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Partiamo dall’analisi del livello“letterario”, ossia dei cambiamenti di senso che il termine theatro percorre durante i secoli XVI e XVII. La parola teatro in epoca moderna assume una forte valenza metaforica, come possiamo notare in molte opere letterarie, tuttavia le sfumature con la quale viene usata da poeti e scrittori denotano un cambiamento durante i secoli intorno al suo significato ideologico.

Questo mutamento è ampiamente descritto ne Il Gran Theatro del Mondo, di Mario Costanzo73. Egli analizza numerosi testi, rilevando la valenza della parola in ambito retorico. Abbiamo già accennato come, attraverso l’elemento visivo, il pubblico e la corte trovino nel teatro un momento di controllo e dominio sulla scena. Costanzo evidenzia come queste caratteristiche siano riprese nel Seicento e nell’epoca di destabilizzazione culturale di fine Cinquecento. Sfuggendo dal “semplice” luogo scenico, il teatro diventa metafora di tutto il mondo, la semplice visione della “scena di città”si allarga a dismisura fino ad arrivare ad una visione globale, della Terra, dell’uomo, dei generi sociali.

73 M. Costanzo, Il «Gran Theatro del Mondo»: schede per lo studio dell’iconografia letteraria nell’età del Manierismo,

Ed. Vanni Scheiwiller, Milano 1964. Sulla questione cfr. A. Quondam, Dal teatro della corte al teatro del mondo, in Il

teatro italiano nel Rinascimento, a cura di M. de Panizza Lorch, Ed. di Comunità, Milano 1980, pp. 137-144,

un’ulteriore bibliografia è data da S. Mazzoni, L’Olimpico di Vicenza: un teatro e la sua «perpetua memoria», Le Lettere, Firenze 1998, n. 35 p. 47.

Ad inizio Cinquecento Theatro74 si riferisce esclusivamente all’edificio, è un paragone unicamente

materiale, utilizzato in questo senso nelle opere di Ariosto, Bembo e Della Casa. L’uso del termine cambia durante gli anni che vanno all’incirca dal 1530 al 1540, quando la pratica scenica è ormai diffusa e l’interesse verso gli eventi performativi influenza anche i nuovi gusti letterari e stilistici. Il paragone concreto viene scavalcato da quello metaforico, affiancato dal gusto per l’emblema e per l’effetto psicologico. Se ne hanno esempi già dagli scritti di Aretino e di Fiorenzuola, che usano l’immagine del teatro in via allegorica. Quindi:

“Trasformandosi così a poco a poco in una metafora autonoma e a sé stante e, per certi aspetti, in un vero e proprio luogo comune operante ormai anche come “correttivo”oggettivo del gusto, in un continuo giuoco dialettico tra invenzione e tradizione, l’immagine del teatro vive di vita propria nei testi di fine secolo (anche d’origine o d’ispirazione popolare); e in quelli della prima metà del Seicento. Non si tratta più, ora, di paragonare questo o quell’aspetto del mondo naturale od umano con una particolare “fittione” scenica o di costruire delle analogie e delle similitudini di tipo convenzionale; la vita stessa e il mondo o un “obietto” qualsiasi in esso esistente sono visti come fatti scenici, come elementi d’una rappresentazione universale.”75

Costanzo collega la diffusione di questo nuovo senso del teatrale con la cultura e gli umori del secolo. Quando le scoperte scientifiche proiettano l’essere umano in un mondo vasto, indefinito seppur matematicamente controllabile, i letterati tentano di racchiudere l’immenso nell’immagine emblematica della scena, luogo di ordine. I moti dell’inconscio76, un tempo legati all’improvvisazione e al non prevedibile, sono gestiti tramite paragoni con la sfera del naturale, e persino i movimenti e le pose vengono classificati e inquadrati. I mezzi utilizzati a tale fine sono, da un lato, la fisiognomica, dall’altro, la composizione teatrale-artistica, in un movimento che dissimula spontaneità ma che ha alla base percorsi fissati e calcolati.

“L’immagine emblematica del “gran Theatro del Mondo” opera dunque contemporaneamente in due direzioni: contro tutto ciò che vi è di indefinito e “intempestivo”, di imprevisto nel mondo naturale; e contro le sensazioni e gli affetti più “temibili” e indisciplinati del nostro stesso animo”77

74 Nel senso di termine inserito nelle opere, parola utilizzata all’interno dei volumi letterari. 75 M. Costanzo, Il gran theatro del mondo, cit., p. 24.

76 Uso in questo caso un termine contemporaneo non esistente nei secoli considerati. Si potrebbe tradurre nel linguaggio

cinquecentesco con “passioni”, “animo”, “coscienza”.

Il mondo dei sensi e dell’immaginazione deve essere codificato, talvolta con espedienti mnemonici che bloccano le conoscenze umane sotto un unico sguardo. Il teatro della memoria colloca tutto il sapere sotto un possibile dominio, soprattutto nel prototipo di Giulio Camillo che vedremo nel prossimo capitolo. Qui basti accennare al concetto di theatro che soggiace questo utilizzo, come potere dello spettatore su ciò che accade sulla scena, dove nulla è lasciato al caso. La natura è il regno del capriccio, ma a sua volta questo irrazionale ha delle regole che lo dominano, leggi che controllano il caos apparente. Quest’idea diventa accettabile anche grazie ad un’universale metafora scenica, che trova l’apice della sua applicazione nel Seicento, dove il Barocco farà della meraviglia la sua poetica, e del teatro il suo modo di interpretare la realtà.

Il Gran theatro del mondo è uno dei temi culturali di larga diffusione già nella seconda metà del Cinquecento. Il teatro, che sul piano pratico è in una fase matura di utilizzo, acquista importanza come termine di “metaforizzazione” dell’esistente, è usato in senso astratto e applicato a diversi

ambiti dello scibile.

Il Theatrum non è solo una metafora dell’uomo nel mondo, uno “strumento intellettuale” che posizione l’essere umano di fronte ai fatti e alle conoscenze, ma diventa un vero e proprio modello conoscitivo dell’esistente. L’esperienza pratica della presenza corporea e, soprattutto, la particolare dinamica del ruolo spettatore-vista-spettacolo sono meccanismi privilegiati per l’”avventura al sapere” dell’epoca post-Rinascimentale. Il crollo delle certezze e l’angoscia esistenziale si riflettono nel bisogno di controllo sulla realtà.

D’altro canto anche nel mondo propriamente spettacolare gli addetti sembrano rendersi conto di questa “metaforizzazione”, grazie alle influenze reciproche di un Universo culturale da cui attingono i vari campi dell’arte, della filosofia, della scienza. Il Gran Theatro del mondo raggiunge il suo apice nell’auto di Claderon della Barca, ma questo raccoglie, e porta alla massima coscienza, un’idea che è presente anche in altri autori. In Italia, Leone de Sommi evidenzia questi aspetti nei suoi Discorsi: gli uomini sono portati a recitare un ruolo per un breve periodo, sotto la supervisione di Dio, per poi ricevere biasimo o lode a seconda dell’operato. Attraverso gli esempi degli altri esseri umani si può migliorare il proprio spettacolo:

“Giudiciosamente certo da molti savii et antichi et moderi fu chiamata scena mondana questa machina terrena, poiché adiviene propriamente a gli uomini, mentre stanno al mondo, come aviene agli istrioni su per le scene; per ciò che, sì come i recitanti delle tragedie et delle commedie, o d’altri simili poemi, sono vestiti, da chi li guida, chi da principe chi da cittadino, chi da milite e chi da servo et chi in altri più stravaganti modi, et poi sono mandati su la scena, dove ciascuno il meglio che sa rappresenta quello che egli ha da imitare, et, finita la favola, ogni uno si

spoglia et torna nel suo stato di prima, onde raporta o laude o biasimo, secondo che meglio o peggio ha fatto la parte sua; così si vede essere gli uomini, cel loro nascimento, vestiti di abiti variati da chi regge l’Universo, ove ciascuno viene a rappresentarsi, operando o come sa o come vuole, tanto che la favola della vita giunga al suo fine, e poi, spogliato, ogni uno se ne ritorna ignudo sì come venne, rapportando lode o biasimo, o per dir meglio premio o punizione, secondo che ha meglio o peggio operato nello stato et nella professione sua.”78

In questo caso, la rappresentazione di De Sommi ci vede attori agli occhi di Dio, in una sorta di rassegna in cui ciascuno deve interpretare la propria parte, attraverso la quale si stabilirà il destino futuro, il premio o la punizione, deciso dallo spettatore supremo.

Anche Calderon de la Barca raffigura il Mondo come un Gran teatro dove l’uomo recita al cospetto di un metaforico Autore. Nel celebre auto sacramental sfilano figure di valore allegorico, dalla culla alla morte.

“E’ una festa che voglio

Allestire a me stesso, giacché tutto Fa Natura affinché la mia grandezza Sia manifesta; e se quel che più piace È una commedia ben rappresentata Ed è l’umana vita uno spettacolo, sia una commedia quanto il ciel oggi vedrà nel tuo teatro.”79

Quindi la dinamica spettacolare, lo sguardo di un pubblico che detiene il controllo sulla performance, allarga i suoi confini. Il termine ben si adatta, dunque, ai titoli enciclopedici che compaiono nel Cinquecento e che rispecchiano la generale tendenza a catalogare le scoperte moderne. In epoca moderna, infatti, il mondo si espande, grazie ai viaggi oceanici, scavalca le barriere dell’Europa e la “apre” ad un Universo più grande, che comprende terre esotiche,

78 L. de Sommi Quattro dialoghi in materia di rappresentazioni sceniche, a cura di F. Marotti, Il Polifilo, Milano 1968,

pp. 6-7.

79 Calderon de la Barca Il gran teatro del mondo, in Teatro, a cura di C. Samona, Garzanti, Milano 1990, p 865 ( fa parte

sconosciute, tanto lontane da sfuggire alla mente mediterranea. Ricordiamo che a fine Quattrocento Colombo approda sulle terre dell’odierna America, e solo nel secolo successivo sarà riconosciuta come nuovo continente; Magellano compie il giro del Mondo e, in generale, la conquista dei nuove terre diventa impresa eroica e avventurosa, che porta a nuove rotte di navigazione.

In questo periodo nasce quindi il primo Atlante della Storia, che illustra sotto gli occhi dei nobili Europei tutto il mondo scoperto, sotto il nome di Theatrum orbis terrarium, di Abraham Ortelius. Abraham Ortelius nasce a Antwerp (Belgio) nel 1527. Viaggiatore, soprattutto per affari, è uno dei più famosi e precoci cartografi della storia. La prima edizione del Theatrum Orbis terrarum è del 1570, ma ne seguono numerose anche dopo la sua morte. L’autore assembla diverse mappe da lui collezionate, citate nel lungo Catalogus Auctorum.

Questo è il proemio di apertura:

IN THEATRUM ORBIS TERRARUM ABRAH ORTELLI ANTUERP. Ortelli, terra(e) globum, maria omnia, &urbes,

Oceanum, quo Sol occidit atque oritur, Descripsti & radio totum qui gentibus orbem, Applaudunt operi plena theatro tuo.

Roma, theatra tibi non sic: non Attica Athena, Pulpita odoriferos sic oluere crocos:

namque Asia, Europa, Libya hinc, atque Anphitrita Dum vada Caca notas, portu & aura venis.

Corniger Eufrates, septemgemini ostia Nili, Assurgitque Tagus, Scaldis, & Eridanus:

Fluminaque tractusque maris spectantur, ut actor; Insula in fonio quaque natant pelago.

Fallor? An & montes dias sub luminis auras, Sedibus abrepti (obrepti?) latitia exilium? Adspice; dives Aralss, & mittens tura Sebans,

Antipodum per te notior Indus, adest. An ne* Syracosii concluserat athera vitro Exiguo senis, heu, ingeniosa manus?

Ausus an Iliodem nuce quis complectier? Alis Quadryuyos currus parnaque musca tegit? Maius opus video: cedraque ac digna cathurno: cadite prostantis ingenio arteficis.

Macte igitur virtute, immensum, qua iacet, Orbem, Et Natale solum demereare tibi

AND, SCHOTTUS ANTUERP.80

Davanti agli occhi del lettore Ortellio presenta tutto il mondo, la sfuggente geografia della Terra che ormai scavalca i confini Occidentali, lasciando gli uomini Europei confusi e decentrati. La vista ha la possibilità di abbracciare un globo riprodotto in scala ma fedele all’originale, che quindi provoca meno paura dell’immenso che si spalanca alla cultura manierista e barocca.

L’aspetto enciclopedico della conformazione teatrale trova ulteriore conferma nel Theatro de vari e diversi cervelli mondani di Tommaso Garzoni. L’opera appare per la prima volta per i tipi di Zanfretti a Venezia nel 1583, e viene riedita due anni dopo. Questa seconda pubblicazione ottiene cinque ristampe ed è tradotta sia in francese che in spagnolo. In essa l’autore prende parte alla discussione sulla definizione di genio, che comprende problemi scientifici e umanistici, tra teoria degli umori e influssi celesti. Garzoni si limita ad una considerazione morale della faccenda, senza addentrarsi filosoficamente nella discussione, e limitandosi a trattare il livello “pratico” dei vari cervelli. E siccome la materia da esporre è ampissima e intricata, l’unico modo per pervenire ad una chiarificazione è ridurla a una classificazione, ossia adoperare, appunto, la forma teatrale:

“Invero il genere “teatro”, più che un semplice espediente organizzativo, risponde a profonde aspirazioni di quell’epoca, e ne costituisce quasi l’emblema più autentico […] Il “teatro”è pertanto uno specchio della natura e insieme un’enciclopedia che ha come fine il rappresentare in visione riflessa la maestà divina: la struttura enciclopedica è infatti l’unica che possa contenere la totalità della natura e che riesca a dare “ordine all’ordine”

[l’espressione è di G. Camillo Delminio Idea del teatro Venezia 1550, p.7], riducendo in forma logica quell’ordine che la natura pur contiene ma che non presenta in modo immediato. ”81

La citazione di Giulio Camillo è appropriata. Come vedremo nel seguente capitolo, l’autore dell’Idea del theatro tenta di collocare in un luogo reale tutto il sapere, anzi, tutto il Cosmo, cercando di dare una risposta definitiva alle angosce del secolo corrente. Garzoni conosce l’opera del suo predecessore e la menziona più volte nel suo scritto82. Questa Natura enorme e spaventosa viene addomesticata trovando a qualsiasi elemento la propria sede, affidando a ciascun cervello il proprio posto accanto agli altri, per prenderne visione, dominarlo con lo sguardo, anche solo della mente, e valutarne le particolarità e similitudini. All’interno dell’edificio quindi abbiamo la rappresentazione di tutti gli uomini del mondo, una rassegna generale dove ognuno trova il proprio posto. Molto esplicita a riguardo è l’introduzione dell’edizione del 1583, dove è il theatro stesso a presentarsi e, come cavia inerme, sottoporsi al giudizio altrui. Il continuo riferimento alla vista riporta il teatro all’etimologia del suo stesso nome, luogo per eccellenza dello sguardo:

“La onde volentieri a gli occhi altrui, qual sono, mi spiego, a fine che, potendomi ciascuno da capo a' piedi con suo bell'agio, rimirare, veda se son Theatro, o veramente una cosa strana, e da cotesta differente. E ben vero ch'io giudico, che a quella guisa, che i brutti mascheroni, posti con artificio dentro a bei razzi di fiandra, rendono quelli a

gli occhi altrui piu vaghi, e piu maravigliosi: cosi potrebbero forse questi cervelli difformi, accommodati dall'arte

del mio Architetto, farmi da questa parte ancor apparire uno Theatro Reggio, & signorile. Riguardatemi adunque minutamente, qual'io sono, sto' saldo, e dalla presentia de' vostr'occhi punto non mi muovo.”83

Vale la pena di considerare anche l’opera successiva di Garzoni, splendida e ampissima. Nel 1585, presso Giovanni Battista Somasco, a Venezia, è pubblicata La piazza universale di tutte le professioni del mondo, un’opera che racchiude i mestieri del Cinquecento, che l’autore continuerà a perfezionare fino alla morte. Tralasciando l’importanza storica di questa fatica, ci preme sottolineare l’aspetto che collega i due libri citati e i luoghi scenici. La piazza perde le sedi proprie del teatro, diventa uno spazio in cui singolarmente i vari personaggi agiscono. E’ possibile considerarla comunque come una variante dei numerosi teatri del mondo, data l’azione e la

81 P. Cherchi, Enciclopedismo e politica della riscrittura: Tommaso Garzoni, Pacini editore, Pisa 1980, p 31.

82 T. Garzoni, Il theatro de vari e diversi cervelli mondani in particolare nei capitoli De’ cervelli bravi e armigeri, p. 60;

De’ cervellini appassionati ed accordati, p 100; De’ cervelloni universali, industriosi ed ingegnosi, p 151 (fa parte di T.

Garzoni, Opere, a cura di P. Cherchi, Longo Editore, Ravenna, 1993).

83 T. Garzoni, Il theatro de' vari e diversi cervelli mondani, nuovamente formato, et posto in luce da Thomaso Garzoni,

tendenza enciclopedica del libro. Garzoni si rivolge agli “spettatori”, che dai portici possono osservare ciò che accade nel mezzo, in una sfilata che ricorda le processioni Cinquecentesche. La differenza tra le due opere è, però, lampante, come quella tra il teatro progettato dagli umanisti e i comici ambulanti: da una parte abbiamo non solo l’azione visiva sullo spettacolo, ma anche la strategia di un controllo, la certezza di un ordine. I cervelli sono divisa a seconda delle loro caratteristiche, quasi catalogati. Dall’altro, invece, lo sguardo coglie la rassegna dei mestieri senza organizzazione razionale, tanto che Paolo Cherchi, esperto e curatore sia della stampa moderna sia del libro critico sul Garzoni, può affermare:

“Se c’è un ordine logico nella Piazza, a me è sfuggito.”84

D'altronde, gli Umanisti ai tempi del Garzoni hanno ampiamente provveduto alla distinzione tra Forum e Theatrum, come evidenziato nel precedente capitolo.

Questi sono solo alcuni esempi, che si potrebbero moltiplicare scorrendo i titoli di molte opere enciclopediche moderne: Theatrum Terrae Sanctae et biblicarum historiarum cum tabulis geographicis aere espressi (C. Adrichomio, in officina Birckmannica, sumptibus Arnoldi Mylij, Delpho, Coloniae Agrippinae 1590); Theatrum mundi minoris, sive humanae calamitatis oceanus. Ex gallico in latinum translatus sermonem (F. Laurent. Cupæro carmelitano, apud Lucam Bellerum, Antuerpiæ 1576); Theatrum humanae vitae Theodori Zuingeri Bas. Tertiatione novem voluminibus locupletatum, interpolatum, renovatum. Cum tergemino elencho, methodi scilicet, titulorum & exemplorum (per Eusebium Episcopium, Basilea 1586); Teatro del cielo e della terra, nel quale si discorre brevemente del centro, e dove sia. Del terremoto, e sue cause. De' fiumi, e loro proprietà. De' metalli, e loro origine. Del mondo, e sue parti. Dell'acque, e sua salsedine. Dell'aria, e sue impressioni. De pianeti, e loro natura. Delle stelle, e loro grandezze. Delle sfere, e come girino. Opera curiosa, et degna d'ogni elevato spirito (G. Rosaccio, per Vittorio Baldini stampator ducale, Ferrara 1564); Il teatro delle cancelleresche corsive per secretari et altre maniere di lettere (L. Curione, Martin van Byiten Hollandus, Roma 1593); Theatro morale, de' moderni ingegni: dove si scorgono tante belle' & gravi sentenze, tante acute risposte, & tanti savi consigli, oltra infinite comparationi, che vi sono; che dir si puo esser felicemente unite le cose naturali con le morali ( C. Ghirardacci, appresso Gabriel Giolito de' Ferrari, Venezia 1576); Inscriptiones vel tituli theatri amplissimi, complectentis rerum vniuersitatis singulas materias et imagines eximias, ut idem recte

quoque dici possit ( S. a Quiccheberg Belga, ex officina Adami Berg typographi, Monaco 1565); Theatrum hieroglyphicum, hoc est, Nova & hucusque intentata obeliscorum coeterorumque hieroglyphicorum monumentorum, quae tum Romae, tum in Aegypto, ac celebrioribus Europae musaeis adhuc supersunt (A. Kircher, typographia Vitalis Mascardi, Roma 1654); Theatrum meteorologicum; in quo aetherea, aerea, ignea, aquea, terrestria, subterranea, ac ex his mista meteora spectantur ( P. Fr. Francisco à S. Augustino Macedo, typis Iacobi Dragondelli, Roma 1660); Novo teatro di machine et edificii per varie et sicure operationi con le loro figure tagliate in rame e la dichiaratione, e dimostratione di ciascuna. Opera necesaria ad architetti, et a quelli, che di tale studio si dilettano (V. Zonca, appresso Fran.co Bertelli, Padova 1621); Teatro d'imprese di Giovanni Ferro all'ill.mo e r.mo cardinal Barberino, ( G. Ferro, appresso Giacomo Sarzina, Venezia 1623); Teatro della nobilta d'Italia. Ove compariscono le nobili, & illustri famiglie di cento, e dieci piu famose citta. Cominciando da Napoli, e suo Regno. Opera molto vagha, utile, e necessaria (F. Rossi, appresso Gio. Iacomo Carlino, Napoli 1607); Teatro della Turchia, dove si rappresentano i disordini di essa, il genio, la natura, & i costumi di quattordici nazioni, che l'habitano (M. Febure, per gli heredi di Gio. Recaldini, Bologna 1683).

Testi scientifici, mestieri, racconti biblici, ogni sorta di informazione che necessita di ordine e razionalità può essere rappresentata in questi teatri mentali, dove lo spettatore si fonde con il lettore, e dove lo sguardo diventa sguardo della mente. Non più passivo ascoltatore, l’intellettuale riconosce e memorizza le nozioni di un mondo sempre più vasto e irrazionale, che trova la sua coronazione nell’angoscia barocca. Non a caso la maggior parte di questi libri è corredata da bellissime immagini, a sottolineare la caratteristica visiva della natura di questi trattati.

Mentre la struttura Vitruviana è generata dalla propagazione della voce, i teatri fin qui analizzati prendono in considerazione, metaforicamente e non solo, l’atto visivo. Il teatro degli esegeti si genera dalle onde sonore, come struttura attiva, macchina funzionale portatrice di senso nella sua