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La confisca con funzione ripristinatoria nel sistema della responsabilità da reato degli ent

ALLA RICERCA DELLA FUNZIONE NON PUNITIVA DELLA CONFISCA

4. La confisca con funzione ripristinatoria nel sistema della responsabilità da reato degli ent

L’applicabilità   delle   sanzioni   patrimoniali   della   confisca   obbligatoria   diretta   e   di   valore alla materia della responsabilità amministrativa da reato degli enti, prevista dalla normativa   speciale   di   cui   al   d.lgs   8   giugno   2001   n.   231   per   l’ipotesi   in   cui il reato commesso  rientri  nell’elenco  dei  reati  presupposto27, presenta svariati profili critici stante

il   peculiare   contesto   in   cui   si   inserisce   l’illecito.   Salva   infatti   l’ipotesi in cui l’ente costituisca un mero schermo fittizio, esclusivamente strumentale alla commissione di reati, il contesto in cui si cala l’attività dell’ente è un contesto lecito innervato dai rapporti contrattuali intercorrenti tra questo e i terzi estranei. Tale circostanza rende difficoltosa l’individuazione del profitto confiscabile poiché, per l’appunto, la commissione del reato avviene  nel  contesto  di  un’attività  d’impresa  legale,  realizzandosi  nella  fase  genetica  o   nella fase esecutiva di un contratto.

L’art. 19, c. 1, d.lgs. n. 231/2001 disponendo che «Nei confronti dell’ente  è  sempre  

disposta la confisca del prezzo o del profitto del reato, salvo che per la parte che può essere restituita al danneggiato» contempla un ipotesi di confisca obbligatoria del prezzo

e del profitto in cui questi possono essere decurtati del quantum restituibile al

26 Direttiva 2014/42/UE del 3 aprile 2014 relativa al congelamento e alla confisca dei beni

strumentali  e  dei  proventi  da  reato  nell’Unione  Europea,  v.  eur-lex.europa.eu

27 Per una disamina delle diverse ipotesi di confisca previste dal d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 rubricato

«Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni

anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 330», cfr.

T.E. EPIDENDIO, La confisca nel diritto penale e nel sistema della responsabilità degli enti, Cedam, 2001.

Qualora il reato commesso dal soggetto inquadrato nell’ambito dell’ente non rientri nell’elenco dei reati presupposto di cui al d.lgs. n. 231/2001, la confisca del patrimonio dell’ente si ritiene possibile in virtù dell’art. 240 c.p., nell’ipotesi in cui l’ente sia considerabile quale persona non estraneo al reato per aver tratto vantaggio dal profitto del reato commesso. Al riguardo v. P. SORBELLO, Reati tributari, confisca per

equivalente e società quale persona non estranea al reato, in Giur. mer., 2013, 1128 ss., da ultimo Cass.

danneggiato28,  introducendo  un  meccanismo  a  favore  di  quest’ultimo  in  virtù  del  quale  le  

sue pretese civilistiche finiscono per anteporsi a quelle ablative dello Stato.

Si tratta di una previsione significativa che tutela in via immediata gli interessi del danneggiato e indirettamente quelli di qualsiasi soggetto portatore di interessi nei confronti  dell’ente  e  della  sua  solidità  finanziaria  (soci,  lavoratori,  creditori)  al  fine  di   preservare   lo   svolgimento   dell’attività   economica.   Posto   il   limite   dell’utilitas del danneggiato alla confiscabilità del profitto, si attribuisce alla misura ablatoria una funzione prevalentemente riequilibratrice. Così facendo, il legislatore ha inteso, ragionevolmente, bilanciare le esigenze repressive compendiate nel principio secondo cui il  crimine  non  deve  pagare  con  quella  della  tutela  dell’iniziativa  economica  di  cui  all’art.   41 Cost.

Se si pensa al notevole impatto in termini negativi, che il provvedimento di confisca, ma ancor prima il sequestro ad essa  prodromico,  può  avere  sulla  “vita”  dell’ente,  si  coglie   l’importanza  di  calibrare  il  ricorso  a  misure  ablatorie  così  afflittive  arginando  il  rischio di ottenere effetti sproporzionati e devastanti, quali il fallimento.

Tuttavia, la norma non risulta di agevole interpretazione.

Si registrano infatti una pluralità di orientamenti giurisprudenziali in ordine alla ricostruzione della nozione di profitto confiscabile, ai criteri utilizzabili ai fini della sua quantificazione e alla connessa questione della perimetrazione del concetto di utilitas del danneggiato29.

Non   essendo   questa   la   sede   in   cui   approfondire   l’analisi   degli   aspetti   tecnici   del   dibattito ci si limita a dar conto che il principio di diritto sancito dalle Sezioni Unite con la nota pronuncia n. 26654/200830 secondo cui il profitto del reato, quale vantaggio di

diretta e immediata derivazione causale dal reato «deve essere calcolato al netto

dell’effettiva  utilità    eventualmente  conseguita  dal  danneggiato  nell’ambito  del  rapporto   sinallagmatico con l’ente» non è stato osservato in maniera univoca dalla giurisprudenza

successiva31.

La formulazione della norma solleva inoltre ulteriori dubbi interpretativi circa il suo perimetro applicativo, ossia se: il riferimento alle sole restituzioni precluda o meno l’estensione  al  rimedio  risarcitorio;;  la  collocazione  della  clausola  di  salvaguardia  al  primo   comma  ne  precluda  l’applicazione  alla  confisca  per  equivalente,  disciplinata  nel  comma   successivo;;  ne  sia  preclusa  l’operatività  in  fase  cautelare.  

Con riferimento al primo quesito, ad avviso di una parte della dottrina sarebbe più rispettoso   del   principio   di   legalità   privilegiare   un’interpretazione   aderente   al   dato  

28 Il danneggiato è colui che ha subito una privazione ingiusta attraverso l’illecito, fonte di un

simmetrico profitto per il suo autore, a titolo esemplificativo si pensi alla pubblica amministrazione che per effetto di una truffa contrattuale abbia effettuato il pagamento senza ottenere in cambio la controprestazione.

29 Per una disamina dei vari indirizzi interpretativi e dei criteri elaborati dalla giurisprudenza, tra cui

quello dell’utile netto, v. supra nota 21. Con riferimento specifico al profitto confiscabile nel settore della responsabilità degli enti, cfr.: V. MONGILLO, I mobili confini del profitto confiscabile nella giurisprudenza

di legittimità, in www.penalecontemporaneo.it; ID, La confisca del profitto nei confronti dell’ente in

cerca d’identità: luci e ombre della recente pronuncia delle Sezioni Unite, in Riv. it. dir. proc. pen., 2008,

1758 ss.; L. PISTORELLI, Confisca del profitto del reato e responsabilità degli enti nell’interpretazione delle

Sezioni Unite, in Cass. pen., 2008, 4544; R. ACQUAROLI, La ricchezza illecita tra tassazione e confisca,

Dike, 2012, 174 e ss.

30 Cass. Pen., Sez. Un., 2 luglio 2008, n. 26654, Fisia Italimpianti, CED Cass., n. 239925. 31 v. supra note 21 e 29.

letterale, cosicché il danneggiato che intendesse far valere le proprie pretese risarcitorie sarebbe  tenuto  ad  esercitare  l’azione  civile32. Il concetto di restituzione implicherebbe

infatti un riferimento a beni determinati, di pertinenza del danneggiato, su cui lo stesso vanti  diritti  reali  o  personali.  Così  opinando,  parrebbe  non  legittima  un’estensione della clausola  all’istituto  della  confisca  per  equivalente  in  quanto,  in  tal  caso,  si  procederebbe   alla restituzione del tantundem, ma tale interpretazione non pare coerente sotto un profilo sistematico.

Con riferimento al terzo quesito, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che il provvedimento  di  sequestro  preventivo  funzionale  alla  confisca,  regolato  dall’art.  53,  d.   lgs. n. 231/2001, è soggetto agli stessi limiti riconosciuti al provvedimento ablatorio definitivo33.

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