., occorre la consapevolezza da parte del colpevole di essere ricercato.

Tale conoscenza non può ritenersi presunta, ma deve essere accertata dal giudice caso per caso in base a dati obiettivi e subiettivi certi » (Cass. Pen, Sez. II. 24 aprile 1986, n. 6318, Rv. Ced Cassazione 173233; conforme: Cass. Pen., Sez. VI, 7 dicembre 1983, n. 3516/1984, Rv. Ced Cassazione 163735)

253 In questo senso: ROMANO M., Commentario sistematico del codice penale, II ed., vol. I, Milano, 1995, p.629.

contravvenzioni realizzate in forma dolosa.

Nel documento UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PARMA (pagine 93-98)