TRA RISCATTO E FUGA: LE PAROLE DELLA VITTIMA NEL CONTRADDITTORIO PROCESSUALE
4. La regola bard e l’ulteriore dubbio (esterno) sulla vittima
Occorre, a questo punto, comprendere dove, e come, le dichiarazioni testimoniali della persona offesa si collochino, dopo la modifica dell’art. 533 comma 1 c.p.p., alla luce della massima per cui le stesse non necessitano di riscontri e possono, da sole, fondare una condanna. Escludendo l’evenienza dell’alibi provato o confutato45, le situazioni di
interesse, come già delineato, sono quella in cui la voce della persona offesa é unica premessa probatoria e quella in cui la sua voce e quella dell’imputato sono le uniche due premesse probatorie46.
Il filtro giurisprudenziale delle parole della vittima resta quello della attendibilità intrinseca e credibilità soggettiva (che, de facto assorbita dalla prima47, si ometterà di
ripetere), ma occorre chiarire se questi due requisiti, di per sé, dimostrino l’assenza di dubbi48 interni ed esterni o se un’applicazione surrettizia delle disposizioni sui riscontri
41 Cenni alla sottile distinzione fra il novum in parola e le ipotesi assolutorie contemplate dall’art. 530
comma 2 c.p.p. in: M. TARUFFO, Fatto, prova e verità (alla luce del principio dell’oltre ogni ragionevole
dubbio), Opinioni a confronto, in Criminalia, 2009, 310; A. BARGI, La decisione sul fatto incerto, in Arch.
pen., n. 2, 2014, 17. Si consideri, poi, che il riferimento dovrebbe essere, più precisamente, ad un quintum genus, qualora si computasse anche l’evenienza della prova positiva dell’innocenza.
42 Specificazione che, a onor del vero, avvenne già, prima della codificazione della suddetta regola, per
merito di Cass., sez. un., 11 settembre 2002, n. 30328, Franzese, in dejure.
43 In analisi infinitesimale il concetto di intorno di un punto x rappresenta intervalli costituiti da punti
“molto prossimi” a x. A completamento della metafora, si tratterebbe, nel caso di specie, di un intorno
sinistro di x (dove per x intendiamo il punto di condanna), in quanto x é estremo superiore.
44 Espressione estrapolata dal (parzialmente) diverso contesto dell’insufficienza probatoria, F.
CORDERO, Procedura penale, cit., 994.
45 Il quale, a ben vedere, necessita di altra premessa probatoria per essere provato ovvero confutato,
divenendo alibi falso. Diversa é l’ipotesi dell’alibi affermato dall’imputato in esame e fallito - in quanto sprovvisto di ulteriori premesse probatorie che lo corroborino -, perché in tale ipotesi si rientrerebbe nel secondo caso-limite di cui si discorrerà. Sui diversi contegni della giurisprudenza in relazione all’alibi fallito e all’alibi falso, M. DEGANELLO, I criteri di valutazione della prova penale. Scenari di diritto
giurisprudenziale, Giappichelli, 2005, 34 ss.
46 L’analisi che segue muove dalla premessa che «é [...] dalla dialettica tra le parti - e non da
un’indimostrata gerarchia tra i mezzi di prova - che deve emergere quale tra le versioni contrapposte sia la più attendibile», M. STELLIN, Il contributo testimoniale della vittima tra Cassazione e CEDU, cit., 7.
47 F. M. IACOVIELLO, La Cassazione penale, cit., 538 ss.
48 Ad evitare ridondanze, di seguito si ometterà di ripetere il requisito della “ragionevolezza”, rinviando
estrinseci (o sulla concordanza indiziaria, equivalente - a questi fini - sotto il profilo quantitativo) 49 sia imposta dal canone bard, così come interpretato da ultimo50.
Per quanto riguarda l’ipotesi delle dichiarazioni della vittima costituenti l’unico elemento probatorio, l’attendibilità intrinseca é l’equivalente positivo dell’assenza di dubbio interno, per tanto una simmetria fra i due é ravvisabile nella misura in cui la vittima ricostruisca coerentemente e compiutamente gli avvenimenti - e, a corollario, sia ritenuta credibile -. Dubbio interno fugato, permane il dubbio esterno: maggiormente titolata a sollevare una contro ipotesi sarà la difesa, in assenza il giudice d’ufficio51.
Dovendosi il dubbio ancorare a basi probatorie, e non a mere congetture, non potrà che relazionarsi - in assenza delle dichiarazioni dell’imputato e di qualunque altro elemento - alle dichiarazioni della vittima, unica premessa probatoria. Ma come fugarlo ricorrendo alle stesse dichiarazioni, in quanto altri elementi non vi sono, é questione arcana: confutare un’ipotesi ricostruttiva, alternativa alle dichiarazioni, ricorrendo alle medesime parrebbe un vizio logico. È in re ipsa l’incompatibilità fra una ipotesi dichiarativa e una contro-ipotesi costruita ad esclusione della prima. Inevitabile diverrebbe, allora, il riscontro nel mondo empirico, nelle risultanze processuali, per dissipare l’incertezza. Ma questo é impedito dall’assunzione di base - l’assenza di elementi aliunde emergenti - perché si sta guardando al caso-limite in cui la voce della vittima é prova “solitaria”. Soluzione coatta sarebbe, di conseguenza, l’assoluzione nell’ipotesi di quartum genus52.
Più lineare il discorso nell’ipotesi in cui vi siano anche le dichiarazioni dell’imputato (e, beninteso, nessun elemento ulteriore). Ipotizzando nuovamente l’assenza di dubbi interni sulle dichiarazioni della vittima, il dubbio esterno potrà, questa volta, sorgere non solo d’ufficio, ma anche grazie all’esame dell’imputato (che prospetti una diversa ricostruzione dei fatti o un alibi) e sarà annientabile, per una sorta di proprietà riflessiva, dalla sua possibile intrinseca contraddizione. Tuttavia, al di fuori di questa autoconfutazione “suicida” - l’incoerenza nelle parole dell’imputato -, avremo due dichiarazioni di segno opposto, ma intrinsecamente coerenti: nuovamente il mondo fenomenico esterno alle parole sarà indispensabile, se non si vorrà cadere nella decisione assolutoria. Per inciso, e a differenza del primo caso, si tratterà di assoluzione per il terzo dei tre motivi già sussistenti prima dell’introduzione del bard, cioè la contraddittorietà fra prove53.
In entrambi i casi, l’assenza di riscontri impedirebbe la demolizione del dubbio esterno, e condurrebbe all’assoluzione. Resta da vedere quale destino per la massima giurisprudenziale secondo cui la voce della vittima da sola basti come prova della
49 Supra § 2. 50 V. note 37 e 38.
51 F. M. IACOVIELLO, La Cassazione penale, cit., 468, dove si afferma: «Il giudice deve sempre porsi il
problema di una spiegazione alternativa dei fatti, anche se la difesa non lo fa. La logica non è una facoltà che il giudice può usare solo ad istanza di parte».
52 Supra § 3. 53 Supra § 3.
condanna, se si é testé ricostruita la difficoltà - o meglio, l’impossibilità - di questa evenienza.