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Il luogo dell’anatomia in Mondino de Liuzzi e a fine Medioevo.

La rivoluzione di Mondino, appena analizzata, comporta sul piano spaziale due cambiamenti principali. La nuova pratica del maestro bolognese è incentrata sulla manualis operatio e sulla vista: egli esplicitamente si contrappone ai maestri lettori, a chi insegna l’anatomia unicamente tramite i libri e ribadisce l’importanza mostrare direttamente sul cadavere; inoltre, per tutta l’opera, sottolinea la centralità dell’atto visivo ai fini della comprensione e dell’apprendimento141. A livello operativo e percettivo il cambiamento nella pratica anatomica è enorme, infatti essa passa da essere una funzione passiva, di mera lettura e ascolto, ad essere una funzione attiva, di pratica manuale e di attivazione della vista. Come abbiamo analizzato nella prima parte, parlando del teatro vitruviano, la vista è considerata un’azione che richiede la volontà e l’attività di chi osserva, mentre l’udito, in generale, si subisce, è passivo. Tuttavia, l’ascolto non è bandito dall’insegnamento anatomico ma, anzi, è complementare alla comprensione di ciò che si osserva. La fedeltà agli antichi maestri è ancora centrale, e rimarrà nella cultura e negli studi fino alla fine dell’era moderna;

140 La questione di rapporti tra Chiesa e teatro, molto più complicata e profonda di quello che abbiamo appena

accennato, è stata ampiamente analizzata da storici e teatrologi. Per approfondire, si possono consultare numerosi manuali, tra cui L. Allegri, La teatralità medioevale, in Storia del teatro per immagini, a cura di L. Allegri e altri, Carocci, Roma 2008; L. Allegri, Teatro e spettacolo nel Medioevo, Laterza, Roma 1990; J. Drumbl, Il teatro Medievale, Il Mulino, Bologna 1989, solo per citarne alcuni.

141 Per un prospetto generale della questione, oltre ai libri di storia dello Studio Bolognese e di storia della medicina più

volte citati, si vedano anche L. Premuda, Storia dell’iconografia anatomica, Cibo Ed., Saronno, 1993; M. Pigozzi, Il

la novità di Mondino risiede dunque nell’affiancare alla loro lettura un’illustrazione concreta, pratica. Sono questi i due poli del nuovo insegnamento, che fondano un modo di intendere l’anatomia differenziato dalle altre materie del Curriculum Universitario. Ascolto del docente che racconta, passo dopo passo, quello che viene mostrato, visione di uno spettacolo, il corpo, al centro dell’attenzione dello spettatore.

Il modus operandi di Mondino, a livello spaziale, non è esplicitamente raccontato nel suo libro, però possiamo ricavarlo da alcuni dati storici e dalle successive tradizioni illustrative. Vi è solo un piccolo accenno sulla preparazione della funzione:

“Pertanto, collocato supino un cadavere ovvero Uomo morto per decapitazione o per impiccagione per prima cosa dobbiamo renderci conto dell’insieme, poi delle parti.”142

Possiamo facilmente supporre che la cavia deve essere un condannato a morte, dato le cause del suo trapasso. Infatti la decollazione e l’impiccagione sono le principali esecuzioni capitali, e permettono comunque una buona conservazione del cadavere per praticare su di esso gli esperimenti. L’uomo è collocato supino probabilmente su un tavolo, primariamente si affronta una visione d’insieme della materia corporale, e subito dopo si procede alla sezione delle parti.

I dati storici ci permettono di affermare che Mondino non operi da solo la dissezione. Data l’eccezionalità dell’innovazione bolognese, anche i collaboratori del maestro sono stati tramandati dalla Storia. I dissettori sono gli esecutori “materiali” dell’atto anatomico, quelli di Mondino sono ricordati per la loro bravura e per la collaborazione con il medico. Primo fra tutti, Otto Agenio Lustrulano, probabilmente “illustrato” anche nelle successive edizioni dell’opera143, come nel Fascicolo de medicina volgarizzato per Sebastiano Menilio Romano. Non meno famosa è Alessandra Giliani, fanciulla di Persiceto, che rifiuta la vita muliebre e collabora con il maestro a numerosi esperimenti autoptici, distinguendosi inoltre per le eccellenti doti di disegnatrice e riproduttrice delle osservazioni sul cadavere144.

142 M de Liuzzi, Anothomia, a cura di P. P. Giorgi e G. F. Pasini, Istituto per la storia dell’Università di Bologna,

Bologna 1992.

143 Di esso parla dettagliatamente M. Medici nel Compendio storico, riportando inoltre le testimonianze di Guglielmini e

La pratica dell’anatomia ha bisogno di uno spazio diverso da quello delle altre lezioni universitarie, uno spazio che si genera sulle esigenze della vista e dell’udito, come i teatri futuri. Se gli altri insegnamenti possono avvalersi di una lezione frontale, in cui lo studente/ascoltatore può concentrarsi sulle parole e sulla scrittura, il classico banco non è proponibile per la lezione anatomica. Innanzi tutto, è bandito l’atto dello scrivere, poiché l’astante deve concentrarsi sull’osservazione dell’avvenimento. Poi, il classico sistema scolastico renderebbe difficoltosa la vista

dai posti più arretrati. Se prendiamo l’immagine qui riportata (fig.1), un’illustrazione del codice di Avicenna145, notiamo come lo studente in fondo vestito di giallo, dietro al cappello blu, è del tutto impossibilitato all’atto visivo. Infine, l’oggetto da osservare richiede uno sguardo proveniente dall’alto, che precipiti al suo interno; la cattedra dell’insegnate serve solo a favorire la voce e mettere il maestro in primo piano, il corpo da osservare e comprendere deve essere in una posizione differente, non frontale ma dislocata in basso rispetto al piano degli studenti. Tutte queste esigenze generano la forma della lezione anatomica, ossia un luogo che ancora teatro non è, ma che porta in sé le caratteristiche e le basi che ne saranno proprie. Una breve panoramica sulle immagini può farci capire in quale modo è organizzata la sala e soprattutto come essa si avvicini al teatro, o meglio ad un’idea di teatro che all’epoca si stava formando tra gli intellettuali, prima dell’effettiva riscoperta dei luoghi scenici.

Le illustrazioni dei testi anatomici sono in questo caso fondamentali. Anche se l’originale dell’Anathomia è privo di figure, i medici successivi spesso ornano le loro opere con immagini che ritraggono il leggendario maestro, probabilmente verisimili anche perché conformi a quello che si ricava dalle poche indicazioni dell’Anathomia mondiniana e dalle usanze pratiche che persistono negli Studi. Vi è una netta contrapposizione tra il lavoro manuale e la lettura, tra l’incisione e la

144 Su di essa vedi soprattutto M. Medici, Compendio storico della Scuola anatomica di Bologna: dal rinascimento

delle scienze e delle lettere a tutto il secolo XVIII. Con un paragone fra la sua antichità e quella delle scuole di Salerno e di Padova, Tipografia Governativa Della Volpe e del Sassi, Bologna, 1857 e G. Martinotti, L’insegnamento dell’anatomia in Bologna prima del secolo XIX, Azzoguidi, Bologna 1911.

145 Avicenna, Canon medicinae, versione ebraica di Natan ha-Meati, Biblioteca Universitaria di Bologna ms. 2197,

prima metà XV sec.

Figura 2: M. de Liuzzi, Anathomia Figura 1: Il Canone di Avicenna

spiegazione vocale e astratta. Per iniziare, prendiamo una delle immagini più conosciute, tratta da un’edizione del 1494 dell’Anathomia di Mondino (fig.2), pubblicata a Lipsia da Martin Landsperg146. Essa è molto riduttiva e permette quindi di raffigurare il concetto iniziale appena espresso. Vediamo rappresentata la netta differenza tra pratica e narrazione, il maestro è in cattedra con il proprio libro, mentre il dissettore si adopera sul cadavere. Nel Medioevo, come abbiamo detto, è indispensabile la divisione tra lavoro manuale e lavoro intellettuale, soprattutto se riferita a un così crudele mestiere, a contatto con il corpo e il sangue. Il lettore in cattedra si tiene ben lontano dalla cavia, la indica al limite, mantenendo una posizione incolume, distaccata. Non c’è ancora il senso di ricerca che caratterizzerà i secoli successivi. Infatti, in questa immagine è molto esplicito che vi è una netta corrispondenza tra libro e cadavere. Quello che è scritto, mostrato al pubblico, si trova indicato nella cavia, i rimandi di sguardi e gesti indicano una inconfutabile corrispondenza. L’apertura del cadavere non è dettata da esigenze di verifica delle nozioni, ma è unicamente una dimostrazione delle stesse, per facilitare la memoria e l’apprendimento. L’esistenza del dissettore è storicamente determinata, sia nelle illustrazioni, che probabilmente raffigurano una tradizione iniziata con Mondino e rimasta identica per secoli, sia nelle persone storiche sopracitate di Otto Agenio Lustrulano ed Alessandra Giliani. In questo caso la raffigurazione è comunque riduttiva, tesa a rappresentare sbrigativamente l’atto anatomico tra maestro e dissettore, senza rendere conto del pubblico o dello spazio, dato anche l’improbabile inserimento della scena in un ambiente naturale. In questo periodo infatti le Scuole non hanno ancora una sede stabile, le lezioni si svolgono a casa del docente o negli spazi religiosi concessi. L’Università degli artisti è situata nella zona della parrocchia di San Salvatore, dove sono ubicate anche le dimore dei maestri e le stanze a pagamento degli studenti, spesso coincidenti147. Non v’è traccia nei documenti di dissezioni svolte all’aperto, tutte le testimonianze riportano la pratica in un ambiente interno e privato148.

Una testimonianza relativamente più vicina a Mondino si può trarre dalla Chyrurgia Magna di Guy de Chauliac. Il medico francese studia a Bologna, è allievo di Bertuccio che a sua volta è stato

146 Consultabile a Bologna, Donazione Putti, Biblioteche scientifiche Istituti Ortopedici Rizzoli

147 Non è il caso di dilungarsi in questa questione, molto ben affrontata in F. Cavazza, Le scuole dell’antico studio

Bolognese, Hoepli, Milano 1896.

148 Come ad esempio si vede nel documento riportato più avanti sulla trafugazione di un corpo dal cimitero.

Aggiungiamo inoltre che, per ragioni conservative, l’anatomia viene tradizionalmente svolta nei mesi invernali, ciò rende molto improbabile una collocazione all’aria aperta come quella raffigurata, in città del Nord quali Bologna o Padova.

allievo diretto di Mondino149. Egli ricorda il maestro nei suoi scritti150, e impreziosisce la sua opera con numerose e belle immagini miniate. Tra queste, possiamo prenderne alcune come esempi dei due differenti modi di intendere l’anatomia. La prima figura è un’illustrazione di Ippocrate e Galeno che svolgono una lezione, con la classica disposizione frontale studente/docente e gli allievi intenti a prendere appunti o seguire sul libro. La stessa disposizione che si nota nella miniatura nel codice di Avicenna conservata alla Biblioteca Universitaria di Bologna, dove il maestro antico spiega agli scolari seduti dinnanzi a lui. Un’altra immagine, assolutamente coeva di Mondino, si trae dal suo stesso sepolcro e da quello di altri docenti contemporanei. Sulle tombe dei Lettori dello studio vengono raffigurati i professori nel mezzo della lezione, con gli studenti assorti nell’ascolto o nei libri. Il sepolcro ornato è stato tuttavia prodotto per lo zio e collaboratore di Mondino, Liuzzo de Liuzzi, le spogli del nipote sono state aggiunte in seguito.

In contrapposizione a questa modalità di lezione, abbiamo delle illustrazioni che rappresentano la seduta anatomica con cadavere, anche nella stessa opera di Guy de Chauliac (fig.3). Il tavolo è collocato al centro, il tutto si svolge in una stanza chiusa. Il pubblico è variegato, la divisione tra il lettore e il dissettore è evidente, tanto che il professore, libro alla mano, più vicino al cadavere che in area bolognese, si serve comunque di una bacchetta per indicare le parti esposte. Dopo questa breve panoramica illustrativa sulla diversità aula/dissezione, possiamo ora analizzare come la figura del Lettore distaccato dall’azione avvicina la spazialità anatomica più ad un modello teatrale medioevale che ad un modello di lezione universitaria. Come è noto, la nozione del teatro classico viene meno durante il periodo medioevale. All’inizio del Trecento, in un clima di pre- umanesimo, alcuni intellettuali cercano di risalire alla pratica degli antichi, facendo ipotesi sulle modalità di svolgimento degli spettacoli, soprattutto sulla base dei testi tragici conosciuti. Nicholas Trevet (1258-1328) domenicano inglese al servizio del cardinale Nicolò Alberti, vescovo di Ostia e

149 V. P. P. Giorgi e G. F. Pasini, Introduzione a M. de Liuzzi, Anothomia, a cura di P. P. Giorgi e G. F. Pasini, Istituto per

la storia dell’Università di Bologna, Bologna 1992; P. P. Giorgi, Mondino de’ Liuzzi Bologna e la nascita dell’anatomia

moderna, in Rappresentare il corpo: arte e anatomia da Leonardo all’Illuminismo, a cura di G. Olmi, Bononia

University Press, Bologna 2004, p. 5.

150 «secundum quod tractat Mundinus, qui super haec scripsit, et ipsam fecit multaties, et magister meus Bertuccius per

hunc modum…situato corpore mortuo in banco, faciebat de ipso quatuor Lectiones» questo compare nell’edizione del 1363, in quelle successive rimane solo il riferimento a Bertuccio.

Velletri, studia i codici dell’area padovana e scrive un Commento alle tragedie di Seneca dove, riprendendo l’autorevolissima fonte di Isidoro di Siviglia, delinea una ipotesi di spettacolo antico:

“Il modo in cui si rappresentavano le tragedie e commedie era questo. Il teatro era un’area semicircolare, nel cui mezzo c’era una cassetta, detta scena; nella casetta c’era un pulpito; sul pulpito saliva il poeta e leggeva ad alta voce il suo testo; sotto, invece stavano gli attori, compito dei quali era riprodurre, nei gesti e negli atteggiamenti del corpo, ciò che il poeta veniva dicendo dal pulpito, adattandolo a ciascun personaggio”151

La stessa ipotesi, sempre sulla base di Isidoro, è affermata da Pietro Alighieri, figlio del Poeta, in un commento alla Commedia del padre152. L’azione fisica e il libro sono divisi, affidati a due

professionisti differenti, l’attenzione è concentrata su due punti, ossia sul pulpito dove il poeta legge e lo spazio al centro dove i giullari, mimi, attori interpretano le parole. La visualizzazione delle parole dà impulso alla scena, rende i concetti più espliciti e d’impatto.

L’idea che soggiace alle illustrazioni dei trattati medici, e quindi che raffigura il modus operandi dell’anatomia, ha dei connotati che corrispondono alla riscoperta del teatro nel periodo pre- umanistico. Procedendo con gli anni, a fine Quattrocento troviamo una delle immagini che meglio rappresenta la seduta anatomica, sempre utilizzata per illustrare una nuova edizione dell’Anathomia di Mondino153; si può presupporre, data la sua somiglianza con le figure dei secoli passati già citate, che la seduta anatomica così come viene praticata nel Trecento non abbia subito grossi cambiamenti, prima dell’edificazione dei teatri anatomici. L’immagine in questione è tratta dal Fasciculo de medicina (fig.4), miscellanea di scritti divulgativi di un non ben identificato Johannes de Ketham. Il Fasciculo è stampato nel 1491 a Venezia dai fratelli Giovanni e Gregorio de Gregorii, contiene un insieme di trattati a scopo divulgativo e pratico che riguardano vari aspetti della medicina. La sua diffusione è enorme e questo comporta numerose ristampe, nel 1494 viene

151 N. Trevet, Il commento di Nicola Trevet al «Tieste» di Seneca, a cura di E. Franceschini, Vita e Pensiero, Milano

1938, p. XIV.

152 G. Padoan, Il senso del teatro nei secoli senza teatro, in Concetto, storia, miti e immagini nel Medioevo, a cura di V.

Branca, Sansoni, Firenze 1973, p 326.

153 Abbiamo già detto che questo è stato uno dei testi base per molti secoli, data la sua praticità di consultazione,

compiutezza e sintesi. Non deve stupire quindi che la maggior parte delle immagini citate derivino dalle successive edizioni di quest’opera.

Figura 4: Anathomia di Mondino, in Fasciculo de medicina

abbellito, re-inciso e soprattutto viene aggiunta l’Anathomia di Mondino, nella prima versione italiana, tradotta da Sebastiano Manilio allievo di Pomponio Leto. Quello che ci interessa in questa parte è l’immagine. L’anatomico in cattedra legge o spiega la materia, a seconda delle edizioni e xilografie ha o meno un libro davanti. Il docente è Mondino stesso, contraddistinto dai due Lucci che ornano la cattedra a baldacchino. Davanti a lui, il sector si accinge a tagliare il cadavere, mentre un ostensor, armato di bacchetta, indica le parti illustrate, anche se in alcune xilografie quest’ultimo personaggio viene meno e si riduce a semplice spettatore. Intorno, un pubblico ancora scomodo assiste in cerchio a quello che sta accadendo. Questa modalità si perpetua nel tempo, tanto che lo schema base lo ritroviamo anche in un commento a Mondino del 1521 di Berengario da Carpi, con la differenza che il pubblico è comodamente seduto, è finalmente accolto in un theatro.

La soluzione spaziale iniziata da Mondino si discosta dalla comune aula Universitaria, e trova maggior corrispondenza nel luogo teatrale, rispondente non solo alle esigenze dell’udito ma anche e soprattutto alle visive. Senza forzare le somiglianze, possiamo vedere che lo spazio anatomico condivide alcuni tratti con l’idea di teatro classico elaborata dagli intellettuali medioevali. Abbiamo quindi alcune figure che sono la corrispondenza grafica delle parole citate di Trevet o del giovane Alighieri. Prendiamo in considerazione una delle prime rappresentazioni figurali dell’arte teatrale, il celebre frontespizio di Terence des Ducs del secolo XIV (fig.5). La scena è divisa in due parti, in quella inferiore avviene la consegna del libro, ossia della Commedia, da parte dell’autore, mentre in quella superiore vediamo la netta divisione tra la lettura dell’opera, effettuata al centro da Calliopo, e la recita affidata ai mimi e giullari al centro della scena, mentre attorno il popolus romanus assiste.

Queste divisioni di compiti non mancano di essere evidenziate anche nella contrapposizione sociale: a chi viene affidata la lettura, a chi si occupa cioè della parola e della voce senza utilizzare il corpo o svolgere attività manuali, è assegnato un posto di rilievo maggiore. Lo si vede dai costumi, il medico/docente si distingue per sua toga ufficiale, pomposa ed elegante, Calliopo è vestito come un dignitoso cittadino romano. L’ostensore è già connotato in una posizione inferiore, con una veste meno sontuosa, mentre il dissettore, colui che si occupare del cadavere, è ritratto alla stregua di un garzone, senza toga, le maniche tirate su per svolgere il proprio lavoro e non sporcarsi. Allo stesso modo i giullari, nella concezione medioevale, occupano un grado infimo della scala sociale, per il loro contatto con il corpo e la sfigurazione del loro aspetto. Senza voler eccedere in paragoni esagerati, emerge comunque una modalità spaziale simile, che si concretizza nella separazione dei punti di interesse, due poli contrapposti ma complementari, per rispondere ad esigenze sensoriali (la voce e lo sguardo) e sociali (la differenza di classe tra chi opera manualmente e chi si occupa delle parole). Da un lato, l’aula universitaria si dimostra insufficiente per l’anatomia, e deve cercare elementi spaziali più funzionali e legati all’esperienza visiva, che l’avvicinano al teatro. Dall’altro, nel periodo Umanistico il teatro è luogo di conoscenza e diffusione dei valori cittadini e morali, come abbiamo visto nella prima parte. Quindi, nella sua conformazione ideale assorbe gli elementi dell’aula, che diffonde la conoscenza tramite le letture154. Abbiamo un ulteriore esempio di area italiana che reca le stesse caratteristiche attribuite al luogo teatrale rappresentativo, ossia una miniatura del Codice Vaticano Urbinate 355, a Roma, biblioteca Vaticana, rappresentante Hercules furens (fig.6). Il commento di Cesare Molinari ben riassume quello che abbiamo finora accennato:

“La grafica, nel medioevo, sostituisce in un certo senso la rappresentazione di opere classiche, portando alle soglie dell’umanesimo l’immagine possibile dello spettacolo antico. Le figure della parte alta della miniatura sono i personaggi della tragedia, tra i quali Ercole con la pelle di leone. In basso il coro, al centro il poeta, inteso come lettore,

154 Il legame tra teatro e insegnamento, espresso nel frontespizio di Terenzio, è sottolineato soprattutto da F. Ruffini,

Teatri prima del teatro: visioni dell’edificio e della scena tra Umanesimo e Rinascimento, Bulzoni, Roma 1983, pp.40-

47. Sulle illustrazioni terenziane cfr. Schede iconografiche in Il teatro italiano nel Rinascimento, a cura di F. Cruciani e D. Seragnoli, Il Mulino, Bologna 1987, pp. 199-204; T.E. Lawrenson e H. Purkis, Les éditions illusreés de Térence

dans l’histoire du théatre. Spetacles dans un fonte nil? in Le lieu thèatral a la Renaissance, a cura di J. Jacquot,

Éditions du centre National de la Recherche Scientifique, Paris 1968, pp.1-24; L. Zorzi, Il teatro e la città, Einaudi, Torino 1977, n. 48 pp. 177-178.

giacché si credeva che nell’antichità le tragedie venissero mimate dagli attori e lette dal poeta stesso o da un dicitore. Negli angoli esterni sono rappresentati gli spettatori.”155

Nel teatro rappresentativo questo modo di operare rimane, in generale, a livello di pensiero. E’ un’interpretazione erronea della classicità, che alle soglie del Quattrocento verrà rimpiazzata con una più chiara e veritiera idea dell’atto teatrale greco e romano. Anche se questo spunto non viene del tutto perduto, stando all’analisi di Luigi Allegri sul teatro del Cesariano: