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La “nuova” confisca applicabile ai reati tributar

ALLA RICERCA DELLA FUNZIONE NON PUNITIVA DELLA CONFISCA

6.   La “nuova” confisca applicabile ai reati tributar

In   materia   tributaria   l’applicazione   della   confisca   si   è   dimostrata   una operazione complessa, stante la peculiare fisionomia assunta dal profitto nei reati di evasione in cui non è riscontrabile un concreto e materiale incremento del patrimonio suscettibile di apprensione, ma un vantaggio conseguente ad un risparmio di spesa realizzato mediante mancati esborsi o economie di costi34.

Dinnanzi  tale  circostanza,  la  misura  di  sicurezza  di  cui  all’art.  240  c.p.  si  è  rivelata  un   rimedio insufficiente per il recupero della ricchezza illecita, fintantoché il legislatore non ha esteso ai  reati  fiscali  l’istituto  della  confisca  per  equivalente,  la  quale  sin  da  subito  si   è  rivelata  un  efficace  strumento  nel  campo  della  lotta  all’evasione.  Ad  avviso  di  una  parte   della  dottrina  la  previsione  della  confisca  di  valore,  finalizzata  all’ablazione di denaro e/o beni per un valore equivalente al risparmio di spesa conseguito, comprensivo oltretutto di  sanzioni  ed  interessi,  svolge  una  funzione  surrogatoria  dell’obbligazione  tributaria,  di   cui  l’erario  esige  l’  adempimento35.

Il settore dei reati tributari   si   connota,   oltre   che   per   l’eccessivo   tecnicismo   della   legislazione tributaria, per una dura risposta repressiva da parte dello Stato, stante l’esistenza   di   un   sistema   a   doppio   binario   in   cui   coesistono   il   processo   penale   e   il   procedimento impositivo  condotto  dall’Amministrazione  finanziaria  per  l’accertamento   e la riscossione del tributo e degli annessi sanzioni ed interessi, il quale può sfociare nel processo tributario dinnanzi le apposite commissioni. Data la mancata previsione di una pregiudizialità tributaria, i suddetti procedimenti si svolgono in totale autonomia generandosi non pochi problemi di raccordo, in particolare qualora giungano ad esiti diversi;;   senza   dimenticare   che   l’Amministrazione   finanziaria,   a   tutela   delle   proprie   ragioni, può procedere ad iscrivere ipoteche o a pignorare beni del contribuente reo.

La situazione si profila ancor più complessa in quanto, alla luce dei recenti approdi della  giurisprudenza  della  Corte  Europea  dei   diritti   dell’uomo36, potrebbe integrarsi la

violazione del principio del ne bis in idem sostanziale in relazione alle ipotesi in cui la sanzione penale si aggiunga alla sanzione amministrativa reputata afflittiva, o viceversa. Si  assiste  infatti  ad  una  doppia  ablazione  nei  confronti  di  un’unica  fattispecie evasiva.

Allo   stato   dell’arte,   il   recupero   della   ricchezza   illecita   si   presenta   dunque   ricco   di   criticità, essendo variegato il quadro delle situazioni/interazioni prospettabili tra procedimento tributario e processo penale, ma non è oggetto del presente contributo

34 Cfr. Cass. Pen., Sez. III, 6 novembre 2013, n. 48104. In dottrina si esprime in senso critico ritenendo

che non possa considerarsi profitto del reato una somma non versata a titolo di imposta in quanto la stessa non deriva dal reato ma è preesistente allo stesso, G. Flora, Annullamento degli avvisi di accertamento e fumus delicti ai fini del sequestro per equivalente nei reati tributari, in Rass. Trib., 2014.

35 A. GIOVANNINI, Identità di oggetto dell’obbligazione d’imposta e della confisca nei reati di evasione,

in Rass. Trib., 2014, 1255 ss.; R. ACQUAROLI, La ricchezza illecita tra tassazione e confisca, cit., 182. 36 Corte EDU, 4 marzo 2014, Grande Stevens c. Italia, in materia di abusi di mercato; Corte EDU, 20

maggio 2014, Nykanen c. Finland; cfr. A. PODDIGHE, Il divieto del ne bis in idem tra procedimento penale

e procedimento tributario secondo la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo: il caso Nykanen v. Finland e le possibili ripercussioni sul sistema repressivo tributario interno, in Riv. dir. trib., 2014, IV, 104 ss.

approfondire lo studio dei complessi rapporti tra confisca, accertamento impositivo e adempimento  dell’obbligazione  tributaria.

Al fine di conferire maggior razionalità al recupero dell’imposta  evasa  pare  improntato   il nuovo art.12-bis, d.lgs. 10 marzo 2000, n.7437 con il quale si provvede a dare giusta

collocazione   all’istituto   della   confisca   in   materia   tributaria,   attualmente   regolato   dagli   artt. 240 c.p. e 1, c. 143, l. 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del

bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria del 2008), il quale rinvia

all’art.   322-ter c.p., disciplinante le misure della confisca diretta obbligatoria e della confisca per equivalente in ambito  di  reati  contro  la  pubblica  amministrazione.  L’art.  12-

bis, con riferimento alle ipotesi di confisca obbligatoria diretta e di valore, prevede che:

«la  confisca  non  opera  per  la  parte  che  può  essere  restituita  all’erario».

Tale norma contiene una previsione   analoga   a   quella   presente   all’art.   19,   d.lgs.   n.   231/2001, sennonché non essendo individuabile una vittima determinata, poiché nei delitti tributari la stessa è semmai identificabile nella collettività, questa ipotesi di confisca parrebbe essere improntata a perseguire una funzione più satisfattoria che riparatoria. Tale assunto implica però una riflessione di più ampia portata sul concetto di vittima,  la  quale  esula  dall’oggetto  del  presente  lavoro.

La   disposizione   di   cui   all’art.   12-bis si connota per una ambigua formulazione del dettato   normativo.   L’utilizzo   del   verbo   modale,   indicativo   di   una   possibilità,   ingenera   infatti non poche perplessità sulla sua portata applicativa.

Con   tale   intervento   il   legislatore   pare   aver   recepito   quell’orientamento   della giurisprudenza di legittimità38 secondo  il  quale  l’applicabilità  della  confisca  risulterebbe  

preclusa, così come il sequestro prodromico ad essa, per quella parte di ricchezza che il contribuente  ha  provveduto  a  versare  all’erario.  

La norma, come sottolineato da una parte della dottrina39, è da coordinarsi con i

seguenti artt. 13 e 13-bis i quali prevedono l’introduzione di cause di esclusione della punibilità, per taluni reati, in caso di pagamento del debito tributario entro determinate scadenze. Così   facendo,   si   permetterebbe   al   reo   contribuente   di   restituire   all’erario   l’imposta  evasa,  accedendo  agli  istituti  premiali  predisposti  dalla  legislazione  tributaria,   evitando che tale possibilità possa essergli preclusa già con la disposizione del sequestro per equivalente prodromico alla confisca40. In sostanza, allorché il soggetto agente abbia

provveduto   ad   estinguere   il   suo   debito   nei   confronti   dell’erario,   lo   Stato   non   può   confiscare ulteriori beni.

Non sembra, invece, che la disposizione permetta al contribuente di evitare la confisca qualora  il  pagamento  dell’imposta  evasa  sia  definito  ancora  sulla  base  di  un  accordo  con   l’Amministrazione  finanziaria41.

37 S. FINOCCHIARO, Sull’imminente riforma in materia di reati tributari: le novità contenute nello

“schema” di decreto legislativo, in www.penalecontemporaneo.it.

38 Cass. Pen., Sez. III, n. 30140/2012; Cass. Pen., Sez. III, n. 10120/2010.

39 S. FINOCCHIARO,“Sull’imminente riforma in materia di reati tributari: le novità contenute nello

“schema” di decreto legislativo”, cit.

40 S. CAVALLINI; Osservazioni “di prima lettura” allo schema di decreto legislativo in materia

penaltributaria. “Non ridere, non lugere, neque destari, sed intelligere!”, in

www.penalecontemporaneo.it

41 Ipotesi di recente esclusa da Cass. pen., sez. III, 29 settembre 2014, n. 40244, che ha negato la

«possibilità per il contribuente, il quale abbia raggiunto un accordo transattivo con l'Amministrazione

Finanziaria (che prevede il pagamento rateale della imposta evasa nella sua integralità), di evitare l'assoggettabilità a sequestro della somma sul presupposto di una (futura) definizione completa della

Alla  luce  di  quanto  detto,  si  ritiene  che  l’ingresso  di  tale  disposizione  sia  da  salutare   con favore ponendo ragionevolmente dei freni alle pretese ablatorie statuali nella prospettiva   di   bilanciarle   con   la   tutela   dell’iniziativa   economica,   sennonché,   visto   il   carattere transitorio attribuito al decreto, la cui efficacia temporale è al momento circoscritta ai prossimi due anni, la sua portata applicativa risulterebbe alquanto svilita.

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