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PREMESSE STORICHE ALL’ASCESA DEL PARTITO BA‘TH (1920-1963)

2.2 La gestione mandataria

La suddivisione del 1920 viene parzialmente modificata nel 1924 unendo gli Stati di Damasco e Aleppo in una sola entità denominata Stato Siriano, mentre veniva mantenuta la separazione delle regioni alawita e drusa103, nonché quella

libanese che di fatto sarebbe stata riconosciuta ufficialmente dallo Stato siriano solo nel 2008.

Sebbene funzionale alla perpetuazione della politica francese nell’area, la creazione di queste numerose entità amministrative significava anche un enorme dispendio finanziario per il loro mantenimento, in un contesto di gestione del territorio da parte dell’autorità francese che si rivelerà fin da subito poco vantaggioso per la gran parte della popolazione siriana.

territoriale della regione storica del Bilad ash-Sham così come un netto rifiuto all’imposizione della tutela mandataria (Howard, 1963, citato in Dīb 2011: 38).

103 Entrambe queste regioni verranno reintegrate nello Stato siriano agli inizi nel 1936, con uno statuto

speciale nel periodo in cui erano in corso le trattative con la Francia per la costituzione del trattato d’indipendenza. Tuttavia nel 1939 queste regioni verranno ancora una volta separate, per essere poi riunite allo Stato siriano nel 1942.

Gli storici sono concordi nel ritenere il periodo mandatario disastroso dal punto di vista economico (Dīb, 2011: 70; Raymond, 1980: 85; Petran, 1972: 64-65; Palazzoli, 1977: 133-135). Gli interessi della potenza mandataria si imposero nella produzione agricola a danno degli interessi delle nuove entità statali siro-libanesi e allo scarso sviluppo industriale (per lo meno fino al periodo della seconda Guerra Mondiale) si aggiunsero gli esiti dell’invasione di prodotti stranieri nel mercato locale. Tutto questo, unito all’imposizione della moneta francese, alle conseguenze della creazione delle barriere dei nuovi Stati e all’amputazione del territorio tradizionalmente legato alla regione di Aleppo e di Damasco104, determinò il mancato

sviluppo in campo economico e un aumento della disoccupazione e della povertà. Molto significativa anche la situazione delle campagne, laddove si registra nel periodo mandatario un aggravamento della condizione dei contadini che ancora rappresentavano la maggioranza della popolazione siriana. Esso era dovuto soprattutto all’indebitamento legato all’inflazione e alle ristrettezze della prima guerra mondiale e all’appropriazione da parte dei ricchi proprietari terrieri della maggior parte delle terre che fino ad allora erano state di uso collettivo.

La potenza mandataria, che si era posta come obiettivo la sistematizzazione del quadro amministrativo – entro il quale era stata portata avanti anche la registrazione catastale delle terre che aveva favorito i grandi proprietari terrieri – tenterà altresì di sistematizzare ed uniformare il quadro giuridico dei “neo-statarelli” siro-libanesi.

Ed è in questo campo che ci sembra importante soffermarci in relazione al nostro oggetto di studio, perché questo aspetto ci permette di mettere in luce gli sviluppi delle relazioni fra le comunità e le trasformazioni che riguardano l’entrata della sfera religiosa nel terreno della competizione politica105.

La potenza mandataria si pone come obiettivo di uniformare e centralizzare il sistema giuridico e prova quindi a codificare un nuovo statuto personale organico per tutte le comunità presenti nei due nuovi Stati, scontrandosi però con le contraddizioni insite nella sua stessa politica.

104 Damasco perdeva il suo sbocco sul mare, ossia il porto di Beirut e veniva separata dalla regione

palestinese e irachena con cui tradizionale era collegata.

105 In questo senso possiamo considerare questi sviluppo come una fase ulteriore dell’interazione tra la

sfera religiosa e la sfera politica che era già apparsa nelle province ottomane del Monte Libano durante gli scontri a base comunitaria del 1860-61.

Abbiamo visto come durante il periodo ottomano le varie comunità non musulmane godessero all’interno del sistema delle millet di una certa autonomia nel campo dello statuto personale e in quello della gestione delle proprietà ecclesiastiche. La potenza mandataria introduce due cambiamenti sostanziali con l’intenzione di garantire parità di diritti a tutte le comunità. In primo luogo, livella sul piano delle comunità confessionali anche l’Islam sunnita, trasformandolo sul piano giuridico in una ṭā’ifa come le altre. Questo punto è inaccettabile per gli esponenti del movimento nazionalista e per la popolazione sunnita, maggioritaria e tradizionalmente legata al potere. E su questo punto viene alla luce anche la distinzione principale tra la nuova entità libanese e lo Stato siriano, laddove nella prima la comunità sunnita si trovava ad essere effettivamente una delle tante minoranze del paese, mentre nel secondo costituiva ancora la maggioranza numerica ed era la comunità di appartenenza di gran parte degli esponenti politici.

In secondo luogo, essa lavora per definire il quadro giuridico delle comunità legate alle correnti dell’Islam eterodosso che non avevano avuto fino ad allora un’esistenza giuridica separata106. Questo discorso porterà profonde trasformazioni

all’interno delle varie comunità, poiché le ridefinisce in relazione alla nuova posizione assunta in campo politico – la potenza mandataria tratta queste comunità socio-religiose come comunità nazionali (Méouchy, 2006: 360) –, e nel contesto delle nuove entità statali107.

Se nei territori druso e alawita viene stabilito uno statuto giuridico separato, all’interno dello Stato siriano108 l’amministrazione mandataria – per non affrontare la

maggioranza sunnita e aggravare ulteriormente il suo contenzioso con i nazionalisti – preferirà mettere da parte la questione giuridica, lasciando le comunità drusa e alawita prive di statuto legale.

La trasformazione dello status delle comunità che si andava compiendo grazie all’intervento della potenza mandataria – artefice della creazione delle nuove entità politiche e desiderosa di sistematizzarne il quadro amministrativo e giuridico – avrà

106Anche questo punto non viene accettato dagli esponenti nazionalisti che accuseranno

l’amministrazione francese di fare atto di ingerenza (Méouchy, 2006: 372).

107 Vedremo nel prossimo paragrafo come si svolgerà questo processo all’interno della comunità

alawita.

delle ripercussioni sulla stessa politica mandataria, mettendone in luce i limiti e le contraddizioni.

In un contesto nel quale le altre entità statali dell’area formatesi alla caduta dell’Impero Ottomano, quali la Turchia e l’Iraq, portavano avanti un processo di secolarizzazione dello Stato, l’amministrazione francese in Siria si pone anch’essa come obiettivo la laicizzazione del sistema giuridico. Fin da subito tuttavia appare evidente come le due esigenze di trasferire ai tribunali civili le competenze dei tribunali religiosi e di tutelare i diritti delle minoranze siano in realtà inconciliabili. E questo sostanzialmente perché lo statuto che era stato assunto dalle varie comunità aveva una valenza politica e implicava che i rappresentanti delle comunità lottassero per conquistare la predominanza politica, impedendo di fatto di limitare il loro peso sul piano giuridico109.

I tentativi di riforma volti alla secolarizzazione delle istituzioni giuridiche che i vari rappresentanti mandatari provano a introdurre negli Stati del Libano e della federazione siriana si scontrano ogni volta con una decisa opposizione dei leaders delle diverse comunità.

Ad esempio, l’editto del 1926 di Henri de Jouvenel che intendeva trasferire la giurisdizione dei tribunali religioso-confessionali a quelli di diritto comune viene respinto all’unanimità da una commissione di rappresentati religiosi che ne domanda l’abrogazione (Méouchy, 2006: 364).

In vista della firma del trattato per l’indipendenza, nel 1936 la Francia riprende i suoi sforzi di sistematizzazione del sistema giuridico, stabilendo una differenziazione tra “comunità storiche”, che avevano diritto al proprio statuto personale, e comunità che invece sarebbero rientrate nel diritto comune. Il nuovo editto provoca una dura lotta dei vari rappresentanti comunitari per ottenere il riconoscimento della loro comunità in quanto storica. Questo perché lo statuto legale non aveva solamente una portata religiosa ma dava diritto a una rappresentazione elettorale e, di fatto, all’accesso ai posti di altri funzionari (Méouchy, 2006: 369).

109 É evidente inoltre che all’interno delle stesse comunità era in atto un processo di accentramento del

potere e di adattamento delle giurisdizioni religiose ai nuovi territori nazionali, i quali non corrispondevano alla composizione della presenza comunitaria nelle varie regioni.

Il rapporto tra la giurisdizione religiosa e il diritto comune è il terreno di scontro sul quale si misura il posto della comunità nello spazio pubblico ed è quindi una questione tanto religiosa quanto politica.

Le varie comunità entrano in conflitto allo scopo di occupare lo spazio pubblico, le risorse ed avere accesso al potere. Se in Libano le leggi elettorali che sanciscono la rappresentanza comunitaria definiscono le regole per la competizione in campo politico, in Siria il rapporto tra la maggioranza sunnita e le varie minoranze confessionali diventa il terreno dello scontro la potenza mandataria e i leaders nazionalisti.

Qualsiasi tentativo della Francia volto a secolarizzare il sistema si scontra con gli effetti della sua politica comunitario-confessionale che è alla base della legittimità della sua presenza nell’area.

Esemplare della contraddizione insita nella pretesa francese di garantire contemporaneamente i diritti dell’individuo e quelli delle comunità è lo scontro che si innesca alla promulgazione di un editto atto a facilitare le formalità per le conversioni religiose in nome della libertà di coscienza. La potenza mandataria è costretta a ritirare l’editto poiché le conversioni andavano ad incidere sulla grandezza numerica della comunità confessionale, la quale assumeva proprio in base a questo dato un maggiore o minore peso politico.

Proprio perché articolata attorno alla questione delle minoranze comunitarie, la politica francese non fa altro che fondare e rafforzare il sistema comunitario di rappresentanza politica e comporta quindi anche una “confessionalizzazione” del sistema giuridico amministrativo. Gli esiti di questo processo sono l’impossibilità per la Francia di portare avanti una politica di secolarizzazione e di adempiere al suo compito di garantire uguali diritti agli individui e alle comunità, laddove invece si assiste a una radicazione del potere dei rappresentanti delle varie comunità e ad una lotta intra e inter comunitaria per occupare lo spazio pubblico ed avere accesso al potere.

Come scrive Nadime Méouchy nel suo studio sulla riforma delle giurisdizioni religiose in Siria e in Libano durante il periodo mandatario: “confrontate al modello europeo dello Stato-nazione moderno sotto dominazione straniera, che avrebbe dovuto esigere il loro affievolimento o la loro scomparsa, le comunità afferrano

l’occasione storica della loro uscita dall’Impero Ottomano per occupare il campo pubblico. In concorrenza in questo spazio, ma anche nella loro relazione con la potenza mandataria, ognuna di esse cerca di assicurarsi il migliore accesso al potere politico. Le libertà individuali, quali la libertà di coscienza, potrebbero provocare il loro indebolimento o la loro scomparsa: è per questo che tutti i capi religiosi si sono impegnati a ridurre o annientare, i diritti degli individui (conversioni, matrimonio, eredità- in particolare, con un rifiuto sistematico dell’eguaglianza tra eredi femminili e maschili)” (Méouchy, 2006: 380).