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1.3 La ṭā’ifiyya secondo l’analisi del materialismo storico

1.3.3 Confessione e confessionalismo secondo il pensiero materialista

Lo scopo di Amil nei suoi scritti era, a partire dall’analisi del comunitarismo confessionale, di mettere in luce ciò che separava il pensiero borghese dominante dal suo antagonista, il pensiero marxista.

Dal punto di vista marxista il confessionalismo è la forma storica che determina il sistema politico per il quale la borghesia libanese esercita la sua dominazione di classe. Questo significa secondo Amil che esiste una conformità tra questo sistema – politico, ideologico e giuridico – di dominazione di classe e la sua forma storica, che è la sua forma confessionale (‘Amil, 1996: 35).

La concezione antagonista di cui Amil si fa portatore rifiuta l’idea della comunità come entità o essenza, collegandola invece a condizioni storiche determinate e a un determinato sistema economico e politico. Essa è un rapporto politico, determinato da una forma storica specifica del movimento della lotta di classe, quella in cui la borghesia si aggiudica il controllo di questa lotta nell’assenza politica del suo avversario di classe (‘Amil, 1996: 38).

Amil definisce la comunità confessionale come rapporto politico di dipendenza di classe il quale lega la classe lavoratrice, o una parte di essa, alla borghesia, in un rapporto di rappresentazione politica confessionale. Nella correlazione strutturale tra la forma confessionale dello Stato libanese e il suo carattere borghese, il confessionalismo è il sistema politico di dominazione di questa borghesia (‘Amil, 1996: 236).

Trattandosi di un rapporto politico, esso si rinnova con il rinnovamento del sistema e si perpetua per la sua permanenza, garantendo alla borghesia il rinnovamento della sua dominazione di classe. L’esistenza delle comunità confessionali è quindi legata all’esistenza del sistema. Se il sistema dovesse scomparire, sarebbero le comunità stesse – nel senso politico che Amil specifica53

a scomparire con esso.

Al contrario del pensiero di Messarra, il quale definiva lo Stato confessionale come il risultato della pluralità comunitaria in seno alla società libanese, quello di

53 ‘Amil è attento nel separare il religioso dal politico. Dopo aver sostenuto che la sola garanzia delle

libertà religiose risiede nella soppressione del carattere confessionale del sistema politico egli afferma che “quando la religione si istituzionalizza, essa entra in un rapporto di dipendenza politica nei riguardi dello Stato e diviene uno strumento nelle mani delle classi dominanti” (‘Amil, 1996: 181).

Amil asserisce che è attraverso lo Stato che le comunità diventano multiple in seno alla società, ed è sempre attraverso lo Stato che esse si riproducono come entità politiche. “Le comunità non esistono in quanto tali che per lo Stato e non per esse stesse; ed è lo Stato, in Libano, che assicura le perpetuazione della dinamica di riproduzione delle comunità, come entità politiche così istituzionalizzate” (‘Amil, 1996: 77).

Nel circoscrivere il fenomeno del confessionalismo a determinate condizioni storiche, Amil apre il dibattito anche con alcuni pensatori marxisti libanesi, i quali pur condividendo il suo stesso approccio, diventano il bersaglio di importanti puntualizzazioni concettuali.

Primo fra tutti, Daher che nel suo “Le radici storiche della questione confessionale libanese 1697-1861 (Ḍāher, 1981) cerca le radici di questo fenomeno

in un passato che precede la formazione del sistema capitalista - colonialista libanese. Secondo Amil, chiunque cerchi le radici storiche del confessionalismo al di fuori della struttura sociale colonialista, lega necessariamente il confessionalismo al religioso, esonerando così la borghesia dalla responsabilità storica di aver costituito il confessionalismo come sistema politico il Libano.

Amil esplicita come il metodo d’analisi materialista tratti la questione confessionale rapportandola alla sua base materiale, quella dei rapporti di produzione specifici alla struttura sociale libanese, e stabilendo la relazione necessaria tra il fenomeno in questione e questa struttura di rapporti di produzione.

In base a questo metodo, l’analisi storica del fenomeno confessionale diventa possibile e viene a basarsi sui seguenti assunti:

- come fenomeno sociale la sua storia non è indipendente da quella della struttura sociale nella quale esiste;

- bisogna distinguere la storia compiuta di questa struttura da quella della sua formazione;

- la storia del confessionalismo è un elemento della storia della struttura sociale;

- il fenomeno confessionale, in quanto elemento di una struttura, non è nella struttura attuale ciò che è stato nella struttura anteriore (‘Amil, 1996: 190).

Non solo Daher non distingue tra il fenomeno confessionale nella struttura capitalista da quello nella struttura della sua formazione. Egli spiega il confessionalismo attuale come uno dei residui delle strutture precapitalistiche, le quali si sarebbero conservate nel capitalismo libanese, facente parte del modello designato da Daher come “modo di produzione asiatico”.

Daher infatti si lega a una visione diffusa nel pensiero marxista libanese secondo la quale fenomeni come il confessionalismo, il tribalismo, il frazionamento regionale vengono ricondotti a elementi di strutture passate conservatesi nel sistema presente. Questo perché il passaggio dal feudalismo al capitalismo in Libano non è avvenuto attraverso una violenta lotta di classe nella quale la borghesia ha distrutto gli antichi rapporti feudali, ma è avvenuto pacificamente, attraverso la trasformazione dei leader-proprietari terrieri muqāṭa‘jī in leader comunitari ed esponenti della borghesia (Daher cit. in ‘Amil, 1996: 204)54.

Questa spiegazione, che nega l’appartenenza del fenomeno confessionale al presente e al contrario lo lega a una struttura passata, è evidentemente inconciliabile con l’approccio di Amil, per il quale il confessionalismo deve essere inquadrato nel sistema capitalista dipendente (il modo di produzione coloniale) che determina la formazione del sistema politico della dominazione borghese sotto una forma confessionale. Questo non significa che strutture sociali precapitaliste non abbiano conosciuto il confessionalismo, ma che quel confessionalismo era diverso da quello che contraddistingue il presente.

“È tempo per un pensiero materialista coerente, di designare due realtà storiche differenti con due concetti distinti, o per le meno di distinguere i due contenuti differenti di uno stesso concetto. Se si definisce questo fenomeno (il confessionalismo) nel modo in cui io lo definisco, allora la sua storia è quella del sistema politico, e bisogna distinguere questa storia da quella della sua formazione, poiché essa appartiene a tempi differenti” (‘Amil, 1996: 221).

Allo stesso modo, dialogando con le tesi di Ba‘albaki (Ba‘albakī, 1985) e la concezione delle radici storiche del confessionalismo da lui fatte risalire al tempo della dominazione ottomana e al sistema delle millet, Amil sottolinea ulteriormente come il fenomeno confessionale attuale non sia legato alle strutture del passato o sia

54 Questa idea è sostenuta anche da Traboulsi il quale afferma che la borghesia è dimissionaria dal

una conseguenza dei sistemi politici anteriori. Non è nel sistema Ottomano delle millet che bisogna trovare le radici del confessionalismo. Amil non considera quel sistema come confessionale, in quanto ritiene lo Stato ottomano uno Stato a fondamento religioso (musulmano) nel quale le confessioni venivano organizzate in un quadro di convivenza religiosa. Le confessioni nel sistema capitalista borghese invece non vengono concepite in un quadro di coesistenza religiosa, poiché esse in relazione allo Stato confessionale non sono religioni. Nel modo di produzione coloniale, a differenza di quello feudale ottomano, le comunità confessionali fanno parte del quadro politico (‘Amil, 1996: 240).

‘Amil intraprende un dialogo proficuo sotto il punto di vista teorico, anche con Fawwaz Trablousi, storico marxista che ancora oggi è una delle voci più affermate nel panorama intellettuale libanese.

Traboulsi in un articolo apparso nel 1985 (Ṭrābulsi, 1985), facente parte di una raccolta intitolata Il marxismo e alcune delle nostre questioni arabe55, snocciola

la sua visione teorica del comunitarismo confessionale in Libano.

Per Traboulsi il comunitarismo confessionale è un fenomeno totale che attraversa verticalmente la vita della società libanese. Esso va considerato alla luce della questione teorica della dialettica tra la base economica e la sovrastruttura politica, giuridica e ideologica, alla quale si unisce la dialettica tra il Libano e l’ambiente arabo circostante.

Per quanto riguarda la base economica, il comunitarismo in Libano è parte dei modi dei rapporti di produzione, in quanto fanno parte di quest’ultimo le alleanze familiari e confessionali che rappresentano le pressioni e i fattori non economici che subentrano nella suddivisione del lavoro e degli introiti (Ṭrābulsi, 1985: 29).

Traboulsi non abbraccia la stessa concezione del capitalismo libanese che propone Amil. Da Traboulsi esso è definito “capitalismo commerciale-bancario”, un capitalismo che si è unito ai modi di produzione imperialisti senza adottare modi di produzione interni specifici. Da ciò deriva il suo sfruttamento dei modi di produzione interni già esistenti, sfruttamento che avviene conservando le relazioni di dipendenza

55 Titolo originale: al-Marksiyya wa ba‘ḍ qaḍāyānā al-‘arabiyya. Questo testo era all’origine un

rapporto indirizzato alla l’Organizzazione operaia comunista in Libano (Munaẓẓama al-‘aml al-

tradizionali e semi-feudali anteriori. È questo processo che determina la persistenza dei legami di alleanza familiare e confessionale nei rapporti di produzione attuali (Ṭrābulsi, 1985: 29).

Per quanto concerne la sovrastruttura, Traboulsi sostiene che questo sistema di capitalismo commerciale-bancario che è cresciuto all’ombra della dipendenza dall’imperialismo abbia preso in prestito dal sistema feudale la sua équipe dirigente, la sua struttura politica, ideologica e legale, al punto da poter dire che la struttura sociale libanese non riconosce in realtà che le gerarchie e le categorie che riconosceva lo stesso sistema feudale (Ṭrābulsi, 1985: 31).

È un approccio simile a quello di Daher, nel quale però Traboulsi distingue le gerarchie che occupano la sfera politica – “i feudali politici” – dalla borghesia che occupa la sfera economica, in una scissione tra il politico e l’economico che sarebbe la regola d’oro del sistema libanese (Traboulsi, 1989: 29). Il risultato è in ogni caso il mantenimento delle vecchie gerarchie nell’attuale sistema capitalistico.

“Il risultato degli sviluppi del capitalismo e delle varie rivolte popolari e guerre civili che le hanno accompagnate, è l’aver tolto alle famiglie feudatarie (muqaṭā‘jī) il potere legale e politico sui loro feudi per permettergli in cambio di racimolare potere politico su tutto il paese. Se gli sviluppi del capitalismo hanno logorato le basi del potere economico del dominio feudale e lo hanno depredato dell’appellativo di classe dominante economicamente, in cambio lo hanno tuttavia trasformato in una categoria governante (politicamente e amministrativamente) che gioca il ruolo di emissario/rappresentante politico56 degli interessi della borghesia”

(Ṭrābulsi, 1985: 31-32).

Si capisce come, pur partendo da uno stesso approccio teorico, Traboulsi e Amil siano arrivati a risultati diversi sulla natura del capitalismo libanese e della questione comunitario confessionale, fenomeni reciprocamente legati l’uno all’altro per entrambi, ma diversamente definiti e dalle diverse specificazioni storiche.

Amil contesta a Traboulsi l’aver collocato il fenomeno del comunitarismo nella struttura economica dei rapporti di produzione. Per Amil la questione comunitario confessionale va legata non soltanto al modo di produzione che la determina, ma anche al politico, che è il campo dove essa è posta, dato che la

determinazione non è diretta, ma passa per questo campo, cioè per uno dei campi determinati dalla lotta di classe, proprio a un modo specifico di produzione57 (‘Amil,

1996: 199). “È nella politica che il confessionale trova la sua spiegazione, poiché – per la sua determinazione reciproca con l’economico in seno a un tutto sociale complesso – rimane un principio di spiegazione sociale” (‘Amil, 1996: 153).

Inoltre, Amil confuta l’identificazione dell’origine del fenomeno comunitario confessionale in un passato precapitalista e il suo legame con il sistema ottomano feudale e politico-legale delle millet.

Il riferimento alle millet come origine del sistema attuale libanese delle comunità confessionali istituzionalizzate è esplicitato da Traboulsi in La problématique en débat: Etat/ société civile in cui egli scrive: “le confessioni istituzionalizzate trovano la loro origine nel sistema delle Millet ottomane. Le Millet erano una variazione degli ordini nelle società precapitaliste. Il punto di partenza del nostro proposito può dunque essere l’ineguaglianza d’origine nell’economia, nella società e nei confronti della penetrazione del capitalismo coloniale, della posizione delle diverse comunità libanesi, piuttosto evidente a partire dalla seconda metà del XIX secolo [...]. Questa ineguaglianza spiega non solamente la trasformazione delle rivolte paesane (nello specifico a Kisrawan nel 1858-60) in guerra civile intercomunitaria (1860-61), ma anche il modo di passaggio del Libano muqata‘ji al capitalismo coloniale” (Traboulsi, 1989: 26-27).

Nello stesso testo, dopo aver quindi fatto risalire l’origine del fenomeno comunitario confessionale al sistema ottomano, Traboulsi si contraddice dando merito ad Amil di essere stato il primo tra i pensatori marxisti ad aver insistito sul fatto che il sistema comunitario-confessionale del Libano moderno fosse proprio al capitalismo, e ad aver tolto in questo modo ogni equivoco sulla presunta sovrastruttura feudale del capitalismo libanese (Traboulsi, 1989: 27).

Infine, nella definizione delle comunità confessionali in Libano come appare nell’introduzione al libro Una storia del Libano moderno, esse risultano: “un perfetto esempio di come formazioni precapitalistiche sono riciclate per giocare nuovi ruoli in una economia capitalista periferica. Esse costituiscono multifunzionali forme di

57 Amil rileva inoltre nel pensiero di Traboulsi una contraddizione implicita nell’aver definito il

fenomeno del comunitarismo confessionale sia come elemento dei rapporti di produzione che come elemento della sovrastruttura, attribuendo a quest’ultima una dialettica del rapporto tra un economico capitalista e un politico feudale (‘Amil, 1996: 226).

identificazione e di solidarietà che vengono a permeare ogni aspetto della vita del Libano, con uno specifico modo di articolazione tra la lotta per il potere da un lato, e strutture e interessi socio-economici dall’altro” (Traboulsi, 2012: VIII).

Il rapporto tra passato e presente risulta quindi essere un punto molto controverso e delicato nell’analisi marxista del comunitarismo confessionale58. Amil

si attiene al rigore teorico che gli impone di cercare le radici del fenomeno comunitario confessionale nella base materiale della struttura sociale esistente e non nella base materiale di una struttura sociale passata ed è quindi più netto nel stabilire una cesura tra passato e presente, legando il fenomeno del comunitarismo esclusivamente alla struttura del capitalismo colonialista. Autori marxisti come Traboulsi e Daher attribuiscono invece alla persistenza di legami tradizionali passati un ruolo nella definizione della problematica confessionale attuale.

Ai fini della nostra ricerca, il pensiero di Amil ci permette di inquadrare il fenomeno del comunitarismo confessionale nel contesto storico libanese attraverso alcune puntualizzazioni importanti:

58 Un altro punto controverso nel dibattito interno al pensiero marxista libanese sulla tematica dello

Stato confessionale è la problematica del rapporto tra classi e comunità confessionali.

Nel paragrafo dedicato ad esporre il pensiero di Daher, Amil critica quest’ultimo di non aver bene articolato il rapporto tra ciò che è dell’ordine confessionale e ciò che è dell’ordine di classe e di aver considerato confessioni e classi come due facce della stessa medaglia. Così come il pensiero borghese-confessionale sopprime le classi per sostituirvi le confessioni, a Daher viene imputato di sostituire le confessioni con le classi (‘Amil, 1996: 194).

La questione è ovviamente molto più complicata. Nel testo di cui ci siamo occupati Amil descrive il sistema libanese come un sistema nel quale i rapporti di classe vengono oscurati a fini della perpetuazione del sistema stesso e nel quale la borghesia dominante utilizza i legami tradizionali- comunitari ai fini di riprodurre la sua egemonia sulle altri classi.

Il concetto di classe al quale fa riferimento Amil è strettamente legato alla sfera economica, anche se viene fatto accenno a fattori non economici che farebbero parte dei determinanti sociali del concetto di classe ma dei quali non viene esplicitata la natura (‘Amil, 1996: 224). In ogni caso l’affiliazione cristiana, musulmana o buddista non fa parte della determinazione della classe nel concetto teorico economico. “Sciiti, drusi, sunniti, gli operai per l’economia sono operai. La loro identificazione confessionale non ha senso e non aggiunge niente al loro statuto di classe operaia” (‘Amil, 1996: 224). Una critica di Traboulsi al pensiero di Amil è quella di non aver dato spazio all’articolazione delle due forme di identificazione e di solidarietà, classe e comunità confessionale, nella formazione sociale libanese (Traboulsi, 1989: 26).

Mentre Daher a sua volta mette in luce come limite del nostro autore il “dominio dell’aspetto essenzialmente teorico” (Daher, 1989: 129-145) nella sua analisi del sistema comunitario confessionale. D’altronde è necessario dire che la formazione filosofica di Amil e il suo obiettivo di dare un contributo al raffinamento dell’apparato concettuale marxista sono forse le ragioni di questa accentuata attenzione al lato teorico.

1. Il Libano, e per esteso la regione Siriana, non è una eccezione rispetto