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L’opera di Camillo s’inserisce nella riscoperta del teatro moderna, inventando un’applicazione alla forma vitruviana in un contesto di ricerca, insegnamento e memoria. Tuttavia, ci sono altre caratteristiche che hanno delle affinità con le opere del periodo. In particolare, i pensieri delminiani hanno alcuni punti in comune con le invenzioni di Filarete, autore di cui abbiamo già analizzato i progetti sui luoghi d’intrattenimento cittadini. A Sforzinda però troviamo un’altra struttura teatrale, descritta nella Casa del Vizio e della Virtù, nel libro XVIII del Trattato di architettura scritto tra il 1460 e il 1464.

La Casa è un edificio simbolico, adibito all’ascesa morale degli abitanti della città. Il Filarete, nel suo progetto, imprime sull’architettura un percorso di scienza e di coscienza. In essa le persone sono chiamate a fare una scelta, se intraprendere la via del vizio, semplice ma senza premi, che conduce verso il basso, o se avventurarsi nella difficile via del sapere, che attraverso percorsi complicati arriva fino alle alte sfere della saggezza e quindi della Virtù. Per costruire l’edificio egli fa esplicito riferimento al teatro, in due momenti differenti. Nel primo, evidenziando la forma, asserisce che sarà:

“Tonda e quadra, quasi come a dire Colosseo”101

99 G. Camillo, Tutte l'opere di M. Giulio Camillo Delminio. Il catalogo delle quali s'ha nella seguente facciata,

Nuovamente ristampate, con la tavola delle cose notabili; & con le postille in margine, appresso Giovanni, & Gio.

Paolo Gioliti de' Ferrari, in Venezia 1580. Questa raccolta, curata da Porcacchi, pubblica quasi tutti gli scritti di Camillo. Il primo volume esce nel 1566, seguito da un secondo nel 1579 e dall’edizione del 1580, dove sono proposti assieme il primo volume e alcune parti del secondo.

100 Ivi, p. 322, (Discorso di M. Giulio Camillo sopra Hermogene).

101 A. Averlino detto il Filarete, Trattato di architettura, a cura di A.Finoli e L. Grassi, Il Polifilo, Milano 1972, vol. II

Nel secondo, lo scrittore fornisce le misure per innalzare la costruzione concludendo:

“Io tiro queste dugento braccia per mezzo di questo spazio, e fo teatro. Chi arà letto dianzi intenderà che cosa è teatro.”102

Anche l’immagine che ci rimane del progetto propone una forma che si avvicina molto all’anfiteatro romano (fig. 8 e fig. 9), sviluppata per altezza e divisa in ordini. Nella Casa i cittadini operano un’ascesa spirituale, della quale l’autore sviluppa il percorso descrivendone le varie tappe. La persona che intraprende il viaggio, appena entrata, è chiamata a scegliere tra la Via del Vizio (la Porta Cachia), semplice e isolata, e la difficile e più proficua Via della Virtù (la Porata Areti), che si divide tra la strada attiva e quella contemplativa. Quest’ultima Via è quella consigliata, ed inizia così il cammino dell’insegnamento, che giungere alle aule dove si leggono le materie universitarie: la conoscenza, severissima e ardua, è il primo elemento per assurgere alla contemplazione della Virtù. Dopo gli esami, si passa ai sette archi, in cui, pare, vengano celebrati coloro che si sono distinti nelle scienze sopradette. Le materie seguono l’ordine del trivio e del quadrivio, ma nello stesso tempo hanno una successione in base all’importanza delle nozioni imparate e nelle ultime aule troviamo l’Astrologia, arte elevata perché porta alla massima conoscenza, cioè Dio e l’Universo. L’Uomo, inserito nell’ambiente del Filarete, è intento nel viaggio di scalata, un Dante laico che si cimenta nelle discipline conoscitive fino alla comprensione metafisica. Il concetto è molto simile a quello di Camillo, ma con alcune differenze. Infatti, nella Casa del Vizio e della Virtù l’eventuale persona coinvolta acquisisce sapere partendo da terra per salire faticosamente verso l’alto. Invece, il Theatro della Memoria è un meccanismo collaudato affinché la strada dell’apprendimento sia semplice e veloce. L’uomo è già collocato nel punto più alto, egli deve solamente contemplare ciò che gli si pone davanti, attraverso tecniche che facilitano la memorizzazione dei concetti. In entrambi gli autori si riscontra un fine comune, ossia elevare la

italiano nel Rinascimento, a cura di F. Cruciani e D. Seragnoli, Il Mulino, Bologna 1987, in particolare Scheda iconografica p. 208.

102 Filarete, Trattato di architettura, cit., p. 534.

creatura terrestre al pari della divina, e da lì comprendere ciò che sta sotto, tutti gli elementi che fanno però parte di un tutto unitario, un mondo governato da leggi di armonia e corrispondenza. Per concludere il percorso, il viaggiatore nella Casa deve poi

attraversare altri sette ponti, simboleggianti le Virtù Teologali e Cardinali. L’ultimo passaggio, prevede la contemplazione delle statue delle sette Muse, nonché un cammino su simbolici monti del Parnaso ed Elicona, che si collegano infine con la meta ultima, il luogo della Virtù.

Il teatro è usato come ascesa morale, come strumento d’elevazione spirituale, che avviene tramite la conoscenza. Inoltre, l’edificio si trasforma in un monumento alla virtù, inserito nella sfera di significazione cittadina:

“La «casa»del Filarete, il suo «teatro», è il luogo in cui una comunità celebra se stessa nelle persone di coloro che più si sono distinti, pubblicamente, sotto il contrassegno di una spettacolarità che è festa ed è, al contempo, esibizione di un luogo fisico e simbolico: spazio della e per la celebrazione”103

Come nel teatro di Camillo, anche nella Casa si svolge un intento mnemonico: i cittadini guardano alla costruzione per ricordare l’intento etico del percorso, la scelta della Virtù che deve essere compiuta da ciascuno. Nel Filarete la memoria viene affidata ad una contemplazione esterna, l’edificio è un elemento a cui gli abitanti guardano e che perpetua il progetto morale nel tempo. Luogo a se stante, esso assume già lo status di monumento, rifacendosi al Colosseo e alle tradizioni antiche. Delminio, invece, crea una sede interna, di cui usufruire solo e unicamente entrandovi, privata e concessa a chi conosce la via d’accesso. Filarete crea un’opera comunitaria, rivolta a ciascun abitante di Sforzinda, Camillo è proiettato nell’ottica cortese, dove gli spettacoli avvengono in sale private, dentro ai palazzi e alle corti. Simile, però, è la conclusione cui giungono: il teatro, dentro o fuori, è un luogo di conoscenza, anzi, un modello conoscitivo basato sull’ordine, sulla divisione, sulla vista. Lo spazio non accoglie uno spettacolo, è spettacolo esso stesso, bastante e autosufficiente allo sguardo.

103 F. Ruffini, Teatri prima del teatro: visioni dell’edificio e della scena tra Umanesimo e Rinascimento, Bulzoni, Roma

1983, pp. 45-46.

Figura 9: La casa del Vizio e della Virtù, sezione

“Il teatro è prima che un edificio, il simbolo di una funzione: non è lo spazio dentro cui si guarda, ma lo spazio al quale si guarda per tenere a mente ( e la memoria è pratica della virtù) l’obiettivo di un progetto etico”104

Il Filarete, interessato alle dinamiche comunitarie della sua Sforzinda, crea un’immagine esterna alla portata di ogni cittadino, mentre Delminio si concentra solo sul progetto di un teatro rivolto ad uso privato degli intellettuali, principalmente i suoi committenti.

Anche architettonicamente le due strutture presentano somiglianze. Entrambe sono costruite sul numero sette, che ne scandisce gli spazi: sette sono i gradi del teatro Camilliano, divisi in sette zone verticali; sette il numero che si ritrova con frequenza nella Casa del Vizio e della Virtù, attraverso stanze e ponti. Ruffini propone un parallelismo tra Filarete e un “modello” studiato dagli umanisti sui resti romani, ossia il Settizonio di Settimio Severo. Questo edificio, di cui rimangono poche tracce già in epoca moderna, è pensato come un luogo di conoscenza, in cui sono associati sapere e cosmologia. Sviluppato in sette piani di altezza, decorati simbolicamente con statue e immagini, in ognuno è collocata un’arte correlata ad un Pianeta.105. Ruffini ipotizza il Settizonio come probabile fonte di Filarete anche per la sua vicinanza con il Colosseo. Entrambi i resti antichi infatti sono nominati Templi del Sole, come evidenziato in vari mirabilia e descrizioni106. Se il templum solis è vicino alla creazione dell’Averlino, lo è maggiormente a quella di Giulio Camillo, il quale esplicitamente dedica la sua idea al Sole, sia come astro più importante, sia per narcisismo107. Nel suo teatro, anch’esso scandito in base agli Astri, lo spazio dedicato ad Apollo si trova al centro, in una posizione di rilievo.

I due intellettuali, così diversamente indirizzati in scopi e progettazioni, sono uniti principalmente dall’idea del teatro che soggiace alle loro creazioni. Due linee di tensione si incrociano e si plasmano nel lavoro degli studiosi:

104 ibid.

105Un opuscolo anonimo del 1500 lo descrive in base ai resti romani, indicandone le corrispondenze tra Astri e Materie:

Antiquarie prospettiche romane composte per prospettivo milanese dipintore. in G. Govi, Intorno ad un opuscolo rarissimo della fine del secolo XV, «Atti della reale accademia dei Lincei», anno 273, 1875-76, s.II, vol.III. Il passo

relativo al Settonzio è riportato in Ruffini, Teatri prima del teatro, cit., p. 49.

106 Anonimo Magliabechiano, in C. L. Urliches, Codex Urbis Romae topographicus, Ex aedibus Statelianis, Wirceburgi

1871.

“Il teatro del Filarete è massimamente interessante proprio per questa bipolarità. Esso è, al contempo, un edificio pensato, se non progettato, sulla scorta delle indicazioni degli antichi (Vitruvio, anche, e i reperti archeologici), e la libera materializzazione delle funzioni che un uomo colto della metà del ‘400 ritiene di dover assegnare al teatro.”108

In questa definizione può rientrare perfettamente anche il teatro di Giulio Camillo. Esso unisce lo studio di una struttura classica, solenne ed eterna, alla creazione di una funzione memonica da attribuire alla stessa. Quello che emerge è un metodo conoscitivo, applicabile a differenti scopi, che trova la sua ragione d’essere nella sola caratteristica di esistere, di essere costruito.